La conoscevo solo per sentito dire perché, all’inizio della mia relazione, suo marito lavorava con il mio, ma da quando le è stato diagnosticato il tumore a dicembre, stavamo seguendo i suoi alti e bassi sul blog che lui stava scrivendo per amici vicini e lontani: per mantenerli informati, per far sapere loro che stavano lottando con tutte le loro forze, ma anche perché parlarne apertamente li stava aiutando ad affrontare le sfide a venire.
Quattro mesi. Ci sono voluti solo quattro mesi per sconfiggere una donna sana nei suoi trent’anni. Mi ha ricordato quando sia importante pensare alla morte, prepararsi mentalmente ad affrontarla. Oggi siamo qui, siamo sani, siamo felici, ma domani potremmo essere morti.
Io non ho perso nessuno della famiglia stretta: il più vicino che mi sono ritrovata alla morte è stato quando ho perso mio zio e due amici, una per i suoi demoni interiori che l’hanno portata al suicidio, e l’altro per un cancro con cui lottò sei anni. Ma la madre di Alex è morta quando lui aveva sei anni, la bimba della mia amica è morta a due anni, l’amico di mia madre è andato in spiaggia un giorno ed è annegato davanti alla sua famiglia.
La morte è ovunque e può arrivare a chiunque in qualunque momento. È una possibilità reale e mai dovremmo dare la vita per scontato.
Non sto dicendo di essere melodrammatici e masochisti e vivere la vita nella tristezza perché domani potremmo essere morti. Pensare alla morte è triste, certo, ma ci dà anche un potere: quello di accogliere a braccia aperte l’oggi, l’amore che ci è dato, l’amore che possiamo dare, la felicità che possiamo trovare in ogni giorno, anche i più neri. Pensare alla morte dovrebbe aiutarci a mettere tutto in prospettiva, concentrarci su quello che davvero conta.
Ma non solo.
Dovremmo prepararci mentalmente all morte, “avere un piano”.
Mi rende estremamente triste pensare che se morissi nei prossimi due anni Oliver non si ricorderebbe di me; nei prossimi cinque anni mi ricorderebbe sfocata; più avanti gli spezzerebbe il cuore e modellerebbe tutto il resto della sua vita. Alex dovrebbe crescerlo da solo con questo enorme buco nel cuore.
Ma pensare alla morte di Alex o Oliver—e lo faccio spesso, specialmente da quando è arrivato Oliver—non mi rende solo triste, mi terrorizza. Sento che potrebbe uccidermi. Ed è proprio per questo che devo pensarci, visualizzare me stessa in quella possibile situazione e immagine il dolore che sentirei; immaginare come reagirei, come vorrei reagire, che genitore vorrei essere per i miei figli se perdessimo Alex.
Il padre di mia madre è morto quando lei aveva 17 anni e lei adolescente ha dovuto prendere le redini della famiglia, perché mia nonna non ce la faceva. Non voglio essere quel tipo di madre per i miei figli, forzarli a crescere e prendersi cura di me mentre stiamo tutti provando lo stesso dolore.
Il marito della mia amica è morto l’anno scorso (quasi esattamente un anno fa—sei sempre nei nostri cuori), padre di due adolescenti, e lei è stata un roccia per se stessa e per i suoi figli. Li ha trattati da adulti e li ha spronati ad andare avanti, ma c’era quando avevano bisogno di lei. Mi piacerebbe essere questo tipo di madre.
La morte fa paura. Niente—nemmeno prepararsi—la renderà più semplice, il dolore meno lancinante, le sfide a venire meno soverchianti. Ma come tutto ciò che ci spaventa—i nostri demoni interiori—il modo migliore per gestirlo è affrontarlo. E visto che spero di dover affrontare il demone della morte in un futuro molto, molto lontano, l’unica cosa che posso fare ora per sentirmi più in controllo è affrontarlo nei miei pensieri e prepararmi mentalmente alla possibilità.
non so se questa costante simultaneità di esperienze, pensieri e sentimenti sia dovuta all'essere anime amiche gemelle, al fatto che stiamo vivendo lo stesso periodo (mamme entrambe da un anno), o semplicemente, banalmente, al caso.
Ma esattamente un mese fa stavo facendo gli stessi pensieri; anche qui è mancata una ragazza poco più grande di me, all'improvviso, in un sabato sera qualunque mentre chiacchierava in casa col marito. E la sua bimba di due anni dormiva nella stanza accanto. La sofferenza più grande che ho provato, non conoscendola di persona, è stato il pensiero che la sua bambina non si ricorderà di lei. E un paio di giorni fa, mentre ero in macchina e guidando scherzavo con Enea, il pensiero che se mi fosse accaduto qualcosa lui non avrebbe mai ricordato tutto quello, mi ha colta all'improvviso. Ti capisco, capisco tutto, e faccio spesso gli stessi pensieri. E arrivo alle stesse conclusioni.
Anche a me dicono 'mamma mia, che pesantezza, non ci devi pensare a queste cose!'. E invece ci penso, perché credo sia una grande ricchezza. Si tratta di avere visione, dopotutto. Vivere alla giornata è una grande capacità, ma se non si ha una visione del nostro essere qui, non lasceremo molto dietro di noi. E' per questo che ho deciso di iniziare scrivere. Devo solo trovare il coraggio di fare il primo passo, il più difficile, ma voglio scrivere i miei pensieri parlando a lui, a enea, perché se mai dovesse capitarmi qualcosa, vorrei che in quelle parole lui trovasse la me che non c'è più. Vorrei che in quelle parole trovasse il consiglio, o la comprensione, o la carezza giusta per quando ne avrà bisogno. Vorrei esserci pur non essendoci più, e non solo nel cuore.
Quanto all'idea di perdere lui...dio mio, il solo pensiero mi annichilisce, ma anche qui, è la forza per amarlo con tutto l'amore che posso, per superare i momenti di rabbia e di stanchezza, per dargli ogni giorno il meglio che ho, il meglio che posso, il meglio che provo. Perché veramente osservando con attenzione tutto ciò che ho intorno, la cosa che alla fine fa la differenza, è la prospettiva da cui guardiamo le cose. E che può trasformare in un dono anche il dolore più nero.
Ti abbraccio stretta stretta zia ❤️❤️❤️
L'assenza e la mancanza delle persone care è disarmante, ma dobbiamo cercare di non farci offuscare il bello delle cose da questa ombra che non possiamo comandare
veronica
Io posso soltanto raccontare cosa è capitato a me e come mi sono voluta preparare ad un nuovo possibile evento luttuoso. Da allora, ho scelto infatti di vivere come fossi acqua dentro ad un letto di un fiume, seguendo il suo corso e lasciandomi portare dalla corrente che tutto congloba, e che a volte è sporca e a volte è pulita. E nel frattempo ho tentato di mantenere il mio stile ed i miei credo, incrementandone via via alcuni e lasciandone andare altri, perché con la morte di mio padre ho subito realizzato che la mia vita era stata spezzata in un "Prima" e in un "Dopo", - prima della morte di mio padre e dopo la morte di mio padre - due binari sovrapposti per lo stesso treno. Un treno - la mia vita - consapevole che mai avrebbe potuto cambiare certi eventi. Un treno che, con la fermata alla stazione della morte di mio padre, mi ha fatto immediatamente accettare (e volere) entrare nella corrente di questo unicum che è il mondo senza più porre forti resistenze, lasciandomi trascinare anche laddove non avrei voluto andare, e non solo fisicamente, ma mentalmente e psicologicamente, per diventare, così, osservatrice della mia stessa esistenza. Su quel binario dove sempre è in agguato qualche stazione indesiderata.
Grazie al sentirmi dentro un flusso inarrestabile, ho scoperto di avere un posto in prima fila dal quale, quando ho tempo e voglia, posso guardare alla mia stessa vita come fosse un film, già sapendo che io sono soltanto uno degli attori. Sebbene protagonista.
Ed essere protagonista, anche quando la vita ci piaga e ti fa fermare a delle stazioni dove non avresti voluto, non ce lo può togliere nessuno. Perché l'esperienza della morte mi ha resa forte nel percorrere il bello e il brutto del mio binario, più determinata nell'accettazione tutta dell'intera esistenza. Così come arriva. Perché pur provando a dirigerla, so di essere solo acqua nell'acqua.