ciao e benvenuti a una puntata improvvisata di educare con calma. Oggi ho scoperto che il ventuno agosto, pochi giorni fa, il cancro si è portato via Sir Ken Robinson e ho sentito il bisogno di sedermi davanti al microfono e parlarvi di questo signore che ha significato moltissimo per me. Perché Ken Robinson arrivò nella mia vita ancora prima di Maria Montessori ed entrambi questi educatori hanno significato una svolta importantissima, incredibile nel mio modo di vivere e di vedere l'educazione. La prima volta che ascoltai un discorso di Ken Robinson su Ted fu nel duemila e sette, mi sembra guardando il suo video creativity, le scuole uccidono la creatività e quel video l'ho visto talmente tante volte che lo potrei forse recitare a memoria, perché quello fu per me l'inizio di un cambio radicale di mentalità sulla scuola, un cambio per il quale ero sicuramente pronta. Perché, si sa, i semini devono essere già nella testa per poter germogliare. Ed è proprio di questo video che voglio parlarvi oggi per rendere un piccolo omaggio a questo educatore la cui missione di vita è stata proprio ripensare e migliorare la scuola. Ed è stato forse lui il primo a schierarsi per l'importante delle arti nel curriculum scolastico. Nel video parlava dei bambini e della creatività e spiegava appunto che in tutto il mondo la gerarchia delle materie è la stessa, con matematica e lingua sempre ai primi posti e le arti all'ultimo. Poi vabbè, diceva anche che tra le arti c'è addirittura una gerarchia, perché la danza, per esempio, è meno importante della musica. Ma questo è un altro discorso. E sosteneva che l'arte invece fosse importante tanto quanto la letteratura. E si chiedeva perché la danza, per esempio, non venisse insegnata ogni giorno ai bambini come la matematica, perché entrambe sono molto importanti. Entrambe hanno uguale importanza. E credo che fu questa la prima cosa che mi affascinò di ciò che diceva, perché mi ritrovavo tantissimo nelle sue parole. Per me, per esempio, al liceo classico fare teatro, mettere insieme spettacoli, memorizzare parti, fare ore, ore, ore di prove a settimana e avere l'opportunità di salire ogni anno su un palcoscenico prestigioso come quello del teatro di Alba per un'ora e mezza di spettacolo. Non solo mi ha insegnato di più sui classici che mettevamo in scena di quanto non avessi imparato nei libri di scuola in tre quattro anni, ma è stato più importante e più formativo a livello personale di qualsiasi lezione di greco, di latino, di letteratura, di matematica. Addirittura il teatro cominciò a forgiare dentro di me la sicurezza in me stessa, la mia autostima e perfino la capacità di affrontare le critiche e gestirne l'emozione che ne deriva. Quando Ken Robinson, nel suo discorso, ha iniziato a parlare dell'importanza delle arti a scuola con me sfondava una porta aperta. Io ero pronta mentalmente ad accogliere quella conversazione, ma so che molti allora non lo erano e forse tanti non lo sono ancora oggi. Perché? Perché Robinson lo spiega bene nel video il nostro sistema scolastico si basa sull'idea di abilità accademiche e le scuole stesse sono state inventate per venire incontro ai fabbisogni industriali. C'era bisogno di persone che lavorassero nelle industrie. E per lavorare nelle industrie bisognava insegnare di più le materie più utili per lavorare in quelle industrie. È logico e quindi si formò tutta quella del tipo. Questo è ciò che devi fare per trovare un lavoro, non il ballo, non l'arte, ma la letteratura, la matematica. E se ci pensiamo, l'università ha modellato il sistema scolastico a sua immagine. e somiglianza, perché la scuola deve preparare l'università e quindi il messaggio è diventato Se non fai tutto il percorso scolastico non puoi andare all'università e quindi non puoi trovare un lavoro. E cosa è successo? È successo che molte persone che avevano dei talenti incredibili, persone creative, persone che potevano arrivare da qualsiasi parte, hanno iniziato a pensare di non valere nulla perché magari non andavano bene a scuola perché magari non prendevano dei voti alti e perché le cose in cui loro erano bravi invece non avevano valore nel sistema scolastico tradizionale. Anzi magari erano addirittura stigmatizzate. E proprio riguardo a questo fu da Ken Robinson che io sentii per la prima volta una storia che da allora mi sono sempre portata nel cuore. Ed è la storia di Jillian Lean che io conoscevo di nome perché avevo visto il fantasma dell'opera a teatro e Jillian Lean era proprio la regista coreografa, una signora che ebbe una carriera incredibile come ballerina e poi divenne coreografa di fama mondiale e ha messo in scena colossi musical di Broadway del calibro di caz e appunto il fantasma dell'opera, ma tantissimi altri. Robinson era amico di Jillian e lei gli aveva raccontato che quando aveva sei anni sua madre decise di portarla da uno psicologo perché lei non stava mai ferma a scuola e le insegnanti pensavano soffrisse di un disturbo dell'apprendimento e Robinson dice che oggi lo chiamerebbero sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Ma allora questa sindrome non era ancora stata inventata. Ma vabbè, su questo no comment. Alla prima seduta, dopo una chiacchierata iniziale, il dottore lo psicologo chiese alla madre di Jillian di accompagnarlo fuori un momento, ma prima di uscire e lasciare jillian da sola nella stanza, accese la musica. I due di nascosto si misero a osservare la bambina fuori dalla stanza e lei rimase seduta qualche secondo e poi si alzò e cominciò a ballare. La guardarono ballare per dei minuti interi e poi lo psicologo disse alla madre signora, sua figlia non è malata, è una ballerina, la porti a una scuola di danza e così sua madre la portò a una scuola di danza. E Jillian racconta che quando entrò in sala si sentì a casa. Era pieno di persone come lei, pieno di persone che non potevano stare ferme, che non riuscivano a stare ferme, che dovevano muoversi per pensare per tantissimo tempo. Ogni volta che sentivo questa storia piangevo e non so neanche perché. Non so neanche toccava probabilmente delle corde del di me che non so neanche che cose fossero. E ancora oggi mi emoziona in modi che non riesco nemmeno a descrivere. Perché continuo a pensare se questa bambina avesse trovato uno psicologo diverso, che le avesse detto Tu devi stare ferma e zitta e le avesse dato delle medicine per stare ferma a scuola e imparare, avrebbe sofferto immensamente e chissà se mai sarebbe arrivata dove è arrivata e chissà quanti bambini come lei. Ma a dire il vero questo non era quello di cui volevo parlarvi. Volevo raccontarvi un'altra storia di cui parla Robinson nel video, che è una storia divertente di una bambina che a scuola stava disegnando e l'insegnante le chiese che cosa stesse disegnando. E lei disse Sto disegnando Dio E L'insegnante le disse ma nessuno sa com'è fatto Dio e la bambina allora le rispose Appena ho finito, lo sapranno. Allora io non avevo figli e non lavoravo ancora con i bambini. Ma oggi, dopo oltre dieci anni, quella determinazione, quella sicurezza, quella spontaneità dei bambini che vedo anche nei miei figli a me lascia ancora sempre basita, perché, come dice Robinson i bambini ci provano se non sanno fare qualcosa, ci provano lo stesso, non hanno paura di sbagliare, ma poi diventano adulti e quella capacità la perdono, diventano terrorizzati al solo pensiero di sbagliare. Noi siamo terrorizzati al solo pensiero di sbagliare noi adulti, perché la nostra società stigmatizza l'errore la scuola stigmatizza l'errore e tra l'altro fu questa una delle cose che io adora quando scoprì Maria Montessori anni e anni dopo. Anzi, ora che mi guardo indietro e collego i puntini, questo discorso di Ken Robinson ha forse aperto la strada che mi avrebbe poi portato Maria Montessori. E lei nei suoi scritti insiste proprio sull'importanza di creare una familiarità con l'errore perché L'errore deve essere considerato un amico. E oggi, anni dopo aver scoperto Montessori, credo fortemente che l'autostima e la paura del fallimento siano altamente relazionate al nostro livello di familiarità con l'errore. Più i bambini sanno accettare i propri errori a cuor leggero, meno temono di non farcela meno temono gli errori, più autostima hanno. Ed è anche per questo che io adoro le scuole Montessori. Perché la scuola tradizionale non insegna questa familiarità con l'errore possiamo dire quello che vogliamo, ma il sistema educativo tradizionale stigmatizza l'errore gli errori a scuola sono negativi e basta. Se fai un errore in un test avrai un risultato inferiore. E questa mentalità si traduce poi nella vita da adulti sentiamo di aver fallito quando sbagliamo, invece dovremmo crescere con l'idea che è solo dagli errori che si impara. E io credo che Robinson avesse ragione, che il risultato di questa mentalità è che stiamo togliendo ai nostri bambini la loro capacità creativa. La scuola non nutre, non appoggia la creatività, soprattutto dopo i sei anni, quando il focus principale diventa improvvisamente il risultato piuttosto che l'amore per il sapere. È un sistema standardizzato in cui devi dare risposte standardizzate. E a tale proposito ricordo perfettamente come se fosse oggi quando insegnavo inglese a bambini piccoli, a Marbella. A volte li aiutavo a studiare le materie in inglese per il test del giorno dopo e non dimenticherò mai le parole di una bambina di otto anni. Io le avevo detto Ascolta, fai un respiro profondo e dimmelo di nuovo con le tue parole, perché l'hai. Capito? Dimmelo con le tue parole. E lei mi disse Dobbiamo usare le parole del libro perché sennò l'insegnante ci abbassa il voto. E nei miei anni di insegnamento queste parole voi non avete idea di quante volte io le abbia ascoltate troppe volte. Purtroppo è sempre era buffo, ma mio marito è la persona più creativa che io conosca, ed è anche quella che ha trascorso meno tempo a scuola e chissà, magari anche per questo non ha mai perso la sua creatività e la sua spontaneità infantile. E spero che le insegnanti che mi stanno ascoltando non me ne vogliano. Credo che ci siano tantissimi insegnanti fantastici che però da soli non possono lottare contro un sistema scolastico che purtroppo non è incentrato sul bambino, ma sul voto, sul risultato. E certo io spero che prima o poi il sistema educativo vada nella direzione opposta, nella direzione giusta, secondo me lontano da un sistema standardizzato che insegna a tutti gli studenti allo stesso modo e che li valuta a secondo delle tabelle predefinite o addirittura paragonandoli gli uni e gli altri e che vada invece verso un sistema inclusivo in cui personalizzi l'istruzione per i nostri bambini in cui nutriamo la creatività, nutriamo il pensiero divergente Nutriamo i talenti individuali dei nostri figli. Ma fino ad allora, credo credo che siamo noi genitori, veri educatori. Dobbiamo prenderci sempre di più questa responsabilità. Non possiamo continuare a chiudere un occhio e a lasciare che la scuola faccia quello che è anche il nostro lavoro. E chiudo con un pensiero di Robinson sulla scuola, ma che credo che valga anche per il genitore a casa e parafrasato. Fa più o meno così Dobbiamo ripensare i principi fondamentali sui quali educhiamo i nostri figli. Dobbiamo educare i nostri figli nella loro interezza, perché solo così diamo loro gli strumenti per affrontare il futuro. Perché noi forse non vedremo questo futuro, ma loro sì. E con questo pensiero ti saluto e chiudo questo piccolo omaggio a Ken Robinson e credo che il mondo dell'educazione abbia perso una persona speciale. E spero che vogliate cercarlo su Google. E spero che vogliate ascoltare i suoi discorsi. Li trovate su Ted. Vi lascio anche il link nelle note di questo episodio e sono sicura che pianterà dei semini nelle vostre teste. Ci vediamo nella prossima puntata, che credo sarà venerdì. A questo punto e tra l'altro è una puntata abbastanza interessante, un po' emotiva sulla privazione del sonno e quindi niente ve l'ho detto in anteprima così in maniera molto spontanea. Ma se fino ad allora non sapete cosa fare senza di me, mi trovate su www punto la tela di carlotta punto com che è il mio blog. Oppure mi trovate anche su Facebook e Instagram come la tela di Carlotta blog e con questo chiudo davvero. Vi auguro una buonissima giornata. Un buonissimo pomeriggio, una buonissima serata notte ovunque siate nel mondo non lo so e per me notte vado a dormire. Ciao.
Un pensiero di getto ...
Sono Mamma di due splendidi figli di 4 e 7 anni. Hanno iniziato la scuola dell'infanzia e la scuola elementare pubblica quindi mi commuovono le tue parole perché nonostante abbiano fortunatamente un buon rapporto con le loro maestre e con la scuola e nonostante siano vogliosi di imparare, mi confronto con "gli obbiettivi" che "devono" raggiungere per poter andare avanti "linearmente" nel loro percorso. (Verifiche, disciplina,...)
Io e mio marito parliamo con loro e sanno che per noi è importante che vadano con piacere, che imparino ciò che gli viene trasmesso con gioia. Cerchiamo nel nostro piccolo di fargli capire che i buoni risultati, che tra l'altro al momento hanno raggiunto anche a scuola, sono importanti, ma che non è TUTTO.
Un caro saluto a tutti e tutte
Cassandra