Preferiti dei bambini

7. Quella volta che Oliver ha scelto di non andare a scuola

Questa puntata è nata in maniera spontanea in seguito a un episodio che ho raccontato su Instagram, ovvero la scelta di lasciare che Oliver decidesse con la sua testa anche se significava andare contro a quello che io e Alex pensavamo fosse meglio. In una delle mie classiche (e appassionate) ragnatele di pensiero, parliamo di libertà, di limiti, di responsabilità e di privilegio di vivere in una società in cui, più spesso che no, possiamo scegliere.

18 settembre 2020·
19 min
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Ciao e benvenuti a un nuovo episodio di educare con calma. Oggi non ho proprio le idee molto chiare su quello di cui parleremo, ma voglio parlarvi di una cosa che è successa qualche tempo fa, di cui ho anche parlato nelle storie di Instagram. E quindi credo che arriveremo a parlare un pochino di un pochino di responsabilità, un pochino di limiti e in generale di come dare più libertà di scelta ai nostri figli. Non esattamente come forse, ma perché il quello di cui sto parlando è un episodio che è successo una mattina in cui Oliver non voleva andare a scuola. Abbiamo provato a convincerlo dicendogli che secondo noi stava prendendo la scelta sbagliata. Ma gli abbiamo anche detto che poteva decidere lui. Siamo andati fino alla porta della scuola e poi lui ha scelto di non entrare ed Emily con lui perché non voleva entrare da sola quel giorno. Ho anche detto nelle storie di Instagram che ripensandoci, sono stata felice che Oliver abbia scelto con la sua testa senza ascoltare noi. E da allora ho ricevuto tantissimi messaggi e commenti di genitori che un po' mi dicevano il loro punto di vista e un po' mi facevano domande, ma la morale era più o meno la stessa. Ovvero i bambini devono rispettare l'impegno. I bambini devono imparare a rispettare l'impegno e i bambini devono andare a scuola. Ora io sono d'accordo che i bambini debbano imparare a rispettare gli impegni. Non esiste libertà senza limiti. Lo dico sempre. Lo credo fermamente i limiti che cosa sono i limiti? I limiti sono le responsabilità che accompagnano ogni decisione dalla maglietta che ci si mette al mattino al decidere di portare il giocattolo preferito al parco giochi, al scegliere come proprio l'altra mattina di andare a scuola o meno. Queste sono le piccole grandi responsabilità e le piccole grandi decisioni. Ma detto questo, credo fermamente che noi genitori, se seguiamo il modo in cui ci hanno cresciuti, diamo veramente poca libertà ai nostri figli, diciamo veramente tantissimi, tantissimi, troppi no e imponiamo troppi limiti, spesso non necessari. Siamo un po' bianchi o neri nelle decisioni nei no che diciamo e nei limiti che scegliamo di imporre ai nostri figli. Ma la genitorialità, secondo me è tutt'altro che bianca o nera è di tutti i colori, la flessibilità e la bacchetta magica della genitorialità. Nel nostro caso specifico quella mattina ho dovuto pensare in fretta. Ho valutato moltissimi fattori nella mia mente, in primis che questa non è una scuola obbligatoria, non è una scuola dell'obbligo, è una scuola in più provvisoria in un paese che non è casa per noi nella nostra vita, al momento c'è già moltissima incertezza. Quindi, a maggior ragione, ancora di più in questo momento io devo essere un punto certo, devo essere un porto sicuro. Devo essere un punto di riferimento stabile nella vita dei miei figli. Loro devono sapere che possono fidarsi di me e che io accolgo e rispetto i loro sentimenti. Questo è categorico. Poi ovviamente ho valutato altri fattori, come il fatto che io non ho bisogno che i bambini vadano a scuola perché loro rispettano veramente benissimo il nostro lavoro e quindi possiamo lavorare senza problemi anche con loro a casa. Poi, ovviamente, ho anche pensato al fatto che è da oltre un anno che, con pochissime eccezioni, siamo ventiquattro ore al giorno tutti insieme e questa è importante da valutare. È mio dovere rispettare e accogliere questo sentimento di fatica quando devono allontanarsi da noi e se posso andare loro incontro. E poi ovviamente ho anche valutato il fatto che noi non avevamo preso un impegno formale con la scuola. Loro sono flessibili e noi siamo flessibili. Quindi proprio per questa flessibilità l'altro giorno ho lasciato che Oliver scegliesse e sono stata felice che abbia scelto. Lo ripeto, a dispetto di ciò che gli dicevamo io e Alex, sono felice che non ci abbia ascoltati, perché io credo che non si crescano pensatori critici, indirizzando sempre le decisioni e i pensieri. Credo sia fondamentale trovare situazioni nella vita in cui i nostri figli possono prendere le loro decisioni, non solo le piccole decisioni, come che cosa mi metto oggi, ma anche le grandi decisioni che hanno un effetto sugli altri, come quel giorno. La scelta di Oliver di non andare a scuola ha avuto un effetto su Emily in primis, che voleva andare, ma non senza Oliver. Ha avuto un effetto su di me, ha avuto un effetto su Alex e ha avuto un effetto sulle persone che li aspettavano a scuola. Questa è una decisione importante per un bambino piccolo, ma è una decisione che dobbiamo come genitori. Ricercare sono le grandi decisioni che dobbiamo ricercare per i nostri figli e che dobbiamo avere anche un po' la flessibilità di lasciare che prendano loro. Um, è proprio per questo che, dopo aver lasciato che Oliver decidesse indipendentemente, abbiamo preso l'opportunità di parlare di rispetto, rispetto per gli altri e rispetto per gli impegni per noi. Il rispetto per noi stessi, per gli altri e per l'ambiente deve essere sempre alla base di ogni decisione. Ma vogliamo insegnarlo in più occasioni possibili in maniera positiva attraverso l'esperienza attraverso le mille piccole decisioni di ogni giorno che influenzano noi stessi e magari quelle poche grandi decisioni che influenzano anche gli altri. Quindi, alla sera, quella sera abbiamo parlato con i bimbi, abbiamo fatto una piccola riunione di famiglia e abbiamo spiegato loro che potevano decidere di andare a scuola i giorni X, X e X, oppure di non andare proprio e che entrambe le decisioni sarebbero state ben accolte e ben accette da noi che avevano massima indipendenza di decisione. Quella sera abbiamo parlato molto di rispetto verso l'impegno. Abbiamo parlato di rispetto verso gli amici a scuola e verso le insegnanti che ci aspettano e non abbiamo parlato di obbligo. Non abbiamo parlato di dovere andare a scuola perché questo non è un messaggio che noi Carlotta e Alex vogliamo trasmettere ai nostri figli, o almeno non ancora, perché non è ancora la nostra situazione. E dopo tutto questo, dopo tutto questo discorso, si sono presi un po' di tempo e hanno deciso di prendersi l'impegno loro da soli. Hanno deciso che vogliono continuare ad andare a scuola qualche giorno alla settimana. E così è stato. Da allora, con questo impegno avevamo una nuova responsabilità, un nuovo limite. E quindi le mattine che Emily non voleva entrare, io mi sedevo con lei finché non si sentiva pronta per entrare. Ma la scelta non era più Se vuoi puoi venire a casa con me. La scelta a questo punto era puoi decidere tu quando entrare. Io aspetto con te. Ecco, per me questa situazione intensa è stata un esempio di come io voglio educare a lungo termine. In questo modo i miei figli hanno imparato un'importantissima lezione sul rispetto e sull'impegno senza che io li portassi senza che li obbligassi. E quando dovranno davvero andare alla scuola dell'obbligo, sono sicura che si porteranno questo insegnamento e queste lezioni nella mente, perché le hanno imparate in maniera positiva. Ora molti mi hanno chiesto e se fosse stata una scuola stabile. E se tu dovessi lavorare? E se non potessero permettersi di scegliere? Ora la verità è che io non posso rispondere a queste domande. Non è la mia situazione. Non sarebbe intellettualmente onesto per me rispondere a queste domande. Non sono una fan dei se e dei, ma preferisco concentrarmi sul momento presente sulla mia situazione specifica. Ma queste domande mi hanno fatto riflettere su una cosa. Personalmente non sono d'accordo sul messaggio che non possiamo permetterci di scegliere. È una mentalità che ci inculcano da bambini e ci tiene in scatole. E io non voglio trasmetterla ai miei figli. Alex mio marito ha smesso scuola scegliendolo lui a quattordici anni non faceva per lui e ha potuto scegliere perché suo padre gli ha trasmesso che nella vita si può sempre scegliere. In quell'occasione suo padre gli ha detto Puoi scegliere di andare a scuola o puoi scegliere di andare a lavorare. Alex ha scelto di andare a lavorare in una pizzeria, poi quando lavorava in pizzeria e suo padre gli ha detto Okay, ora lavori. Puoi scegliere di pagare un affitto qui in casa nostra o trasferirti in una casa tua. E lui è uscito di casa a quindici anni viveva da solo, lavorava in pizzeria e imparava a programmare perché quello era il suo hobby. Nel suo tempo libero, a venticinque anni lavorava con aziende del calibro di Google e aveva un'esperienza di dieci anni in più rispetto ai suoi amici che uscivano dall'università. Solo allora tutto questo perché suo padre lo ha lasciato scegliere, e non è che lasciandolo scegliere non gli ha insegnato a mantenere gli impegni o ad avere rispetto per gli altri, ma glielo ha insegnato in maniera non convenzionale, dandogli fiducia in maniera positiva. Ecco, io personalmente credo che questo abbia insegnato molto di più ad Alex di quanto gli avrebbe insegnato se suo padre avesse preso la decisione per lui, che sarebbe probabilmente quella di rimanere a scuola, perché certo, sono sicura che suo padre non fosse sereno all'idea che suo figlio smettesse la scuola a quindici anni è un terno al lotto. Poteva andare diversamente. Alex poteva non avere il successo che ha oggi. Non si può collegare i puntini guardando avanti. Sarebbe troppo facile, ma un punto fisso che secondo me dobbiamo continuare a lottare per riuscire a mantenere è quello che dobbiamo dare fiducia ai nostri figli vi racconto un'altra storia L'altro giorno Eravamo in un bar tempo prima avevamo donato a questo bar quattro o cinque album da disegno di quelli da colorare per i bambini, in modo che i bimbi che vanno al ristorante con la famiglia potessero usarli quando vanno lì. Quel giorno Oliver aveva deciso che voleva portarne uno a casa. Gli abbiamo spiegato che non era corretto, ovviamente, che non erano più nostri. Ne abbiamo parlato moltissimo. E poi alla fine gli abbiamo detto che doveva scegliere lui ciò che era giusto o sbagliato. Lui ha scelto di portarselo a casa. Non era la scelta giusta. Ne abbiamo parlato anche dopo. Era una situazione speciale. Certo, perché quel libro era nostro prima che fosse del ristorante. Quindi il sentimento di Oliver era comprensibile. Io credo che sia importante dare a tutti i sentimenti il beneficio del dubbio. Come genitore, però, potevo scegliere di lasciare che Oliver, um, scegliesse o potevo obbligarlo a fare la cosa giusta, ovvero lasciare l'album da disegno lì. E Oliver ha scelto male. Ma sono sicura che abbia imparato di più da quella sua scelta che se l'avessimo obbligato a lasciare il libro. Ho spiegato ovviamente alla cameriera e gliel'ho lasciato portare a casa. Qualche settimana dopo, parlandone, Oliver mi ha detto che sarebbe stato meglio lasciarlo là. Non ha saputo dirmi le ragioni quando gliel'ho chiesto, ma so che quelle ragioni sono lì da qualche parte nella sua mente. Lo so perché mi fido di lui e perché so che sta capendo che le nostre scelte riflettono la persona che siamo e non ho aspettative precise, ma credo che la prossima volta sceglierà diversamente se dovesse ripresentarsi l'occasione. E sono anche sicura di aver fatto bene, come genitore, a prendere questa decisione, che è controversa, che è discutibile, certo. Ma in quel momento era per tutti noi un'opportunità di apprendimento che ho deciso di prendere al volo. Voglio insegnare ai miei figli a rispettare gli altri e gli impegni perché vogliono, Perché vogliono fare la cosa giusta, non perché devono o perché non possono permettersi di scegliere quando il rispetto arriva dal dovere. Secondo me non funziona. Ha un alone di negatività quando arriva dalla libera scelta, dal pensiero che ciò che scelgo oggi riflette la persona che sono Allora sì che è una scelta quotidiana e aiuta a modellare comportamenti positivi. A me il rispetto l'hanno insegnato come un dovere. Dovevo sceglierlo anche quando non ero d'accordo, anche quando non lo capivo come risultato. E non sto dicendo che sia sempre così, ma racconto la mia esperienza. Per me è stato un po', un conflitto, quando poi ho avuto la libera scelta. Quando poi mi sono ritrovata giovane adulta a decidere delle mie decisioni. Il mio senso del rispetto non era davvero radicato in me ed era sfocato da un senso di ribellione, un episodio su tutti che ricordo quando ero universitaria. Andavo spesso sul bus senza pagare il biglietto. Io pensavo bisogna certo, lo so, ma non fa differenza se questa volta, per questo tragitto breve non lo faccio. E invece sì che fa la differenza fa sempre la differenza. Quando non rispettiamo le regole della comunità fa sempre la differenza quando pensiamo a noi stessi come individui singoli e non come parte di un gruppo fa sempre la differenza. Quando prendiamo scorciatoie, quando ci facciamo una foto al museo, anche se non si può fare foto, perché ogni singola scelta, ogni giorno riflette le persone che siamo. Questo voglio trasmettere ai miei figli, perché io questo concetto di rispetto l'ho imparato molto dopo e spesso l'ho imparato a mie spese. Come si trasmette ai figli. Io credo insegnando con il nostro esempio. In primis, essendo noi genitori le persone che vorremmo che loro diventassero, credo che si trasmetta, obbligandoli meno ad essere le persone che noi vogliamo che siano. E lasciando che loro scelgano più spesso che tipo di persone vogliono essere, lasciandoli liberi di dire no anche quando noi pensiamo che debba essere così o debba essere sì, e poi ragionando con loro sulle conseguenze delle loro decisioni, credo che si trasmetta um con messaggi positivi come nella vita. Abbiamo sempre una scelta e questo è vero per noi nella società in cui viviamo, perché noi siamo privilegiati e il privilegio è un altro concetto che sta entrando prepotentemente sempre di più in casa nostra. Questo tipo di libertà, secondo me porta persone che non parcheggiano nel posto degli invalidi, perché questa scelta riflette la persona che sono, non perché è proibito parcheggiare qui o perché mi prendo una multa. Persone che pagano il biglietto sul bus perché questa scelta riflette la persona che sono. Non perché se no mi prendo una multa. Persone che scelgono di non discriminare secondo il colore della pelle, lo status sociale, il background culturale, l'o- l'orientamento sessuale. Perché questo riflette la persona che sono e non perché bisogna essere political correct. Persone che insegnano ai figli che ogni decisione nella vita riflette le persone che siamo e che solo noi possiamo deciderlo. E queste scelte, questa mentalità si insegnano fin da piccoli, cambiando il linguaggio, cambiando il messaggio, obbligando di meno, scegliendo più libertà, lasciando più libertà di scelta. E apro un'ultima parentesi sul discorso a scuola Mi piacerebbe insegnare ai miei figli che a scuola non si va perché si deve andare, perché è un dovere. Sarò una romantica, una idealista, ma credo che ci sia un altro modo. Sento tanti genitori dire frasi come Devi andare a scuola e basta. Anche io non ho voglia di andare a lavorare, ma ci vado comunque. Ci devo andare comunque è il mio lavoro e magari è proprio così. Magari a quei genitori il loro lavoro non piace. Magari non hanno voglia di andare a scuola, di andare a lavorare e così lo comunicano ai lo, ai loro figli e fanno vedere questo, questo compromesso tra virgolette loro. A loro non piace andare a lavorare, ma ci vanno comunque i loro figli non piace andare a scuola, ma ci devono andare comunque. Ma io mi chiedo è questo il messaggio che vogliamo trasmettere? È il messaggio giusto. È questa la mentalità che vogliamo trasmettere ai nostri figli? È questo il messaggio che li renderà pensatori indipendenti. Anche io ho detto frasi del genere in passato e a volte le dico ancora Ma voglio smettere, perché non credo che insegnino a prendere decisioni sane. Non credo che insegnino a prendere decisioni sulla base del questa scelta riflette la persona che sono io. Come genitore preferirei trasmettere il messaggio che si può scegliere che si può scegliere un lavoro che si ama, un lavoro che si ha sempre voglia di fare, anche quando si è stanchi. Anche quando ci si sveglia alle quattro del mattino, tutti i giorni, non ci si può fermare fino a sera. E poi, certo, magari questa è la mia realtà. Magari la tua realtà è diversa. Magari tu non ami il tuo lavoro e devi farlo comunque. Ma questo non significa che i tuoi figli debbano fare parte di quella realtà e di quel pensiero non significa che solo perché questa è la nostra realtà questo sia il messaggio che dobbiamo necessariamente trasmettere ai nostri figli. Le parole accendono o spengono potenzialità nelle menti dei nostri figli. Se decidiamo di trasmettere un messaggio diverso, può darsi che i nostri figli in futuro desiderino rompere quel circolo vizioso. Noi genitori creiamo mentalità, noi genitori creiamo attitudini. Io personalmente preferirei trasmettere il messaggio che si può dire di no, che si può sempre scegliere nella vita, che è importante riconoscere il privilegio di essere nati in una società in cui si può scegliere e onorare sempre ogni giorno quel privilegio, perché poi non sarà sempre così. Certo, nella vita non si potrà sempre scegliere quello che vogliamo, ma anche quando non potremo scegliere anche quando non sarà così, questa mentalità e questa attitudine faranno sempre, sempre, sempre la differenza e magari creeranno scelte e magari apriranno porte. Questa mentalità la si crea ogni giorno con le nostre parole, con i nostri messaggi che trasmettiamo ai nostri figli e a volte proprio lasciando che decidano andando contro il giusto, tra virgolette imposto dalla società, dal pensiero comune e anche da noi genitori. E con questo credo di essermi dilungata anche troppo e mi sono lasciata trasportare, come sempre e però credo di aver detto più o meno un po' tutto quello che penso e quindi vi saluto e la chiudo qua e vi do appuntamento alla prossima puntata di educare con calma e vi ricordo anche, come sempre, che mi trovate anche su w w w punto la tela di carlotta punto com e su facebook e instagram come la tela di carlotta blog ciao ciao
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Ciao Carlotta! A che età secondo te si può fare questa domanda? Cioè "vuoi andare a scuola?" A non ancora 5 anni si può chiedere o è troppo presto? Grazie 
Ciao Angelica, forse non ho ben capito la domanda, puoi dirci di più?

Come mai vorresti chiedergli se vuole andare a scuola? (Nell'aneddoto che ci ha raccontato Carlotta la situazione non era nata da una domanda posta a Oliver, ma dalla sua decisione di non voler andare.)

Un abbraccio,
Rosalba
Team La Tela
Si scusami non mi sono spiegata bene. Io vorrei capire se porre questa domanda al bambino sia sbagliato o meno. In realtà nasce dal fatto che vorrei intraprendere l'homeschooling da quest'anno con le mie figlie (tutte sotto i 5 anni) ma mi chiedo se prima fosse il caso di chiedere se verrebbero andare a scuola. ( Intesa ancora come asilo dato che per ora la grande ha frequentato l'asilo nel bosco) 
Grazie mille per le gentili risposte! 
Ciao Angelica, in questo caso specifico credo che molto dipenda dalle vostre decisioni di genitori. 

Cerco di spiegarmi meglio: se per voi l'homeschooling è una scelta e non un'opzione (nel senso che, valutate le varie opzioni ritenete che per la vostra famiglia in questo momento sia maggiormente valido intraprendere questa scelta), non porrei la domanda (sareste poi disposti a cambiare la scelta, nel caso in cui le bambine vi dicessero che preferiscono andare a scuola?).
Se invece entrambe le opzioni sono per voi valide, non vedo nulla di male a porre la domanda direttamente a loro.

Mi sono però anche chiesta se effettivamente le bambine abbiano o meno gli strumenti per «scegliere», se non conoscono entrambe le opzioni (non avendo mai fatto homeschooling).
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