benvenuti e benvenute a un nuovo episodio di educare con calma. Se sentite che la mia voce è un po' diversa è perché qui nelle Langhe la allergia è veramente a livelli altissimi. Spero di non starnutire durante le riprese, ma se così fosse, buona la prima. Oggi ho deciso di parlarvi di una realtà con la quale convivo da moltissimi anni, che è quella che io chiamo dipendenza dallo zucchero, da cui negli ultimi anni mi sono un po' liberata. Anzi, sento davvero di aver raggiunto un equilibrio che per me funziona, tra altri ba- tra alti e bassi, vi racconterò anche come trattiamo noi lo zucchero in famiglia anche, credo, per aiutare me. Con questa mia difficoltà parlerò anche, probabilmente di peso, di peso forma, di dimagrire, di ingrassare. Userò parole come magro o grasso. Però ecco tutte queste cose. Tutte queste parole sono ormai parole, frasi, argomenti di cui non scrivo molto né sul mio account, né parlo nella vita reale. E poi vi spiegherò perché, visto che credo che sia un argomento, un po' tabù, se vogliamo, soprattutto quando relazionato alla nutrizione dei bambini, ci tengo a dirvi come sempre di ascoltare le mie parole con gentilezza con accoglienza. Cercherò di essere molto rispettosa, di scegliere filtrare le parole come sempre. Ma so che alcuni pensieri potranno passare come giudizi. Se mi conoscete, sapete che non lo sono. Okay, inizio con il raccontarvi di me quando ho conosciuto la mia amica Marisa in Spagna, dopo qualche anno, una delle cose che notavo di lei e lo notavo perché invidiavo questa sua relazione con lo zucchero, era che lei prendeva uno o due biscotti all'ora del tè ed era soddisfatta, ma davvero soddisfatta. Dopo pranzo non sentiva il bisogno di finire con un dolce. Le torte, i pacchetti di biscotti, le barrette di cioccolato a casa sua duravano settimane o mesi e a me questo lasciava veramente a bocca aperta, perché per me non era così. Quando le chiesi perché non sentisse il bisogno di un secondo biscotto, di un terzo biscotto o di un qualcosa di dolce, in realtà lei mi rispondeva che non ci aveva mai pensato, ma che probabilmente le bastava veramente proprio quel biscotto o due per soddisfare la voglia di qualcosa di dolce. E poi mi ha anche raccontato che probabilmente è perché è sempre stato così. In famiglia sua madre dava loro due biscotti allora del tè e loro probabilmente si erano abituati a sentirsi soddisfatti con quella quantità. Io invece crescendo non ricordo bene la relazione con lo zucchero nella mia infanzia, ma da che ho ricordi di questa relazione, ricordo che non avevo limiti. A Pasqua mangiavo tanto cioccolato quanto ne volevo mentre studiavo ogni giorno alle medie o al liceo. Mi ricordo proprio che finivo anche un intero pacchetto di biscotti in una sera. Di solito erano i galletti o gli abbracci o le gocciole. Me lo ricordo perfettamente. Um ecco, questo è quello che ricordo. Poi, anche ovviamente confermato dai miei genitori, che a volte mio papà mi prende ancora in giro e mi dice no, finiti tutta la scatola, eh? Però il mio ricordo è proprio che non avevo limiti con lo zucchero. Non avevo né limiti imposti dalla mia famiglia né da me stessa. Non ricordo, in realtà, um appunto, nemmeno che i miei genitori mi dicessero di non mangiarne così tanti. Se me lo dicevano io proprio questa cosa non lo ricordo. E comunque non lo facevo. Ne mangiavo quanti ne volevo. Probabilmente anche perché io ho avuto sempre un corpo snello. Sono sempre stata molto alta. Per farvi un esempio. Da adolescente ero già alta uno e settantotto centimetri e pesavo sui sessanta sessantadue chili. E quindi questa abitudine malsana, questa dipendenza dallo zucchero che stavo sviluppando proprio perché il mio corpo comunque era snello, ha avuto tempo di insinuarsi in me senza vederne gli effetti collaterali, se così vogliamo chiamarli. Inoltre sono sempre stata molto attiva, ho sempre fatto nuoto, poi ho giocato a pallavolo, ho fatto aerobica, palestra e tutto questo prima di iniziare a ballare perché poi con il ballo che era una grandissima passione, più di qualsiasi altro sport, ho intensificato le ore settimanali perché mi piaceva moltissimo. Quindi sono sempre stata molto sportiva e probabilmente tra la genetica e il tanto sport. Non mi sono mai nemmeno opposta al problema di stare mangiando troppo, di prendere peso, di mangiare troppo zucchero, di mangiare troppi biscotti, di dover darmi un limite ai biscotti che mangiavo, neanche di quale fosse il mio peso forma, di dover fare dieta, perdere chili. Ecco, magari potrei definirmi fortunata, perché quella è proprio una di quelle cose con le quali non ho mai dovuto fare i conti riguardando foto vecchie l'unico anno per gravidanza in cui ero veramente molto più sovrappeso rispetto al mio peso ideale è stato quello della laurea in cui avevo conosciuto Alex. Vivevo in un appartamento a Torino, da sola che lui mi aiutava a pagare proprio perché lui veniva spesso da Marbella a trovarmi e si fermava per dei periodi di tempo mentre io finivo lì. Gli studi quindi quell'anno nelle settimane in cui ero sola, ricordo proprio barattoli di nutella finiti in una sera facendo le maratone di Grey's Anatomy e Lost a pacchetti di biscotti a tutte le ore. Tanta pasta perché era semplice da cucinare, eccetera eccetera. E anche poco esercizio perché non ballavo mhm più a Torino non stavo ballando in quel periodo ed ero molto poco costante con la corsa che allora io odiavo ancora tra l'altro non so se sapete, ma sul mio blog ci sono articoli sulla mia personale battaglia con la corsa che poi invece ho iniziato ad amare. Vabbè, ma questo è un altro discorso. Ma vi dico tutto questo perché nonostante questo stile di vita e alimentare davvero poco sano, secondo me anche di molto stress. Per finire tutti gli esami, anche quelli arretrati in un anno per poi trasferirmi a Marbella. Non ricordo nemmeno di averlo vissuto come un problema l'essere in sovrappeso rispetto al mio peso normale, perché sul mio corpo cinque o addirittura dieci chili come avrei scoperto più avanti davvero non fanno tantissimo la differenza. Ma qual è stato l'errore in tutto questo l'errore che ho scoperto poi molto più avanti è stato concentrarmi sul peso e sull'aspetto fisico. Io mangiavo tanto quanto volevo e avevo sempre un corpo bello e quindi non mi ponevo nemmeno il problema di quanto fosse sano o non sano questo stile alimentare un po' come se nessuno mi avesse mai fatto riflettere sul fatto che un corpo può essere bello fuori, ma magari non dentro e che l'apparenza non riflette la salute. Oggi, dopo tanti anni, so che è il contrario, che non importa quanto il mio corpo sia bello se poi la mia mente non è sana e parlo di salute mentale, perché queste abitudini alimentari, questo non avere limiti con i dolci, si sono poi trasformate in una vera e propria dipendenza dallo zucchero. Quando sono andata a vivere a Marbella non ricordo esattamente come sia iniziato, ma sicuramente da commenti di Alex o di amici su quanti dolci mangiassi. E allora per la prima volta ho cominciato a sentire un disagio. Ho cominciato a riflettere sul fatto che forse finire un pacchetto di biscotti intero in una volta non era poi così sano. Non era poi così normale, anche se il mio corpo era snello e atletico. E però proprio con questo pensiero, con questa nuova consapevolezza acquisita, è nato anche il problema, perché io capivo nella teoria che non era sano, che non andava bene finirmi un pacchetto di biscotti al giorno, ma in realtà non riuscivo a smettere di mangiare quel pacchetto di biscotti intero. E allora ho cominciato a nasconderlo. Ho cominciato a comprare un pacchetto di biscotti dal benzinaio e consumarlo in macchina quando ero da sola, per esempio sulla via per andare al lavoro o addirittura a volte anche alle mie lezioni di ballo. Se ne sentivo il bisogno ed è proprio questo il problema. Ne sentivo il bisogno e non solo il bisogno, ma era proprio un pensiero fisso quando sentivo di avere questo bisogno finché non compravo e mangiavo i biscotti, facevo fatica a pensare ad altro. Facevo fatica anche a concentrarmi sul lavoro quando ero stressata quando ero nervosa. Quando ero triste arrabbiata, io compravo un un pacchetto di biscotti e me lo finivo. Sentivo proprio che quel pacchetto avrebbe risolto i miei problemi. Nel momento avrebbe risolto il mio stato d'animo corrente. E tra l'altro parliamo di un pacchetto grande di biscotti. Erano sempre questi pacchetti alti fatti a cilindro di principe, quelli con il cioccolato in mezzo o quelli tipo Cookie americano con le gocce di cioccolato. Ecco, anche solo a dirlo a me risveglia pensieri davvero poco sani. Risveglia tutto quel senso di disagio. E poi che cosa facevo con questo pacchetto? Visto che mi vergognavo di questa mia dipendenza, iniziavo a capire che era davvero una dipendenza, perché non riuscivo a controllarla. Li nascondevo e generalmente li finivo. Li finivo in macchina prima di andare a casa, così poi li buttavo nella spazzatura del garage prima di salire su a casa. E nessuno lo avrebbe mai saputo. E poi arrivavo a casa. A volte anche un po' nauseata, devo dire. Ma neanche troppo, perché ormai il mio corpo era abituato a questa quantità di zucchero. E se Alex però magari mi suggeriva di mangiarci un gelato, io accettavo, perché per la dipendenza non riuscivo a dire di no. E soprattutto anche poi per non destare sospetti, visto che lui sapeva che io adoro i dolci e ovviamente me lo proponeva. Um, però, appunto, io sentivo di non potere dire di no. Insomma, era davvero un problema. Era una dipendenza bella e buona, forse non deleteria e rischiosa come una dipendenza da droga o da alcol. Ma a livello mentale probabilmente era simile. E ora, onestamente, non ricordo esattamente i passaggi di come ne sono uscita. Ma ricordo chiaramente che a un certo punto ho capito che questa cosa era fuori dal mio controllo completamente. E allora ho iniziato a parlarne a piccole confessioni proprio anche solo battute, a volte del tipo, um magari dicevo alla mia amica come fai a mangiare solo due biscotti? Io potrei mangiarmi col pacchetto intero da sola, quando magari prendevo il tè con lei, con Marisa. Ecco, queste frasi erano delle piccole confessioni. Non ero probabilmente ancora pronta a dire la verità, ma dicevo queste frasi ad alta voce e ogni volta mi sentivo un po' liberata. Mi sentivo un piccolo peso scappare, togliersi dal mio zaino personale di di colpa, di vergogna e piano piano ho cominciato a parlarne anche con Alex e con Marisa, ovviamente le mie due persone, in termini anche più concreti. E magari dicevo cose del tipo Sai cosa ho fatto ieri? Ero talmente giù di morale che mi sono mangiato un intero pacchetto di biscotti e la mettevo. Così lo raccontavo proprio come se fosse un episodio singolo, perché mi vergognavo e non ero ancora pronto ad ammettere tutta la verità, mentre invece io sapevo che succedeva praticamente ogni giorno, se non ogni giorno veramente parecchi giorni alla settimana. E questo mi dava modo non solo di dire a voce alta una verità, ma anche di vedere la loro reazione. E più loro mi accoglievano perché mi amano, più mi liberavano senza saperlo, finché un giorno che onestamente non ricordo esattamente perché è stato appunto tutto molto graduale. E questo percorso è durato anni. Questo processo non è stato, come ammetterlo da un giorno all'altro. Però ecco, un giorno ho cominciato a dire la mia verità. Esattamente la verità com'era e a quel punto mi sentivo già più forte. Magari questi episodi succedevano ancora, anzi, ricordo che è proprio successo ancora una volta in Nuova Zelanda. Quindi parliamo dell'anno scorso. Non è una cosa da cui ne sono sono uscita, ma ogni volta lo ammetteva ogni volta. Lo ammetto, faccio lo sforzo consapevole di raccontarlo, almeno ad Alex. E oggi, oltre al parlarne liberamente e tranquillamente, gli episodi sono davvero pochissimi. Per esempio quella volta in Nuova Zelanda era la prima volta che succedeva dopo, forse un anno, un anno e mezzo. Ed è stata solo quella volta, perché appena è successo ho fatto la mia routine di riabilitazione, così come la chiamo io e la mia routine di riabilitazione, che è molto personale. Quindi magari vi farà sorridere, fa sorridere anche a me, ma per me, appunto, è ciò che funziona. È proprio questa quando succedeva e così anche quest'ultima volta in Nuova Zelanda lasciavo gli ultimi due o tre biscotti nel pacchetto e lo buttavo via. Buttavo via quei due o tre biscotti finali. Come a dire io sono più forte che è vero solo in parte, perché il pacchetto alla fine me lo sono mangiato quasi tutto. Ma è proprio un gesto simbolico che dà una sensazione di potere di scelta. E poi ci rifletto. Non mi giudico, mi perdono e inizio la riabilitazione che va avanti per settimane e settimane. Che cosa intendo per riabilitazione? Anche questo è molto personale. Um, prima di tutto cerco di non rimanere troppo sola. Se vado da qualche parte vado sempre con Alex o con i bimbi, cosa che per il mio stile di vita riesco a fare perfettamente perché siamo viaggiatori a tempo pieno, quindi siamo sempre insieme. Non è difficile trovare dei momenti in cui stare insieme, anzi è difficile il contrario è difficile non stare da sola, è difficile trovare momenti per stare da sola. Quindi per me questo funziona a pennello con la mia riabilitazione. Perché io so che se vado in un bar con Alex o se vado al supermercato con Alex e i bimbi ovviamente non mi compro quel bisc- quel pacchetto di biscotti, perché magari ne parlo e magari dico che ne ho voglia, ma poi lo lascio lì se sono da sola scusatemi se sono da sola è un'altra cosa? Anche questo è il problema dell'allergia mi finisce la voce a un certo punto e poi quando mi sento di nuovo forte che normalmente quando smetto di pensare ai dolci, allo zucchero, quando in una giornata mi dimentico completamente del dolce, magari arrivo a sera che non ci ho proprio pensato e semplicemente magari ci penso riesco tranquillamente a cacciare via il pensiero, quindi non ne sento più il bisogno. E e allora che, um praticamente mi sento di poter cominciare a fare vita più normale. E questo normalmente dura un paio di settimane e in questo, um tu in tutto questo processo aiuta moltissimo un'abitudine che noi abbiamo ormai da tantissimo tempo, forse proprio per aiutarmi in questa mia difficoltà che è quella di non comprare dolci a casa. Noi a casa di solito non abbiamo zucchero, se non frutta non lo compriamo proprio. Lo evi-, lo evitiamo al supermercato e anche i bambini. È raro che ci chiedano di comprare qualcosa al supermercato, qualcosa di dolce al supermercato perché sono abituati così a casa non compriamo quei prodotti, a casa non abbiamo zucchero, fuori invece mangiamo. Quello di cui abbiamo voglia di solito è il gelato. Quando siamo in un posto che lo fa buono, raramente lo mangiamo più di volta a settimana, ma è anche successo e se succede non è un problema, non siamo così rigidi. Ecco perché sentiamo che il nostro stile alimentare è sano per noi, per la nostra famiglia. Sentiamo che non facciamo più fatica a rispettare questa abitudine nel quotidiano e quindi ci permette di essere più flessibili. Ci permette di essere, um, di accogliere anche quando abbiamo voglia del gelato. Noi siamo grandissimi amanti del gelato e quindi andiamo a mangiarcela, perché in realtà non so se ci avete mai fatto caso, ma io ho notato che spesso le persone che non sono flessibili sono anche quelle che sentono di stare facendo ancora fatica con una determinata scelta, un determinato stile di vita, un determinato stile alimentare. E quindi hanno sentono. Non è che ne hanno bisogno, ma sentono di avere bisogno di quel rigidità di quel bianco o nero. Quindi, visto che abbiamo questa abitudine di non comprare nulla a casa se non cioccolato minimo ottantacinque percento, che è quello che mangiamo tutti in famiglia ed è l'unico tra l'altro cioccolato che mangiamo tutti in famiglia, devo dire che i bambini sono altrettanto abituati a non mangiare zucchero, ma questo non significa che non lo vogliano e non lo chiedano. Sono bambini normali che al supermercato chiedono almeno cinque volte. Possiamo comprare quello, possiamo comprare questo. Vedono l'ovetto Kinder, lo vogliono comprare, ma visto che io e Alex siamo molto coerenti con la nostra decisione. Con la nostra regola, alla fine basta spiegare loro che a casa non compriamo cose dolci e lo accettano di buon grado. Se cominciassimo ovviamente a fare delle eccezioni, sarebbe molto, molto più difficile. Ma questa è la nostra regola e quindi funziona benissimo per la nostra famiglia e loro lo accettano, lo accolgono, lo capiscono. E anche quando siamo fuori, in realtà non è un'abitudine mangiare dolce. Per esempio, se siamo al bar, non prendiamo necessariamente che ne so, la cioccolata calda o il crono al cioccolato o il gelato o un succo di frutta per loro. Se noi prendiamo il caffè, un bicchiere d'acqua spesso è perfetto, è più sano e disseta di più. Credo che a volte i genitori riflettano i loro gusti e i loro desideri sui bambini pensano certo che a me piace tanto la cioccolata calda. Allora gliela prendo perché sarà felicissimo, ma in realtà i bambini non hanno questo desiderio. Se noi non glielo creiamo e io trovo che non ci sia alcun bisogno di crearlo, sono altre le cose che rendono felici i bambini. Se siamo al bar, per esempio, possiamo tirare fuori le carte e facciamo un gioco di carte tutti insieme. Oliver, Emily sono molto più felici di giocare con noi che di prendere una cioccolata calda o un crosa al cioccolato. Come dicevamo con la pediatra Carla in uno degli episodi del podcast C'è una componente genetica che fa piacere o meno il gusto dolce e quindi lo zucchero. E quella è quello, è vero. Insomma, io lo vedo nei due miei figli, però Oliver, per esempio, lui ama lo zucchero e fa tendenzialmente più fatica a darsi un limite quando lo mangia. Emily invece raramente finisce un dolce o un gelato, ne mangia un po' e poi è soddisfatta e magari ce lo dà a noi quello Io credo che sia genetica, ma anzi senza credo quello è genetica. Ma le abitudini alimentari che diamo ai nostri figli fanno una differenza grandissima. Per esempio Oliver, anche se adora i dolci più di Emily, spesso è lui a ricordarci che oggi non prendiamo il gelato, perché lo abbiamo già preso due giorni fa. E io personalmente trovo che tutte queste abitudini creino proprio una mentalità sana, una mentalità di non ossessione verso il dolce che se non portata all'estremo secondo me a sua volta sviluppa addirittura una relazione sana con lo zucchero che secondo me avere una relazione sana con lo zucchero è difficilissimo perché io non ce l'ho, quindi per me è veramente una mission impossible. Ma spero davvero di stare trasmettendo ai miei figli che è possibile e questo lo noto già in molte situazioni del quotidiano. Per esempio noi abbiamo un'altra abitudine che è quella di mangiare il gelato solo se è buono e possibilmente artigianale, perché visto che non lo mangiamo così spesso, è meglio sceglierlo buono invece che mangiarlo proprio solo per mangiare dello zucchero che non vale la pena mangiare um di questo concetto del di quel vale davvero la pena. Parliamo spesso ai bambini. Ricordo una volta in Nuova Zelanda che eravamo andati a prendere un gelato, ma quando siamo entrati in gelateria ci siamo resi conto che il gelato, anche se su internet diceva artigianale, non aveva davvero un bell'aspetto. Era duro, sembrava anche un po' congelato sopra. Insomma, sembrava di quelli scadenti che si comprano al supermercato e allora ci siamo seduti con i bambini proprio all'interno della gelateria e abbiamo spiegato che non valeva la pena. Abbiamo fatto notare loro le cose che sapevamo che ci facevano credere. Non che non fosse un gelato buono, perché in questo modo educhiamo anche il loro occhio, che rende poi tutto più facile in futuro. Abbiamo detto loro che secondo noi era meglio aspettare, mangiare un gelato davvero buono. Appena lo trovavamo piuttosto che mangiare questo oggi abbiamo spiegato che noi non lo prendevamo e che secondo noi anche loro sarebbero stati molto più felici se avessero aspettato, perché molto probabilmente non sarebbero rimasti soddisfatti da questo gelato e che poi magari l'indomani che noi l'avremmo preso avremmo preso un gelato davvero buono in un posto che lo fa davvero artigianalmente che lo fanno loro. Loro non avrebbero potuto prenderlo perché lo avevano già mangiato oggi e avevano mangiato un gelato molto peggiore di quello che avremmo mangiato noi. Entrambi hanno capito e hanno deciso di mangiare poi quello buono e così siamo usciti dalla gelateria senza gelato, anche se noi in realtà gli avevamo dato l'opzione. Voi potete prenderlo. Però questo questo questo questo questo e quest'altro. Quindi glielo abbiamo spiegato in quel momento io sono stata davvero felice di tutto il lavoro che stiamo facendo, perché poi magari non servirà a nulla e in età adulta sceglieranno lo stesso un gelato pessimo se hanno voglia di gelato ed è l'unico che trovano. Ma magari no. Noi genitori possiamo solo dare il miglior esempio che conosciamo, accettando poi che presto la vita sarà tutta nelle loro mani. Per trasparenza però, perché sapete che non mi piace duc- edulcorare la verità e la realtà. Quando siamo arrivati quel giorno in macchina, dopo che i bimbi avevano deciso di non mangiare il gelato ed Emily ha capito che il gelato buono non l'avremmo mangiato oggi, ma domani si è messo a piangere. Quindi abbiamo capito che lei aveva accettato solo perché pensava di mangiarlo quel giorno comunque. Ma a quel punto era troppo tardi perché eravamo già andati via, ma devo anche dire che non è durata molto. Ci siamo scusati per non esserci assicurati che avesse capito che il gelato non l'avremmo mangiato quel giorno, ma il giorno dopo e che la prossima volta le avremmo spiegato meglio. E poi le abbiamo anche detto che tanto tutti avevamo ancora voglia di gelato e che quindi l'indomani saremmo andati a cercare un gelato davvero buono. E così è stato ed era indubbiamente mille volte più buono dell'altro e tra l'altro, visto che a noi piace moltissimo il gelato, questa cosa la facciamo spesso di entrare nelle gelaterie, soprattutto in giro per il mondo, perché in Italia si trova gelato buono quasi ovunque, ma in giro per il mondo no. E guardiamo se il gelato è buono o no. E quindi noto che i bambini ora lo vedono come una cosa normale entrare in una gelateria, guardare il gelato prima di decidere se mangiarlo o no e altrimenti piuttosto, appunto, rinunciarci. E tutto questo ve lo racconto perché credo che se noi genitori sentissimo più storie come la mia di una ragazza che all'apparenza è sempre sana, ma che sana non lo è perché nessuna dipendenza è sana. Magari inizieremmo a fare più attenzione non solo alla quantità di zucchero, ma anche alla qualità di zucchero che diamo ai nostri figli e che mangiamo noi stessi, perché ovviamente la coerenza è importante. Non posso dire di no a loro e poi mangiare io tutto lo zucchero che voglio. Vabbè, che poi chiariamoci, per onor del vero anche io durante la mia sindrome premestruale a volte mando Alex a comprare il mezzo litro di gelato dopo che li abbiamo messi a letto prima di guardarci un film. Ma a dire il vero, da quando ho iniziato ad avere un rapporto più sano con la mia sindrome premestruale, anche questa abitudine è passata perché mi sono resa conto che in realtà non era il mio corpo che richiedeva lo zucchero, era il mio umore, era la mia mente che richiedeva lo zucchero e io sono stata abituata o mi sono abituata, non lo so, a ricorrere al cibo e sono soprattutto allo zucchero quando sono giù di morale. E quando uno ho scoperto che cos'era la sindrome premestruale e di soffrirne a volte e due, ho iniziato ad accogliermi e accettarmi in quei giorni. Anche la mia sensazione di bisogno di zucchero è diminuita in quei giorni. Ecco, ora non mi ricordo più che cosa stessi dicendo, ma insomma, quello che vorrei trasmettere è che credo sia importante pensare anche alla qualità e non solo alla quantità di zucchero che mangiamo in famiglia e che diamo ai nostri bambini senza cadere nell'estremo e dire no zucchero mai. Perché personalmente penso che tutti gli estremi siano poco sani, ma sicuramente cercando di insegnare ai nostri bimbi fin da piccoli a essere, come si dice, consapevoli di che cos'è veramente lo zucchero e di come interagisce con il nostro cervello, perché il modo in cui interagisce con il nostro cervello è come quello di una droga, al di là degli effetti che spesso ha sul corpo e che si vedono da fuori. Io soffro dentro quando vedo un bambino o una bambina piccoli dell'età dei miei chiaramente sovrappeso, con una pancia che non è più la pancia del bambino, ancora bebè che magari fanno già un po' di fatica a correre o piegarsi per entrare nei tunnel al parco giochi e spero che questo non arrivi come un giudizio. Ma per me è importante dirlo, perché questo è un podcast per genitori. E spesso noto che i genitori di questi bambini sono proprio quelli che ordinano poi una cioccolata calda con i marshmallow e magari un biscotto al cioccolato al bar o che usano il cibo spesso merendine come consolazione se i bambini o le bambine si fanno male al parco giochi o magari che usano proprio la merendina per convincerli ad andare via dal parco giochi o che aspettano i bambini e le bambine fuori dalla lezione di ballo con le patatine, una barretta di cioccolato e una Coca Cola. Storia vera tra l'altro vista a Marbella. E quelli erano proprio i bambini e le bambine che erano già in sovrappeso e che probabilmente faranno fatica a uscirne perché il loro bagaglio sarà pieno di abitudini alimentari non sane. E lo dico davvero con il cuore in mano, perché il mio in realtà è un mezzo giudizio. So che a volte le persone sono ignoranti al riguardo, proprio nel senso che ignorano e non sanno di stare facendo danno. E se lo sapessero, probabilmente proverebbero a scegliere di non farlo. Altre volte hanno loro stessi una relazione molto complicata con il cibo, con lo zucchero, e quindi è difficile insegnare diversamente ai figli. Come diceva Maria Montessori, è difficile dare qualcosa che non abbiamo già dentro di noi. E poi non sappiamo che storia di vita abbiano queste persone. Non sappiamo quali siano le loro difficoltà. Non sappiamo, magari se soffrono perché hanno creato l'abitudine, non sanno come uscirne. Non sappiamo se magari non hanno i soldi per comprare cibo e merende sane e allora riversano sulle merendine il papà di Alex, per esempio, che ha cresciuto lui e suo figlio da solo perché la mamma è mancata Quando Alex aveva sei anni, non aveva un lavoro che gli permettesse di comprare cibo sano, che costa indubbiamente di più ed era sempre in cucina a fare dolci pane perché la farina e lo zucchero costano poco e Alex oggi è bravissimo a fare i dolci, ma anche lui ha una relazione poco sana con lo zucchero. Credo che ci sia poi anche un problema di fondo, ed era anche un mio problema prima che lo notassi e ci riflettessi, ovvero pensare che lo zucchero sia quel qualcosa di speciale da fare con i bimbi. Quando li portiamo fuori quando gli dedichiamo il pomeriggio insieme, per esempio, andiamo al museo e per completare la giornata mangiamo un gelato, oppure facciamo una passeggiata per arrivare al bar a prendere un croissant, oppure, per fare una cosa speciale andiamo al bar a prendere un tè con un buon pezzo di torta. E piano piano ho cominciato a rendermi conto di quanto io collegassi i momenti speciali con i miei figli allo zucchero e allora ho smesso perché mi sembrava quasi di stare trasmettendo loro il messaggio. Lo zucchero rende tutto più speciale, mentre un museo è speciale di per sé. Andare al parco, giocare con e giocare con la palla per un bambino è più speciale che stare sempre e mangiare un pezzo di torta. Una passeggiata non deve per forza avere una meta culinaria o dolce. La passeggiata è più speciale se è fine a se stessa, perché si impara davvero a godere di quello che abbiamo intorno, che sia la natura dove si possono osservare animali e piante e piante o una strada di città dove si può osservare la vita quotidiana delle persone. E quindi questo episodio è proprio solo per raccontarvi la mia esperienza con lo zucchero, la mia dipendenza dallo zucchero, um dipendenza ed esperienza che probabilmente nessuno si aspetta quando la racconto, perché tendiamo a pensare che le conseguenze spiacevoli dello zucchero siano il grasso del corpo o una malattia come il diabete? Io non ho nessuna delle due, mentre invece, appunto, non è così. Se devo essere sincera, penso di aver conosciuto più adulti che hanno un problema di dipendenza dallo zucchero che adulti sani. Ovviamente ci tengo a dirlo se per caso foste capitati sul mio podcast oggi e questo fosse il primo episodio che ascoltate non sono un medico, non sono un pediatra. Ma quello che ho vissuto sulla mia pelle, anzi sulla mia mente, basta per farmi capire che devo avere un occhio di riguardo rispetto allo zucchero. Noi abbiamo le nostre soluzioni che non devono necessariamente essere le vostre. Non sono né giuste né sbagliate. Sono nostre decisioni personali che finora hanno funzionato bene per noi stessi, con i nostri figli nella nostra famiglia. Queste soluzioni con come dicevo prima, sono quella, per esempio, di non comprare nulla di dolce a casa, proprio come abitudine, ma di mangiare il dolce solo quando siamo fuori, se ce lo chiedono i bimbi o se ne abbiamo voglia e quindi lo proponiamo noi stessi, ma ovviamente senza abusare. Quindi se oggi mangiamo un gelato, magari non lo mangiamo domani e magari nemmeno fino alla settimana prossima. Un'altra abitudine è non consolare la tristezza con il cibo dolce o salato che sia, Um quindi magari, se mia figlia si fa male non le dico Dai, vieni, andiamo a mangiare qualcosa o dai, vieni. Ti do un um, pezzo di frutta, ma semplicemente sto lì con lei e le dico Sono qui con te vieni, andiamo a metterlo sotto l'acqua eccetera eccetera. Lo dico perché ho visto anche questa scena al parco giochi e quindi ci tengo a a dire che tutte queste riflessioni, tutte queste mie abitudini, il motivo per cui le penso e a volte perché le faccio io stessa, a volte perché le vedo fatte da altri genitori e mi dico che magari si potrebbe fare meglio. Um, un'altra abitudine è non usare il dolce per far mangiare tutto il piatto di verdure. E questa questo ne ho già parlato in un episodio che ora non ricordo, ma magari ve lo metto nelle note e un'altra abitudine e questa stiamo ancora cercando di consolidarla e non finire sempre i pasti con qualcosa di dolce al ristorante o in casa, anche solo con la frutta, perché è un'abitudine con la quale sono cresciuta io, ma non credo che sia sana. E visto che io ancora oggi, anche se ho una relazione migliore con lo zucchero, faccio ancora fatica a non finire il pasto con un dolce e anche quella credo che sia una dipendenza. Preferirei non passare quest'abitudine ai miei figli. Ci stiamo lavorando tutti su, non siamo ancora molto bravi, ma ci stiamo lavorando. Un'altra abitudine che io ritengo importante è non trasmettere il messaggio, che si debba dimagrire e perdere peso. Per questo ho rimosso dal mio vocabolario parole come dieta, frasi come Devo perdere due chili oppure guarda come sono ingrassata oppure mi sento veramente pesante o quando parlo con gli amici ho un po' di chili di troppo. Ecco, queste frasi cerco di fare attenzione a non dirle come cerco di fare attenzione a non dire che faccio per dimagrire. E invece il messaggio I messaggi che cerco di trasmettere sono mangiamo sano e facciamo esercizio per mantenere il nostro corpo sano. Mangiamo sano e facciamo esercizio per mostrare amore al nostro corpo e attenzione. Parlo per me, persona che anche con qualche chilo di troppo ovviamente non ha bisogno di dimagrire. Sarebbe magari diverso se fossi un genitore obeso, perché allora farei una dieta e farei esercizio per dimagrire non ci sarei nulla di male nel dirlo, perché dimagrire sarebbe un prendersi cura del proprio corpo. Però ecco la cura del corpo e non l'apparenza fisica per me dovrebbero essere alla base di questi messaggi. Poi, come altra abitudine, noi cerchiamo di scegliere dolci che valga la pena mangiare, come dicevo prima, un gelato artigianale, una torta fatta in casa, la marmellata del nonno. Questo lo facciamo per fare una distinzione e per capire anche la qualità dello zucchero che mangiamo. Perché, come dicevo prima, secondo me focalizzarsi anche sulla qualità, oltre che sulla quantità dello zucchero che mangiamo, aiuta molto a creare una mentalità più sana. Per esempio, noi siamo soliti leggere con i bambini le etichette sui prodotti al supermercato, non solo dei dolci, proprio di tutti i prodotti prima di comprarli. E questa è una di quelle abitudini che è rimasta a me e ad Alex dagli anni in cui abbiamo condotto uno stile di vita paleolitico. Magari un giorno ve ne parlerò e quindi questo lo facciamo anche con i bambini, proprio per far vedere loro quante schifezze extra spesso ci sono dentro i vari prodotti che compriamo o che potremmo comprare se non guardassimo l'etichetta. Poi facciamo proprio le comparazioni con prodotti migliori. Per esempio è successo proprio da poco qui a Barbaresco c'è un mercatino la domenica e c'è una bancarella che vende la crema di nocciola con cacao, che è una delizia se andate si chiama Le bancarelle di Elisa veramente se siete vicini, non perdetevelo! Questa crema di nocciole con cacao è praticamente una Nutella, ma gli ingredienti sono settanta percento nocciole, quindici percento cacao e quindici percento zucchero di canna. Basta ed è deliziosa. Lo ripeto l'ho già detto. Gli ingredienti della Nutella sono zucchero come primo ingrediente. E sappiamo che il primo ingrediente sulla lista è quello di cui ce n'è di più nel prodotto olio di palma, tredici per cento di nocciole, poi latte in polvere, cacao vari, emulsionanti, eccetera, eccetera eccetera. Non è difficile capire neanche per un bambino tra l'altro quale sia quello più sano se compariamo le due etichette. Anche uno che non ne capisce nulla di alimentazione direbbe che la crema delle bancarelle di Elisa è più sana perché è più genuina. E certo la Nutella costa di meno perché a usare ingredienti peggiori e produrre in quantità di massa i costi sono inferiori. Ma a che prezzo? Sulla nostra salute siamo davvero disposti a pagare quel prezzo? Io personalmente preferisco pagare di più un prodotto e magari mangiarne di meno e meno di frequente piuttosto che pagare il prezzo sulla mia salute. Ecco, questi sono i discorsi che facciamo in casa con i bambini e li abbiamo fatti fin da quando erano piccolissimi. Perché i bambini questi discorsi li capiscono, ognuno li processa diversamente a seconda della sua età, ma se ci prendiamo il tempo di spiegarglielo, di parlare con loro, magari non subito, ma a lungo termine li capiscono come capiscono, anche se glielo spieghiamo l'effetto che lo zucchero ha sia sul corpo sia sulla mente. Possiamo farglielo notare, per esempio quando vanno a feste di compleanno che mangiano più zucchero e poi sono molto irrequieti prima di andare a dormire. Non c'è nulla di male ad aver mangiato tutto quello zucchero, ma è giusto notare come reagisce la nostra mente a quello zucchero. E poi non c'è nulla di male nemmeno nel far notare anche l'effetto che lo zucchero ha sul corpo, spesso di fronte a persone grasse o obese. I bimbi ci hanno chiesto perché sono così grosse e credo sia importante spiegare loro che l'aumento di peso non è sempre associato al cibo. Ci sono disfunzioni, ci sono malattie che lo causano, ma spesso è associato al cibo. Spesso è causato da come ci alimentiamo e gli zuccheri sono molto responsabili. Spesso noto che molti genitori ritengono questo tipo di domande dei bambini scomode e quindi tendono a zittirli. Magari se sono anche troppo vicini a quella persona, perché si sentono a disagio. Ma in realtà credo che sia importante parlarne con naturalezza, con onestà e soprattutto rispondere alle loro domande. Anche se ci sentiamo a disagio, perché non rispondere, non parlarne crea e rinforza il tabù intorno a queste conversazione intorno a questi corpi diversi. E poi è anche onesto spiegare che l'obesità è una malattia. A questo proposito, tra l'altro qualche mese fa sulla copertina di Cosmopolitan c'erano donne obese che facevano esercizio con la scritta Questo è sano e anche se io ho apprezzato l'idea, credo che questo messaggio possa essere davvero pericoloso, perché va bene il movimento del body positivity, quindi riconoscere, accettare e accogliere corpi diversi, forme e taglie diverse. Dovremmo essere a favore di qualsiasi tipo di inclusività. A mio parere è bellissimo, per esempio, che ci siano marchi di abbigliamento, anche sportivi, che stanno cambiando per accogliere quei corpi e per mostrare più diversità di forme e taglie nella lo nelle loro pubblicità. Ma questo non significa che l'obesità sia sana. L'obesità non è sana, è più sana. Una persona obesa che fa esercizio regolarmente, Certo, ma questo non significa che l'obesità sia sana. L'obesità è una malattia l'obesità, comporta molti più rischi per la salute di una persona. E quindi credo che sia importante far passare anche i messaggi giusti e non non solo fare attenzione ai messaggi che trasmettiamo noi, ma anche fare attenzione ai messaggi che ci trasmettono da fuori, che ci trasmettono le pubblicità che ci trasmettono questi movimenti nuovi che stanno nascendo e soprattutto essere critici pensare con la nostra testa per aiutare i nostri bambini a fare altrettanto. Ecco, questo non era sulla mia scaletta, quindi ora mi sono persa completamente. Ma non importa, perché credo di avervi detto tutto. Anzi no, no, manca una cosa, una cosa importante. Io non pretendo di sapere che regalerò ai miei figli una relazione migliore con lo zucchero. Lo dico sempre noi genitori possiamo solo fare del nostro meglio, ma nel bagaglio di ciò che lasciamo ai nostri figli ci sarà sempre qualcosa di negativo, qualcosa che non abbiamo saputo leggere di loro qualche emozione nostra o comportamento nostro che non abbiamo saputo gestire e controllare. E abbiamo insegnato a loro qualche nostro trauma che abbiamo riflesso su di loro. Questo per dire che magari noi facciamo tutta questa educazione sul consumo dello zucchero e poi in realtà in età adulta i nostri figli prenderanno strade diverse, faranno esperienze diverse e magari arriveranno comunque alla stessa dipendenza di cui ho sofferto e soffro io, perché purtroppo non si guarisce mai da una dipendenza. Però possiamo fare solo del nostro meglio, perché in fondo noi li mettiamo al mondo, ma poi la vita è loro. E su questa massima di vita che forse c'entrava poco, mi congedo. Vi ricordo che mi trovate anche su www punto la tela di carlotta punto com su Instagram e su Facebook come la tela di Carlotta Blog. Vi invito a venirmi a trovare e ovviamente ogni venerdì su questo podcast educare con calma. Buona giornata, Buona serata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao