Preferiti dei bambini

Speaker 0: Benvenuti e benvenute a un nuovo episodio di educare con calma. Oggi vorrei parlarvi di libertà, in particolare di quella che diamo ai più piccoli, ai nostri figli. Sembra un tema molto ampio e in realtà lo è perché ci sono tante sfumature di libertà. Oggi però voglio parlarvi proprio di autonomia, di quanto spazio siamo disposti a lasciare a bambini e bambine affinché possano sperimentare e affinare gli strumenti che gli diamo per interagire con il mondo e costruire la fiducia di sé. Vorrei esplorare questo tema raccontandovi un aneddoto, portandovi qualche riflessione personale ma anche offrendovi il punto di vista di altre persone su questo tema.

Prima di tutto questo però faccio un passo indietro. Per avviare una riflessione e una conversazione su instagram proprio su questo argomento, qualche mese fa ho pubblicato delle storie in cui mostravo Oliver e Emily che andavano al supermercato da soli. Tra l'altro io so che immagini come queste sono abbastanza divisive e che non sempre ma a volte creano giudizio e commenti poco piacevoli, quindi avevo anche specificato di commentare in maniera rispettosa, senza puntare il dito e piuttosto facendo una domanda invece di esprimere un giudizio. O magari di non commentare affatto se non ci fossero state cose costruttive da aggiungere. Questa è una cosa che chiedo anche a voi oggi se state ascoltando, se avete voglia di commentare sulatela punto com dopo aver ascoltato questo episodio per favore cercate di non puntare il dito, di fare una domanda piuttosto che lasciare un giudizio e magari non commentare affatto se non avete qualcosa di costruttivo da aggiungere.

Prima di condividere l'aneddoto avevo poi specificato che noi non abbiamo paura, che scelte come questa sono scelte consapevoli, responsabili, intenzionali, pensate e soprattutto che pratichiamo da molti anni con I nostri bambini. È stato un processo arrivare alla libertà di cui vi parleremo oggi, alla libertà che hanno oggi I nostri figli e tutti abbiamo imparato gradualmente. Sembra scontato? Ma ci tengo a sottolinearlo perché a volte si osserva il risultato di un processo, la sua naturalezza. E lo si dà per scontato, si dà per scontato il processo, il lavoro che c'è stato dietro, non si tiene conto del fatto che ci sono stati davvero tanti passi e tanti passaggi e tante riflessioni e tanti passi indietro per arrivare lì, anche per noi.

Tutti questi piccoli passi hanno fatto sì che oggi I bimbi abbiano molta libertà. Molta più libertà di tanti bambini che conosciamo in Italia, all'estero è un po' diverso, ma su questo magari torno tra un po'. Olive ed Emily vanno spesso da soli al supermercato o al parco giochi e qui nel nostro nuovo stile di vita in van in cui soprattutto qua in Canada, in Ontario dove sto registrando adesso spesso stanno fuori anche dal mattino alla sera e non sappiamo assolutamente dove sono. C'è anche da dire che hanno il walkie talkie quindi possono comunicare con noi ma spesso e volentieri non lo usiamo. Magari lo usiamo per comunicare che il pranzo è pronto quindi di tornare però loro sono molto indipendenti, molto autonomi, stanno fuori, parlano con persone, portano a casa amici.

È capitato anche recentemente che ci abbiano chiesto di fare un coprifuoco molto tardi tipo dieci metri da undici e glielo abbiamo permesso, sono poi quindi tornati con le torce. Insomma hanno veramente molta autonomia. Anzi mentre pubblicavo le storie su instagram, proprio le storie di cui vi stavo parlando, in cui vi mostravo che andavano al supermercato, per esempio loro erano al parco giochi vicino al parcheggio dove sostavamo quella notte e io e Alex eravamo a casa a fare I preparativi. In quell'occasione non avevamo nemmeno I walkie talkie ancora, quindi semplicemente ci siamo fidati di loro e abbiamo stabilito insieme un'ora in cui dovevano tornare a casa. Il video precedente invece mostrava proprio I bimbi, come vi ho detto, mentre andavano al supermercato, a restituire la bottiglia di plastica, la lattina non mi ricordo che cosa restituissero perché eravamo in Germania e in Germania quando restituisci la bottiglietta di plastica ti danno I soldi indietro alcuni alcuni soldi indietro ed erano andati quindi appunto a restituire la bottiglietta e a comprare il cioccolato che avevamo dimenticato.

In quell'occasione specifica al supermercato era vicino e noi eravamo già andati insieme una volta al supermercato, quindi I bimbi conoscevano la strada. Non è sempre così, a volte invece il supermercato o il parco giochi sono più lontani, ma se loro se la sentono generalmente per noi va bene, ovviamente consideriamo situazione per situazione. Una cosa che mi è stata detta in quell'occasione è che forse per fratelli e sorelle è più facile. Sicuramente il fatto che siano insieme oggi aiuta, ma è anche vero che I bimbi hanno fatto esperienze da soli, entrambi hanno fatto la loro prima esperienza da soli, andare a fare una faccenda per esempio a quattro anni. L'età è puramente casuale, non l'abbiamo deciso a tavolino, credo che sia stato quando ce lo hanno chiesto.

Per esempio Oliver quattro anni è andato per la prima volta a scuola da solo, l'ho preparato, gli ho detto che lo avrei seguito da lontano e così ho fatto e Emily quattro anni in Croazia è andata a comprare I biscotti nel negozio sotto casa al di là della strada e anche in questo caso l'avevo preparata e le ho detto che l'avrei guardata dalla finestra e così ho fatto. Quindi ecco quando e se si sentono pronti vanno anche da soli e di solito è successo proprio così: ce lo hanno chiesto, noi abbiamo valutato la situazione, trovato il compromesso che ci faceva stare tranquilli e ci siamo organizzati per fare in modo che avvenisse in sicurezza. Ho concluso poi tutta quella riflessione dicendo che questa è libertà che scegliamo di dare ai nostri figli e di incrementare da tanti anni a piccole dosi. E lo facciamo ovunque siamo, ma sempre con consapevolezza e intenzionalità. Questo li rende responsabili, aumenta la fiducia reciproca e genera un senso di soddisfazione.

E sì, se ve lo state chiedendo lo abbiamo fatto anche in Italia andando oltre le immagini e I pregiudizi legati ai luoghi. Su questo tra l'altro abbiamo scritto una bellissima newsletter che esplora proprio la paura del viaggiare con I bambini legata a stereotipi e pregiudizi. Se volete recuperarla vi lascio il link nelle note dell'episodio e ne approfitto anche per dirvi che se non siete ancora iscritti o iscritte potete farlo andando su la tela punto com barra newsletter. Ritornando all'Italia non posso non fare una considerazione. Purtroppo io vedo che l'Italia più di altri paesi europei ostacola questa crescita.

La legge italiana infatti prevede che I minorenni possono viaggiare senza accompagnatore a partire dal compimento dei quattordici anni. A me sembra tardissimo. Finora invece la maggior parte di paesi dove siamo stati in questo caso vi sto parlando proprio di paesi che abbiamo visitato la maggior parte di questi paesi dà molta più libertà: in Giappone, Germania, Nuova Zelanda, Australia, tutto il nord Europa, Canada. I bambini possono andare già a sei anni da soli a scuola, in Svizzera addirittura a cinque anni. L'Italia purtroppo è ancora un paese basato sul controllo, quel controllo che affonda le sue radici nella mentalità dell'obbedienza, della punizione, e quindi non mi stupisce che sia indietro rispetto a questa libertà, a questa autonomia per I bambini, perché dare più autonomia significa avere meno controllo.

Al tempo stesso però da genitore non mi fermerebbe e non mi fermato dal regalare questa libertà ai miei figli con consapevolezza e insicurezza. Ci sono davvero sempre sapete che non mi piace dire sempre ma in questo caso credo che sia così ci sono sempre piccoli spazi di autonomia che possiamo dare ai nostri figli insicurezza in ogni circostanza. Per esempio: la legge dice che tuo figlio non può andare al supermercato dietro casa da sola perché non ho ancora quattordici anni. Ok, ma se ci andate ogni giorno a quel supermercato puoi spiegare loro che ti prendi la responsabilità della tua scelta e di non stupirsi se vedranno tua figlia arrivare a fare la spesa da sola. Piccoli spazi di libertà.

Inoltre durante il tour del libro in Italia ho conosciuto Elisa, la proprietaria di vita da Pacos a Fano, che se non sapete che cos'è vi invito ad andare a cercarlo e andarci proprio andarci fisicamente, a farvi una vacanza perché non posso spiegarvi la meraviglia di quel posto a parole e quindi dovete andare a vederlo voi. E in quell'occasione io e Elisa ci siamo ritrovate su tante cose, su tante riflessioni riguardo stili di vita ed educazione e tra queste proprio la libertà che diamo ai bambini. Non mi dilungo ma vi consiglio il suo libro che vi lascio nelle note dell'episodio e parla proprio del lasciare andare I bambini a scuola da soli, ma la scuola è un pretesto, è proprio di lasciare più autonomia ai bambini e alle bambine. Ok dopo tutta questa riflessione che ho fatto sulle storie di instagram ho ricevuto tantissime domande, curiosità o anche solo condivisioni. Ne ho scelte alcune e ve le leggo senza lasciarvi mie considerazioni personali ma proprio solo per allargare questa conversazione e offrirvi prospettive e magari lasciarvi formulare domande nella vostra mente, domande che possono essere diverse dalla mia, risposte che possono essere diverse dalle mie, prospettive che possono essere diverse dalle mie.

Parto da due risposte che toccano una questione importante che è quella della fiducia. Una dice ve la leggo: Fate benissimo, io vi appoggio assolutamente. Mia figlia è un po' più grande, dodici anni, ma anche noi le abbiamo dato sempre grande fiducia e difatti ci dimostrato di cavarsela anche in situazioni un po' difficili, ad esempio quando si è accorta di aver preso la metropolitana, che prende quotidianamente da sola, nel verso opposto. L'altra cosa su cui veniamo considerati strani qui in Italia è che lei un telefono ma non internet, quindi non la possiamo e non la vogliamo geolocalizzare. E per andare e tornare da scuola deve prendere almeno due mezzi, se non tre, e Milano non è esattamente una città piccola o un paesino di provincia.

Ci fidiamo di lei. Ma perché, come dici tu, pratichiamo da tanti anni e sappiamo che sa come comportarsi in certe situazioni, non sempre prevedibili. E qui di nuovo è il processo: qua si vede proprio che anche questo ovviamente è un processo. Per una bambina di dodici anni andare a scuola prendendo mezzi prendendo metropolitane significa che non è che da un giorno all'altro l'hanno messa sulla metropolitana ciao vai, no, è un processo. Un altro genitore invece scritto: Grazie per queste riflessioni, hai assolutamente ragione.

I miei mi hanno dato tanta tanta libertà. Avevo forse sedici anni quando andavo a Bardonecchia con gli amici prendendo treni e bus da soli per arrivarci, e sicuramente alle elementari qualche volta andavo e tornavo da scuola da sola. Alle medie poi scuola, allenamenti, amici, ci andavo sempre da sola. E poi scrive riferendosi al figlio invece: Devo assolutamente iniziare ad insegnargli a non avere paura, lo vedo ancora come mio cucciolotto ma quasi sei anni ormai. È bizzarro come per certe cose li vediamo grandi e diciamo frasi come Fatti il panino da solo se hai fame, vestiti e lavati senza aiuto, ma per altre, per cui sono assolutamente competenti, li trattiamo ancora come bebè.

Un altro commento invece esplora il tema del giudizio, il nostro ma anche quello degli altri. Riferendosi alla legge italiana questo genitore scrive: Nemmeno io ho capito se sia fino a dodici o fino a quattordici anni, anche se ho lavorato per I servizi sociali e mi hanno sempre detto fino ai dodici anni. È davvero un eccesso. E ci sono anche delle contraddizioni, per esempio: da scuola si può andare a casa da per esempio: da scuola si può andare a casa da soli dalla quarta primaria, quindi prima dei dodici anni. Ovviamente anche al parco mi sembra normale vedere bambini dagli ultimi anni della primaria da soli, ma non nascondo che sia una regola che mi blocca e mi spaventa.

Noi lasciamo nostro figlio di tre anni e mezzo libero di andare da casa nostra a casa dei nonni da solo, e sono cinquanta metri di distanza senza strada con macchine, e già ho paura che qualcuno lo segnali, immaginati quanto mi senta libera. Qui mi stupita perché io pensavo già ho paura che qualcosa possa succedergli, e invece lei detto già ho paura che qualcuno lo segnali, ma non è assurdo che qualcuno vada a segnalare un bambino perché non siamo abituati a dare autonomia ai bambini? Ecco io questo credo che sia veramente un po' l'apoteosi di una cultura del controllo, che la nascondiamo un pochino sul ma devono essere sicuri sicuri, li proteggiamo no? Proteggiamo I nostri bambini, però poi invece vedo alcune situazioni in cui davvero c'è da proteggere qualcuno, e purtroppo ci sono veramente tantissimi video ed esperimenti su internet, su instagram, in cui si vedono video in cui effettivamente c'è una situazione un po' che putta, no? Una situazione con la quale io personalmente se la vedessi non mi sentirei tranquilla e si vedono I passanti che passano, guardano e continuano e non dicono nulla.

Però invece ci sentiamo in diritto e in dovere di segnalare un bambino che con il permesso del genitore va al supermercato da solo. Al di là del giudizio questo commento mi è piaciuto anche perché parla proprio di quella libertà in piccole dosi di cui parlavamo all'inizio. È un processo: si inizia dai venti metri, dai cinquanta metri, dai cento metri da dove, come e quando ci sentiamo sicuri. Così si cresce la sicurezza in sé e la fiducia reciproca. Vi leggo anche un commento che contiene una bellissima riflessione sul valore di questa pratica, ovvero di dare più autonomia.

Lo faccio anche io, e vivo nel paese in cui sono cresciuta. Con mio figlio più piccolo ho iniziato quando aveva cinque anni, lo mandava in cartoleria da solo quando mi diceva che gli serviva qualcosa. Per me era un modo per renderlo autonomo, responsabile e soprattutto a non avere paura. Hanno la responsabilità di avere del denaro, sanno come gestirlo e sono molto attenti in questo. Il fatto che lo facciano da soli non vuole assolutamente dire che io non sia presente o non voglia accompagnarli, e sono convinta che prima imparano a confrontarsi con la vita, prima riusciranno a gestire tutte le difficoltà che essa presenta.

Parli di libertà, esatto. Si tratta anche di questo: lasciarli liberi di fare, sperimentare, anche di conoscere il pericolo in modo che possano scindere loro stessi cosa lo è e cosa non lo è, cosa è pericoloso e cosa non è pericoloso, e a questo aggiungo aggiungo che conoscere il pericolo nella sicurezza della nostra bolla è importante. Proprio questo secondo me è il processo. Conoscere il pericolo a piccole passi, a piccole dosi, nella sicurezza appunto di una bolla. Ricordo una volta in Nuova Zelanda, quindi Oliver aveva cinque anni, a quel punto sei, ed è andato al negozio a comprare I Cicles da solo.

Erano circa un cento metri sul marciapiede senza attraversare strade e quella strada la facevamo tutti I giorni per portarli alla loro scuola. Però un giorno è successo che sia tornato piangendo perché è passato davanti a una casa dove dei bambini più o meno della sua età, forse un pochino più grandi, stavano giocando in cortile e sul marciapiede uno lo inseguito, tra virgolette questo è quello che raccontato lui, con il monopattino per qualche metro e lui si è spaventato, cominciato a correre. Non era pericoloso ma lui si è spaventato perché non l'aveva mai vissuto prima, quindi quando è arrivato abbiamo calmato, abbiamo capito la situazione, siamo poi andati insieme a parlare con quei bambini e loro hanno chiesto scusa. Ecco, questo è stato un piccolo rischio, e quel giorno sì mi sono interrogata, avrò fatto bene, questo lo avrà traumatizzato, ma in realtà questo è stato un piccolo rischio nella bolla di sicurezza, che ci dato occasione di parlare di quello che può succedere. Sicuramente tutto il percorso che avete fatto con I vostri figli influito moltissimo su di loro, Si vede che sono responsabili e molto più maturi della loro età.

Mia figlia dodici anni e non saprebbe neppure muoversi qui attorno, né a casa del padre che stanno in campagna, magari con nostra figlia che ora da due anni sarà diverso, lo spero. Qui vi dico anche che cosa ho risposto io a questo genitore nei messaggi privati e ho risposto: esatto, il non sapersi muovere è un grande effetto di una cultura e un paese che ostacola questa crescita, che ostacola l'autonomia dei bambini. Non gli insegniamo a gestire le difficoltà della vita, invece si potrebbe fare, si potrebbe insegnare gradualmente in sicurezza e ne beneficerebbero loro in primis. E concludo con una bellissima condivisione che tocca il tema delle differenze culturali. Questo genitore scrive: ho vissuto molti anni in Germania e sono rimasta lì fino a quando mio figlio aveva poco meno di un anno.

Sono sempre stata molto colpita dallo spazio che hanno I bambini nella società. Non sono sicura di capirne tutti gli aspetti, credo che il loro atteggiamento verso I bambini sia più equilibrato e sano del nostro, più distaccato e meno emotivo. Mi spiego: in Italia I nonni tengono I bimbi anche fino all'inizio delle elementari, se non a tempo pieno quasi, privandosi del piacere di avere tempo libero con la pensione, usando energie che ormai con la vecchiaia scarseggiano, rendendosi responsabilità che non sono loro. Per amore, lo fanno per amore. All'estero le nonne e I nonni dicono no, e forse non glielo si chiede nemmeno.

Si godono la terza età e vedono I nipoti un paio d'ore a settimana, da nonni. Gli asili permettono ai genitori di lavorare in serenità, da noi I bambini sono un miracolo: amati, protetti, viziati. Da loro sono individui da portare all'età adulta nel miglior modo possibile, educandoli come cittadini responsabili, educandoli all'indipendenza. Da noi le mamme brave si sacrificano, da loro I genitori sani sono quelli che si prendono I loro spazi e al ristorante chiacchierano tra adulti mentre I figli giocano con I giochi del ristorante. Non so se ho reso l'idea di quello che sento.

Eccome se lo hai reso. Condivido anche io questa riflessione tra l'altro proprio del fatto che in Italia ci sia una mancanza, un buco nel family friendly all'interno dei ristoranti, dei bar, dei dei servizi pubblici in generale. Ho parlato anche in un altro episodio, se mi ricordo ve lo metto nelle note di questo episodio, però così condivido anche io tanto questa riflessione e queste osservazioni. Ci tengo però a dire che non le porto a voi e non vi ho letto questo messaggio per creare un paragone. Sì, certo il paragone si crea, però non voglio creare il paragone bene o male, bravi o cattivi, ma voglio proprio avviare una riflessione sul fatto che uno purtroppo spesso la politica favorisce o ostacola la famiglia in un paese e questo purtroppo non è molto nel nostro controllo.

Se io lavoro a tempo pieno e non ho strutture che mi tengono I bambini o quelle che ci sono costano molto e I nonni sono disponibili, grazie nonni. Ma me lo chiedo spesso e lo chiedo a voi: quanto è giusto per I nonni, anche se lo fanno con piacere? Senza giudizio per chi sceglie di fare il nonno a tempo pieno, ma credo che sia importante avviare una riflessione anche su questo, avviare proprio una riflessione che in un certo senso questo, avviare proprio una riflessione che in un certo senso, sempre arrivando dal paragone, a volte ci aiuta a vedere che il sì sempre fatto così non necessariamente deve continuare a essere fatto così, che ci sono alternative e in questo caso per esempio I nonni possono dire di no. Questo c'entrava un pochino meno con l'autonomia dei bambini ma c'entrava più con una riflessione sul tema delle differenze culturali che sicuramente esistono anche nell'autonomia e nella libertà che diamo ai nostri bambini. E infine un aspetto presente in tante condivisioni che qui oggi non hanno trovato spazio ma di cui voglio parlarvi è la paura.

Tanti genitori hanno voglia di scendere da questa ruota e di dare più libertà ai propri figli, ma hanno questo nodo di fatica che li blocca, questa paura. Io mi fido di mio figlio, non mi fido degli altri. Questa è la frase che mi è stata detta più spesso da sempre, da quando viaggiamo a tempo pieno e gli altri tra virgolette riversano addosso le loro paure su di noi, come racconto anche nel mio TEDx. E quindi prima di chiudere questo episodio sull'autonomia, sulla libertà vorrei proprio offrirmi due spunti per affrontare la paura di dare autonomia, di dare libertà, di lasciare I nostri figli più liberi di fare esperienze che magari ci possono anche spaventare. Ci tengo anche a dire che ovviamente in questo episodio abbiamo coperto proprio solo la punta dell'iceberg di questa conversazione ma questo è quello che sono disposto ad offrirvi oggi.

E' un po' l'inizio di una ragnatela di pensieri che si potrà creare in maniera molto più approfondita, magari in un altro contenuto. Il primo spunto di riflessione è questo: molta della paura, che forse provate arriva da leggende metropolitane. Ve lo dico proprio con il cuore aperto, da viaggiatrice a tempo pieno, che vissuto con bambini in paesi che tutti ci dicevano ma non avete paura di portarli lì? E da persona che constatato con I propri occhi, toccato con mano una realtà che voglio condividere con voi: il mondo non è pericoloso come ce lo vendono. Il mondo è molto meno pericoloso oggi di un tempo, di quando I nostri nonni passavano tutto il giorno fuori per strada da soli senza telefono senza contatti.

So che non sembra che sia così, ma perché la nostra percezione del pericolo è cambiata, la nostra percezione del pericolo è peggiorata, perché oggi ci arrivano sul telefono direttamente in mano, in televisione, in casa nostra ci arrivano tutte le notizie peggiori di tutto il mondo. Allora invece sapevamo solo quelle del nostro paesino, della nostra città. Oggi invece ogni giorno leggiamo di tragedie. E ovviamente queste tragedie influiscono sulla nostra percezione del pericolo, sulla nostra percezione di quanto il mondo sia pericoloso. Non che queste tragedie non ci fossero al tempo dei nostri nonni, ma noi non le sapevamo.

E' un po' come out of site, out of mind. E se c'è una cosa che invece vorrei comunicare con il nostro stile di vita, con tutta l'esperienza che abbiamo avuto nel mondo in paesi appunto in cui davvero ci dicevano ma davvero portate I bambini lì? Ecco è questo: il mondo non è pericoloso come ce lo vendono, il mondo non è pericoloso come ce lo vendono, vorrei ripeterlo come un mantra. E oltre all'esperienza mia e di migliaia di famiglie che viaggiano a tempo pieno anche in posti che tra virgolette fanno paura, lo prova anche il fatto che statisticamente quasi tutti gli abusi, gli omicidi e I rapimenti sono condotti proprio da familiari, da persone conosciute, che conoscono la casa, che conoscono I nostri figli, che conoscono la famiglia, non da estranei. Ci sono tanti altri piccoli fatti così, magari ci vorrebbe un episodio a parte, magari con qualche con qualche esperto, sarebbe molto interessante.

Però ecco questo è un po' un mantra che io che sono stata cresciuta da un genitore apprensivo, adesso ve ne parlo magari tra un attimo, però è proprio un mantra che continuo a ripetermi: il mondo non è pericoloso come me lo raccontano e anzi questo è un mantra che Alex mi ripetuto così tanto e che poi in realtà è entrato davvero dentro di me o interiorizzato quando abbiamo iniziato a viaggiare, quando ho cominciato davvero a vederlo con I miei occhi, e quando soprattutto abbiamo iniziato a dare più autonomia, più libertà ai bambini. Un genitore a proposito della pericolosità del mondo mi scritto: esattamente quello che pensiamo io e mio marito. Non è cambiato il mondo, ma è cambiata la diffusione delle informazioni. È ovvio, non si mandano I figli da soli in giro per il mondo senza una preparazione, senza educarli e prepararli bene. È un lavoro lungo, è un processo, ma io ricordo ancora benissimo la soddisfazione di rientrare a casa con la mia piccola spesa, l'essere riuscita a contare il resto esatto e il sentirmi parte attiva nelle attività di casa.

Quella sensazione, quella soddisfazione è stato il motore di tanto altro nella mia crescita. Invece il secondo spunto di riflessione che vorrei lasciarvi riguarda le conversazioni con I vostri figli. Mi piacerebbe consigliarvi di parlare apertamente delle cose che vi spaventano e che credete che possano succedere, spiegando anche che tante sono leggende metropolitane. Per esempio, noi abbiamo raccontato che in passato ci sono state situazioni in cui una persona rapito un bambino o una bambina al parco, anche se statisticamente molto improbabile, quasi nullo che succeda, abbiamo deciso con I bambini una parola segreta. Se qualcuno dice loro qualcosa, come, mi manda la tua mamma a prenderti perché papà è in ospedale?

Loro chiedono la parola segreta. Se l'altra persona non sa la parola segreta I bambini non vanno con quella persona e vengono a cercare noi o vanno a cercare un altro adulto di riferimento, o entrano in un negozio e lo raccontano. Quando parliamo con onestà e senza ansia ai bambini, per loro sapere che ci sono persone che possono rapire altre persone spaventa tanto quanto spiegare che al parco giochi possiamo cadere e farsi male, che poi la seconda è più probabile che succeda davvero, quindi dovremmo averne più paura statisticamente. Come dico anche nel mio libro e nel mio percorso per educare a lungo termine, l'informazione non spaventa I bambini e la mancanza di informazione che li terrorizza. E a proposito di statistiche concludo con una domanda che mi è stata portata da una mamma ma immagino possa essere un nodo per tanti genitori, ma è importante, fa parte del lavoro su di noi, e dice: consciamente so che le statistiche sono bassissime, ma a livello inconscio scatta il: e se quell'uno su un milione fosse proprio uno dei miei figli?

Certo. È possibile, è possibile. Non c'è altra cosa da dire, è davvero possibile che mio figlio, che è mia figlia, sia quell'uno su un milione. Io però ho scelto di non vivere nella paura, di non precludere con la mia paura, che ho anche io, che stento anche io esperienze di vita importanti e formative. Sempre nella massima sicurezza che possiamo offrire e offrirci gradualmente con intenzione e consapevolezza, però sempre non precludere quelle esperienze di vita.

Una vita vissuta nella paura, che qualcosa possa andare storto è una vita che io personalmente non voglio vivere, perché non mi sembra una vita vissuta piena, e io questo l'ho deciso già in età adulta, ho dovuto lavorarci tantissimo per metterlo in pratica con I miei figli perché io sono stata cresciuta da una madre molto protettiva, molto apprensiva, e quindi tendo ad esserlo anche io. Io sono poi una persona da worst a case scenario, quindi dallo scenario peggiore, no? Se I miei figli non tornano allora che mi dicono io penso che siano stati rapiti. Se non li sento per più di due o tre ore mi sale questa paura dentro che però appunto è una paura che sto cercando di razionalizzare e sulla quale sto cercando di lavorarci proprio perché non voglio che la mia paura precluda esperienze importanti di vita, come per esempio sentirsi autonomi, sentirsi liberi. Questo non significa che sono incosciente, significa semplicemente che scelgo di lasciare quell'autonomia nella massima sicurezza che posso offrire, con la massima intenzionalità che posso dare.

E lavorarci a volte significa dare le spalle ai miei figli e al parco giochi quando scalano in alto per non limitare con la mia paura il loro potenziale, e a volte significa credere che ci sono molte più persone buone che cattive e che il mondo non è pericoloso come ce lo raccontano, perché finora nella mia esperienza I racconti sono stati leggende metropolitane. Questa è la mia verità oggi, questa è la mia versione di me oggi. Tu hai la tua versione corrente di te. Qualunque sia la tua verità ti invito a riflettere, a prendere tutto quello che ho detto con mente critica, ad aggiungere un pezzettino al mosaico della tua versione di te e quindi proprio riflettere sul fatto che dare libertà ai nostri figli fa parte del lavoro importantissimo sulla fiducia e la fiducia, lo sappiamo, e due corsie. E quindi questa è un po' la riflessione che vorrei che ti portassi dietro da questo episodio del podcast, che trova sia mettere lì in un cassettino che a volte aprino.

Spero magari a piccole dosi e a piccoli passi possa aiutarti a formare una tua visione personale. Per oggi è tutto, vi do appuntamento alla settimana prossima con un nuovo episodio del podcast e vi ricordo che mi trovate anche su la tela punto com ovviamente, e da lì potete arrivare anche a Instagram. Buona serata, buona giornata o buonanotte, a seconda di dove siete nel mondo! Ciao ciao!