Speaker 0: Benvenuti e benvenute a un nuovo episodio di Educare con calma. Oggi parliamo di nuovo di rabbia, di questa emozione che forse un tempo avrei detto scomoda, ma che oggi non definisco più così, perché forse ormai lo sapete: le parole modellano il linguaggio e più definiamo scomoda la rabbia, più la percepiamo come qualcosa di fastidioso, di indesiderabile e meno voglia abbiamo di starci dentro a quel disagio, a quel fastidio. Mentre invece la rabbia è un'emozione preziosissima, che può aiutarci davvero a conoscerci molto, molto a fondo. Anzi, questo mese parliamo proprio di rabbia. Se ci state ascoltando, più avanti siamo a marzo duemila venticinque e sul forum della comunità abbiamo proprio lanciato una piccola sfida.
Abbiamo chiesto alla comunità di scrivere, di commentare quella conversazione iniziando con cara rabbia, vorrei dirti che. E io la prima cosa che ho scritto è proprio cara rabbia, quanto tempo mi ci è voluto per chiamarti amica nei miei dialoghi interiori e anche in quelli con I miei figli. Oggi siamo amiche davvero, ti conosco intimamente, ti apprezzo profondamente e mi sento ricambiata. A volte capita ancora che ti scacci, che non ti voglia ascoltare, specialmente quando compari nei comportamenti dei miei figli, ma oggi conosco il valore della tua voce e appena posso mi fermo ad ascoltarla. Grazie per questa amicizia, ci diamo tantissimo.
Come avrete letto anche nel mio libro Cosa sarò da grande? Io mi considero una veterana della rabbia ed è stato un lavoro veramente lungo per capire come gestire questa emozione. E quindi è proprio per questo che mi piace parlarne, mi piace offrirvi anche un aiuto per cambiare la narrativa intorno a questa emozione, che poi è proprio quello che facciamo insieme tutta la comunità questo mese su tutta la tela, sempre marzo duemila venticinque. Infatti abbiamo inserito la nuova categoria rabbia nel percorso per educare a lungo termine che contiene nuove lezioni, copioni, esercizi anche di journaling tra l'altro, grazie alla nostra Valeria da Pozzo, proprio per avviare o continuare il lavoro su questa emozione, quella dei nostri figli, ma soprattutto quella di noi genitori. Se avete ascoltato l'episodio precedente del podcast capirete.
E tra l'altro al tema della rabbia è proprio dedicato il pacchetto editoriale di questo mese in cui osserviamo la narrazione comune su questa emozione e proviamo a riscriverla riflettendo in particolare sulle immagini a cui stereotipicamente è associata. Il pacchetto tra l'altro questo mese è anche un po' diverso dal solito, lo abbiamo pensato proprio per accompagnarvi nel processo di esplorazione di questa categoria. Ma non vi dico altro, se avete l'abbonamento potete andare direttamente ad esplorarlo. Se invece non avete ancora l'abbonamento fino a fine marzo potete ancora farlo e riceverete questo pacchetto incluso nel prezzo. E in questo pacchetto è anche inclusa una lezione di yoga in famiglia di Arianna che si intitola Respira.
Oggi ho deciso di parlarvi di rabbia attraverso un formato di episodio che in passato avete adorato. Dopo l'episodio duecento, infatti, in cui abbiamo creato una playlist con alcune parti dei nostri episodi preferiti passati, abbiamo creato un'altra playlist, una piccola collezione di vecchi episodi che trattano da punti di vista diversi proprio il tema della rabbia. Oltre ad ascoltare le vostre richieste, ci siamo resi conto che queste playlist sono davvero utili. Per chi già ascoltato questi episodi può essere arricchente fare un piccolo ripasso, anche per notare a che punto si è in quel lavoro specifico. E per chi non ancora iniziato o appena avviato quel lavoro, può essere efficace avere una piccola raccolta di spunti e ispirazioni da cui partire.
E inoltre, per chi non mai ascoltato questo podcast, può anche avere nelle note dell'episodio una lista completa degli episodi inclusi in questa playlist. Quindi se qualcosa vi colpisce andate a vedere e andate ad ascoltare. Partite proprio da quegli episodi per iniziare ad ascoltare il podcast. Devo fare due precisazioni. Poi vi lascio ascoltare senza interruzioni la playlist sulla rabbia.
Uno: ascolterete dei riferimenti al corso per educare a lungo termine e a una sezione dove I genitori potevano lasciare domande o raccontare le loro esperienze. Ecco, quel corso oggi è diventato il percorso su tutta la tela. Non lo trovate più in vendita, prima era un contenuto a sé, poi è diventato talmente grande che continuavamo ad aggiornarlo non aveva più senso nel formato in cui era e lo abbiamo trasformato in un percorso. E abbiamo è quella sezione in cui si potevano fare domande e risposte evoluta nel forum della comunità di cui parlo spesso qui sul podcast dove non solo io, ma anche proprio tutta la comunità, la tela, può leggere le sfide degli altri genitori, supportarli anche solo con una faccina che serve a dire guarda che io ci sono, vedo la tua fatica e poi può anche condividere la propria fatica o condividere le proprie vittorie, le proprie soddisfazioni. Poi, tra gli strumenti di gestione della rabbia con I bambini, in uno degli episodi che vi propongo oggi avevo inserito anche attività come correre, saltare.
In realtà, oggi so che le attività che portano più beneficio in questi momenti, quindi nei momenti di disregolazione profonda, non sono quelle ad alta intensità, come correre, come saltare, come dare pugni a un cuscino. Ma sono attività che portano a lavorare sul respiro, sulla distensione dei muscoli, in generale sul sentire nel corpo quell'emozione e proprio accoglierla, sedercisi dentro. Ma volevo semplicemente dirvi che ho scelto di non eliminare questa parte, perché uno credo che questo sia proprio il punto del lavoro che facciamo per educare a lungo termine. Cresciamo, ci informiamo, la ricerca cambia, acquisiamo nuovi strumenti e modifichiamo quelli che già avevamo. Qui sulla tela c'è sempre una continua evoluzione, non siamo mai fermi, continuiamo ad informarci, io continuo formarmi, proprio per offrirvi quello che può essere più efficace per l'educazione, per la genitorialità.
E due, mi dà l'occasione per ricordarvi che nelle lezioni del percorso, nella nuova categoria rabbia, vi darò tanti strumenti: la camminata è uno di questi, il tapping è un altro. Quindi, se avete l'abbonamento, vi invito ad andare ad esplorarle subito. In ultimo, quando parlo della nostra guida e il tuo coccodrillo e dell'utilità di dare una forma alla rabbia, in questo caso di visualizzarla come un coccodrillo, come spieghiamo nella guida nel libro per l'infanzia, dico che questa visualizzazione può aiutarci a domare tra virgolette il nostro coccodrillo, cioè la nostra emozione. Oggi preferisco parole diverse, oggi sceglierei parole diverse. Probabilmente direi che ci aiuta ad accompagnarlo a nanna, ad accompagnare l'emozione, ad accogliere l'emozione, proprio per suggerire il fatto che l'emozione, qualsiasi emozione, non va silenziata né controllata, ma ascoltata e accolta e coccolata finché non si addormenta, finché non fluisce, come diciamo nelle lezioni del percorso.
Ecco, dopo queste lunghe premesse non aggiungo davvero altro. Vi lascio alla playlist e vi auguro semplicemente buon ascolto. Voglio svelarvi il segreto numero uno di tutta la genitorialità. Tanti genitori mi scrivono dicendomi I loro obiettivi della genitorialità, descrivendo comportamenti e attitudini dei loro figli che li preoccupano, che vorrebbero migliorare o cambiare chiedendomi come possono aiutarli e io rispondo quasi sempre la stessa cosa con ovviamente accezioni diverse perché ogni caso e ogni bambino e ogni famiglia è diversa, ma più o meno sempre la stessa cosa: dobbiamo iniziare dall'educazione emozionale, dobbiamo dare più importanza alle loro emozioni, accoglierle e accettarle e capirle e aiutare I nostri figli a gestirle. Spesso quando un bambino piange vedo che la mamma o il papà si guardano immediatamente intorno, come per capire se il bambino sta disturbando, se le altre persone li stanno guardando e se c'è qualcuno nei paraggi iniziano a dare giustificazioni, a spiegare che non sanno che cosa stia succedendo, che di solito è bravo.
A spiegare che non sanno che cosa stia succedendo, che di solito è bravo. Di solito è bravo! Questa è una frase che sento spesso quando I bambini piangono, come se un bambino che piange non fosse bravo! Un bambino che piange non è né bravo né cattivo, è un bambino che comunica, che usa l'unico strumento che a sua disposizione: il pianto, per comunicare o per esprimere le sue emozioni, o un disagio, o una volontà che il genitore non capisce, o un bisogno che il genitore non sta soddisfacendo. Soddisfacendo.
Ma se quando il bambino piange il genitore pensa agli estranei intorno a sé, sta dando più importanza al giudizio della gente che all'emozione di suo figlio? Questo non è educare alle emozioni educare alle emozioni è più o meno così: mi avvicino mio figlio, mi abbasso al suo livello perché educo dall'accompagnamento e non dalla superiorità, lo accarezzo se mi lascia accarezzarlo, gli dico che lo capisco, che sono qui con lui, gli chiedo se vuole un abbraccio, quando mi permette di abbracciarlo gli chiedo di respirare, gli parlo dolcemente, concentro tutte le mie attenzioni su di lui, gli altri spariscono, sono lontani anni luce, I loro sguardi e I loro giudizi non mi arrivano, Siamo solo io e mio figlio. In quel momento c'è solo la mia capacità di adulto di gestire le mie emozioni e la mia volontà di genitori di modellare con il mio esempio un'educazione emozionale. Questo è difficilissimo, lo so, ma vi assicuro che ci vogliono solo cinque minuti per capire l'unico segreto per imparare a educare alle emozioni. Immagino che stiate tutti aspettando questo segreto, e so che qualcuno rimarrà deluso perché le verità scomode a volte deludono, lo so.
Ma eccolo: educate prima voi stessi! L'unico segreto per educare alle emozioni è educare prima noi stessi. Ti è mai stato insegnato da bambino a gestire le tue emozioni o a migliorare la tua autostima o a risolvere un conflitto in maniera pacifica? Ti hanno mai spiegato che cosa succede nel tuo cervello quando sei arrabbiato? E hanno mai accolto la tua rabbia invece di condannarla?
Ti hanno insegnato che puoi sentire le emozioni che vuoi in ogni momento? Che non ci sono emozioni sbagliate. L'unico modo per dimenticarsi dei giudizi della gente ed essere presente per I nostri figli quando ne hanno bisogno è educare noi stessi a dare la priorità alle emozioni dei nostri figli invece che a quelle delle persone che ci guardano, che guardino! Sapete che cosa vedranno? Vedranno un genitore così sicuro di sé da non curarsi affatto del giudizio degli sguardi e calmare suo figlio con la sua presenza più totale, perché è quando un bambino fa più fatica che più bisogno di noi.
Eppure è proprio allora che spesso noi lo abbandoniamo. Il segreto è solo questo: educare prima noi stessi, che significa anche sapere chi siamo, essere consapevoli delle nostre emozioni, lavorare per imparare a controllarle noi per primi, dare la priorità all'individuo dietro al genitore dietro allo sposo, alla sposa, prenderci cura della nostra salute mentale, amarci noi per primi, far sì che l'amore che proviamo per noi stessi, noi per primi, far sì che l'amore che proviamo per noi stessi arrivi prima e conti di più dell'amore che gli altri provano per noi. Solo così, solo educando noi stessi possiamo insegnare tutto questo anche ai nostri figli, perché come scrisse Maria Montessori non possiamo dare qualcosa che non sia già dentro di noi. Il problema vero è che come dicevo prima io non posso dirti come gestire la tua rabbia, sei tu che devi trovare il tuo modo, tua rabbia, sei tu che devi trovare il tuo modo, come ognuno deve trovare il suo modo di gestire la propria rabbia. Però posso dirti che cosa aiutato e aiuta me.
Prima di tutto per me è non tenermela, non tenermi la rabbia ma esprimerla: se sono arrabbiata lo dico. Posso dire per esempio in questo momento sono arrabbiata e ho bisogno di calmarmi poi posso parlare di nuovo con voi. Se non lo dico so che arriva l'effetto pentola a pressione, che anche se magari passa al momento della rabbia, comunque quella rabbia si accumula lì da qualche parte dentro di me e alla volta dopo esplode. E quindi so che li perdiamo tutti, perché esplodere e urlare non insegnano nulla né a me né alle persone con cui interagisco. E poi un'altra cosa che a me aiutato molto a comunicare sono anche I pensieri più cattivi: una volta per esempio ho detto a Oliver che ero così arrabbiata che avevo voglia di picchiarlo.
E poi gli ho detto che non lo facevo perché ho imparato a picchiarlo. E poi gli ho detto che non lo facevo perché ho imparato a scegliere le mie azioni, a scegliere la persona che sono. Invece gli ho detto vado a chiudermi in camera e gli ho chiesto di rispettare il mio tempo. E a questo si allaccia la pratica del mommy time. I mommy time sono dei momenti per me, momenti in cui ho bisogno di stare da sola con me stessa e ovviamente bisogna praticare il mommy time nei momenti di calma non quando siamo tutti arrabbiati ma quando siamo calmi, per poi poterli usare e saperli usare anche nei momenti in cui sorgono quei pensieri cattivi e in cui sale la rabbia.
E un'altra cosa che mi aiutato tantissimo è visualizzare la rabbia. Nella mia guida è il tuo coccodrillo offro tantissime visualizzazioni della rabbia per I più piccoli per capire la loro rabbia, ma in realtà servono tantissimo sia a visualizzare la loro rabbia sia a visualizzare la rabbia. A me la visualizzazione in generale aiuta tantissimo, proprio perché mi dà l'opportunità di usarla a mio vantaggio la volta dopo, quindi a pensare e a riflettere per poi usarla e scegliere le mie azioni la volta dopo. Ti invito anche ad ascoltare l'episodio del podcast numero quattordici che si intitola proprio la rabbia le urla dei genitori e una storia tibetana. E poi per ultimo probabilmente semplicemente arrabbiarmi perdonarmi e chiedere scusa Perché quando esplodo esplodo.
So che non aiuta, so che in quel momento non sono la persona che so essere ma non mi sento in colpa. Non mi sento più in colpa. Mi accolgo, mi perdono, perché qualsiasi altra reazione o azione è poco costruttiva. E poi chiedo scusa. E chiedo solo scusa.
Costruttiva e poi chiedo scusa e chiedo solo scusa senza aggiungere il ma e sulle ragioni per cui evitare scusa ma ho parlato anche in un altro episodio del podcast. E poi ovviamente voi mi chiedete ma come imparato tutto questo? E la cosa buffa è che la risposta è che l'ho imparato soprattutto facendo corsi di genitorialità in inglese e in spagnolo quando sono diventata mamma. Corsi a cui poi io mi sono ispirata per creare il mio corso educare a lungo termine che chi lo fatto sa che è molto più di un corso di genitorialità perché ormai lo sapete io non credo che si possa evolvere come genitori si evolve solo come individui ed è per questo che parlo tanto tanto tanto di evoluzione personale quando parlo di genitorialità, con rispetto alla genitorialità soprattutto. E perché l'ho imparato in quei corsi?
Non perché lo dicessero direttamente, come lo dico io nel mio corso, ma perché quei corsi mi hanno aperto la mente a un tipo di educazione diversa da quella che io avevo ricevuto e per questo mi hanno fatta riflettere su quello che era mancato a me in primis come bambina e da allora ho iniziato ad analizzarmi da adulta per capire quali parti di me non mi appartenevano ma che continuavo a nutrire perché quello era il modello dell'educazione che avevo ricevuto, perché pensavo di essere così e basta. Che non è vero non siamo così e basta siamo individui con un grande potenziale e una infinita possibilità di evoluzione e cambiamento. E così appena ho capito che potevo scegliere che persona essere ho iniziato poco a poco a scegliere di cambiare quelle parti di me che mi facevano sentire scomoda per essere invece più in armonia con me stessa, per piacermi di più, ma anche per essere più in armonia con le persone che amo e anche ovviamente per offrire ai miei figli un modello di educazione che io reputo sano e costruttivo, secondo I miei modelli, I miei standard. Una storia tibetana racconta che un giorno un vecchio saggio chiese ai suoi seguaci perché le persone si urlano contro quando sono arrabbiate?
Tutti pensarono per qualche istante perché perdiamo la calma disse uno è per questo che gridiamo ma perché urlare quando l'altra persona è accanto a te? Chiese il saggio non è possibile parlargli a voce bassa perché urli contro una persona quando sei arrabbiato I seguaci diedero altre risposte, ma nessuna soddisfaceva il saggio. Alla fine il saggio disse: Quando due persone sono arrabbiate, I loro cuori si allontanano molto. Per coprire quella distanza devono gridare per potersi ascoltare. Più sono arrabbiati, più forte dovranno gridare per sentire le parole dell'altro a quella distanza.
E poi continuò: Cosa succede quando due persone si innamorano? Non si gridano addosso, ma si parlano a voce bassa, bisbigliano. Perché? I loro cuori sono molto vicini, la distanza tra loro è molto corta. Il saggio sorrise e disse: E quando si innamorano ancora di più, cosa succede?
Non parlano. Si limitano a sussurrare e si avvicinano ancora di più nel loro amore. Questo è quanto sono vicine due persone quando si amano. E poi concluse: quando discuti, non lasciare che I tuoi cuori si allontanino, non dire parole che ti allontanano ancora di più. Potrebbe arrivare un giorno in cui la distanza sarà così grande che non troverai la via del ritorno.
L'autore di questa storia di questa favola tibetana è sconosciuto ma questa storia me l'ero salvata anni fa quando la trovai perché mi era piaciuta questa idea di gridare perché I cuori sono lontani di gridare per riuscire a far sì che la voce arrivi al cuore e riavvicinini I cuori. A dire il vero non so perché mi sia piaciuta. In fondo non ci credo davvero nel gridare per riavvicinare I cuori o per ascoltarsi quando I cuori sono lontani. Anzi, in realtà credo tutt'altro, ecco. Credo che un grido esprima un disagio celato, credo che manifesti una frustrazione che ho ingoiato per troppo tempo, un dolore con il quale non ho ancora fatto I conti so che quando grido ai miei figli o a mio marito li allontano ancora di più o comunque faccio sì che urlino anche loro e quindi le distanze continuano a ingrandirsi Ma in un certo senso quella storia mi regalato una visualizzazione.
Grazie a quella storia, quando grido, visualizzo nella mia mente il mio cuore che si allontana da quello della persona a cui sto gridando. E visualizzo che più grido più si allontana mentre più ritrovo la calma più I nostri cuori si avvicinano e questo a volte mi aiuta le visualizzazioni mi aiutano sempre molto se hai fatto il mio corso saprai che una delle più grandi visualizzazioni contro la rabbia per me è il coccodrillo ovvero visualizzare la rabbia come un coccodrillo nel mio cervello che devo domare e lo stesso insegno ai miei figli ovvero a visualizzare la rabbia come un coccodrillo nel loro cervello che loro devono imparare a domare e addirittura spesso in un momento di tensione o di rabbia tengo proprio la mano a mo' di cresta di coccodrillo con le dita alzate e poi respirandola chiudo lentamente a pugno come se il coccodrillo stesse abbassando la cresta come se io lo stessi domando come se così stessi accettando prendendo coscienza e accogliendo l'emozione Quando sono arrabbiati I bambini spesso ricorrono all'aggressione fisica o verbale perché uno sentono di non avere le parole per comunicare come si di che cosa hanno bisogno e allora appunto come dicevamo adesso dicono ti odio invece che dire ho bisogno di te due le loro parole come dicevo prima non hanno peso per loro sono solo parole e allora è per quello che ti dicono ti odio o ti chiamano stupida o stupido, usano parolacce se quello è il modello che hanno in casa o nella vita di tutti I giorni invece di dire ho bisogno di te tre) si sentono sopraffatti dall'emozione e non sanno e ti picchiano invece di dirti ho bisogno di te.
Il nostro compito di genitori è insegnare ai nostri figli: uno. Le parole che gli servono per difendersi e per esprimere le loro emozioni Quando I bambini hanno le parole non sentono di dover usare I loro corpi per esprimere le loro emozioni. Alcune frasi che possiamo insegnare ai bambini nei momenti di rabbia sono per esempio: spazio per favore oppure No grazie oppure Non mi piace oppure Stop detto proprio con la mano con il braccio teso in avanti e la mano aperta a mo' di segnale di stop proprio. Questo è un secondo me molto efficace soprattutto con I bambini più piccoli perché è una parola facile concisa e che davvero con questo gesto forte I bambini imparano ad usare senza dover toccare il corpo degli altri ma usando il loro corpo per mandare un messaggio due) dobbiamo insegnare loro che diamo importanza alle loro parole, alle loro azioni e a tutte le emozioni. Dare importanza a parole, azioni ed emozioni significa anche evitare di cadere nella tendenza comune di sminuire le loro emozioni.
Per esempio se sono arrabbiati non sminuiamo la rabbia, se piangono non sminuiamo le lacrime evitiamo frasi come ma dai, non c'è motivo di piangere oppure che scenata che stai facendo, sei proprio un attore o un'attrice oppure smettila di fare la vittima o smettila di attirare l'attenzione ecc. Eccetera frasi che probabilmente abbiamo o detto o sentito almeno una volta da quando siamo genitori o che ci ricordiamo che ce le dicevano quando eravamo bambini tre) dobbiamo insegnare ai nostri figli come processare queste emozioni in maniera sana. E questa è la parte difficile perché purtroppo spesso non sappiamo processarle nemmeno noi adulti, come dicevo nell'episodio passato, e non possiamo insegnare loro qualcosa che non sappiamo noi. Dobbiamo iniziare dall'imparare a gestire le nostre emozioni per primi, dobbiamo crescere noi stessi prima dei nostri figli, che è una frase che dico spesso perché davvero per me tantissimo valore. E quando lo interiorizziamo cambia tutta la nostra prospettiva sull'educazione.
E nel frattempo che cosa facciamo? Perché mentre lo impariamo noi ovviamente dobbiamo cercare di dare qualche modello a loro. E quindi che cosa facciamo? Nel frattempo ai nostri bambini diamo dei modi per esprimere la rabbia, mentre li diamo loro magari li impariamo anche noi. E ovviamente dobbiamo ricordarci che loro non sono noi.
Ognuno esprime le emozioni a modo suo e ciò che funziona per te forse non funzionerà per I tuoi figli. Alcuni strumenti che io do ai miei figli e che uso io stessa per me per processare e gestire la rabbia sono per esempio: uscire e respirare Il gioco del cinquecentoquarantacinque trecentoventuno di cui ho parlato sul mio blog basta cercarlo quando vai sul blog c'è una casella di ricerca basta mettere cinquecentoquarantatré21 e dovrebbe uscire e anche in un Rio su instagram. Un altro metodo è quello di fare uno sforzo fisico ad esempio correre, saltare, fare flessioni e spesso anche io mi metto a farle con loro. E' capitato anche a volte mentre facciamo scuola quando uno o l'altra si frustrano e dobbiamo fare un reset che dobbiamo resettare il cervello allora ci mettiamo lì e facciamo cinque flessioni oppure facciamo sei salti in alto con le gambe che toccano il petto per esempio. Un altro metodo per I bambini soprattutto più piccoli che aiuta tantissimo è spingere la parete forte forte forte per rilasciare tensione e questo aiuta anche tanto quando I bambini non sanno esprimere le loro emozioni e allora magari spingono qualcuno.
Quindi possiamo dire loro vedo che hai voglia di spingere vieni spingiamo insieme la parete che così non facciamo male a nessuno e rilasciamo questa tensione e anche soddisfiamo il tuo bisogno di spingere oppure stringere una pallina antistress per I bambini un po più grandi che capiscono già il valore appunto di rilasciare questa tensione possiamo usare una pallina antistress con olive con Emily per esempio che hanno sette e cinque anni funziona già. Mettersi guanti da kickboxing e praticare I pugni o anche senza guanti anche se fa un po più male. Questo lo facevamo spesso a Dubai quando I bimbi facevano kickboxing che avevano I guantoni io mi mettevo lì e facevamo appunto questa pratica, questi pugni c'è una sorta di sequenza che loro fanno che imparano kickboxing e veniva veramente utile. Un altro metodo è per esempio che funziona soprattutto per I più piccoli costruire una torre con I blocchi o con I lego e poi buttarla giù. Quante volte sia necessario?
Oppure mettere musica e ballare in maniera scatenata o cantare a voce altissima oppure anche mettersi le cuffie e ascoltare musica privatamente oppure guardare fuori dalla finestra Ecco, e questi ovviamente sono tutti metodi che più pratichiamo e più sono I bambini stessi a cooperare. Non possiamo aspettarci che noi proponiamo loro: Fai cinque respiri profondi e loro come dei cagnolini obbediscono e fanno cinque respiri profondi. No, questo non è quello che dobbiamo fare o che dobbiamo aspettarci. Ovviamente questo è un processo. Quindi, vediamo che I cinque respiri profondi non funzionano possiamo offrire altre opzioni, possiamo lasciare che siano loro a scegliere perché ricordiamoci che I bambini stanno sviluppando la volontà e l'indipendenza e hanno bisogno di prendere le loro decisioni.
In questo episodio ho deciso di leggervi il messaggio di una mamma che mi scritto sulla chat del corso educare a lungo termine chiedendomi aiuto su due situazioni che secondo me succedono tantissimo nella quotidianità dei genitori soprattutto di bambini piccoli tra I diciotto mesi quattro anni quattro anni e mezzo poi sapete che a me non piace parlare di età però ecco proprio per darvi un'idea vi leggo il messaggio della mamma mi dice che mi scrive perché non sa che cosa fare suo figlio iniziato la materna con non poche difficoltà primo perché l'approccio è molto diverso rispetto al nido dove veniva coccolato e secondo perché le insegnanti della scuola si sono dimostrate abbastanza rigide cosa che non l'ho aiutato affatto ora sembra andare leggermente meglio perché lo riesco a portare senza che pianga disperato però ho notato che lui che ora tre anni e quattro mesi gioca spesso se non sempre da solo conosce tutti I nomi dei bambini e loro lo cercano sempre quando arriviamo a scuola ma questa cosa me lo confermato anche la maestra ovvero che preferisce giocare da solo e poi mi scrive anche: urla: vai via! Ieri siamo andati al parco giochi dopo la materna e lui era tranquillo anche se forse avrebbe preferito andare a casa perché lui vuole sempre restare a casa quando abbiamo deciso di andare via dal parco ci siamo incamminati e io mi sono accorta che la zip della sua giacca era troppo bassa e gli lasciava scoperta la gola e allora istintivamente ero alzata.
Si è arrabbiato urlando: vai via! Ho provato a chiedergli scusa, ad allontanarmi un pochino, ad aspettarlo un po' più avanti ma dopo l'ennesimo urlo ho ceduto e ho alzato voce dicendogli che se me lo avesse urlato di nuovo lo avrei sculacciato dopo mentre tornavamo a casa gli ho richiesto scusa per le mie parole e il dono di voce e gli ho spiegato che mi ferisce quando mi dice certe cose così cattive ma so che lo rifarà appena farò qualche altra cosa che lo farà arrabbiare mi ridirà vai via lo fa sempre o mi dà uno schiaffo e io per queste due cose vado in crisi mi sale la rabbia dovuta alla mia frustrazione e senso di inadeguatezza e a volte cedo urlando non trovo la soluzione. Ok questa è veramente c'è veramente tanta tanta tanta tanta tanta tanta tante informazioni stavo per lì dire carne al fuoco ma me la sono tolta ci sono tante informazioni e io ho risposto in maniera molto generale perché spesso preferisco non scendere nei dettagli, in questo caso ci sono però delle cose importanti su cui riflettere che voglio analizzare in questo episodio ovvero: uno) c'è stato un grande cambiamento nella vita di questo bambino ovvero passare dall'asilo alla materna e poi un'altra cosa importante è proprio il fatto che, questo non l'ho menzionato alla mamma nel messaggio che le ho inviato, ma mi sento di dirlo adesso, è che nel momento in cui lei tirato su la zip della maglia della giacca probabilmente non chiesto il suo permesso e quindi a questa età soprattutto quando I bambini hanno bisogno di praticare la loro volontà è importantissimo chiedere il permesso a volte non ci ricordiamo e quando non ci ricordiamo e vediamo la loro reazione così forte allora la cosa principale è non prenderla sul personale ma dire metterci al loro livello guardarli negli occhi e dire hai ragione, ti chiedo scusa se ho tirato su la zip della giacca senza chiedertelo, posso rimediare in qualche modo?
Ecco non mi viene adesso proprio dovrei trovarmi nella situazione per capire che parole usare, però ecco è sempre molto importante che noi prendiamo la responsabilità delle nostre azioni, se ci rendiamo conto che quell'azione determinato o provocato la reazione e il comportamento di nostro figlio, ci prendiamo prima la responsabilità perché in quel modo loro prima di tutto vedono come ci si prende la responsabilità delle proprie azioni, chiediamo scusa anche se a noi sembra una cosa totalmente insensata però per lui magari era importante che la zip rimanesse giù, ma soprattutto era importante che glielo chiedessimo perché lui vuole praticare la sua volontà a questa età ed è importante che noi gli diamo l'opportunità soprattutto con cose così minuscole come zip su zip giù di farlo di praticare la sua indipendenza e la sua volontà E' normale che I bambini ci rispondano male, è normale che ci parlino male, è normale che ci dicano vai via in un momento in cui sono arrabbiati, che ci dicano ti odio, che ci dicano sei la mamma peggiore del mondo quando sono arrabbiati, stanno cercando di comunicare con noi. Perché lo fanno? Lo fanno perché si fidano di noi, lo fanno perché sanno che troveranno accoglienza in noi.
Quindi in un certo senso questo è anche un po' una sorta di conferma del fatto che sei riuscita a sviluppare un attaccamento sano con tuo figlio e quindi credo che sia veramente importante vedere anche queste risposte come una sorta di conferma del fatto che con noi loro si sentono al sicuro, noi siamo il loro punto di riferimento o sentono di poter essere se stessi, cosa che non fanno ricordati in nessun altro ambito probabilmente, perché a nessuno parlano così come noi. Noi siamo la loro palestra. Quello che possiamo comunicare, quello che cerco di comunicare sempre a mio figlio anche che delle crisi, lui otto anni, delle crisi molto profonde a volte quando sente un'ingiustizia da parte nostra quello che cerco di comunicare è che e diritto alla sua emozione diritto a sentirsi come si sente diritto alla sua giornata no ma questo non significa che non può fare uno sforzo per essere gentile con me e però ovviamente io devo dimostrarlo a lui come si fa e quindi quando io ho una giornata no, quando io sono arrabbiata, quando io mi sento sopraffatta dalle mie emozioni anche io devo cercare di fare uno sforzo per essere gentile con le persone che amo perché in questo modo loro copiano da me e possono copiare un modello sano.
Quindi ecco forse la mia domanda è tu sei un modello sano per tua figlia quando sei in crisi o quando ti arrabbi oppure il tuo modo di arrabbiarti è un po' quello che lei sta copiando. Ovvero il suo modo di arrabbiarsi riflette il tuo modo di arrabbiarti. In quei momenti in cui tua figlia è così in crisi, il suo coccodrillo è sveglio non è non è non sa gestire le sue emozioni in quel momento non sa processarle perché il suo cervello non è ancora in grado di farlo non ancora gli strumenti quindi in quel momento quando lei ti risponde male sì il suo interprete e dille vedo che sei arrabbiata e sono qui per te. Come posso aiutarti? Oppure mi hai detto quello perché sei arrabbiata.
Come posso aiutarti? Mi hai mandato via, mi hai dato uno schiaffo perché sei arrabbiata e lo capisco. Ma la violenza non alla violenza non la violenza non è mai la risposta ecco. Questo volevo dire. La violenza non è mai la risposta.
Come posso aiutarti? Voglio darti voglio insegnarti un esempio diverso, voglio insegnarti una risposta diversa. Questa è la comunicazione che dobbiamo cercare di avere con I nostri figli, che è una comunicazione molto diversa da quella che abbiamo ricevuto ovviamente con I nostri genitori però secondo me fa tutta la differenza quindi in quel momento semplicemente prova ad offrirle la la tua presenza perché quando una persona si sente in crisi o quando tu ti senti in crisi preferisci una persona che ti urla e che ti dice tutto quello che stai sbagliando o preferisci qualcuno che ti accoglie e ti aiuta in questa tua grande emozione e in questa tua crisi forte. Ecco io personalmente preferisco qualcuno che mi accoglie perché quando l'altra persona mi grida addosso di di di ricambio io grido di più questo non lo faccio solo io lo facciamo tutti perché abbiamo questa cosa che si chiama neuroni specchio e quindi che che riflettono un po' l'energia dell'altra persona e la reazione e il comportamento dell'altra persona quindi se noi riusciamo a mantenere la nostra calma, loro automaticamente è un po' come se imprestassimo loro il nostro sistema nervoso e quindi loro riescono a mantenere la loro calma.
Un po' di più, Non completamente all'inizio ma un po' di più stiamo dando loro gli strumenti. Quindi la prima cosa da fare è fare sentire la loro la tua presenza e dire loro io ci sono sono qui per te come posso aiutarti? Spesso e volentieri già solo questo dà loro la possibilità davvero di semplicemente sentire che okay siamo mia madre dalla mia parte io mi sto comportando come una cacca eppure mia madre dalla mia parte. Lei è qui per me, quindi cosa posso fare anche io per andarle incontro? Piano piano questo sarà il dialogo nella loro mente secondo me, o almeno quello è quello che spero, quello che sto già vedendo un pochino intravedendo.
Quando io ci sono per loro, loro mi restituiscono calma e mi restituiscono gentilezza. Quando io li attacco loro mi mi restituiscono urla. E questo dopo questo, dopo aver offerto la gentilezza, quando siete tutti calmi allora quello è il momento di parlare quello è il momento di cercare di riflettere su quello che è successo, considerare che la violenza non è mai la risposta, considerare che anche le parole che usiamo a volte sono violenza e che quindi dobbiamo la nostra reazione è la nostra più grande libertà. Scegliere la nostra reazione è la nostra più grande libertà. Questa è una cosa che ripeto spessissimo a Oliver ed Emily perché credo che sia vera anche per me genitore e quindi dopo quando siamo tutti calmi, quando I nostri coccodrilli sono tornati a dormire, allora possiamo avere questa conversazione e parlare di tutto questo.
Prima dobbiamo solo offrire la nostra presenza e cercare di essere lì per loro finché non si sono calmati perché in questo modo diamo uno l'aiuto di cui hanno bisogno li amiamo come hanno bisogno di essere amati e due diamo un modello di come gestire quella crisi. La mamma mi scritto: Ieri al parco una bambina piccola di circa un anno e mezzo si avvicinava al passeggino del fratellino di mio figlio per guardarlo, e mio figlio tre anni e mezzo non voleva. Infatti lui cercava di nasconderlo e urlava: il fratellino è mio! Allora mio figlio iniziato a ostacolarla nel gioco e in ultimo mio figlio le tirato uno schiaffo. Ostacolarla nel gioco e in ultimo mio figlio gli tirato uno schiaffo a quel punto io scioccata dell'accaduto in quanto non era mai successa una cosa simile gli ho chiesto di chiedere scusa ma ovviamente arrabbiata l'ho preso mentre lui piangeva e urlava e siamo andati via spiegandogli che se fa queste cose brutte queste sono le conseguenze credo di aver gestito male la situazione ma proprio non capisco prima di tutto ovviamente ho empatizzato con la mamma perché capisco bene che la situazione non è semplice emotivamente ma nel momento in cui succede questo emotivamente ma nel momento in cui succede questo questa cosa che è successa ovvero che mio figlio alzato le mani, in quel momento l'unica cosa che posso fare è mantenere la calma prima di tutto perché la nostra calma è la loro calma rivolgermi alla bambina ovvero io voglio modellare con il mio comportamento quello che vorrei che facesse mio figlio se mio figlio vede una persona che piange che si è fatta male che cosa fa?
Che cosa voglio che faccia? Che piange che sia fatta male che cosa fa che cosa voglio che faccia io vorrei che mio figlio andasse lì e le chiedesse se sta bene e si informasse si preoccupasse le chiedesse scusa quindi quello è quello che faccio io subito Ignoro mio figlio in quel momento anche se l'artefice del dell'azione lo ignoro in quel momento vado da una vittima vado da una vittima parlo con lei e le chiedo se sta bene probabilmente anche il genitore in quel momento si sarà unito e quindi quello è il momento in cui io mi dedico alla bambina che sta piangendo probabilmente e ignoro mio figlio. Posso anche parlare con il genitore e dire le frasi insomma che vorrei che io dicesse mio figlio potrei dire senza giustificarlo perché non c'è nessun non c'è nessun motivo di giustificare le azioni dei bambini in questo caso sono bambini è normale hanno emozioni grandi che non sanno controllare quindi è normale che si comportino così dobbiamo cominciare a normalizzare queste situazioni ecco però ovviamente io da genitore da adulto che so empatizzare processare le emozioni razionalizzarle vado lì e chiedo scusa e dico insomma quello che io vorrei che dicesse mio figlio perché così offro un esempio costruttivo a mio figlio di come vorrei che si comportasse lui questo è educare a lungo termine.
Non punisco in quel momento mio figlio perché non servirebbe assolutamente a nulla sembra un disco rotto ma la punizione non insegna nulla l'unica cosa che gli insegnerebbe è un non comportamento ovvero mi dicono che io non devo comportarmi così ma perché non devo comportarmi così? Crediamo che I bambini non capiscano le ragioni delle nostre parole ma non è vero se ci prendiamo il tempo di spiegargliele loro ci capiscono molto meglio tra l'altro di quanto pensiamo e riescono a interiorizzare molto di più le informazioni inoltre un bambino piccolo che viene sgridato per quel comportamento e che sente la mamma o il papà dire frasi come non si picchia quello che capisce probabilmente è uno) che fa stare male la mamma o il papà perché la mamma e il papà si arrabbiano e di solito associamo la rabbia a un sentimento negativo e quindi in quel momento la rabbia della mamma sovrasta la sofferenza del bambino vittima, quindi il bambino pensa non si picchia perché se picchio la mamma si arrabbia, la mamma sta male che non è la ragione giusta per non picchiare, due) con la nostra rabbia e le nostre urla e il gesto di portarlo via bruscamente dal parco giochi in preda all'ira lo spaventiamo, quindi gli insegniamo a rispettare gli altri perché paura di noi, non perché capisce davvero l'importanza del rispetto, altri perché paura di noi, non perché capisce davvero l'importanza del rispetto.
In quel caso il bambino pensa: Se picchio la mamma e il papà mi fanno paura non è che pensa: Se picchio faccio male anche se glielo diciamo, anche se diciamo frasi come: guarda che hai fatto male alla bambina l'hai fatta piangere non si fa così non si picchia perché come dicevo prima la sua paura e la nostra rabbia sovrastano il sentimento di empatia e non è questo quello che vogliamo, vogliamo insegnare che la ragione per cui non usiamo le mani è perché facciamo male e perché l'altra persona piange e perché feriamo I sentimenti e il corpo di qualcuno ed è per questo che non vogliamo usare la punizione perché la punizione non insegna un comportamento alternativo ciò che insegna un comportamento alternativo è alternativo ciò che insegna un comportamento alternativo è mostrare con il nostro esempio quello che vorrei che facesse mio figlio quando vedo un'ingiustizia quando fa male a qualcuno quindi non vado lì in balia della rabbia in una bolla di lava ardente e sfogo così la mia incapacità di gestire l'emozione su mio figlio, ma faccio due respiri profondi mi ricordo che la rabbia e la punizione non insegnano e che per insegnare devo modellare con il mio esempio e quindi mi avvicino, calma, se mio figlio sta ancora picchiando lo rimuovo gentilmente ma senza dargli troppa attenzione perché anche l'attenzione negativa è attenzione a volte un comportamento scomodo è una ricerca di attenzione per questo prima dicevo che lo ignoro tra virgolette inizialmente preferisco ignorare mio figlio e concentrarmi sulla vittima dicendo le cose che vorrei che dicesse mio figlio perché in quel momento con il mio esempio io sto insegnando di più che con qualsiasi parola o ramanzina.
Prima di tutto ovviamente capisco la frustrazione di quella mamma e mi ritornano in mente le parole di una mia amica che tre bambine che una volta mi disse: Ci sono due tipi di bambini: quelli che mordono e quelli che vengono morsi e si può solo sperare che I tuoi siano quelli che vengono morsi e lei aveva avuto due su tre bambine che mordevano ora questo non lo dico per demoralizzare ma semplicemente per normalizzare perché il mordere è veramente normale e ancora di più nella fase dei due anni che è un periodo molto delicato perché il bambino riconosce di essere una persona separata da noi, dal genitore, quindi inizia a praticare la sua volontà, la sua indipendenza di tutto questo ho parlato in un episodio del podcast proprio dedicato ai due anni e ho anche una collezione sul blog proprio dedicata ai due anni magari vi lascio entrambi I link nelle note dell'episodio e per quanto riguarda appunto il normalizzare lo dico perché veramente noto che ci sono tanti genitori ignoranti nel senso che proprio ignorano lo sviluppo dei bambini perché questa fase di morsi tirate di capelli spinte è proprio una fase intrinseca un bisogno intrinseco del bambino e onestamente non bisogna farne un dramma perché non bisogna neanche prendersela io sono stata vittima tra virgolette perché a scuola nella sezione di Emily lo racconto anche nel corso in un'unità specifica in cui anche la mamma di questo bambino corso in un'unità specifica in cui anche la mamma di questo bambino che appunto mordeva Emily partecipato all'unità e Emily arrivava a casa, c'è stata una fase che arrivava a casa con morsi fortissimi, però che senso che io genitore me la prenda?
Perché io genitore che conosco lo sviluppo dei bambini e conosco questa fase so che il genitore consapevole sta già lavorando con il bambino, l'insegnante a scuola sta già lavorando con il bambino almeno in quell'ambiente in cui ero io che era un ambiente montessoriano e so che stavano facendo già tutto il possibile ma non posso prendermela con il bambino e neanche Emily se la prende con il bambino tra l'altro perché loro capiscono sono bambini che si parlano così a volte e comunicano la frustrazione in questo modo ci sono tantissimi bambini che mordono ma I genitori lo nascondono per vergogna e quindi è diventato un tabù mio figlio morde mamma mia invece no non deve essere un tabù questa è una fase bisogna avere pazienza bisogna normalizzarlo nella nostra mente mantenere la calma stare all'erta ovviamente osservare I nostri figli per I segnali perché sappiamo quali sono I segnali del mordere tipo gli abbracci, sappiamo quali sono I segnali del mordere tipo gli abbracci spesso portano al morso per qualsiasi ragione non entriamo nelle ragioni però spesso l'abbraccio può portare al morso se il bambino è propenso a mordere quindi io direi magari di prendere l'abitudine invece dell'abbraccio di suggerire l'abbraccio di dare il cinque e poi appunto continuare a promuovere alternative di comportamento vedo che hai bisogno di mordere tieni mordi questo anche una pannocchia di mais a volte è ottima per anticipare per esempio e dare qualcosa di interessante da mordere nei momenti che si sanno essere più a rischio la pannocchia o la carota, un pezzo di mela ecco la darei per anticipare per distrarre la mente e soddisfatti tipo al parco giochi e soddisfare in anticipo il bisogno di mordere non la darei come alternativa quando morso perché non vogliamo associare quel comportamento al cibo quindi non è un quando ti comporti così ti do del cibo ecco quindi credo che questo sia molto importante capire che è un bisogno intrinseco capire che il bambino non è cattivo quando morde spinge tira I capelli eccetera eccetera e accogliere queste azioni forti che nascono dalla frustrazione di non saper comunicare le proprie emozioni forti.
In tutto questo ovviamente io consiglio anche sempre di evitare il più possibile I no perché in questa fase in cui il bambino bisogno di praticare la volontà e la indipendenza il no diventa sempre una sorta di lotta di potere mentre invece possiamo utilizzare due opzioni invece di dire no invece di dire per esempio non tirare quello posso dire vuoi darmelo in mano o vuoi mettermelo sulla testa? Se incuriosiamo il bambino e lo rendiamo un gioco di solito funziona meglio questo non significa che tuo figlio fa ciò che vuole ma che soddisfi il suo bisogno di indipendenza e di praticare la volontà e soprattutto rimuove le lotte di potere quando rimuoviamo la lotta di potere è più probabile che riusciamo a creare una relazione di fiducia reciproca. Quindi, ricapitolando, ogni volta che mio figlio spinge, se io lo riprendo e lo sgrido, magari vado a casa dal parco come punizione, che cosa impara mio figlio? Nulla. Uno, perché in un momento di crisi la parte pensante del cervello di nostro figlio non è collegata, è scollegata e quindi le nostre parole di genitori non gli arrivano e due.
Perché non gli sto insegnando a fare diversamente la prossima volta, non gli sto mostrando l'alternativa, gli dico non fare quello ma non gli dico che cosa può fare invece di quello. Quindi che cosa possiamo fare invece di quello? Nel momento in cui I nostri bambini hanno dei comportamenti scomodi il nostro lavoro di genitore è credere a loro, credere a quello che provano, credere alle loro emozioni, se spinge è perché si sente a disagio e non sa ancora che nostri figli il beneficio del dubbio e credere che loro non vogliono comportarsi così ma semplicemente non sanno cos'altro fare perché non glielo abbiamo ancora insegnato, perché non l'hanno ancora imparato, quindi dobbiamo dare loro gli strumenti, per dare loro gli strumenti prima di tutto dobbiamo silenziare la vocina che ci dice stanno guardando tutti, lo so che in pubblico ci sentiamo in dovere di sgridare nostro figlio perché così gli altri genitori pensano ecco si sta facendo il suo lavoro, sta facendo il genitore, sta facendo quello che deve fare che è controllare suo figlio, ma in realtà dobbiamo scendere da questa ruota del criceto perché se noi continuiamo a sgridare I nostri figli e usare il polso duro senza dare delle alternative di comportamento e fargli delle ramanzine in un momento in cui la loro mente non è predisposta a imparare è completamente inutile, non stiamo insegnando nulla, non stiamo imparando nulla.
La seconda precisazione che ci tengo a fare è questa, se mi seguite da un po' lo sapete già, credo che sia importantissimo smettere di etichettare I nostri figli, birichino, cattivo, arrogante, sfidante, positivo, aggressivo, esagerato, inflessibile potrei andare avanti all'infinito, tra l'altro di questo abbiamo, anzi ho già parlato anche nell'episodio trentaquattro del podcast che si intitola proprio smettiamo di mettere le persone in scatole perché più noi etichettiamo I nostri figli più uno il bambino o la bambina si crea una visione di sé nella propria mente, si convince di essere proprio così come noi lo descriviamo e quindi è anche più incline a portare avanti quel comportamento perché tanto sono aggressivo, perché dovrei cambiarlo, tanto mia madre pensa che io sia aggressivo, me lo dice in continuazione quindi io sono un bambino aggressivo e due quando usiamo un'etichetta è molto più difficile che vediamo nostro figlio per chi è, è molto più difficile che vediamo il buono in lui, è molto più facile e molto più probabile invece che lo vediamo per come si comporta, dobbiamo cercare di scindere chi è nostro figlio da come si comporta, dobbiamo scindere la persona dal comportamento, il fatto che nostro figlio a volte si comporti in modo egoista non significa che sia egoista, il fatto che nostro figlio a volte si comporti in modo aggressivo non significa che sia una persona aggressiva però quando noi usiamo queste parole quando usiamo questo linguaggio quando etichettiamo I nostri figli automaticamente nella nostra mente stiamo creando un'immagine di loro che è proprio così come li descriviamo.
Spesso I genitori mi dicono ma I miei figli finché non urlo non mi ascoltano e io lo capisco anzi spesso lo so è proprio così finché non arriviamo a quell'urlo finché non perdiamo le staffe non gli facciamo vedere chi comanda e sto virgolettando ovviamente sapete che l'educazione in cui credo non come obiettivo l'obbedienza e non si basa su una relazione gerarchica ma su una relazione di cooperazione, quell'urlo sembra che I nostri figli non ci ascoltino. Ma vorrei analizzarlo da un'altra prospettiva: perché dobbiamo arrivare a quell'urlo? Dobbiamo arrivare a quell'urlo perché l'urlo è il nostro limite personale, è proprio il limite ultimo, il capolinea, il lavoro delle persone piccole e giovani come I nostri figli è scoprire ed esplorare I limiti per conoscersi e per conoscerci, il nostro lavoro di genitore è impostare quei limiti e impostare il capolinea. Se il nostro capolinea lo esprimiamo sempre perdendo le staffe con un urlo, con una manata sul tavolo, sbattendo una porta o ancora peggio con violenza verbale come umiliare I nostri figli o violenza fisica come dare loro una sculacciata, è ovvio che I bambini arrivino fino a quel capolinea prima di fermarsi e tornare indietro finché loro sanno che il limite ultimo e quell'urlo, quella manata, quella reazione disregolata è naturale che loro spingano e spingano e spingano finché non arrivano lì perché quello è il capolinea che conoscono.
Ecco perché insisto tanto sul lavorare sulle nostre emozioni, ecco perché il titolo di questo podcast è educare con calma, perché la strategia di base è usare la calma, la nostra calma e la loro calma. Ovviamente ognuno deve trovare I propri modi per usare la calma e attenzione mantenere la calma non significa che non possiamo esprimere le nostre emozioni, è sano esprimere le nostre emozioni e tutte sono valide compresa la rabbia ma possiamo farlo diversamente possiamo abbassarci in ginocchio richiedere la loro attenzione con gentilezza guardarli negli occhi e dire in questo momento sono arrabbiata ma non voglio urlare, non voglio farti paura, voglio farti vedere che sono capace a offrirti calma così lo impari anche tu. Dico spesso che non dobbiamo insegnare ai nostri figli a non essere arrabbiati ma possiamo insegnare loro come essere arrabbiati, lo stesso vale per noi genitori, arrabbiarsi è naturale ma è possibile decidere chi vogliamo essere nella rabbia. In questo modo piano piano iniziamo a mostrare un capolinea diverso, reimpostiamo il capolinea e quella volta che finalmente riusciamo a non arrivare all'urlo e che riusciamo a gestire la situazione con calma e ottenere cooperazione invece di obbedienza attraverso la paura, iniziamo anche a far vedere ai nostri figli e a noi stessi che esiste un capolinea diverso, che possiamo farci rispettare e allo stesso tempo onorare l'educazione che abbiamo scelto e il nostro bisogno di individuo senza arrivare alla disregolazione totale ma attraverso il dialogo comunicando I sentimenti in maniera costruttiva mostrando la nostra intenzione di cambiare.
Ogni giorno tantissimi genitori mi scrivono raccontandomi dei problemi con I loro figli e dei loro piccoli fallimenti delle cose che avrebbero voluto fare meglio mi raccontano per esempio di quella volta che esplodono quando I bambini sono disregolati, di quanto si sentono prosciugati la sera, quando I bambini magari ci mettono molto più del previsto a fare quello che viene chiesto loro e sembrano non ascoltare sembrano non addormentarsi mai e anche di quando I figli piangono di fronte ad un no e loro sentono la rabbia montare dentro perché non sanno come aiutarli non sanno come gestire quel no sarà giusto che mi dice di no e sapete qual è la frase che questi genitori mi scrivono più spesso dopo avermi raccontato I loro problemi e la loro incapacità di gestirli? Sono esausta e sì anche nel percorso per educare a lungo termine lo dico al femminile perché anche se cerco spesso in questo caso direi quasi sempre di evitare di generalizzare la maggior parte delle volte questi genitori sono proprio mamme e a queste mamme che arrivano da me con le loro fatiche chiedendomi un consiglio sapete cosa chiedo per prima cosa? Ti stai prendendo cura di te?
Perché è proprio qui che entra in gioco quella verità che può creare un pochino di disagio ma che quando interiorizziamo poi fa davvero la differenza. Soltanto un genitore che si prende cura di sé può portare avanti con successo l'educazione a lungo termine, perché solo quando ci prendiamo cura di noi stessi poi possiamo prenderci cura anche degli altri. Fermatevi per un attimo a riflettere: per cambiare I comportamenti scomodi dei miei figli devo aiutarli a gestire le loro emozioni, giusto? Ma per farlo devo avere gli strumenti giusti, quelli che uso in primo luogo per gestire le mie di emozioni. Ma per sapere gestire le mie emozioni devo capire prima che cosa mi provoca e per capire che cosa mi provoca devo essere in grado di analizzarmi con lucidità, di capire di che cosa ho bisogno, quali sono le mie necessità, I miei bisogni, le vulnerabilità di questa fase della mia vita.
E per fare tutto questo lavoro devo stare bene mentalmente, devo stare bene con me stessa questo significa che devo prendermi cura di me non c'è un'altra soluzione devo mettermi al primo posto e si a volte anzi spesso anche prima dei miei figli significa che ho la responsabilità di dare la priorità ai miei bisogni ascoltare le mie necessità e significa anche creare attivamente del tempo di qualità per me dedicandomi a quelle attività che mi fanno stare bene che mi nutrono che che non sono necessariamente attività che sento come un obbligo e faccio per soddisfare aspettative esterne e questo chiaramente è diverso per ognuna di noi nella lezione in cui parlo proprio di questo della cura di sé nel percorso dico che per me per esempio uscire a ballare salsa è nutrimento è terapia mentre per esempio la tinta ai capelli era un'attività che non amavo che facevo per soddisfare aspettative esterne e che ho quindi smesso di fare e tra l'altro ora amo I miei capelli grigi come dicevo anche nella lezione del percorso. Tendiamo a pensare che l'ostacolo più grande nella genitorialità siano le emozioni dei nostri figli. Ma non è così! Spesso, e forse se state approcciandovi a questo tipo di educazione l'avrete già notato, sono proprio le nostre emozioni l'ostacolo più grande.
Maria Montessori lo dico spessissimo diceva che non possiamo dare agli altri qualcosa che non è già dentro di noi e credo che sia vero ma a questo come dico sempre manca una parte: non possiamo dare agli altri ciò che non diamo prima a noi stessi, ciò che non diamo anche a noi stessi non possiamo comprendere I bisogni dei nostri figli se non comprendiamo e ascoltiamo prima I nostri non possiamo pretendere che I nostri figli ci rispettino se non ci rispettiamo noi per primi noi genitori noi adulti noi individui prendersi cura di sé è un lavoro quotidiano un allenamento e lo possiamo praticare con piccole decisioni da prendere consapevolmente ogni giorno e a tale proposito per me è stata davvero rivoluzionaria l'idea di essere come dei GPS questo l'ho imparato a un seminario di disciplina positiva anni e anni e anni fa ormai in cui stavamo proprio parlando di quanto sia facile arrabbiarsi quando il nostro bambino o la nostra bambina fa qualcosa che ci dà fastidio. Non lo so, si mette le scarpe al contrario quando siamo di fretta rompe qualcosa, versa un bicchiere d'acqua per terra, dipinge il divano, fa l'opposto di ciò che gli chiedo o anche solo non collabora e l'insegnante in questo seminario di disciplina positiva a un certo punto ci chiesto: che cosa farebbe un GPS?
Ci detto: immagina che stai guidando, arrivi ad una rotonda e il tuo gps ti dice di prendere la terza uscita. Sei distratto e ti sbagli prendi la seconda uscita che è molto vicino alla terza quindi è l'errore lecito. Che cosa ti dice il gps? Dice o scrive sullo schermo qualcosa tipo ricalcolando il percorso. Il gps si arrabbia?
No. Ti urla? No. Ti minaccia di non portarti più a destinazione se non presti più attenzione? No.
Non importa quante volte prendi l'uscita sbagliata: il tuo gps ti dirà sempre ricalcolando il percorso con una voce gentile e composta. E meno male! Perché immagina come ti sentiresti se ogni volta che prendi la strada sbagliata in macchina o a piedi il tuo gps ti dicesse: ma è possibile che non impari mai? Ormai sei grande, non posso tutte le volte stare a ripeterti le stesse identiche cose dovresti saperlo ormai ti ho già detto di girare la terza uscita perché sei girato alla seconda? È possibile che non mi ascolti?
Ti chiedo solo questa semplicissima cosa: di ascoltarmi! Ti farebbe stare bene se il tuo gps ti parlasse così o ti farebbe sentire piccolo o incapace? Avresti voglia di usarlo ancora, di ascoltarlo per sentirti trattare così al primo errore? Io no! E per caso noti qualche similitudine con il modo in cui a volte spesso reagiamo ai comportamenti dei nostri figli, ai loro errori?
Pensa a come si sentono loro, pensi che questo modo di trattarli li invogli ad aiutarci o ascoltarci di più la prossima volta, o pensa al loro livello di frustrazione perché loro non possono semplicemente decidere di non usare più il gps. Pensa a quanto intacchiamo la loro fiducia in sé perché li facciamo sentire piccoli e incapaci. Da allora, proprio da quella lezione che non dimenticherò mai, quando sono provocata o quando sento che le mie emozioni stanno prendendo il sopravvento faccio uno sforzo per premere quel pulsante di pausa e per trovarlo di solito faccio un respiro profondo e mi dico qualcosa nella mia testa tipo Carlotta ricalcolano il percorso. Oggi dopo sei anni io mi sento davvero molto brava a farlo, a volte non riesco ma ormai è davvero raro, Ma se non avessi mai iniziato oggi non sarei sicuramente brava, urlerei ancora ai miei figli, li farei sentire spesso piccoli e incapaci e poi mi sentirei io di riflesso piccola incapace, mi sentirei costantemente in balia delle mie emozioni, dei sensi di colpa, non capirei come usare quei sensi di colpa per fare un'evoluzione personale. Questo è un circolo vizioso che puoi rompere solo tu.
Quindi oggi vorrei invitarti a fare questo esercizio, vorrei invitarti a provare anche tu a sperimentare la differenza sulla tua pelle. Inizia da un giorno e poi continua a sfidarti: Quanti giorni di fila riesci a essere un gps e ricalcolare il percorso quando sei provocato o provocata? Attenzione questo non significa reprimere le tue emozioni, significa semplicemente esserne consapevole, imparare ad analizzarle con intenzione, visualizzare le tue azioni e parole e piano piano cambiare le tue risposte. E così ritorniamo al momento presente. Spero che questa piccola carrellata vi sia piaciuta.
Grazie infinite alla nostra Vale per la selezione che fatto. E spero che soprattutto questa playlist vi abbia offerto I primi semini per lavorare sulla rabbia vostre dei vostri bambini. E come avrete capito lavorare un pochino sulla gestione delle emozioni perché ecco in realtà il lavoro sulla rabbia è un lavoro speciale perché la rabbia è un'emozione particolarmente faticosa per molti genitori, me inclusa, e quindi sicuramente abbiamo parlato più di rabbia, però in realtà il primo passo è cambiare proprio la mentalità sulle emozioni e sull'educazione emozionale. Spero che l'educazione emozionale sia sempre più presente ovunque, nelle case, nelle scuole, nei centri sportivi. Spero che ci sia sempre di più perché I benefici a lungo termine che possiamo vedere da questa educazione emozionale sono priceless, non hanno prezzo.
Detto questo, vi do appuntamento al prossimo episodio del podcast Educare con calma e vi ricordo che se avete voglia di portare riflessioni o condivisioni personali su questo tema potete andare su la tela punto com barra podcast, cercare questo episodio, potete farlo sia cercando il numero, sia mettendo nella lente d'ingrandimento in alto a destra il titolo dell'episodio e lì potete lasciare un commento per nutrire questa conversazione, partecipare a questa conversazione. E da lì, dal mio sito trovate anche il mio Instagram, se ancora non lo conoscete. Non mi rimane che augurarvi buona giornata, buona serata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao.