Speaker 0: Benvenute e benvenuti a questo episodio di Educare con Calma che è un episodio un po' speciale perché mi limiterò a condividere con voi quello che è stato il mio intervento alle pratiche di appuntamenti che Arianna organizza con altre persone che sono dedicate alla creazione di spazi di serenità e solidarietà. Ma non solo. Sono momenti per ritrovarsi, per respirare profondamente, per coltivare calma interiore, per imparare insieme come affrontare conversazioni importanti tra cui appunto quelle sulla pace, sulla guerra e, come quest'ultima che ascolterete, sul genocidio. Ma non solo. Le pratiche di pace vi leggo proprio le parole di Arianna sono un ulteriore impegno per sostenere anche economicamente le donne e le famiglie colpite colpite dal genocidio in Palestina, I cui figli appartengono all'umanità intera.
Devolviamo l'intero ricavato delle pratiche alle madri e alle famiglie che sosteniamo in Palestina e a progetti sul territorio che si occupano di supportare l'istruzione dei bambini e la sopravvivenza della popolazione civile. So, per esempio, che è un una mini una mini scuola dove I bambini possano respirare un pochino di aria di normalità. Anche se può sembrare che il nostro contributo è molto piccolo lo è perché lo è davvero piccolo di fronte alla vastità del problema. Dobbiamo ricordarci che ogni gesto di gentilezza e di solidarietà un impatto significativo. Non mi dilungo oltre.
Vi lascio ascoltare quello che è stato il mio intervento alla pratica di pace del ventotto di novembre. Pratica di pace a cui hanno partecipato anche Arianna Basile ovviamente, Elisabetta e Sara Ghirelli. I loro interventi non sono stati registrati, la pratica di pace non è stata registrata ma io ho registrato il mio intervento perché credo che possa essere un buon riassunto di conversazioni che abbiamo già avuto qui sul podcast. Infatti ci sono due episodi su come parlare di guerra ai bambini, anzi uno su come parlare di morte, uno su come parlare di guerra o due su come parlare di guerra. Adesso non ricordo quanti ce ne sono.
E c'è anche un episodio su come avviare la conversazione sul genocidio. Non mi dilungo, come dicevo vi lascio ascoltare. Grazie Arianna, grazie Elisa, grazie Sara. Grazie Arianna, grazie Elisa, grazie Sara! Interventi veramente bellissimi e non avevo dubbi ed è incredibile come ogni volta riusciate a darmi qualcosa, a insegnarmi qualcosa, questo mi piace tantissimo quindi grazie!
Allora mi piacerebbe dirvi che chiudiamo in leggerezza però in realtà non chiudiamo in leggerezza, chiudiamo con un argomento pesante, ma voglio anche dirvi che uno questa pesantezza, questo disagio rimaniamoci dentro, questo disagio non è negativo, lo dico sempre anche ai miei figli, quindi rimaniamoci dentro, esploriamolo, vediamo che cosa ci porta. E due è pesante tanto quanto vogliamo dargli pesantezza, io per queste conversazioni di parlarne come qualcosa che fa parte della realtà, che in realtà fa parte della realtà e questo aiuta anche a normalizzare la conversazione. Quindi questo voglio dirvi rimanete in quel disagio ma date quel il peso che volete dare a quel disagio. Inizio con un aneddoto forse quattro proprio perché è successo ieri. Ieri abbiamo parlato con Oliver e Emily di amputazione di arti, bombe atomiche, AIDS, femminicidi.
Tutto in un giorno solo, tutto da tutto in un giorno solo. Tutto da domande dei bambini. Amputazione di arti perché siamo andati a fare una passeggiata nel deserto, sapevamo che c'erano serpenti a sonagli, abbiamo parlato di che cosa succede se ci mordono, Oliver stamattina si è svegliato e aveva un incubo, aveva avuto un incubo in cui non aveva più un piede e ci chiesto se noi gli compreremo una protesi a cui abbiamo risposto che grazie al nostro privilegio sì, potremmo comprargli una protesi se succedesse se perdesse se perdesse un arto, un piede. Bombe atomiche perché siamo passati vicino a una base militare e I bimbi hanno contribuito, hanno cominciato a fare domande sulla guerra. AIDS perché abbiamo parlato di Freddie Mercury che ci anche offerto la possibilità di parlare dei diritti della comunità LGBTqa più eccetera eccetera e alla sera ci permesso di rileggere il nostro libro Storie arcobaleno femminicidi perché Alex usato l'espressione inglese date kill to che significa ucciderebbero pur di chiaramente l' metaforicamente ma I bimbi non avevano mai sentito quell'espressione, hanno fatto tante domande tra cui ci sono persone che uccidono altre persone?
Loro sanno che la risposta è sì, conoscono la guerra, sanno che la risposta è sì in un contesto di guerra, ma qui era diverso, qui era capita che una persona decida di ucciderne un'altra? Abbiamo risposto con sincerità, abbiamo parlato di alcune situazioni in cui si si può arrivare ad uccidere un'altra persona per scelta o no e siamo arrivati anche ai femminicidi all'importanza di ridefinire il maschile, rieducare il maschile oltre che a proteggere il femminile. Ora mi chiederete ma che cosa hanno in comune sono ancora troppo piccoli probabilmente il messaggio che loro avrebbero interiorizzato sarebbe stato qui di questo non si parla. Questo per dire qualsiasi conversazione difficile parte da un adulto che sceglie il suo approccio alle conversazioni difficili e si prepara e questa per me è una premessa assolutamente importante, un po' più scontata, un po' più banale che ci porta a parlare del tema di oggi. Oggi voglio parlarvi di come avviare la conversazione sul genocidio con I bambini in famiglia, alla fine vi lascerò anche una breve riflessione se ci sta sull'attivismo Per chi volesse approfondire domani uscirà un episodio del podcast Educare con calma proprio dedicato ad avviare la conversazione sul genocidio, episodio che ho creato con due persone che volevo accanto a me in questa conversazione ovvero Najua Sadi e Teresa Potenza e quindi ciò che vi dirò stasera è un po' il riassunto elaborato di quelle riflessioni con loro.
Prima di tutto parto quelle riflessioni con loro. Prima di tutto parto da noi e da come noi siamo arrivati a parlare di genocidio in famiglia perché l'esperienza personale a volte aiuta a capire anche un po' il contesto. Voi sapete o non sapete che noi viaggiamo tempo pieno e quindi spesso queste conversazioni si sono presentate spontaneamente, di guerra per esempio le prime conversazioni sono arrivate nei mercati vietnamiti quando Oliver ed Emilia avevano tre-quattro anni oppure quella successiva forse durante una visita a Dobrovnik quando non arrivavano le loro domande facevamo noi le domande perché era nostra responsabilità capire a che punto erano loro di quel processo mentale, di quella consapevolezza, perché magari avevano ascoltato la guida a dire qualcosa ma non avevano ancora formulato quella domanda quindi chiedevamo anche solo hai capito perché c'erano buchi nelle mura? E poi vedevamo se scaturivano altre domande la lasciavamo o se non scaturivano la lasciavamo lì. Di genocidio abbiamo parlato per la prima volta in termini utilizzando proprio la parola genocidio grazie direi a un tassista armeno che ci raccontato del genocidio in Armenia durante un tragitto a Bruxelles, un tragitto lungo a Bruxelles quindi ne parlato veramente pertanto e l' descritto in un modo che attirato le domande dei bambini, domande a cui noi abbiamo di nuovo dato il benvenuto.
Questo anche aiutato ovviamente perché quando poi siamo andati alla prima manifestazione contro il genocidio la conversazione era già aperta. Ogni volta ogni volta la conversazione si arricchisce di dettagli, le domande si fanno più complicate e quindi c'è sempre questa continua preparazione, questo lavoro di preparazione da parte degli adulti. I bambini ovviamente non hanno bisogno di sapere tutto subito ma hanno bisogno della nostra onestà, del nostro della nostra onestà, del nostro supporto per processare informazioni ed emozioni e anche per imparare dare un nome alle cose. Ma quando sanno che nessuna conversazione ai tabù uno si fidano di noi e due sanno di non essere soli a processare l'informazione che a volte può confonderli, può spaventarli. Quindi quando e come parlare di genocidio?
Non esiste un'età giusta o sbagliata per parlare di genocidio secondo me, Ogni famiglia il proprio ritmo, alcuni bambini faranno più domande alcuni meno a seconda anche di come avete risposto alle domande in passato, a seconda anche di chi è la vostra famiglia. Nel caso di Najuah che ascolterete domani Najuah nel caso di Najuah che ascolterete domani Najuah famiglia nella striscia di in Israele, suo marito famiglia palestinese, quindi hanno una storia che ovviamente richiede un certo approccio ed certe conversazioni. Alcune volte le domande arrivano dai quando le domande non arrivano? E qua penso che sia un po' la parte difficile secondo me, non tutti hanno uno stile di vita come il nostro che porta naturalmente a queste conversazioni e quando viviamo in contesti protetti, per esempio non soggetti al pericolo di una guerra, non esposti al razzismo attivo. Io grazie alla mia formazione credo che sia importante cercare attivamente queste conversazioni, come scritto una delle mie mentori più grandi sull'anti razzismo con la quale ho fatto fatto tanta formazione in questi anni che è Brittany Hottern, lei detto l'ho scritto anche nel libro in una società razzista non basta essere non razzisti bisogna essere attivamente antirazzisti e a breve capirete anche perché parlo di razzismo.
Se c'è una cosa che ho imparato in questa formazione sull'anti razzismo negli ultimi anni e alla quale io non avevo mai pensato prima e anzi con la quale ero in disaccordo e che ci sono conversazioni che sono importanti anche se non ci riguardano, forse direi soprattutto se non ci riguardano, ma non solo per questo vi consiglio di parlare attivamente di alcune conversazioni. Nel caso del genocidio ve lo consiglio soprattutto perché credo che sia importante che noi siamo I filtri delle notizie che I nostri figli sentono o leggono o magari vedono ovunque. Il nostro compito non è proteggerli dalla realtà ma è accompagnarli a capire questa realtà, a navigare le emozioni che suscita, che suscitano queste informazioni e per farlo ovviamente dobbiamo prepararci prima noi. Essere attivamente anti razzisti, attivamente anti guerra, attivamente anti genocidio non significa forzare la conversazione come ci ricorda anche Nagio nell'episodio di domani, significa creare spazi e stimoli per far emergere domande e riflessioni e poi offrire onestà quando arrivano le domande. Questo ci tengo a ripeterlo tantissimo perché a volte abbiamo paura di offrire onestà e invece credo che l'onestà sia proprio una di quelle di quelle chiavi di volta nella una di quelle chiavi di volta nella nostra relazione con I nostri figli e anche proprio nella comunicazione di questioni tabù, di argomenti tabù.
Un esempio comune è quando coloriamo insieme. Questo l'ho scritto anche nel mio libro lo sentirete anche da Najwa domani nell'episodio, quando I nostri figli parlano di color carne, color pelle magari prendono il pastello e dicono lo faccio color pelle Possiamo spiegare che il color pelle non esiste perché tutte le persone hanno tonalità di pelle diversa diversi livelli di melanina possiamo anche solo chiedere il colore della mia pelle o della tua pelle? O di quella di Kenzi o di quella di Coraline? E poi prendiamo varie matite colorate in mano, chiediamo quale colore di pelle. Ogni piccola conversazione è un seme di consapevolezza e per quanto e per quanto riguarda il genocidio so che ci sono genitori di bambini un po' più grandi e quindi ci tengo anche ad offrirvi questo e poi continuo con il resto vedendo che ci sono genitori di bambini un po' più grandi ve lo offro nel caso non l'abbiate pensato.
A volte per parlarne, per parlare, per capire a che punto sono della loro consapevolezza, se l'hanno già sentito, cosa sanno già anche solo per testare il terreno perché a volte davvero arrivano informazioni al loro cervello che non hanno assolutamente l'equipaggiamento per processare e noi siamo I loro filtri, noi possiamo essere quell'equipaggiamento e quindi se lo riteniamo necessario può anche solo partire da una domanda semplice: hai mai sentito parlare di genocidio? Sai che cosa significa? Ultimamente tanti titoli di giornali o tante notizie parlano di sai che cosa significa? Femminicidio? E poi possiamo offrire un copione, possiamo crearci un copione.
Io quando ho parlato di genocidio con I miei figli la prima volta, quando mi hanno chiesto che cos'è il genocidio, quando mi hanno chiesto che cos'è il genocidio ho risposto in termini molto semplici che non hanno assolutamente coperto quello che è il genocidio ma che sono stati molto chiari. Ho detto il genocidio è quando un gruppo di persone decide di uccidere attraverso la guerra tutte le persone di un altro gruppo, solo perché per le persone di quell'altro gruppo sono diverse da loro. E tra l'altro abbiamo anche poi parlato della differenza tra uccidere tutte le persone o anche solo desiderare di ucciderle tutte, questo è venuto poi più avanti, ma quel giorno gli ho solo detto possono anche essere possono pensare che siano diverse per il colore della pelle, per la religione, per altre cose ma di solito non niente a che fare con qualcosa che quelle persone hanno fatto ma solo con chi sono. È una cosa terribile, è una cosa ingiusta che è successa molte volte nella storia e purtroppo succede ancora oggi in alcune parti del mondo e in quell'occasione ho aggiunto e sta succedendo proprio ora in Palestina. Ora lo so che usare parole come genocidio ma anche solo morte, guerra, uccidere può sembrare spaventoso.
Credo, so, da esperienza diretta anche, da esperienza di tante famiglie, Se normalizziamo queste parole I bambini imparano che possiamo affrontare anche I temi più difficili insieme e quando usiamo le parole giuste possiamo anche prepararci alle emozioni che quelle parole suscitano o susciteranno. Vi ricordo un concetto per me importante non sono le emozioni scomode che ci fanno sentire sopraffatti e quando le emozioni scomode ci sorprendono che ci sentiamo sopraffatti. La dottoressa Becky Kennedy dice la preparazione è un vaccino emotivo io credo che sia veramente così e aggiungo anche una piccola nota, io ho pianto innumerevoli volte parlando di queste tematiche con I miei figli, ma anche solo una domanda e boom lacrime. Collegare una parola o un concetto a ciò che quella parola suscita non spaventa I bambini ma li aiuta a fidarsi di noi perché come dice Brené Brown la vulnerabilità richiede fiducia, la fiducia richiede vulnerabilità. Quindi possiamo anche spiegare le lacrime: piango perché immagino la sofferenza di quelle persone, immagino la sofferenza di chi non più la sua casa, piango perché immagino chi visto tutta la immagino chi visto tutta la sua famiglia venire uccisa.
Allo stesso modo non dobbiamo preoccuparci né se per un po' I bambini fanno tantissime domande su quella conversazione ma proprio tante anche molto scomode non sono so come si dice in italiano è assolutamente normale che abbiano tante conversazioni su un argomento così lontano da sé e soprattutto un argomento di cui sembra che tutto il mondo fuori non parli quindi quando noi gli diamo la possibilità di parlare di queste conversazioni loro la assorbono proprio la prendono e non dobbiamo neanche preoccuparci se quella conversazione può generare un po' di paura, la paura è normale che esista come dicevamo prima anche noi, però ricordiamoci che abbiamo sempre più paura di ciò che non conosciamo e questa per me è una cosa assolutamente fondamentale da ricordare e che spesso conoscere qualcosa e poterne parlare ci aiuta a processare e affrontare la paura. Ora prima vi ho fatto un esempio di conversazione quando si colora, non ho usato quell'esempio a caso, l'ho usato perché come vi ho anticipato il razzismo è una conversazione porta per parlare del genocidio, porta perché apre la conversazione. Najua nell'episodio le definisce precursore della conversazione. Lei detto per comprendere il genocidio è necessario comprendere il razzismo e quindi agire in modo critico verso I nostri pregiudizi e quelli della gente intorno a noi.
Pregiudizi e razzismo sono un po' I precursori di un genocidio, ovviamente il razzismo non porta per forza ad un genocidio ma non c'è genocidio senza razzismo. Ecco perché vi ho parlato del lavoro sull'anti razzismo e perché sulla tela cerchiamo di fare questo lavoro insieme perché è una conversazione precursore, una conversazione e perché sulla tela cerchiamo di fare questo lavoro insieme, perché è una conversazione precursore, una conversazione porta per tante altre conversazioni, ma vi farà piacere sapere che la conversazione sul razzismo può arrivare da tante semplici conversazioni e gesti del quotidiano in cui parliamo di gestite del quotidiano in cui parliamo di diversità, insegniamo a tollerare la diversità, si avvicina Natale e vi dico che questa conversazione può iniziare anche da Babbo Natale. Come? Così! Possiamo usare Babbo Natale per spiegare che alcune famiglie sono diverse da noi e non credono a Babbo Natale.
Spesso sento famiglie che si lamentano perché un bambino a scuola dice che Babbo Natale non esiste. Ma questo diventa un problema solo perché noi abbiamo dato per scontato e fatto credere ai nostri figli che tutti sono come noi, che tutti credono a Babbo Natale, che tutti festeggiano il Natale così. Invece con una minuscola frase come non tutte le famiglie credono a babbo natale possiamo avviare conversazioni importanti e praticare la tolleranza alla diversità. Babbo Natale o matite colorate o alcune donne amano altre donne alcune persone credono a Dio altre no significa aprire conversazioni come l'accoglienza alla diversità che apre conversazioni sul razzismo potenzialmente, che apre conversazioni sul genocidio potenzialmente. E ultimo volevo parlarvi brevemente dell' e dell'importanza di non lasciare che gli altri giudichino il nostro attivismo, ma ve lo lascio ascoltare nell'episodio del podcast di domani.
Quindi concludo dicendo che questo tipo di educazione, questo tipo di conversazioni, parlare di genocidio, di razzismo, di diversità, di pace e farlo attivamente, scegliere di farlo attivamente quando viviamo invece in una bolla di protezione, sempre a seconda dell'età, questo è attivismo, è uno strumento potente per il cambiamento sociale, l'educazione è una forma di attivismo che possiamo fare in moltissimi modi, come le conversazioni di cui abbiamo parlato oggi, come gesti quotidiani di gentilezza, come riflessioni quotidiane di gentilezza, come donazioni, come eventi come questo, come scendere in piazza per chi vuole, come la scelta del nostro linguaggio o anche solo le letture che scegliamo per I nostri figli e come scegliamo di leggere e di guardare I contenuti per l'infanzia. Ecco questo è stato il mio intervento quella sera è stata una serata molto ricca di grandi conversazioni grandi riflessioni spero che il mio intervento vi sia piaciuto che abbia aperto delle finestre magari anche un po' scomode ma da lasciare aperte, proprio come dicevo all'inizio di questo intervento. Grazie per il vostro tempo. Non è mai scontato, quindi come sempre vi ringrazio. Se siete fino qua arrivate fino qua.
Vi do appuntamento al prossimo episodio di Educare con calma e vi ricordo che mi trovate anche su tela punto com. Prima mi sono dimenticata di dirvi che c'è anche un post del blog con dieci concetti per avviare la conversazione sul genocidio. Se andate su la tela punto com barra podcast li potete cercare questo episodio e nella pagina dell'episodio trovate tutta la varia ragnatela di contenuti che abbiamo creato intorno a questa conversazione. Grazie e non mi rimane che augurarvi buona serata, buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao!