E ho notato due cose:
- Non otteniamo nessun risultato. Dopo vari NO, dobbiamo prenderlo e allontanarlo dalla situazione con conseguente pianto.
- Già da così piccolo, tutto ciò che è proibito sembra affascinarlo (sarà intrinseco nell’essere umano?): se è NO, Oliver lo vuole trasformare in SÌ.
Ieri pensavo che forse questo metodo funziona anche per il NO. Forse se invece di dire NO, gli mostro le conseguenze (quando è possibile, poco a poco sarà più propenso a capire che il NO ha una suo perché — che spesso è mantenerlo vivo. 😉 Chissà se invece di proibirgli di aggrapparsi al secchio dell’acqua pieno per alzarsi, gli dico "se ti aggrappi, il secchio può rovesciarsi", ma poi lo lascio fare, lascio che sperimenti e magari si bagni. Lo rifarà? Non lo so. Dipende dal bambino, dalla situazione, da quanto si divertirà a bagnarsi tutto — insomma, ci sono troppe variabili per immaginare cosa succederebbe, ma magari vale la pena provare (e se lo rifà, magari mostrargli un'alternativa come trasportare il secchio).
Tutto questo, seguendo una strana ragnatela di pensieri, mi ha fatto pensare ad una delle mie frasi preferite di Maria Montessori:
Se non dai al bimbo un bicchiere di vetro per paura che lo rompa, dai più valore al bicchiere che all’insegnamento.
L’assenza di premi e castighi non è un principio utilizzato solo nella pedagogia Montessori, ma associato anche a un maniera rispettosa di essere genitori.
L’idea di non offrire premi o ricompense né infliggere punizioni mira a incoraggiare l’auto-motivazione e l’autodisciplina nei bambini; vale a dire che il bambino fa le cose bene semplicemente per il gusto di farle bene e per la sua propria soddisfazione, piuttosto che per ricevere un premio o evitare una punizione.
Invece di utilizzare punizioni, noi usiamo conseguenze — ma qual è la differenza? La punizione è qualcosa di imposto dall’esterno, mentre la conseguenza è qualcosa che è naturalmente associato all’atto in questione.
Ad esempio: se un bambino si rifiuta di ritirare i pennarelli dopo aver disegnato, potremmo dirgli di andare in camera sua e che non potrà usare i pennarelli per due giorni, che sarebbe una punizione imposta ed arbitraria; oppure potremmo spiegargli che se non raccoglie i pennarelli e li lascia aperti si seccheranno e non potrà più utilizzarli per disegnare, che sarebbe una conseguenza diretta delle sue azioni.
Nemmeno i premi o ricompense sono una buona idea, e se vogliamo premiare in qualche modo un buon comportamento, dobbiamo fare in modo che il bambino percepisca il premio come qualcosa di inerente all’atto che lo ha causato, a volte è solo questione di cambiare le parole…
Per esempio: se un bambino fa le bizze all’ora di mettersi il pigiama, lavarsi i denti, ecc Potremmo dirgli che se lo fa lo lasceremo giocare per un po’ prima di andare a letto, cosa che il bambino percepirebbe come una ricompensa che gli diamo; oppure possiamo dirgli che se lo fa avrà tempo di giocare un po’ prima che arrivi l’ora di andare a letto, e in questo caso lo percepirebbe come una logica conseguenza delle sue azioni.
La differenza può sembrare minima, ma è importante!
Che cosa ne pensate?
🌸 Parlo in maniera approfondita di limiti, punizioni e conseguenze nel mio corso Educare a Lungo Termine, ti invito a darci un'occhiata.
Ti consiglio di leggere la newsletter che abbiamo inviato ieri, che parlava (anche) di questo.
E questo articolo del blog.
Per quanto riguarda la comunicazione efficace con gli/le insegnanti:
Una domanda: hai avuto difficoltà a convincere i nonni a seguire questa linea di pensiero? Perché io sono terrorizzata dal fatto che possano vanificare ogni mio sforzo.
Nel frattempo ti saluto.