Preferiti dei bambini

Come avere colloqui costruttivi con insegnanti

Coglila come un'occasione per nutrire la fiducia reciproca e fare squadra.

Sara Ghirelli Educatrice montessoriana e parent coach
26 agosto 2024·7 commenti
Nell'educazione dei nostri figli, il dialogo con gli insegnanti è uno strumento fondamentale che spesso viene sottovalutato - o almeno, poco praticato in modo costruttivo. Forse sai già che una comunicazione aperta e senza giudizio con le persone che accompagnano i bambini nel loro percorso di crescita non solo aiuta a monitorare il loro progresso e il loro benessere, ma permette anche di accompagnarli con più consapevolezza e fiducia nelle loro difficoltà. Ma anche se conosci la teoria, non sempre è così semplice metterla in pratica.

Come racconto anche nel Focus «Scuola: scegliere quella (im)perfetta per noi», mi è successo spesso di assistere a conversazioni tra genitori e insegnanti in cui emerge l’incapacità da parte degli adulti di comunicare in maniera efficace e costruttiva i propri sentimenti e i propri bisogni. Questo succede perché spesso cadiamo nella trappola del giudizio personale e della valutazione, anziché attenerci a quanto possiamo osservare ed esprimere come ci sentiamo. 

Ecco perché voglio offrirti alcuni strumenti concreti per lavorare sulla tua comunicazione e costruire un rapporto di fiducia con le persone che sono accanto ai nostri figli negli anni più importanti della loro vita. Per ogni strumento ti lascio un esempio di conversazione che puoi prendere e usare con flessibilità per costruire un dialogo in cui ti senti a tuo agio.

1. Fai pratica a casa

Spesso prepararsi le frasi in anticipo o, come direbbe Carlotta, usare i copioni, aiuta a rendere le nostre conversazioni costruttive.

Per esempio puoi dire: «Mi sono accorta che Giada ultimamente ha dei comportamenti aggressivi che fino a qualche tempo fa erano inesistenti. Vorrei renderti partecipe del nostro punto di vista come famiglia e ascoltare il tuo parere di insegnante, potremmo incontrarci per un colloquio?»

2. Parti da ciò che hai osservato

Durante il colloquio parti dalla situazione concreta che ti ha spinta a chiedere un confronto: non sei lì per dare colpe o meriti ma hai bisogno di un dialogo sincero. 

Per esempio: «Come ti dicevo, Giada ultimamente è molto più aggressiva, ha reazioni improvvise che non mi è mai capitato di vedere prima. Secondo te è possibile che siano collegate a qualcosa che accade qui?»

3. Sospendi il giudizio

Evita di considerare come unica verità ciò che racconta la bambina a casa o la tua interpretazione degli eventi, piuttosto riporta quello che hai ascoltato e chiedi la loro versione dei fatti, senza giudizio. Il tuo scopo è raggiungere una soluzione, non criticare o umiliare le insegnanti.

Per esempio: «Giada mi ha raccontato che l’altro giorno è stata messa a sedere sulla sedia del pensiero. Mi ha detto che era molto triste per questo; so che il tuo intento non era quello di rattristarla però non credo che questa modalità la aiuti a capire il suo errore. Potresti raccontarmi come sono andate le cose?»

4. Racconta e condividi informazioni

Informa su ciò che funziona a casa, senza voler dare un consiglio.

«Ci stiamo lavorando e impegnando per aiutarla a inibire alcune reazioni eccessive. A casa abbiamo utilizzato una storia per farle capire che ci sono parole più pesanti e parole più “leggere”. Usiamo le immagini di quella storia per farla riflettere sul significato di quello che ha detto e su ciò che potrebbe provare ora la persona a cui le ha rivolte. Pensi che ti aiuterebbe usare quella storia anche qui a scuola?».

5. Dai voce ai bisogni della tua bambina

Lei quei bisogni non può o non sa comunicarli: sii tu genitore il suo interprete.

Per esempio: «Io credo che Giada stia esprimendo istintivamente alcune fatiche emotive, forse legate anche al cambio di insegnante e al fatto che le sue amiche più grandi quest’anno sono alla primaria…lei è una bambina che ha bisogno di punti di riferimento. Quando riconosce che c’è con lei qualcuno di cui si fida e da cui si sente accolta, sta bene e riesce a dare il meglio di sé».

Ti lascio con un'ultima (scomoda) riflessione: questi strumenti non sono una bacchetta magica. Costruire una comunicazione efficace con gli insegnanti è un processo che richiede pratica e costanza, e tanto dipenderà anche dalla persona che hai di fronte (dai suoi strumenti e dal punto in cui si trova, nel suo percorso). Forse siete abituati a remare con un ritmo e movimenti diversi e magari ci vorrà più tempo per capirvi e trovare la vostra sincronia, ma entrambi avete a cuore il benessere di tuo figlio o tua figlia: col tempo, queste conversazioni vi aiuteranno a remare, con più consapevolezza, nella stessa direzione.

Se senti di non farcela da solo/a e se avessi bisogno di guida nell’applicare questi spunti (o di qualunque tipo di supporto per costruire una relazione di fiducia con le insegnanti dei tuoi figli) mi trovi nella sezione «1-a-1».

Sono qui, e faccio il tifo per te.

Scritto da

Sara Ghirelli – Educatrice montessoriana e parent coach
Sono educatrice montessoriana e parent coach e supporto le mamme e i papà che si sentono inadeguati, perché l'inadeguatezza è un sentimento che conosco bene. Nel 2015, poco prima di laurearmi in scienze dell’educazione, sono diventata mamma di Samuele: imparare a conoscerlo, giorno dopo giorno, mi ha permesso di mettere in pratica tutto quello che avevo studiato con l’occhio della professionista, senza mai dimenticare quello di mamma.

Parliamone

Hai modifiche non salvate -
Grazie per questi copioni. Non è sempre semplice adottare conversazioni efficaci, soprattutto quando si tratta dei nostri figli.
Per me da insegnante, potrebbe essere utile traslare gli stessi copioni in ambito lavorativo.
Soprattutto in situazioni problematiche, avere conversazioni efficaci con i genitori di bambini problematici è sempre complicato e fermarci all' osservazione senza giudizio è una pratica che va affinata giorno dopo giorno.
Hai ragione, Valentina! Sarebbe utile traslarli all'ambito lavorativo, sopratutto con bambini e famiglie che fanno più fatica ad adattarsi in un determinato contesto. 💜 Hai domande specifiche su alcuni copioni che vorresti usare e su come adattarli? Noi e 
Sara Ghirelli
 possiamo provare a risponderti qui o, chissà, magari con nuovi contenuti. 
Grazie mille Carlotta. È proprio a quelle famiglie ed a quei bambini che mi riferisco. Purtroppo a scuola, accade di trovarsi a vivere una solitudine rispetto a quelle situazioni di difficile interpretazione, a metà strada (trattandosi di scuola dell' infanzia in cui lavoro) tra disturbo e difficoltà di adattamento. Talvolta potrebbe sembrare molto chiaro che si tratti di un disturbo quando si ha a che fare con forti difficoltà di adattamento e "iperattività" ma non sempre ci si può spingere verso una diagnosi,  in quanto ,trattandosi di bambini molto piccoli, non si può avere la certezza che si tratti di un disturbo (in tanti casi le diagnosi arrivano nella seconda o terza classe primaria) sia perché per questo stesso motivo le famiglie faticano ad accettare il problema (anche quando avrebbero gli strumenti per interpretare e leggere le difficoltà) sia perché trattasi di bambini tra i tre ed i cinque anni. 
Ecco, in situazioni di bambini per i quali si nutrono forti dubbi, ovviamente dopo una osservazione prolungata, come sarebbe opportuno comunicare le eventuali perplessità?
In qualità di insegnante, ho sempre trovato il modo di fare arrivare un messaggio, nelle situazioni borderline, anche solo chiedendo delle informazioni utili a farmi un quadro globale della situazione nell' ottica di una continuità scuola-famiglia, consapevole del fatto che la famiglia è il primo ambiente di vita dove si creano e formano dinamiche imprescindibili di sviluppo.
Tu ci insegni Carlotta ❤️ 
Ciao Valentina!!!Grazie per aver condiviso! Sono sicura ci siano tante colleghe e tanti colleghi in questa stessa situazione; e sì, quella dell'insegnante o educatrice, in casi del genere, non è una posizione facile: molti di noi hanno "occhio clinico" ma, di fatto, non siamo professionisti clinici; proprio per questo è importante avere chiari i confini del nostro operato e riconoscere che l'osservazione che possiamo attivare (e le conseguenti constatazioni) va in un'unica direzione: il benessere del bambino e la facilitazione del suo percorso di crescita.
La motivazione che ci spinge a parlare con i genitori, seminando un piccolo o grande beneficio del dubbio, non è la diagnosi in sé, bensì il supporto migliore per favorire un vissuto scolastico sereno. Dichiarare alle famiglie questo nostro obiettivo significa favorire il gioco di squadra tra casa e scuola. Come scrivi tu, alcuni disturbi vengono diagnosticati alla scuola primaria ma l'età in cui apprendere è più veloce e naturale è certamente quella della mente assorbente, dagli 0 ai 6 anni. Questo ci dice che più precocemente individuiamo delle fragilità, più tempo abbiamo per rinforzare le risorse personali e diminuire le fatiche future dell'alunno o dell'alunna. Quindi ha sempre senso non "rimanere in superficie" cercando un'occasione di confronto con la famiglia.

In quest'ottica, i 5 strumenti che ho fornito nel post, si adattano perfettamente anche a una conversazione tra insegnante e genitore:

1. Fai pratica a casa
Prova a metterti nei panni di un genitore: di cosa ha bisogno in un colloquio con l'insegnante? Certamente, ciò che tutti auspicano è trovare a scuola una conferma del lavoro che stanno facendo a casa. Parola chiave: punti di forza. Ogni persona, a qualsiasi età, ha dei punti di forza. Questi saranno l'inizio e la fine del tuo discorso. In questo modo all'inizio del colloquio potrai mettere a suo agio il genitore e, a conclusione, potrai ricordargli che non è tutto difficile.
Per esempio, puoi dire: "nelle ultime settimane Alessandro si sta impegnando tantissimo a portare a termine i compiti che gli vengono richiesti. Per esempio, l'altro giorno ha apparecchiato il tavolo del pranzo che era affidato a lui compiendo tutti i passaggi dall'inizio alla fine. Quello che ho potuto osservare è che nel rapporto 1a1 riesce molto bene a regolarsi e ricordare quanto richiesto. In altri momenti, invece, quando io non sono costantemente con lui, è come se avesse troppi stimoli intorno a sé e non riuscisse a indirizzare le sue azioni. [..altri esempi...]. a tutti questi momenti, alterna una grande capacità empatica e di connessione emotiva con i più piccoli, questo mi rendere molto fiera di lui".

2. Parti da ciò che hai osservato.
importantissimo: tieni un diario dove annotare episodi vari che ritieni significativi.

3. Sospendi il giudizio.
Evita di arrivare a conclusioni affrettate che potrebbero apparire come "etichette", piuttosto chiedi ai genitori se anche loro osservano gli stessi comportamenti (o simili a casa) e chiedi cosa ne pensano. Genitori= grandi esperti dei figli: il loro parere conta molto!
"L'altro giorno Alessandro, dopo che gli ho fatto notare che non aveva ancora sistemato l'attività e che era compito suo concludere, si è arrabbiato molto, ha preso a calci la sedia facendola cadere. Anche a casa osservate episodi simili di disregolazione emotiva?"

4. Racconta e condividi i tuoi pensieri, il tuo sguardo sul bambino in generale.
Come scrivevo all'inizio, dichiara le tue intenzioni: far stare bene l'alunno creando l'ambiente relazionale e fisico più adatto alla sua crescita.

5.Dai voce ai bisogni del bambino (e ai tuoi nei suoi confronti).
"io credo che per Alessandro sia davvero difficile rimanere fermo concentrandosi su un'unica attività; mi accorgo, per esempio, che fa meno fatica quando gioca a terra o ha un compagno con cui condividere l'attività. È possibile che abbia un bisogno più spiccato di movimento e che il suo meccanismo cognitivo sia messo maggiormente in moto quando coinvolge tutto il corpo (cioè: se mi muovo riesco meglio a fare il resto). Andare a fondo sui suoi funzionamenti, rivolgendosi per esempio a neuropsicologo o psicoterapeuta, potrebbe rivelarsi molto utile sia per noi adulti che lo accompagniamo nella crescita sia per lui che impara a conoscersi di più e dare un nome a tutto ciò che sente dentro di sé a che, spesso, non riesce ancora a decifrare e condividere. Cosa ne pensate?"
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È sicuramente una tematica grossa, ho voluto lasciarti alcuni spunti generali ma potremmo scrivere un libro a riguardo!
Un'ultima considerazione: un colloquio sulle fragilità non si costruisce nel momento del colloquio ma si inizia a porre i primi "mattoni" dai primi giorni di scuola, quelli più impattanti nella relazione di fiducia che vogliamo instaurare con i genitori. Se c'è empatia, c'è fiducia, se c'è fiducia c'è dialogo, se c'è dialogo c'è ascolto.
Ed è nel dialogo che il genitore può alimentare la propria consapevolezza e scegliere la strada migliore.

Se senti di non farcela da solo/a e se avessi bisogno di guida nell’applicare questi spunti (o di qualunque tipo di supporto per costruire una relazione di fiducia con le famiglie dei tuoi alunni) mi trovi nella sezione «1-a-1».

un abbraccio,
Sara
Sara Ghirelli
 qui ci scappa il post sequel! 😉💜 
Aspetto il sequel Carlotta!😁😉 
Grazie mille Sara Ghirelli, ottimo post che provvederò a riguardare in caso di bisogno. Condivido fermamente che è necessario costruire un ponte di empatia, ascolto attivo e fiducia che non parta dal momento del colloquio ma che si costruisce costantemente ogni giorno della vita scolastica. 
Un caro saluto 💜 
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