Preferiti dei bambini

Il multilinguismo non crea confusione

Sfatiamo un falso mito.

Najwa Saady Family Language Coach
2 marzo
Senza preamboli, il multilinguismo non crea confusione. Forse lo sai o l’hai già sentito, ma alcuni dubbi si insinuano comunque. Questi sono alcuni esempi di messaggi che ricevo ogni settimana:
 
«Vedo mio figlio molto confuso. Mescola le lingue».
 
«Vorrei introdurre anche il francese, ma credo che così farà ancora più confusione».
 
«Mio figlio a scuola non parla. Le maestre pensano sia dovuto alla confusione del bilinguismo».
 
«Mi dicono che le sto creando confusione in testa, ma io continuo a trasmettere la mia lingua».
 
«Ho la sensazione che anche nella lingua di maggioranza si esprima peggio che i suoi coetanei. Potrebbe essere dovuto al trilinguismo che lo confonde un po'?»
 
Perché si continua a collegare il multilinguismo alla confusione?
 
Se hai mai pensato anche tu una di queste frasi qui sopra, o simili, sappi che è normale perché questo falso mito è ancora vivo e arzillo nella nostra società, soprattutto se parliamo di una società tendenzialmente monolingue.
 
Le false credenze sul bilinguismo che si sono perpetrate per generazioni fanno ormai parte della cultura popolare. Ed è davvero difficile battere la cultura popolare. Non sono bastati gli studi e le ricerche degli ultimi 50 anni, a metterla davvero in crisi. Si continua a pensare e trasmettere l'idea che «i bimbi bilingue facciano fatica» o abbiano qualche sorta di «svantaggio» rispetto ai coetanei monolingui, nello sviluppo del linguaggio o nel modo in cui acquisirebbero le lingue.
 
I falsi miti su cui si appoggia questo falso mito generico della confusione sono diversi: 
 
  • I disturbi del linguaggio
Quando un bambino o una bambina bilingue o multilingue presenta un disturbo del linguaggio, che sia di tipo fonologico come la disprassia verbale, deficit lessicale o il ritardo nello sviluppo di una o tutte le sue lingue, lo si collega alla confusione che creerebbe il multilinguismo. Ma in realtà, se questo fosse vero, tutti i multilingui dovrebbero avere un disturbo del linguaggio. Invece la percentuale di bambine e bambini bilingui con disturbi del linguaggio è la stessa percentuale di bambine e bambini monolingui con disturbi del linguaggio. Questa è la prova che il multilinguismo non ha nessuna incidenza sulle cause.
 
  • Un «ritardo» per confronto
Spesso capita che il ritardo nello sviluppo del linguaggio non sia reale, ma i genitori o altre figure di cura del bambino lo sospettano proprio per via del «bias» che c'è rispetto al fatto che il multilinguismo creerebbe questa confusione. Questo ci porta a confrontare nostra figlia con gli altri bimbi, specialmente i monolingui, con un pregiudizio per il quale cerchiamo conferma, e a trarre quindi la conclusione che, se parla meno bene rispetto agli altri, sia per via del bilinguismo. Ma la finestra di uno sviluppo del linguaggio normale è molto ampia: a 24 mesi possono esserci bimbi che dicono 50-60 parole e bimbi che invece già creano frasi e conversazioni. Questa varietà è presente sia nel monolinguismo che nel multilinguismo ed è il motivo per cui un confronto superficiale, senza un’accurata valutazione, è poco utile e anzi, può solo contribuire a diffondere ulteriormente il falso mito.
 
  • Il mescolare le lingue
Questa sembra essere una delle cause principali per cui molte persone associano il multilinguismo alla confusione. Il code-mixing, ovvero la mescolanza di codici, invece, è l'essenza del multilinguismo ed è una caratteristica insita allo sviluppo del linguaggio simultaneo in più lingue. È normale. Qualunque bambino multilingue mescola. Dire che una bambina è confusa perché mescola è come dire che una bambina di 3 anni che dice «piangiuto» o «aprito» sia confusa. Non sono confuse, stanno sperimentando con le regole linguistiche; e mentre un bimbo monolingue lo fa con una lingua, un bimbo multilingue lo fa con tutte le lingue che ha a disposizione. 
 
  • L'esposizione a lingue simili
C'è chi pensa che due lingue molto simili tra loro portino a confusione. Non è così: potrebbero portare a una maggiore mescolanza (e abbiamo già visto che mescolare le lingue non è sintomo né causa di confusione). Prendo come esempio spagnolo e italiano che sono due lingue della nostra famiglia e che hanno un 80% di lingua in comune. Il fatto di condividere similarità nel vocabolario e nelle regole grammaticali può portare a maggiori «travasi», ovvero maggiore influenza tra una lingua e l'altra. Ad esempio, mio figlio di 7 anni e mezzo usa spesso il termine «salire» in italiano, con il significato di uscire (salir significa uscire in spagnolo), e questo non perché non sappia che in italiano si dice uscire, ma perché il verbo salire è presente in italiano e quindi lo porta ad usare questo termine (falso amico). Più la piccola (o grande) persona si fa competente, più è capace di controllare e filtrare questa influenza.
 
  • «Troppe» lingue
A seconda di quanta dimestichezza abbiamo con il bilinguismo o il multilinguismo potremmo legare la confusione al numero di lingue. Magari io due lingue le considero ok, più che normali nella vita di una persona, mentre tre mi sembrano già troppe. Una mia amica, invece, cresciuta con tre lingue, lo considera normale, ma cinque lingue non tanto. Il «troppo», e la confusione che può derivare dal «troppo»,  rispecchiano una sensazione soggettiva.
 
  • Una persona che alterna due o più lingue con il bimbo
Nel 1902 è uscito il primo studio sull'OPOL (One Person One Language), il metodo al bilinguismo per cui ogni genitore parla una e una sola lingua con il proprio figlio. Questo modello non solo è il più storicamente studiato, è anche il più popolare. Uno dei motivi per cui l'OPOL è stato così elogiato negli anni è per la netta divisione delle lingue (tra i genitori), come ad assicurare appunto la mancanza di «confusione». Per questa ragione, molti genitori pensano sia il metodo migliore per il bi-multilinguismo, perché non concede mescolamenti. Ma indovinate un po'? Non è così. Ricerche recenti hanno dimostrato come l'uso di entrambe le lingue, da parte di entrambi i genitori, che le alternano a seconda della situazione, sembra essere più efficace dell'OPOL, a riprova che una persona non crea nessun danno o confusione nell'utilizzare più lingue con il figlio.
 
Insomma, il multilinguismo non ha niente a che vedere con la confusione. Possiamo cominciare a darlo per scontato adesso, che dici?

Possiamo sfatare questo falso mito insieme: il passo successivo all'assumere consapevolezza che si tratta di un falso mito è contribuire a sfatarlo. E puoi farlo anche tu, attraverso due semplici azioni:
 
  1. Quando qualcuno parla di confusione in relazione al bilinguismo (anche se è pediatra, logopedista o insegnante) puoi usare questo copione: «È un falso mito, i bambini bilingui non sono confusi. Ti consiglio di leggere “Bilinguismo: miti e realtà” di François Grosjean, se desideri maggiori informazioni». Oppure, se capisce inglese o francese, puoi consigliare questo testo riassuntivo sui falsi miti del bilinguismo. 

  2. Fai un'autoanalisi del tuo uso della parola confondere-confusione. Ad esempio, al posto di dire: «Secondo te lo confondo se aggiungo un'altra lingua?», puoi dire «Mi sento confusa rispetto a come introdurre una seconda lingua, hai qualche idea?"». È una cambio di linguaggio che modella mentalità: perché quando associamo la parola confusione al bilinguismo, siamo noi ad essere confusi. Siamo incerti rispetto l'approccio da adottare o dubbiosi rispetto a come affrontare la nostra situazione di multilinguismo.

È normale avere dubbi, sentirsi confusi rispetto ai passi da compiere all’interno del percorso bilingue, ma ricorda che non crei nessuna confusione nell'esporre i tuoi figli a più lingue. 
 
Ti ricordo che se avessi bisogno di guida o di qualunque tipo di supporto nel vostro percorso di bilinguismo o multilinguismo, mi trovi nella sezione «1a1».
 
Faccio il tifo per te! 💜

Scritto da

Najwa Saady – Family Language Coach
Sono una Family Language Coach specializzata in educazione interculturale. Con il mio lavoro aiuto e accompagno i genitori che vogliono trasmettere attivamente la propria lingua e cultura d’origine «fuori casa» o che vogliono crescere i propri figli con più lingue e culture, in modo armonico e consapevole.

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