Preferiti dei bambini

Non serve avvicinarsi troppo per vivere la natura

Educhiamo i bambini alla lettura della natura senza invaderla.

Chiara Grasso La nostra etologa di fiducia
11 luglio
C’è un problema silenzioso, ma sempre più diffuso, che riguarda l’infanzia contemporanea: si chiama «deficit di natura». È stato descritto dallo scrittore e giornalista Richard Louv, e si riferisce al fatto che bambini e bambine passano sempre meno tempo all’aperto, lontani da ambienti naturali autentici. Questo allontanamento ha effetti concreti: difficoltà di concentrazione, aumento dell’ansia, scarsa capacità di gestione del rischio, disturbi del sonno, ma anche una minore empatia verso gli esseri viventi e una conoscenza più povera del mondo naturale.

Nel tentativo di recuperare questo legame perduto, molte famiglie cercano esperienze emozionanti nella natura, come unico ponte per riconnettersi alla natura. Ma spesso il deficit di natura viene colmato con attività che non solo non hanno i benefici dimostrati dell’outdoor, ma oltretutto diseducano e sono insostenibili per ambiente e animali.
 
C’è una sottile linea rossa tra l’avvicinarsi alla natura per conoscerla… e l’invaderla senza accorgersene.

«Guarda, un capriolo! Dai, proviamo ad avvicinarci… magari se gli lasciamo qualche pezzo di mela si ferma!»

Frasi come questa, magari pronunciate con entusiasmo e affetto, nascondono un problema: il desiderio umano di entrare in contatto con la fauna selvatica può diventare, involontariamente, un pericolo per gli animali stessi…e per noi!

Ne ho parlato nel mio ultimo libro illustrato per piccole lettrici e piccoli lettori «Il tasso e la bambina», in cui racconto i danni di alimentare la fauna selvatica, per i singoli animali e per l’ecosistema.

Nella storia, adatta a bambine e bambini dai 5/6 anni, papà tasso e vecchia lupa sono gli unici animali di Bosco che non accettano il cibo degli umani di Borgo, che per un motivo o per l’altro, alimentano i selvatici. E così volpe non fa più la volpe, orso non fa l’orso, i conigli sono troppi e rosicchiano tutte le cortecce…e l’equilibrio di Bosco sta crollando. Ad aiutare tutti arriva Bambina, che si accorge che qualcosa non va.
 
Perché non dobbiamo mai alimentare gli animali selvatici

Dare da mangiare agli animali selvatici non è mai un gesto d’amore: è un errore, anche se noi crediamo sia un aiuto agli animali e lo facciamo con buone intenzioni. 

Quando offriamo cibo, modifichiamo comportamenti naturali che garantiscono la sopravvivenza dell’animale.

Ecco perché:
  1. Danneggia la salute, anche se il cibo sembra adatto. Molti alimenti umani sono sbagliati per gli animali selvatici, ma anche un cibo «giusto» li espone a rischi: l’animale si abitua all’uomo, perde la sua diffidenza naturale e diventa confidente e vulnerabile.
  2. Modifica i comportamenti naturali. Un animale che riceve cibo smette di procacciarselo da solo, si avvicina sempre più alle persone e può sviluppare comportamenti inappropriati o pericolosi, sia per sé che per gli umani.
  3. Favorisce malattie e squilibri ecologici. L’alimentazione artificiale attira gruppi numerosi nello stesso luogo, aumentando la diffusione di malattie e alterando l’equilibrio tra le specie, con impatti sull’intero ecosistema.
  4. È rischioso per loro e per noi. Gli animali attratti dal cibo possono essere investiti, feriti, o diventare aggressivi. Inoltre, in molti contesti è vietato dalla legge proprio per tutelare fauna e cittadini.

Dobbiamo quindi auto-educarci a rispettare la fauna selvatica, a osservare senza toccare, a conoscere senza possedere.

Ma come possiamo vivere esperienze emozionanti con gli animali senza metterli in pericolo?

La risposta arriva dalla scienza, dalla tecnologia e da un’antica arte: quella della lettura del paesaggio.

Possiamo utilizzare Merlin Bird ID, iNaturalist e altre app che avvicinano alla natura senza disturbare.

Osservare un uccellino tra i rami o un insetto su una foglia può diventare l'inizio di una grande avventura.
Oggi, grazie a app gratuite e intuitive come Merlin Bird ID (per il riconoscimento dei canti degli uccelli) o iNaturalist (per l’identificazione di animali e piante tramite foto), possiamo trasformare una semplice passeggiata in una caccia al tesoro scientifica.

  • Merlin Bird ID, sviluppata dal Cornell Lab of Ornithology, ci permette gratuitamente di registrare un canto e ricevere subito l’identificazione dell’uccello che sta vocalilzzando!
  • iNaturalist, invece, è una piattaforma partecipativa: ogni osservazione contribuisce alla scienza, e i bambini imparano che anche loro possono essere piccoli ricercatori. Basta fare una foto e ci arriva, anche in questo caso, immediatamente e gratuitamente, l’identificazione di piante, animali, insetti, funghi.

Queste app non ci invitano ad avvicinarci in modo invadente, ma a guardare e ascoltare meglio.
Non servono binocoli costosi o spedizioni lontane: basta il cortile sotto casa o un sentiero nel bosco, e uno smartphone per aprire un dialogo con la natura.

Imparare a leggere il terreno: impronte, piume, nidi, cacche


Oltre alle app e alla tecnologia utile, c'è un linguaggio antico che la natura usa da sempre: quello delle tracce. Ogni animale lascia segni del suo passaggio: un’impronta nel fango, una piuma tra l’erba, una pigna rosicchiata, o una piccola cacca proprio sotto un albero.

Imparare a leggere queste tracce è come leggere un libro:
  • un’impronta ci racconta chi è passato, in che direzione, se era solo o in gruppo;
  • un’esuvia di insetto ci mostra una trasformazione;
  • una cacca (sì, proprio lei!) ci svela la dieta di un animale e la sua salute in molti casi.

Questa forma di osservazione profonda, rispettosa, silenziosa, ci permette di entrare in connessione con la natura senza invaderla. I bambini e le bambine imparano a rallentare, a guardare meglio, a usare tutti i sensi: toccano il terreno, si chinano, annusano l’aria, si fanno domande.

Il potere trasformativo dell’osservazione indiretta

In un mondo dove tutto è immediato, dove ci aspettiamo di «vedere l’animale» per sentirci soddisfatti, l’arte di cercare senza trovare è rivoluzionaria.

Cercare una traccia e non trovarla insegna la pazienza. Trovare una piuma e cercarne l’origine stimola la curiosità. Interpretare una cacca come messaggio di passaggio sviluppa logica e pensiero scientifico.

E tutto questo senza mai disturbare o mettere a rischio gli animali.

Dal punto di vista educativo e pedagogico, le attività come la lettura del terreno e l’identificazione indiretta della fauna hanno benefici straordinari, soprattutto in età evolutiva:

  • Stimolano la concentrazione e l’attenzione prolungata.
  • Sviluppano empatia verso gli esseri viventi.
  • Favoriscono il pensiero critico e la capacità di fare ipotesi.
  • Aumentano l’autoefficacia: «Ho scoperto qualcosa da solo!».
  • Promuovono il rispetto dei confini altrui, anche nel mondo naturale.
  • Potenziano il senso di connessione e appartenenza all’ambiente.

Dal punto di vista neuropsicologico, cercare tracce attiva aree cerebrali legate alla memoria, alla coordinazione visuo-spaziale, alla regolazione emotiva e alla gratificazione: i bambini si sentono parte di qualcosa di più grande, e questo li calma e li rafforza.

Imparare a esserci, senza esserci troppo

Amare la natura non significa sempre avvicinarsi. E sappiamo bene che l’amore si fonda sul rispetto, e soprattutto per la natura, il rispetto più profondo è quello che mantiene la distanza.

Con app, occhi curiosi e piedi attenti sul terreno, possiamo insegnare ai nostri figli e alle nostre figlie che anche l’invisibile ha valore, e che il silenzio può essere un atto di ascolto profondo.

E grazie a questi strumenti, che diventano presto giochi e attività educative di gruppo, non abbiamo bisogno di interagire in modo sbagliato con la natura e gli animali per colmare il deficit di natura.

Dalla traccia di una volpe al canto di un usignolo riconosciuto da un’app, ogni dettaglio può essere l’inizio di un legame vero e duraturo con la natura: un legame fatto di rispetto, meraviglia e scoperta.

E così, mentre loro cercano cacche e piume, noi sappiamo che stanno trovando molto di più. Stanno trovando sé stessi, in una forma che non avevano mai vissuto prima. Quella selvaggia.

Scritto da

Chiara Grasso – La nostra etologa di fiducia
Ciao, sono Chiara! Sono un'etologa e giornalista, mi occupo di educazione ambientale e divulgazione scientifica sui temi di etologia, turismo e benessere degli animali.

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