Preferiti dei bambini

5 passi per gestire lo stress dei compiti

Sii il coach dei tuoi figli.

Carlotta Cerri Fondatrice de La Tela
6 ottobre·3 commenti
Se siamo sempre noi genitori a prendere le redini dei compiti, a ricordare che cosa manca, a correggere ogni dettaglio, a decidere quando è il momento giusto per farli, nostrǝ figliǝ interiorizza che non è in grado di cavarsela senza di noi.

Quando ci sostituiamo a loro, il messaggio che passa è questo: «Non credo che tu ce la possa fare da solǝ».

E così, invece di sviluppare competenza e autonomia, possono interiorizzare un senso di impotenza: imparano a non fidarsi delle proprie capacità e ad aspettarsi un supporto costante da noi adulti.

Impotenza appresa o competenza?

In questo modo si sviluppa quella che in psicologia si chiama impotenza appresa: la sensazione di non poter fare nulla da solǝ.

Ecco perché nel momento dei compiti spesso nostrǝ figliǝ ci appare svogliatǝ, insicurǝ o addirittura oppositivǝ. Quello che aiuta è ricordarci che in realtà questi comportamenti scomodi sono comunicazione: tua figlia non è pigra, ma è una bambina che non ha ancora avuto l'opportunità di allenarsi ad affrontare le sfide in autonomia. 

Sii il coach di tuǝ figliǝ

Possiamo cambiare direzione, ma serve iniziare a pensare a lungo termine. Il nostro obiettivo non è avere i compiti svolti (continua a leggere!): è crescere bambinǝ che si sentano competenti e che sappiano affrontare le difficoltà con resilienza.

Per questo, un'idea che io e mio marito usiamo in famiglia è iniziare a svolgere il ruolo di coach dei nostri figli. 

Se entriamo nella prospettiva del coach, possiamo offrire supporto senza togliere autonomia. Il coach è una persona che accompagna e osserva: non impone soluzioni, ma aiuta a esplorare possibilità, a organizzare i passi e a riflettere sulle scelte.

Vestendo i panni di coach dei compiti, hai l'opportunità di offrire a bambinǝ domande invece di risposte pronte, incoraggiamento invece di controllo, presenza invece di pressione. Ecco qualche esempio di domande e frasi che noi usiamo con i nostri figli per renderli responsabili del loro homeschooling (adattale ai compiti dei tuoi figli):

  • A che ora hai intenzione di fare scuola oggi?
  • Quando farai il tuo giorno di pausa questa settimana?
  • Hai già l'elenco delle materie su cui vuoi lavorare oggi? 
  • Io sono disponibile tra le 16 e le 17 se vuoi un confronto.
  • Hai bisogno di me per organizzare il tuo tempo?
  • Sembra un problema complesso: quali passi hai fatto finora per provare a risolverlo?

Questo cambio di mentalità può aiutarti a trasformare i compiti in un momento di esplorazione e di possibilità, anziché di conflitto. In questo modo, tuə figliə impara a prendere decisioni, valutare le conseguenze e sentirsi competente. All’inizio ti potrebbe sembrare disordinato e caotico – e sì, a volte i compiti non saranno fatti alla sera! – ma con coerenza e pazienza questa modalità crea fiducia, autonomia e resilienza.

Ecco alcuni passi concreti per diventare coach dei compiti.

1. Chiedi se vuole aiuto

Offri a tuǝ figliǝ la possibilità di ricevere aiuto, ma senza imporlo. Può sembrare difficile da mettere in atto, perché come genitori spesso vorremmo intervenire subito per rendere tutto più semplice o evitare che si senta frustratǝ. Ma è proprio attraverso la fatica, l’incertezza e i piccoli errori che tuə figliə impara davvero a conoscere le proprie capacità, sperimentare, cercare soluzioni e auto correggersi – questo è uno spazio prezioso!

2. Rispetta le sue decisioni

Forse deciderà di rimandare i compiti fino all’ultimo momento o di farli alla sera dopo cena. Oppure insisterà a fare come ha scelto senza seguire il nostro consiglio, o preferirà sedersi per terra o sul letto invece che alla scrivania. 

So che pensi di sapere cosa è giusto o meglio, ma uscire da questa mentalità farà una grande differenza: riduce la cultura del controllo e aumenta la fiducia. Il messaggio che mandi è «Io credo in te». Soprattutto quando la posta in gioco è così piccola – come lo sono i compiti! – lasciarli fare è uno dei regali più grandi che possiamo offrire.

3. Prenditi tempo per insegnare – e poi fidati!

Prima di intervenire, chiediti: «Gliel’ho mai insegnato?» (se glielo hai già insegnato, vai al punto successivo). 

Questo non riguarda solo i compiti, ma anche azioni semplici come lavarsi i denti. Spesso ci sembra più veloce fare noi al posto loro, ma così limitiamo il loro apprendimento: possiamo fermarci e dedicare qualche minuto a insegnare come usare uno strumento, come organizzare il tempo, come affrontare un problema complesso. E poi fidati di loro e non reagire in maniera delusa quando non ci riescono o sbagliano: le costanti di ogni apprendimento sono la frustrazione e l'errore

💡Ti ricordo che se proviamo a insegnare durante una crisi (mentre già non vuole lavarsi i denti o fare i compiti), non funzionerà. 

4. Riconosci i tempi dell’apprendimento

Tua figlia ha bisogno di re-imparare le stesse cose in contesti diversi. Se non riesce subito o se oggi fatica con un esercizio che la settimana scorsa sembrava chiaro, non significa che non sia capace: significa solo che l’apprendimento non è ancora del tutto interiorizzato. 

Quando ci sediamo accanto a lei per spiegare di nuovo un concetto o mostrare un passaggio, può sembrare che stiamo facendo il lavoro al suo posto. Ma non è così. Stiamo creando uno spazio sicuro affinché  possa osservare, capire e provare ancora, senza sentirsi giudicata o pressata.

E, soprattutto, ricordiamoci (e ricordiamo a nostrǝ figliǝ) che:
  • il nostro amore non dipende da un compito ben fatto;
  • la crescita passa attraverso pratica ed errori;
  • la nostra frustrazione davanti alla loro lentezza o incapacità è nostra responsabilità;
  • non valgono di meno quando non ci riescono. 

5. Dai il giusto peso alla scuola

La scuola è il lavoro dei nostri figli: è ovvio che le diamo molta importanza. Spesso, però, quando le diamo troppa importanza rischiamo di trasmettere il messaggio che voti, pagelle e apprendimenti accademici siano più importanti delle abilità indirette che si sviluppano quando si fanno i compiti: abilità come la pazienza, la resilienza, la tolleranza alla frustrazione, l'empatia, chiedere aiuto, ammettere di non sapere… 

L'obiettivo dei compiti non sono i compiti!

Non solo compiti


Diventare coach significa anche allenarsi come genitori: ci aiuta a riconoscere quando stiamo intervenendo per controllare invece che per guidare. È un cambiamento di prospettiva che trasforma non solo il momento dei compiti, ma la genitorialità e la relazione in generale. 

Io e Alex abbiamo iniziato a usare questa mentalità del coach anche nello yoga, nella gestione degli schermi, nelle faccende domestiche, nella risoluzione dei conflitti, nell'apprendimento di hobby nuovi…

Parliamo spesso con Oliver e Emily di cosa fa un coach e di come ci si comporta quando si vuole allenare qualcuno, in modo che anche loro possano riconoscere se stiamo davvero accompagnando o se, invece, stiamo cercando di controllarli.

 Quando bambinǝ percepiscono i genitori come coach:
  • si sentono capaci di gestire la propria vita;
  • imparano a prendere decisioni e a sostenerne le conseguenze;
  • sviluppano problem solving, resilienza e fiducia in sé;
  • portano a termine gli impegni con più sicurezza.

In fondo, non parliamo solo di ridurre lo stress dei compiti, ma di fiducia: possiamo crescere bambinǝ che credono in sé stessǝ e che imparano a camminare con le proprie gambe.


Se senti di avere bisogno di supporto con i compiti, su La Tela
Sara Ghirelli
ti offre il workshop live «Compiti, non vi temo!».

Scritto da

Carlotta Cerri – Fondatrice de La Tela
Sono la fondatrice de La Tela, creatrice del podcast Educare con calma e dal 2019 viaggio a tempo pieno con la mia famiglia Alex, Oliver ed Emily. Mi ritengo una visionaria pessimista: so come voglio cambiare l’educazione e che genitore ho scelto di essere, ma la maggior parte dei giorni mi sembra di scalare pareti di vetro. Ma forse proprio per questo so come aiutarti quando mi scrivi: perché ci passo anche io per quel disagio e ti dico le verità scomode con gentilezza e senza giudizio.

Parliamone

Hai modifiche non salvate -
Mio figlio ha appena iniziato la prima elementare. Ieri ho parlato con le maestre e dicono che in classe si distrae continuamente e rimane molto indietro con i lavori che gli assegnano. A casa con i compiti è uguale. Ci mettiamo sempre ore perché è lento, svogliato e si distrae di continuo... Avete consigli? Grazie ❤️
Ciao Stefania, le insegnanti si sono mostrate sorprese di questo?
In realtà è un comportamento davvero molto comune, e normalissimo direi, soprattutto in prima elementare (e nei primi mesi ancora di più).

Come sempre, ogni bambino è diverso, e quindi come possiamo pensare che tutti e tutte siano pronti a 6 anni a passare in un lampo dal gioco totale a ore e ore in cui (tendenzialmente) sono obbligati a stare seduti e concentrati?

E poi c’è un altro aspetto che spesso dimentichiamo: anche noi adulti facciamo fatica quando entriamo in una nuova routine. Pensa a quando iniziamo un nuovo lavoro: i primi giorni di solito siamo disorientati, dobbiamo capire i ritmi, il contesto, le aspettative… ci vuole tempo per adattarci. E per i bambini questo vale ancora di più, perché non hanno ancora la capacità di riconoscere e gestire da soli tutte le emozioni che questo cambiamento porta con sé. Devono imparare pian piano a stare in un ambiente nuovo, a sostenere tempi diversi, a capire come funzionano le richieste scolastiche… e mentre lo fanno, spesso si stancano, si distraggono, cercano movimento e gioco (che a questa età dovrebbe ancora essere il loro lavoro principale). È normale.

I compiti poi a questa età sono davvero spesso un tasto dolente, anche per i bambini che magari a scuola non si distraggono (mio figlio ad esempio era così, a scuola si sforzava di comportarsi secondo le aspettative, poi a casa mostrava le sue emozioni).

Una volta usciti da scuola i bambini avrebbero bisogno di dedicarsi al gioco e rimettersi sui libri crea in tante famiglie fatica e frustrazione. 😕

Potresti provare (oltre agli spunti che hai letto nel post) ad osservarlo, magari ci sono momenti del pomeriggio in cui è più ricettivo e altri in cui è troppo stanco? Forse subito dopo la scuola avrebbe bisogno di un momento di gioco e decompressione prima di (ri)cominciare il lavoro scolastico? Spesso è così e bisogna fare un po' di sperimentazione e tentativi per stabilire una routine adatta a voi.

Inoltre, la nostra
Sara Ghirelli
offre periodicamente il suo supporto live nel workshop «Compiti, non vi temo!»: se senti di averne bisogno, puoi iscriverti alla lista di attesa in modo da ricevere l'informazione in anteprima quando il workshop riaprirà le porte.

Organizzato da Sara Ghirelli Per genitori
Compiti, non vi temo!
13 ott alle 21:00

Infine ti lascio questo episodio episodio del podcast, in cui Carlotta ha esplorato i benefici di iniziare la scuola un anno dopo rispetto all'età prevista in Paesi come il nostro. Lo so, questo non ci rende esenti dalla difficoltà, perché non possiamo farne a meno (a meno che non scegliamo homeschooling), però questa prospettiva potrebbe magari aiutarti a vedere questa faticosa fase da una luce diversa.

Podcast
Iniziare la scuola un anno dopo può beneficiare la salute mentale
Episodio 194


Ti abbraccio! 💜
Grazie mille per la risposta e il tempo che mi hai dedicato ❤️
Le maestre non si sono sorprese del comportamento di mio figlio. Me lo hanno posto come un dato di fatto, su cui lavorare, sia a casa sia a scuola. 
Come hai scritto, anche io credo faccia parte di un suo momento, di questo suo passaggio ad una nuova realtà che deve metabolizzare e capire come gestire. 
Io a casa, spero di trovare gli strumenti giusti per accompagnarlo senza creargli stress e fatica. 
Grazie per gli spunti ❤️ 
Hai modifiche non salvate -

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