benvenuti e benvenute a un altro episodio di educare con calma. Oggi parlerò di stereotipi e lo farò con Zaira, una donna svizzera che si è offerta di raccontarmi la sua esperienza di donna in un mondo maschile, quello dell'ingegneria meccanica di come l'ha vissuta, di come questa esperienza abbia anche modellato la sua mentalità nell'educazione di suo figlio. Sono convinta che sarà una bella conversazione, una conversazione interessante, ma non abbiamo davvero pretese, nel senso che io personalmente lo sento un episodio davvero difficile perché non mi sento pronta a parlarne, anche se mi preparo da anni e studio e faccio ricerca e ricerco consapevolezza con i miei figli. Però ecco, questo per me è un argomento scomodo. È un argomento per cui sento di uscire molto dalla mia zona di comfort. Sono sicura che useremo o magari che userò parole sbagliate. Magari non saprò esprimere concetti bene come vorrei, magari rimarremo in superficie, ma comunque ho deciso di lanciarmi e di accettare questa offerta di Zaira, perché credo che sia importante iniziare questa conversazione e come ha detto ha detto Lei è un po', un rompighiaccio. E quindi secondo me appunto, niente di meglio che farlo con una persona che secondo me, attraverso la sua esperienza mi può insegnare qualcosa e mi può insegnare più consapevolezza. E sapete che io sono sempre pronta a braccia aperte ad imparare qualcosa di nuovo. Quindi non mi rimane che dare il benvenuto a Zaira e lasciarvi all'ascolto. Benvenuta a zaira. Grazie per aver accettato la mia proposta di registrare questo podcast. Grazie a te per l'ospitalità Carlotta. Sono molto emozionata perché devo ammettere che questo è il mio primo podcast in assoluto in tutta la mia vita. C'è sempre una prima volta, ti perdoniamo, ti perdoniamo l'emozione gli strafalcioni e tra l'altro anche io sono estremamente fuori dalla zona di comfort. Non per il tema che trattiamo oggi, ma proprio per questa mia prima in assoluto. Per quel che riguarda un'intervista assolutamente tra l'altro io sono rimasta assolutamente scioccata quando due minuti fa mi hai detto che sei svizzera. Io pensavo tu fossi italiana dei messaggi vocali che ci siamo scambiati. Cioè veramente io sono rimasta scioccata. Lo dico perché così rompiamo il ghiaccio e sì, sono svizzera e non è che sono così brava con le lingue per cui ho imparato l'italiano così bene. In realtà l'italiano è la mia lingua madre, perché non molti lo sanno, ma in Svizzera abbiamo quattro lingue nazionali e una di queste è l'italiano. Quindi io sono nata e cresciuta nella parte della Svizzera in cui si parla italiano. Esatto. Quindi boh vabbè per me io che sono un'appassionata di lingue per me questo è assolutamente bellissimo. Il fatto che appunto pro- probabilmente tu potresti fare questa intervista in ognuna di queste quattro lingue e te la caveresti egregiamente. Allora togliamo il romanzo che è la quarta lingua nazionale, molto poco usata e ci mettiamo l'inglese. Quindi sì, quattro lingue però senza va bene d'accordo, togliamolo. Va bene, ascolta, lasciamo l'italiano per ora e, um io inizierei proprio da te. Inizierei proprio dalla tua esperienza, perché tu me l'hai già raccontata. Ma ovviamente chi ci sta ascoltando non la conosce. E mi piacerebbe proprio che ci raccontassi la tua esperienza di donna in un mondo maschile e non un mondo maschile semplice tra l'altro. Esatto. Allora premetto anch'io che magari userò dei termini sbagliati o inappropriati. Ecco, io non voglio ferire nessuno. Se noi adesso diciamo um mondo maschile, non intendiamo che lo debba anche essere. Però diciamo al giorno d'oggi a livello statistico il mondo in cui io lavoro è un mondo di dominio maschile. E questo è un dato di fatto Esatto, appunto. Allora io ho studiato ingegneria meccanica al Politecnico Federale di Zurigo, quindi mi sono laureata nel duemilatredici da subito dal duemilatredici sono stata attiva nel mondo dell'ingegneria, diciamo così nel mondo scientifico, più che altro perché ho iniziato con quattro anni nell'industria proprio dei motori, ricerca e sviluppo di motori a combustione interna, motori diesel. E però mi sono accorta abbastanza in fretta che quello non era un ambito in cui ave-. Volevo vedermi in futuro ci sono finita con prospettive di migliorare questi motori, migliorarne i consumi, le emissioni. Però mi sono resa conto abbastanza in fretta che non era abbastanza verde come ambiente per me abbastanza pro clima e quindi in fretta ho ho intrapreso una una mossa laterale, se così si può dire dal punto di vista professionale e sono finita a lavorare nel campo della meteorologia e della climatologia fin dal dai tempi del liceo in cui qui in Svizzera, in Italia è leggermente diverso. Comunque si deve scegliere non tra diversi licei, tipo linguistico scientifico. Non so bene come com'è in Italia. Sì, sì, è proprio così e sono in sedi separate. Ecco, invece da noi siamo tutti nella stessa sede, ma all'interno della sede si si scelgono dei curricula diversi e io già lì mi sono un pochettino differenziata da dalla maggior parte delle donne, diciamo così scegliendo un curriculum scientifico. Si chiamava fisica e applicazioni della matematica, quindi già lì eravamo quattro cinque donne su una classe di venti, venticinque allievi e e lì è iniziata un pochettino, la mia strada verso la tangente. Per cui, se così si può dire in un mondo di dominio maschile poi mi sono appunto andata al Politecnico, dove nel duemilasette, quando ho iniziato il mio percorso di studi, facevo parte de di un mero sette per cento di donne che avevano iniziato quel percorso e poi sono andata appunto a lavorare nei due ambiti che di cui parlavo prima. E diciamo che questo mio essere da subito immersa in un mondo di dom di dominio maschile ha fatto sì che più o meno inconsapevolmente ho ho maturato una certa esperienza dell'essere del rappresentare un'eccezione all'inizio. Magari non lo notavo, ma l'ho sempre più notato e questo notarlo mi ha portato tantissimo a interrogarmi sul perché cosa fa sì che io sia un'eccezione e, um, passatemi il termine, mi sento anche eh, mi sono sentita spesso eccezionale, però non sentendomi io stessa eccezionale. Cioè, erano i numeri, le statistiche a mostrarmi questa mia eccezionalità che però io di me stessa non percepivo. Mhm. Quindi il la mia esperienza in questo mondo è stato piuttosto quello di rendermi conto di essere un'eccezione e dell'interrogante sul perché. Mhm, come mai i numeri sono così schiaccianti? E per me è una cosa quasi incredibile, affascinante, ma anche preoccupante, diciamo. E quindi ecco, ho preso sempre più consapevolezza fino a che il giorno in cui ti ho ti ho scritta dicendo Beh, magari alla Carlotta potrebbe interessare parlare di questi temi. Era un giorno in cui avevo appunto davanti a me questo grafico in cui c'erano i numeri scritti neri su bianchi. Quante donne studiano ingegneria meccanica? Oggi gioca in Svizzera e mi son detta Non è possibile, bisogna fare qualcosa. Quali erano i numeri? Te li ricordi? Esatto. Appunto. Io quando ho iniziato sette percento, ora sono un po'. Meglio dodici per cento. Però siamo nel cioè, siamo tredici anni dopo, comunque. Quindi in tredici anni non è che è cambiato tantissimo e e io mi dico Non può essere biologia, non può essere solo la biologia non può essere il fatto che qualcuno sia uomo piuttosto che donna che faccia sì che questi numeri siano così sbilanciati adesso io chiaramente parlo del mio mondo, quello che conosco l'ingegneria meccanica, ma gli stessi discorsi si potrebbero fare in molti altri ambiti, sia scientifici, quindi informatica piuttosto che matematica fisica, quello che è piuttosto che in altri ambiti, più di dominio femminile, tipo l'ambito della cura l', infermieristica, l'insegnamento a livello dell'asilo, per esempio delle elementari che al momento, almeno dalle nostre parti, è ancora di tu dici che ti sei sentita tra virgolette eccezionale, pur non sentendoti eccezionale tu stessa. Però appunto i numeri ti dicevano che eri eccezionale. Come ti sei sentita invece all'interno di questo ambito ti sei sentita a volte magari un po' lasciata da parte dai tuoi colleghi ti sei sentita magari non completamente accolta ti sei sentita come ti sei sentita? La cosa interessante è che no, non penso chiaro, io non so, non posso entrare nel cervello delle altre persone e non so loro cosa abbiano pensato di me. Però a livello di quello che io ho percepito di quello che io ho sentito non è stato di essere di valere meno, di essere discriminata in un qualche modo dai miei, dai miei colleghi e dai miei pari ho sentito più discriminazione o comunque stupore, che per me comunque parla di una certa discriminazione in quanto donna al di fuori dei miei ambiti, quando qualcuno non sa quale sia il mio mestiere o quando sente per la prima volta quale sia la mia professione. Professione in quegli A in quei momenti ecco, lì mi sono sentita di eliminata in quanto donna, perché quegli occhi sgranati, sgranati per me significano Ma come, tu sei una donna e hai studiato ingegneria meccanica e per giunta ti sei laureata e hai un mestiere in questo ambito. Ma come? Ecco, in quel senso sì. Però dal momento che la gente prende coscienza del mio ruolo, del, della mia professione, con i miei colleghi eccetera, ho sempre avuto dei rapporti, direi paritari. Ma secondo te poi magari adesso è una domanda banale, ma secondo te è un ambito in cui davvero una donna su mille ce la fa o è un ambito in cui semplicemente le donne proprio non pensano di entrare. Perché? Perché c'è questa grandissima differenza? Assolutamente. La seconda, cioè, assolutamente. Non è una donna su mille ce la fa, è proprio le donne non si iscrivono in questi curriculum. Non è proprio il motivo per cui ti ho contattato io, dopo anni di interrogarmi sul perché, su cosa è successo nella mia vita che ha fatto in modo di essere una su cento? La mia risposta va sempre indietro nel tempo e torno alla mia educazione e penso che sia proprio una discussione che possa essere genera- valere. In generale, diciamo così parliamo di educazione. Mi sembra che arriviamo lì che era la mia domanda successiva. Perché se è vero che sono le donne a non scegliere questi, um, queste carriere probabilmente è perché arrivano da un tipo di educazione in cui magari viene fatto credere loro che non sono in grado di scegliere queste carriere o che ci sono delle carriere più adatte alle donne, come dicevi prima. Appunto. L'insegnamento è una di quelle che è predo a predominanza femminile. Quindi mi chiedo come si è convertita questa tua esperienza. Questa tua sensibilità nell'educazione di tuo figlio è assolutamente come dici, eh? Mi sono resa conto io stessa da mamma quanto sia facile senza volerlo mettere un figlio o una figlia su un dato binario appioppargli una data etichetta inscatolato in una data scatola non non si penserebbe che al giorno d'oggi siamo ancora a questi livelli, alle nostre latitudini, ma purtroppo è così. È un dato di fatto, um ho tanto pensato alla mia educazione. Magari faccio un passo indietro prima di parlare dell'educazione che ho dato a mio figlio ho ho, ho, ho riflettuto sul mio tipo di educazione ricevuto e mi sono chiesta quali sono i fattori che hanno fatto sì che io abbia scelto questa strada piuttosto che che un'altra. In primo luogo, credo che io abbia avuto la fortuna di avere un nonno veramente molto speciale e non c'è più lui che lui era un insegnante di fisica e ha avuto da sempre un approccio alla fisica alla scienza molto sperimentale. E quindi lui mi ha coinvolto fin da bambina nei suoi esperimenti. Magari facevano zero gradi, avevamo una fontana fuori in giardino, andavamo con tempi lunghissimi a fare non so quali esperimenti in giardino, perché voleva farmi vedere con i suoi occhi, coi miei occhi, cosa cosa volesse dire una cosa piuttosto che un'altra diciamo che mi ha insegnato la fisica attraverso l'esperienza e questo se vuoi è un primo eh una velata critica al modo in cui al giorno d'oggi si insegnano queste materie è troppo poco con me sfondi una porta aperta lì, quindi proprio a ruota libera. Infatti devo dire che Montessori, quello che tu hai hai spiegato di montessori tante volte è è è molto coerente con con questa mia visione dell'insegna dell'insegnare le materie cosiddette dure, cosiddette ostiche in una maniera che ostica non me e durano me e quindi facendo vedere, facendo provare, facendo testare con le proprie mani con i propri sensi um quello che potrebbe essere una formula scritta su una lavagna che non ti dice niente, ti entra di qua e ti dice esatto, infatti non so se tu conosci i materiali montessori, ma tutti i materiali montessori sono manipolabili e fanno appunto sono per spiegare determinate regole di queste che ti scrivono le insegnanti alla lavagna che tu devi imparare a memoria. Io queste regole le ho tutte imparate a memoria oggi che ho scoperto i materiali montessori le capisco finalmente ed è veramente un un un è una scoperta grandissima. Se io avessi potuto imparare la matematica così avrei adorato la matematica, avrei adorato la fisica. Avrei adorato le materie scientifiche, cosa che invece sì, ero bravina, ma non cioè perché studiavo molto, ecco, non perché le capissi. E invece proprio quello che dici tu. Montessori ha un approccio sensoriale. Per che ha capito Maria Montessori aveva capito che i bambini sono studenti sensoriali e hanno bisogno di questo approccio per il mio nonno aveva esattamente questo approccio e quindi la mia prima fortuna è stata avere un nonno pieno di materiali, ma pieno di materiali per spiegarmi la matematica e la fisica. E la seconda fortuna è che mio nonno non ha pensato Questa è una donna per cui ho una femmina, una bambina. Certe cose non gliele devo insegnare, lui mi ha trattata come fossi, cioè proprio non ha fatto distinzioni. Anzi, magari ha visto che ero abbastanza um rice- ricettiva. Grazie mille. E quindi mi ha coinvolto molto in queste in queste cose. Quindi, ecco, questi sono stati i due fattori principali e poi anche a lato miei genitori che comunque mai mi hanno bloccata dicendomi Ma guarda, forse l'ingegneria meccanica non fa per te mhm forse dovresti. Ecco, devo dire che da quel punto di vista sono stati molto aperti e io non mi sono mai sentita strana in famiglia per anda-, per essere andata a studiare qualcosa di questo genere. E questo tutto questo come si è tradotto poi nell'educazione di tuo figlio? Perché sicuramente credo che tu abbia una sensibilità proprio di partenza molto più grande rispetto agli stereotipi di genere, soprattutto che sono un po', gli stereotipi di cui parliamo oggi, di quanto possa per esempio averla io che non ho vissuto un'esperienza come la tua di vivere in un mondo questa è sbagliata, ovviamente questa espressione in un mondo maschile, però effettivamente di predominanza maschile esatto, eh, diciamo che la consapevolezza mi ha fatto da subito capire che non è facile crescere dei figli um in questo mondo in questa società crescere dei figli per così dire, le virgolette con le mani dicendo neutri um cioè cercare di non passare ai nostri figli degli stereotipi che, seppur con tutta che io posso avere, io comunque faccio fatica a a non metterlo su un dato binario o a evitare che la società o la gente che gli che sta attorno a lui. Lo metta su questo altro binario. Il binario con scritto uomini da quella parte piuttosto che donne. Dall'altra è difficile. Non è difficile, è impossibile. Perché vai addirittura in qualsiasi entri in un qualsiasi negozio di di abbigliamento e ci sono, um le magliette con gli astronauti, i razzi, il fu-, i calciatori per i bambini e le magliette con gli unicorni, le principesse e le ballerine per le femmine. Quindi questo già solo questo è È ovvio che i bambini poi vengano attirati da uno piuttosto che dall'altro io l'ho visto con i miei figli, nonostante io abbia cercato di non passare questi stereotipi. Ed è esattamente quello che dici tu. È difficile, se non impossibile. Esatto. Eh, infatti. Allora magari ci sono un paio di aneddoti carini. Diciamo che io quando Nico era troppo picco- Nico. Scusate, è mio figlio. Mi viene più facile dire Nico quando Nico era troppo piccolo per decidere lui stesso un colore, eccetera. Sembrerà strano, ma io ho scelto. Ho cominciato con le cose in casa che non vengono giudicate dalle persone fuori casa. Per esempio il sacco nanna, il biberon, il suo rosa per normalizzare l'utilizzo del rosa. Anche se è un maschio. Lo so che allora io sto dicendo delle cose che vengono da me e dal mio cervello sulla base della mia esperienza non ho letto niente da nessuna parte. Potrei anche sbagliarmi. Sono aperta a input, però diciamo io ho pensato cominciamo per esempio a sradicare un attimo questo stereotipo del rosa uguale donna bambina e blu uguale uomo. Quindi ho detto mhm, cominciamo a levare questo stereotipo in casa, prendendo um gli accessori, almeno in casa rosa. Poi ricordo di aver fatto un discorso con mia mamma riguardo a questa cosa del rosa e del blu, che però è assurdo quanto è consumistica questa cosa comunque è è è una cosa che fa fare tanti soldi a tante aziende e gli faccio Eh, quasi quasi stavo pensando di prendere un body a mio figlio Rosa e mia mamma fa no, però dai rosa body sai che io comunque penso di venire da una famiglia abbastanza aperta, però ecco anche mia mamma, cioè io già ho dovuto confrontarmi con mia mamma su questa cosa quasi chiederle conferma è lei che mi dice in mano. Poi io ho provato il body rosa antico che mi piaceva veramente tanto l'ho comprato. Lo metto, amico. Quindi, ecco, questa è stata la mia piccola piccola rivoluzione. No, ma ti capisco. Ti capisco. E capisco quando dici piccola rivoluzione, perché effettivamente sono piccole rivoluzioni, secondo me, come come quando noi abbiamo scelto di comprare i i gli spazzolini, per esempio. E li abbiamo presi apposta a Oliver di un colore, diciamo stereotipi femminile. A Emily di un colore stereotipa stereotipi maschile. Um, è cambiato qualcosa? Um, no, perché la società è talmente forte fuori che anche loro piano piano, hanno iniziato ad associare il rosa con le bambine e il blu con i bambini. E questo io sono sicura che non arrivi da me. Okay, faccio anche un passo indietro. E ci sono stati regalati infiniti vestitini per Emily tutti rosa. Quindi non lo so se sia Se se già a Quell'epoca quando avevano pochi mesi, quando lei aveva pochi mesi. Questa cosa si notasse, però effettivamente era già nei miei nei nella mia mente. Questa cosa di cercare di combattere gli stereotipi, almeno quelli del colore. Questa piccola rivoluzione in casa Non so dirti se ce l'ho fatta tu ce l'hai fatta adesso Niko ha poco più di due anni, quindi riesce a scegliere, è anche abbastanza loquace, riesce a farsi capire molto bene e per esempio da soli volevamo comprare comprare delle cuffie per un lettore m p tre c'erano sei colori verso tra cui scegliere e lui ha scelto un fucsia e quindi noi gli prenderemo queste cuffie fucsia e io non mi illudo eh? Lui ha due anni e ancora non va a scuola non va all'asilo non c'è ancora la pressione dei pari e quindi non è assolutamente detto, ma proprio per niente che quando sarà alle elementari vorrà lo zainetto rosa. E se lo vorrà io sono consapevole che un giorno nico tornerà a casa piangere dirmi che l'hanno preso in giro perché era lo zainetto rosa come le femmine. Non ho le fette di salame sugli occhi, non ho pretese di cambiare il mondo da subito, ma credo che se tutti ci mettessimo dei piccoli obiettivi verso questa direzione, la società in cui domani i nostri figli saranno immersi sarà un pochettino più flessibile riguardo a questi stereotipi. E ecco, lì sono ancora abbastanza ottimista nel vedere sì, ogni piccolo passo in quella direzione fatto da ognuno di noi ha un valore assolutamente. Ha un valore immenso. Anche perché se non iniziamo non possiamo procedere. Nel senso che se non diamo quel piccolo passo in ogni ambito a cui teniamo, che sia l'educazione e la sostenibilità, um gli stereotipi, il l'educazione sessuale, qualsiasi tipo di tabù che vogliamo rompere, se non iniziamo a farlo con conversazioni come queste non possiamo neanche pensare di iniziare perché non stiamo sviluppando la consapevolezza e secondo me è tutta questione di consapevolezza. Che poi ci si riesca o meno, che poi la società sia più forte o meno, mi viene fatta questa domanda infinitamente. Ma se tu educhi Montessori a casa, poi escono nel mondo reale e e il fatto è che non è il mondo reale contro il mio mondo in casa no, è tutto il mondo reale, il loro mondo reale sarà fatto di Montessori e sarà fatto di non Montessori come il mondo reale di Nico dei miei figli sarà fatto di stereotipi e di non stereotipi e dovranno fare loro i loro bilanci. A un certo punto arriveranno a fare i loro bilanci e prenderanno le loro decisioni. Secondo me se riusciamo a crescere bambini, anzi adulti sicuri di sé, probabilmente sara avranno molti più strumenti in più di noi, molti più strumenti in più di quelli che noi pensiamo. E magari non tornerà a casa piangendo perché lo hanno preso in giro per il rosa. Esatto. O magari tornerà a casa piangendo perché l'hanno preso in giro, ma gli avremo passato abbastanza mezzi per superare la cosa senza essere traumatizzato, diciamo. Ed è qui anche che ho pensato a te perché comunque il tipo di educazione e i valori che tu cerchi di tramandare o spiegare attraverso i tuoi corsi, i tuoi podcast sono in linea con quello che io vorrei o quello che io credo che i bambini o i futuri adulti necessitano come bagaglio per appunto poter abbattere questi stereotipi a testa alta senza sentirsi per questo passatemi il termine. Ma sarà così che passerà da femminuccia o da maschiaccio? Ecco, saranno in grado di giudicare da sé che chiamare femminuccia qualcuno perché ha uno zainetto rosa non è qualcosa a cui dare peso per tutta una serie di motivi. Chiaramente il mio tipo di educazione non si ferma al colore. Che che che ho scelto, certo, e poi parliamo. Probabilmente parliamo di colore, perché è la conversazione più semplice per ma è la una conversazione metafora tra virgolette perché comunque si estende a tantissimi altri ambiti. Io ricordo una pubblicità bellissima in cui, um o una pubblicità o un documentario. Forse era una ricerca. A dire il vero non era una pubblicità. Chiedevano a, um degli adulti, uomini e donne come corre una bambina. Non so se l'hai mai vista questa pubblicità o questa questa ricerca come corre una bambina E allora gli adulti si mettevano e correvano in maniera molto da ballerina e um poi hanno invitato invece dei bambini in età dai quattro in avanti, ma comunque abbastanza piccoli. E hanno chiesto come corre una bambina e loro li questi bambini li guardavano come dire In che senso? In che senso? Come corre una bambina e fa fammi vedere come corre una bambina e loro si sono messi a correre normale, Cioè si sono messi a correre come quando si rincorrono nel patio. E questo era per dire è così che corre una bambina. Perché abbiamo queste parole? Queste frasi sulla bocca ogni giorno le abbiamo. E se non sviluppiamo questa consapevolezza, questo orecchio alla frase non possiamo cambiare la il linguaggio. E se non cambiamo il linguaggio, non possiamo cambiare l'educazione? Esatto. Infatti io ho diviso un pochettino le le misure, se così posso dire che, um, sto mettendo in atto per cercare di passare il meno stereotipi possibili. Amico, da questo punto di vista e uno di questi temi è proprio quello della lingua. Mi sono data una regola che può sembrare banale, ma vi assicuro che non lo è. È di levare per quanto possibile parole come donna, uomo, bambino, bambina, maschio o femmina. Da quello che dico allora a me riesce abbastanza semplice. Ma appena l'altro giorno Nico non voleva dare il bacio a a suo nonno e gli è stato detto Ah, ma tanto voi siete maschi. Ecco, quindi se abbiamo questa regola, questa regola del non dire maschio, questa frase non l'avremmo detta eh? Oppure la vicina di casa che vede Nico che piange e gli dice ma tu non piangi? Sei forte, sei un maschio. Cioè, solo con questa regola evitiamo di dire maschio, di dire femmina, di dire donna il più possibile. Vedrete che vi morte la lingua ben più di una volta al giorno, ben più di una volta al giorno. E a me questo devo ammettere che ha aiutato molto la lingua inglese. Noi parliamo inglese in famiglia, la nostra lingua principale e la lingua inglese effettivamente è neutra. In questo caso in più quando si parla al plurale, anche se stiamo parlando di una persona e chi questa persona quando poi ne parla diventa zei e quindi è veramente molto neutrale la lingua inglese e questo mi ha aiutato tantissimo a fare delle comparazioni, invece al modo di parlare che ho in italiano. E infatti io spesso e volentieri proprio sull'onda di questa riflessione che hai appena fatto io dico persona e allora persona può essere qualsiasi tipo di persona. Poi per me questa riflessione è nata più per i miei studi sulla diversità di genere, quindi è è nata più da da quel punto di vista. Però effettivamente è una regola d'oro secondo me è un consiglio e che si può mettere in atto subito. E come dici tu, si morderanno la lingua centinaia di volte al giorno, ma si può mettere in atto da subito ed è mhm ed è e funziona. Esatto, è efficace da subito efficace è un altro errore. Per esempio che mi è capitato di fare nonostante la mia consapevolezza ed è legato al tema della persona e per esempio non so stiamo passeggiando io e niko e si vede un camion, un furgone di di un giardiniere e anche questo è un mestiere stereotipi maschile al giorno d'oggi, per cui io magari la persona non è nemmeno visibile, è dentro il furgone e io dico nico guarda un giardiniere. Poi a volte mi sbaglio e fer- mi fermo lì oppure e poi mi rendo conto dell'errore e aggiungo o una giardiniera oppure facciamo il gioco del tipo pensi che sia un giardiniere o sia una giardiniera? Ecco cercare soprattutto su quei mestieri um più da uomo sì, esatto. Più stereotipati è cercare di almeno dare una un'apertura mentale per il tema della lingua. C'avevo anche tutta la questione dei libri che comunque tu hai già affrontato anche grazie alla batterista che hai fatto a francesca cavallo. Però per esempio la la la al momento la storia della buonanotte inventata da me preferita dal nico è la martina l'ingegnere si chiama quindi è questo ingegnere in sé sono io, però gli ho dato un altro nome per non farmi farmi come si dice, la stella di carattere, il personaggio principale e e comunque c'è questa martina l'ingegneria che va fa il suo viaggio di lavoro per risolvere i problemi ai sistemi di misura e di per lui questa cosa che una donna può essere un ingegnere è normale fin da subito. Certo. E poi veramente la cosa interessante con parlando appunto di mestieri, è che in realtà al giorno d'oggi è vero che ci sono mestieri stereotipati, però ci sono sia donne che uomini che fanno tutti i mestieri che possiamo immaginare, cioè se noi pensiamo vabbè, adesso ovviamente dico una un banalità. Però pensiamo al calcio, il calcio lo pensiamo solo maschile, ma ci sono delle grandissime campionesse di calcio calciatrici. Ci sono delle grandissime calciatrici nella storia che io ho adorato scoprire con i miei figli, per esempio, allo stesso modo ci sono dei danzatori di di bal-, di di danza classica, dei ballerini di danza classica eccezionali. E quindi è veramente ques- una questione di fare attenzione a quando noi stessi, noi adulti, noi genitori, stiamo stereotipato dei mestieri come hai fatto tu giardiniere o giardiniera, c'è sempre questa soluzione che si può fare È vero, ci si mette un po' di più, magari ci va consapevolezza, eccetera eccetera ma a lungo termine secondo me è l'approccio, è l'unico approccio non è l'approccio migliore è l'unico approccio se vogliamo lasciare un mondo diverso ai nostri figli esatto, e sentendoti parlare di um per esempio ballerini classici piuttosto che di calciatrici, anche un una cosa che a me aiuta molto e anche questo è in linea con quanto insegni tu e partire da se stessi, perché spesso noi diciamo ai nostri figli che possono essere quello che vogliono. Ma io mi chiedo veramente intendiamo quello che stiamo dicendo veramente se un giorno tuo figlio verrà a casa a dirti che vorrebbe fare balletto, tu sei pronto a dirgli che può fare balletto? Allora io credo che visualizzare certe scene nella nostra mente per essere pronti tra virgolette ad accusare il colpo perché non nego che possa essere anche uno shock vivendo in questa società, ci può aiutare a reagire al meglio e ad abituarci anche a quest'idea perché altrimenti non saremmo pronti e rischieremmo di fare danni belli grossi assolutamente. E questo per me vale in tutti gli scenari della genitorialità. Nel senso che se noi vogliamo parlare in maniera rispettosa, evitando minacce, evitando castighi, evitando punizioni con i nostri figli l'unico modo che abbiamo è fare le prove prima non possiamo arrivare nel momento clou. Crisi di mio figlio ha rotto il vaso, ha rovesciato il latte Non lo so e dire le parole giuste se nella nostra mente non abbiamo pensato alle parole da dire e questo mio marito a volte mi dice sì, ma tu tu stai evolvendo continuamente. Me lo dice un po' in maniera negativa, nel senso che sono sempre così seria perché mi analizzo così tanto e penso sempre così tanto, ma e io gli dico è l'unico modo che conosco per evolvere non posso evolvere in altro modo. Non non conosco un altro tipo di evoluzione e lo so che questo a volte mi fa risultare seria, mi fa risultare pesante, mi fa risultare magari non divertente. Però questo è il modo che conosco di evolvere adesso e ho bisogno di fare questa evoluzione perché i miei figli sono hanno questa età solo questa volta nella loro vita e quindi devo devo farlo. E io come te. E tra l'altro mi sono resa conto anche di quanto presto questi stereotipi entrano nelle vite dei nostri figli, cioè già mio figlio ora forse anche magari me lo potrai confermare tu. Non so se a quest'età due anni hanno anche questa voglia di categorizzare. Sta di fatto che l'altro giorno per esempio, eh? Io gli ho detto No, lui ha detto mamma non beve caffè. Effettivamente io non bevo il caffè e lui ci sta fermo un attimo. E poi dice Perché è una femmina? Ho dovuto ridere, faceva Ma no, dico Ma quante donne con lei faceva la nonna e il caffè beve il caffè? Ma la nonna Paola beve il caffè e ho ho tirato fuori un po' di esempi di donne che bevevano il caffè. Però io sono rimasta allibita a questa sua conclusione. Lui stesso, per sua natura, sta comunque cercando di capire cosa vuol dire essere una donna cosa vuol dire essere un uomo? E io sono rimasta lì. Ecco, proprio mio figlio. No, però è però è è è è vero quello che hai detto, Nel senso che più vanno avanti e più cominciano ad avvicinarsi al momento in cui l'aspetto sociale prende un'importanza grandissima dentro di loro. E quindi cosa significa sociale? Significa appartenere a un gruppo. Qual è il mio gruppo? Chi sono? Sono domande che iniziano adesso iniziano già adesso. Io ricordo, non non ricordo quando, ma anzi sì, lo ricordo. Quando? Perché eravamo, um in Indonesia. Quindi comunque un paio d'anni fa eravamo su una barca diretti alle isole Gili e mio figlio a un certo punto mi dice um no, questo abbiamo visto un disegno o qualcosa e lui mi ha detto No, questo è un maschio perché ha i capelli corti e io sono rimasta scioccata perché non è un qualcosa che aveva mai sentito dalle nostre labbra uscire da con la nostra voce. Quindi deve averlo sentito da qualche altra parte. Dove? Non lo so, perché viviamo insieme ventiquattro ore al giorno, quindi il mondo, il mondo fuori dalla casa e e allora gli ho spiegato gli ho detto No, guarda che non è vero. E lui effettivamente mi ha detto sì, però papà ha i capelli corti. Io ho i capelli corti. Emily ha i capelli lunghi, tu ha i capelli lunghi, quindi aveva perfettamente senso questa cosa perché noi effettivamente siamo stereotipati come famiglia in questa cosa dei capelli. Quando siamo arrivati sull'isola di Gili cos'è successo tutti. Ma io ti assicuro tutti Non sto scherzando. Non sto esagerando tutti gli uomini, i ragazzi, i bambini maschi avevano i capelli lunghi. Gli ho detto voilà, hai visto? Esatto. Però su questa questa questione è successa anche a me e anch'io mi sono interrogata e tu dici eh la società e la babysitter. Poi ecco già solo il fatto che in famiglia abbiamo i io ho i capelli lunghi e mio marito ce li ha corti e già quello dice molto e e io stessa mi son detta cosa posso fare al riguardo? E facciamoci caso. Però spesso i libri per bambini non hanno la fisionomia così ben definita da capire se è un maschio o una femmina. Poi tra l'altro nei bambini non è per forza detto i i lineamenti sono molto simili sia nel caso di un maschio che nel caso di una femmina non c'è la barba, non c'è nulla, non c'è la voce, quindi si potrebbe scambiare un maschio per una femmina in maniera molto facile. E nei libri, eh, spesso s- son solo i capelli o i vestiti che fanno capire se uno è un personaggio maschile o femminile. E io mi sono resa conto che se appena vedo una figura che però appunto a livello di fisionomia potrebbe essere sia un maschio che una femmina, se ha i capelli lunghi dico la bambina, la signora e se ce li ha corti il signore o il bambino e mi son detta ecco dove casca l'asino ecco Zaira dove puoi migliorare così i piccoli passi, eh? Per esempio per una volta eh, dicendo che la figura coi capelli lunghi è un bimbo che magari mio figlio non dirà niente, magari dice no è una bimba, poi è uguale, poi potremmo fare una discussione su quello. Però io mi sono resa conto che io stessa questo stereotipo lo lo incarna tutto. E quanti come questo, che poi in realtà la cosa vera e propria me l'hai scritta tu in una nella mail a un certo punto non so se te lo ricordi, ma o forse non mi ricordo più quando ma secondo me me l'hai scritta tu questa cosa mi hai detto se non erro, um che noi sì, possiamo educare all'empatia, ma siamo comunque inconsapevolmente e intrinsecamente sessisti, razzisti, omofobi, perché questa è la cultura in cui cresciamo purtroppo e non vogliamo giudicare, criticare, puntare il dito però dobbiamo esserne consapevoli. Dobbiamo essere consapevoli che non tutti conoscono, sanno davvero analizzarsi e capire che tantissime delle frasi, ma tantissime delle frasi che diciamo in un giorno sono stereotipate e arrivano da noi e tra l'altro anche quando non sappiamo di esserlo, anche quando pensiamo di essere aperti mentalmente. Io ricordo un giorno a Parigi e questo giorno è stato per me un giorno che ha cambiato tutta la mia visione degli stereotipi di me stessa, perché abbiamo preso la metropolitana e dovevamo sbucare in una piazza. Invece abbiamo siamo scesi alla fermata dopo e siamo sbucati in una via in una strada. Um questa strada era un quartiere di persone nere e tutti, ma tutti avevano la pelle di colore nero scura. Io in quel momento mi sono sentita scomoda, mi sono sentita a disagio, mi sono sentita impaurita, mi sono sentita, um senza una ragione. Mi sono sentita non solo di non appartenere, ma di avere paura di queste persone. Io che parlavo ai miei figli, dell'importanza di non discriminare il colore, il colore della pelle, io che gli compravo libri sul colore della pelle. Io in quel momento mi sono sentita a disagio e questo ha detto tutto di me. È questa la consapevolezza di cui abbiamo bisogno analizza perché se non lo facciamo non possiamo. Non possiamo educare all'empatia e non possiamo educare alla consapevolezza. Sono perfettamente d'accordo ed è il e di nuovo torniamo a quello che tu dici tante, tante volte il lavoro deve partire da noi stessi, cioè non possiamo dare a qualcuno qualcosa che non abbiamo noi e essere consapevoli è già tanto. È già tanto di di questo nostro bas, di questo nostro limite e di questo nostro modo di essere. E così non si può negarlo. E non bisogna proprio fare un lavoro su su se stessi grandissimo, per cercare perlomeno di minimizzare questi questi nostri pregiudizi anche tanto come quello che hai appena raccontato tu è una cosa che succede anche a me e già solo magari parlarne in famiglia quando i bambini saranno più grandi e dire guarda io quella occasione mi sono sentita così. Ma perché? Certo, perché parte tutto dalla consapevolezza, non possiamo giustamente quella frase di Maria Montessori è bellissima, non si può dare qualcosa che non è già dentro di noi e quindi se non c'è quella consapevolezza non possiamo non possiamo darla, non possiamo educare dalla consapevolezza, non possiamo educare dall'accompagnamento dall'accompagnamento come dovremmo Come dovremmo educare? Quindi ascolta, facendo solo un up della situazione hai dato degli spunti, secondo me bellissimi um mentre ti parlo e te li riassumo tu pensa se ce ne sono altri perché hai già dato una delle mie ultime domande sarebbe stata quella di se darci degli esempi concreti nel quotidiano per combattere questi stereotipi stereotipi di qualsiasi genere. Ma oggi in abbiamo parlato poi abbiamo spaziato veramente. Però effettivamente secondo me non si può parlare di un tipo di stereotipi senza parlare di tutti gli stereotipi. E quindi, um non si può parlare di uno stereotipo senza parlare di pregiudizio è tutto collegato e tutta questa consapevolezza che nasce e cresce una volta che vedi non puoi non vedere. Insomma, um quindi hai detto questa cosa bellissima, ovvero di evitare le parole donna, uomo, bimbo, bimba, femmina, maschio nel parlato di tutti i giorni. E questo già è un esercizio che diamo oggi a chiunque ci stia ascoltando. Da oggi proviamo a fare questo sforzo. Hai dato una bellissima idea, appunto per parlare di mestieri. Quindi abbiamo detto che magari appunto se ci scappa, che ne so, il giardiniere allora invece di dire solo giardiniere continuiamo la frase diciamo oppure una giardiniera cercare anche di non fermarci proprio agli stereotipi. Quindi se vediamo per esempio in uno sport che è di predominanza maschile, andiamo a vedere se le donne, magari su internet, su youtube ci sono video e video e video di qualsiasi tipo cerchiamo, usiamolo a nostro. Usiamolo bene. Usiamo questo mezzo che abbiamo facciamo vedere anche l'altro sesso che fa questo sport e poi partire da da noi stessi e quindi cercare di sviluppare consapevolezza proprio delle frasi che diciamo nel quotidiano. E questo parte anche, ovviamente, da il modo in cui utilizziamo i libri, il modo in cui utilizziamo le parole. E a proposito di libri hai detto mhm, magari ogni tanto possiamo appunto cambiare e dire che ne so questo è un bambino, anche se ovviamente il libro lo vuole come bambina. E questa è una cosa che secondo me aiuta moltissimo a pensare aiuta moltissimo a fare domande nella loro mente. Non dobbiamo dire frasi, non dobbiamo fare domande semplicemente se già solo il fatto di cambiare il nome di quel personaggio da maschile a femminile parte una conversazione nella loro mente, avvia una conversazione nella loro mente e quindi non so se ne hai. Se hai altri trucchi, perché adesso ne voglio di più, allora sì, ne avrei diversi. Però probabilmente abbiamo già parlato molto, comunque. Um esempi più pratici sono anche quelli di vita quotidiana. Devo dire che l'hai dato anche tu quello del tuo avere una tua un tuo business, una tua azienda iniziata da te è sicuramente un esempio molto utile per i tuoi figli. Io l'ho messo in pratica nella nostra famiglia assieme a mio marito, um, decidendo da subito di voler essere entrambi sia genitori che professionisti. Quindi ci siamo divisi il lavoro cinquanta cinquanta più o meno sia di cura del bambino che um della professione e già con il nostro esempio. Comunque mostriamo questa cosa a a nostro figlio. Mi rendo conto che questo sia un privilegio e non è possibile per tutti. Quindi ci sono anche una serie di cose che si possono fare nel quotidiano senza dover per forza dividersi il ruolo di cura del bambino cinquanta cinquanta o piuttosto il mestiere per portare a casa il pane quotidiano, diciamo. E questo è per esempio va bene, magari la mamma è una mamma casalinga che sta a casa e che non ha un suo mestiere. Però allora cerchiamo nei momenti in cui sia il genitore sia il papà che la mamma sono in casa di dividerci i compiti in maniera non stereotipata. Per esempio, mandiamo la mamma a mandare l'orto e a riparare la lavastoviglie e il papà a fare il bucato e tramandare le cassette buttate dei figli, per esempio. O io e mio marito banalmente io scelgo i gli asciugamani ro- eh scusa, ecco che di las io scelgo gli asciugamani blu e mio marito si prende gli asciugamani rosa. E poi infatti sbagliamo perché non siamo abituati. Quindi è convinta che gli sono talmente sono proprio dentro, radicati profondamente esa e questo rifletterlo sulle attività di vita pratica dei bambini. Cucinare lo si fa sia che si è un bimbo, sia che si è una bimba, giocare con le macchinine, con i lego, con quello che è aggiustare, martellare e tutte quelle attività che sono viste più come come attività da bambino piuttosto che da bambina. Le facciamo fare a entrambi. E l'ultimo grande tema che non abbiamo toccato. Ma accendiamo soltanto brevemente è tutta la questione delle emozioni, soprattutto se il figlio è un maschio abituarlo a parlare delle proprie emozioni. Um dell'essere intimorito, dell'avere paura del piangere. Io ricordo questa scenetta tenerissima di mio figlio disperato che tra sé e sé ripeteva piangere fa bene piangere, fa bene, piangeva e diceva piangere fa bene piangere fa bene perché io gli dico sempre che piangere fa bene, va bene, può piangere. E allora lui che piangeva e l'altro diceva piangere fa bene. E quindi ecco anche tutto il discorso delle emozioni apriremmo diciamo che qua puoi fare in futuro puoi appuntati di fare un capitolo, un podcast un'intera puntata del podcast. Solo su questa questa sì, andrebbe andrebbe veramente avanti a oltranza. Anche perché poi entriamo veramente, davvero nel vivo della società. Perché, um, anche se noi non usiamo queste frasi, poi, come tu hai detto prima, a un certo punto la società queste frasi le usa come quando appunto che non so se mi hai mi hai raccontato questo aneddoto non so se era di tuo figlio o se hai fatto un esempio, ma effettivamente che qualcuno gli ha detto No, dai, sei forte se io non non i maschi non piacciono. Esatto. No, è successo a me. Esatto. E queste frasi sono all'ordine del giorno e queste frasi sono sulla bocca di tutti. Quindi è veramente questione di generare, continuare a generare consapevolezza e soprattutto anche prepararsi una risposta a queste frasi. Perché quando questa persona dice i maschi non piangono, noi genitori siamo lì per dare l'esempio ai nostri figli. Se siamo lì, ovviamente, e possiamo dire non è vero che i maschi non piangono, anche i maschi piangono la tristezza un'emozione e ognuno la esprime come come meglio crede. E se ci si sente di piangere quando si è tristi o arrabbiati si piange che sia maschio o femmina. Io questa cosa, ad esempio, la faccio spesso rivolgendomi ai miei figli, ma facendo in modo che la l'altra persona mi mi mi stia ascoltando e di essere abbastanza di avere una voce abbastanza alta in modo da che l'altra persona mi mi senta. Però alla fine ci aggiungo vero Oliver, come per dire io sto parlando con mio figlio, però ecco sì, questo questo veramente credo che sia che sia veramente importante ed è un tema amplissimo, quindi non possiamo entrarci oggi poi chiediamo scusa, almeno io chiedo scusa, ma io so che tu ti ti unisci Zaira, perché abbiamo probabilmente detto un milione di strafalcioni uno. A un certo punto io ho parlato che ne so di famiglia, di mamma e papà? Anche questo è uno stereotipo. Ho stereotipato in un la famiglia classica che che anche dire la famiglia classica è uno stereotipo, cioè praticamente è un gatto che si morde la coda. Dobbiamo reimparare a parlare e dobbiamo farlo um poco a poco anche noi che che stiamo parlando di questo argomento avremmo detto centinaia di cose, speriamo di non essere state offensive. Speriamo che ci accolgano perché è difficile parlare di stereotipi senza stereotipa in primis. E però ti ringrazio, è stata una conversazione secondo me veramente molto, molto bella che pianterà tanti semini. Grazie mille a te, a Carlotta per la tua ospitalità. Grazie Zaira, alla prossima. Chissà, magari ti inviterò di nuovo per parlare di questo tema ampio delle emozioni non si sa mai. Grazie mille, Ciao. Spero che questa chiacchierata sia piaciuta a voi tanto quanto a me. E prima di salutarvi volevo aggiungere semplicemente qualche riflessione alle idee che ci ha già dato Zaira, perché credo che con i bambini si possa effettivamente parlare di che cosa sono gli stereotipi. Noi per esempio facciamo un lavoro grande di consapevolezza. Non perdiamo occasione per spiegare loro gli stereotipi che vediamo intorno a noi, come i vestiti separati per genere nei negozi, da cui poi scaturiscono riflessioni. Come perché i bambini non dovrebbero scegliere il rosa o mettere una maglia con sopra un unicorno a riflessioni magari più profonde, come le discriminazioni relazionate agli stereotipi di genere per capire da dove arrivano, come hanno avuto inizio nella storia, eccetera eccetera. Oppure ancora, per esempio, se troviamo in due o tre libri per bambini la stessa scena, per esempio, il papà va al lavoro e la mamma pulisce la casa. Ci facciamo domande perché in tre libri diversi e la mamma che cucina o anche solo in un libro? E allora spieghiamo che questo è uno stereotipo. Questo è difficile da spiegare in casa nostra, perché non è la nostra realtà. Nella nostra famiglia è mio marito che cucina nella famiglia dei nonni. Mio papà e sua moglie cucinano spesso insieme, ma ne parliamo comunque con i bambini di questo stereotipo e spieghiamo che in tante famiglie l'uomo non cucina perché in passato la casa era responsabilità della donna e tante famiglie non si sono ancora aggiornate ai nuovi tempi. Spieghiamo che se per esempio solo il papà lavora e la mamma sta a casa con i bimbi, spesso è la mamma a cucinare. E il papà torna a casa la sera e trova la cena pronta. Ma che anche questo è sbagliato. Anche questo è uno stereotipo, perché la casa e i figli sono responsabilità di entrambi i genitori. Quindi entrambi i genitori devono esserne responsabili. E poi anche perché spesso in quel dinamica il papà va al lavoro e ha il lusso di scollegare la mente dalla famiglia, dai figli, dal carico mentale della casa. E quindi dovrebbe ancora di più partecipare alla responsabilità della famiglia quando è a casa. E tutte queste conversazioni noi le abbiamo un giorno sì e l'altro pure con i bambini, perché crediamo che sia importante parlarne con loro. Ovviamente per offrire questo tipo di conversazioni dobbiamo prima di tutto pensarci noi, informarci e formarci noi adulti. Ma queste sono conversazioni davvero, davvero importanti che dobbiamo avere in famiglia, perché purtroppo non i bambini non le trovano ancora né nella società né nella scuola tradizionale. Fuori da casa queste conversazioni non ci sono. E invece quando se ne parla saranno poi i bambini stessi a voler contestare questi stereotipi come tra l'altro è successo recentemente siamo andati a comprare una maglietta da mettere sotto la tuta da sci. Oliver ha scelto rosa ed emily ha scelto blu giustificandolo, che rosa non è solo per le femmine e blu non è solo per i maschi, quindi capite che qualcosa qualche semino piantato di queste conversazioni germoglia. I bambini sono ricettivi, hanno una capacità immensa di capire anche concetti importanti e difficili. E anche per questo non apprezzo quando le persone mi dicono che i bambini piccoli non capiscono perché non potrebbe essere davvero più sbagliato a qualsiasi età e basta con questo vi saluto e vi ricordo che mi trovate anche su la tela w w w punto la tela punto com dove ho anche pubblicato un post con le idee che zaira ci ha dato in questo episodio e anche qualcuna in più. E ovviamente mi trovate anche su Instagram come la tela di carlotta blog. Buona serata. Buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao
Quindi come fare con la prole? Per me il trucco è essere noi stesse, concentrarsi sul trasmettere i valori per noi importanti (come rispetto e gentilezza) e offrire sempre le opzioni senza eliminarle noi a monte (preferisci la maglietta gialla con il pesciolino, quella rosa con l'unicorno o quella blu con il trattore?). Guidiamoli e guidiamole anche nelle scelte più stereotipate, ma ricordiamo loro cosa è uno stereotipo, quando sarà necessario (ad esempio se oggi mio figlio scarta dei pantaloni rosa “perché sono da femmina” gli ricordo che quello non sarebbe un argomento valido per scartare i pantaloni, perché il rosa dovrebbe essere un colore per le persone a cui piace, ma poi rispetto la sua scelta). Cerchiamo di guidarli e guidarle verso le loro inclinazioni e passioni, senza pensare al loro genere. A me stupisce sempre vedere come mio figlio sia incredibilmente simile e diverso da me per diversi aspetti :)
Sono educatrice di professione e mamma. Credo fortissimo in un’educazione che aiuti a superare gli stereotipi. L’esperienza che ho con mio figlio di otto anni mi mette di fronte ogni giorno a questo tipo di educazione ed è per questo che vorrei condividerla.
Lui da piccolo (fino a circa 6 anni) adorava apertamente le cose “da femmina “. Adorava le principesse,i brillantini, i vestiti.
Naturalmente non L ho mai bloccato in questo. E quindi: a carnevale si è vestito da principessa per più anni di seguito, ha chiesto e ottenuto sandali rosa e brillanti un’estate, zaino fatto a forma di unicorno…smalto alle unghie.
Abitiamo in un paese piccolo, dove tutti si conoscono.
Presto sono cominciate le piccole prese di giro da parte dei compagni, le domande “perché ti vesti da femmina?” “Perché ti piacciono le cose da femmina?” Ecc.
Da parte dei bambini, non degli adulti.
Rifletto ogni giorno su quanto il mio essere aperta e pronta a accogliere le sue richieste senza cadere nello stereotipo, non lo esponga invece in modo troppo duro a un mondo che è purtroppo ancora molto difficile. Mi chiedo tutti i giorni se ho fatto bene a non dirgli che i sandali rosa no, non posso comprarglieli. In quel momento sì L ho fatto felice, ma sai quanti commenti ci siamo presi?
Non è un po’ troppo per un bimbo di 6-7 anni?
Gli stereotipi esistono e come affrontate tu e Zaira nel podcast, fanno parte di tutti noi, compresa me. Non siamo che all’inizio di una lunga strada. Da un lato però quando guardo mio figlio che con naturalezza sceglie per quello che sente, penso anche che le cose cambieranno, anche se piano piano,
Un caro saluto
I miei bimbi sono gemelli m/f, da sempre esposti a tutti i colori e tutti i giochi. Lui ha i capelli lunghi pieni di boccoli e viene regolarmente scambiato per femmina, mentre lei ha i capelli sopra le spalle. Fino a un anno fa, quindi circa fino ai 4 anni, lui voleva tutte le cose rosa e lei tutte le blu. Giocavano con bambole (poco) e macchinine indistintamente. Circa un anno fa le cose hanno cominciato a cambiare e adesso lui va prevalentemente di blu/macchinine e lei rosa/Barbie.
Io cerco di essere più neutrale possibile sia nei giochi che gli propongo che nel linguaggio (certo l’italiano non si presta molto). Se mi dicono che una cosa è da maschio o da femmina gli chiedo se è una cosa che si usa con i genitali e cosa gli fa pensare che solo un gruppo possa usarla.
Pensando al cambiamento che ho notato nell’ultimo anno, mi chiedo esattamente da dove arrivi. Può essere in parte uno sviluppo naturale? Lei è davvero più interessata alle Barbie e lui alle macchinine? Sarebbe stato così anche senza influenze esterne? Per quanto in casa io cerchi di mantenere un ambiente neutrale, so che in parte queste idee gli vengono da mio marito e i miei suoceri, che sono culturalmente più tradizionalisti, però anche da cartoni e libri che, pur non esprimendolo direttamente, portano tanto avanti questi messaggi.
Fortunatamente queste influenze sono ancora limitate e io continuo a parlare apertamente di queste cose con loro. Per esempio, un anno fa siamo andati alla festa di mia nipote. mio figlio aveva scelto un bel vestito con i dinosauri. Appena arrivati io sono andata in bagno e quando sono uscita me lo sono trovato in pantaloncini e maglietta perché la nonna lo aveva cambiato. Da quel giorno non ha più scelto vestiti fino a settimana scorsa quando ha scelto di nuovo il vestito con i dinosauri. Non ho detto nulla, può scegliere quello che vuole, ma mi ha fatto piacere che non si sia fatto condizionare e spero che continui a scegliere quello che gli piace e gli interessa indipendentemente da cosa ne pensano gli altri.
L’altra cosa che mi chiedo da un po’ riguarda il futuro dell’italiano. Io ho un background in linguistica applicata e insegnamento delle lingue straniere. inoltre viviamo in un paese in cui si parla l’inglese, che si presta molto all’essere neutrale. Non essendo in Italia purtroppo non riesco a vedere “dal vivo” come e se l’italiano sta cambiando per adeguarsi alla cultura. So che quando si scrive spesso si usa * per ovviare all’uso del maschile/femminile. Ma nella lingua parlata? Si stanno muovendo già le cosa? Spero di sì, ma come? Sono curiosa! :)
In italiano non è possibile usare un linguaggio neutro nel parlato, a volerlo fare tra le varie soluzioni che si vedono addirittura nei primi libri stampati è lo shwa. Ci sono ancora dei problemi di accessibilità ma ha del potenziale perché a differenza dell’ asterisco ha una pronuncia. Parlo di questi temi anche sul mio sito e su IG, segui il link delle note (grazie Carlotta🙏🏼)
grazie per questo ottimo podcast.
Ho ascoltato attentamente ogni parola e ho trovato dei paralleli molto interessanti con ciò che da molti anni sto vivendo io, ma da maschio, ovviamente dalla parte opposta.
Alle superiori ho frequentato una scuola di lingue, all'università ho studiato lingue (facoltà storicamente dall'altissima predominanza femminile). Inutile a dirsi che per molti anni ero portato a sentirmi un "ospite speciale" in classi con il 95% di ragazze. Anche al di fuori della scuola/università, con i miei amici maschi, ero considerato, scherzosamente o meno, come quello che studia "cose da femmine".
Ora che sono diventato padre, ed interessandomi molto di pedagogia in generale, educazione, psicologia e anche di cucina, non nascondo che spesso ho la sensazione di sentirmi un pesce fuor d’acqua.
Navigando sul web, continuo ad imbattermi in articoli scritti solo “al femminile” e rivolti alle mamme, come se non potessero esistere padri interessati a certe tematiche. Inoltre, la ricorrenza di parole tipo “educatrici, mamme, maestre, ecc.”, senza la versione al maschile, balza davvero all’occhio.
Ecco, alla luce di ciò non posso che empatizzare con Zaira.
Purtroppo la lingua italiana richiede un po’ più sforzo nel formulare concetti in versione gender-fluid (amiche e amici, anziché semplicemente friends in inglese, per esempio), e purtroppo è solo la declinazione al maschile quella che va ad includere anche soggetti femminili e non viceversa.
Ma non sono sicuro del fatto che sia l’unico motivo per cui in Italia si faccia ancora fatica ad includere tutti, maschi e femmine, in determinati temi.
Vivendo in Germania, mi sento molto più incluso leggendo articoli in tedesco, in quanto generalmente si presta molta più attenzione a questo tipo di inclusione. Anche se anche in tedesco, come in italiano, articoli, aggettivi e sostantivi, variano a seconda del genere, l’impressione è che questa consapevolezza sia molto più presente che in Italia.
Vedo che ne è uscito un commento più lungo di quanto volevo, scusami Carlotta 😊
Ti sono infinitamente grato per i tuoi contenuti che ci offri, stai letteralmente cambiando presente e futuro di tutta la nostra famiglia.
Un abbraccio da Lipsia!
Davide
che bello leggere queste tue parole. Grazie.
a sto punto mi verrebbe da chiederti che tipo di educazione hai ricevuto ;-)
Mi ha colpito molto il punto in cui scrivi che sul web, interessandoti a certi temi, ti imbatti in tanti testi scritti al femminile. È anche la mia impressione. La Tela in questo senso è uno dei pochi esempi inclusivi in quanto Carlotta spesso si rivolge a tutti i genitori.
Chiaramente è anche una scelta delle gestrici di pagine web o delle autrici dei testi, quella di riferirsi ad un target specifico, ovvero mamme e non papà.
Sto facendo esperienza io stessa di quanto sia difficile scrivere dei testi che cerchino di coinvolgere entrambi i genitori per certi temi ancora stereotipicamente femminili (e ho già prenotato un'ora di consulenza con un'esperta di linguaggio inclusivo ;-).
Un parto particolarmente difficile è stato per esempio questo mio post https://www.zairacconta.com/post/rientro-al-lavoro-dopo-la-maternita. Ho chiesto alla Carlotta il permesso di parlarne qui :-) GRAZIE Carlotta
Se avrai tempo e voglia di leggerlo mi farebbe piacere ricevere un feedback da un papà.
Con il mio progetto online da pochissimo vorrei cercare infatti di ridurre questa segregazione e lavorare sull'educazione dei figli ASSIEME, come coppia.
Un caro saluto dalla Svizzera,
Zaira
Che bello vedere che ci sono persone come te che si occupano di queste problematiche, soprattutto in un modo così rispettoso e inclusivo!
Ho letto l'articolo del blog che hai postato, insieme ad un altro (19 consigli pratici per educare alla parità di genere). Mi prenderò sicuramente del tempo per commentarli direttamente nel tuo blog, appena posso. Davvero interessanti!!
Anche io e la mia compagna siamo passati per questo brainstorming, più inconsapevolmente che altro, quindi sicuramente non in modo così strutturato come l'hai esposto te :-D Sono sicuro che divulgandolo sarà un grande aiuto per molti neogenitori. Io ci metterò del mio perché questo accada :)
Ma ti risponderò più dettagliatamente di là.
Quanto alla tua domanda, sul tipo di educazione che ho ricevuto: retrospettivamente, non mi sono mai sentito dire cose del tipo "non piangere che sei un maschio" o altre cose nocive di questo tipo. Mi sempre sentito libero di fare e dire ciò che volevo, senza sentirmi ingabbiato o condizionato per via del sesso. E di questo sono infinitamente grato.
Certo è che nella mia famiglia, come in tante altre, c'è da sempre una netta separazione di certi ruoli (papà costruisce-aggiusta-gestisce le finanze vs. mamma-cucina-fa il bucato, ecc.). Ecco anche qui nel mio (nostro) mondo ideale c'è tantissimo da fare. Perché così (indirettamente) spesso si tende ad aspettarsi dai figli maschi che facciano lo stesso del papà, e viceversa dalle figlie. E da qui ne esce spesso un sentimento di disagio nei figli se non si è all'altezza delle aspettative (che ancora oggi mi porto dietro).
Ma ci sentiamo di là con calma appena riesco a leggere altri tuoi articoli :-)
Ciao!! Davide
Simona
Io, personalmente, eviterei versioni della filosofia americana del "volere è potere", la trovo molto fuorviante e poco onesta intellettualmente. Credo che la resilienza e la capacità si crei dal cadere e rialzarsi e anche dall'accettare i propri limiti: se i bambini crescono con questa mentalità, alla prima caduta vera e propria (soprattutto da adolescenti) pensano che ci sia qualcosa di sbagliato in loro "Perché non posso se lo voglio così tanto?". Che ne pensi?
Ps. La tua frase è forse un po' lunga, in questo caso opterei per usare meno parole e più dirette, che suscitino un'azione. E ricorderei che è solo una fase e inoltre è forse avvolta dall'alone della tua percezione di quella frase che ha sentito: magari è anche un modo suo che ha adottato per esprimere qualcosa che non si sente di fare o quando non si sente capace: è bello che abbia un modo di esprimerlo, che magari prima non aveva. 💜
Sicuro stai facendo un buon lavoro, mettersi in dubbio è un'indizio di mamma che sta davvero dando il meglio di sè.
Ho un figlio della stessa età della tua bimba :)
Spesso anche lui dice "non sono capace" e io quasi sempre rispondo "prova". La cosa bella è, se ci fai caso, che lo dicono di cose che perlomeno possono provare a fare quindi davvero molto spesso si può rispondere con "prova" o sull'onda di quello che dice la Carlotta "Puoi provarci, ti aiuto?".
Intendo che quasi mai lo dicono di cose che davvero non possono provare a fare, tipo lanciarsi giù da un muro di 10 metri ;-)
Non so se qualcuno gli abbia detto che non è capace, ma io ho notato che in diverse occasioni lo dico parlando di me stessa. Prova a farci caso, ti capita mai? Io infatti sto riducendo al massimo i miei "non sono capace" per dire "dovrei provarci/allenarmi/esercitarmi".
Io eviterei di metterla sull'età ma la metterei sul processo: certe cose bisogna provarle tante volte prima di riuscirci. Io con il mio bimbo prendo spesso l'esempio del camminare: una volta non ci riusciva e adesso ci riesce, perché ha provato e si è allenato tanto.
Buona continuazione e grazie per le tue preziose riflessioni.
PS: le tue riflessioni portano a pratiche utili per lo sradicamento degli stereotipi (di genere, ma non solo). Se un giorno tua figlia si ritroverà a svolgere un'attività non tipica per il suo genere (diciamo l'astronauta o se vorrà cambiare le gomme di una macchina) la scienza ha dimostrato che verrà sottovalutata. In quell'occasione, sarà dunque prezioso il bagaglio di fiducia in se stessa che le avrai preparato.
Il mio primogenito mi ha chiesto in regalo una fascia per portare la sua bambola quando aveva 5 anni e il secondogenito, che oggi ha due anni e mezzo, alterna carrello, passeggino e fascia.
Quando giocano con i Duplo non distinguono i maschi dalle femmine mi rendo conto che sono io che a volte, quando mi dicono "questo è il papà" faccio notare che ha rossetto e capelli lunghi e quindi è più probabile sia la mamma.
A un seminario sulla parità ci hanno presentato come esempio di libro all'avanguardia "Buongiorno pompiere" di Mattieu Maudet, ma quando l'ho letto ai miei figli non si sono minimamente scomposti ( e inutile dire che l'hanno adorato e lo adorano tutt'ora).
Tutto questo per dire che come per molti altri aspetti dell'educazione siamo noi che dobbiamo cambiare, evolvere come dici tu Carlotta, i bambini dobbiamo solo osservarli e seguirli e intervenire solo se necessario...
Io di certo, nonostante gli anni di teatro, devo imparare ad essere più pronta nei confronti degli altri adulti... Spesso rimango di sasso... Come quando il mio primogenito aveva circa sei mesi e un passante dopo che gli avevo risposto che era un maschio mi disse che "era così bello che sembrava una bambina", come sei maschi fossero solo brutti.
E per quanto riguarda il teatro, come dico anche nel mio corso: credo che la vita di genitore sia molto un crearsi copioni mentali e ripeterli all'infinito (serve anche per affrontare le crisi con calma)… quindi tu hai una marcia in più! :-)
Grazie per la dritta sul libro, molto interessante e andrò a vedere se lo trovo in biblioteca. L’unico piccolo neo (una lentiggine… perché capisco che è dovuto all’effetto sorpresa con cui gioca il libro) è che il femminile di pompiere sarebbe legittimo declinarlo in pompiera… o alla fine del libro vien scritto così? Sono curiosa!
Ma, se mi permetti di fare un ulteriore passo nella discussione, io non ho una posizione così netta sulla questione. Non credo sia necessario usare sempre il sostantivo declinato al femminile quando ci riferiamo al mestiere di una donna.
A volte infatti la parola è forzata e risulta avere un suono quasi ridicolo, ma più ancora di questo il tema è proprio legittimare le donne all'interno di una categoria prettamente maschile e quindi chiamarle come i colleghi uomini.
Secondo me è come quando sottolineiamo a tutti i costi ad esempio che un tale brand ha scelto una modella con una certa disabilità, in questo modo la modella sparisce e appare solo la sua disabilità e la "bravura" del brand che l'ha scelta. Avremo la vera parità quando la differenza non sarà sottolineata in alcun modo perchè sarà normale che donne e uomini facciano lo stesso mestiere con la stessa professionalità e la professionalità non ha genere.
Negli anni scorsi c'erano state anche delle e vere e proprie proteste sul tema: ne ricordo una in Francia in cui le donne Vigile del Fuoco rifiutarono la declinazione femminile della loro carriera considerandola "come una violenza verbale di un nome sacro nella storia del soccorso francese". Non so se mi sono spiegata...
Concordo con te che sarebbe più facile se non ci fosse distinzione tra maschile e femminile ma purtroppo la lingua italiana è costruita così. Sono dell’opinione che se decliniamo “cassiere” in “cassiera” allora non dovrebbe essere strano declinare “pompiere” in “pompiera”, per quanto brutto possa suonare.
Come mamma di un bimbo di 3 anni avrei piacere che crescesse senza stereotipi, come purtroppo abbiamo fatto noi, perché scardinarli anche con la consapevolezza di un adulto, come si dice giustamente nell'episodio, è difficile.
Un giorno mio figlio ha scelto una palla rosa rispetto a una blu e un signore si è permesso di criticare quella scelta. Non sono stata educata come carlotta però...
Gli sto insegnando che va bene essere triste e va bene essere arrabbiati, perché tutte le persone piangono e si arrabbiano.
Gli sto insegnando a valutare le persone per quello che sono e non per come appaiono.
Per varie vicissitudini della famiglia di mio marito, un membro della sua famiglia, che per lui è stata una seconda madre, è etiope. Mio figlio la chiama nonna. E di questo si stupiscono le stesse persone che non avendo legami di sangue con lui si sono autodefiniti ziii (cosa che in linea di principio non mi da fastidio, ho una amica da 35 anni e per me i suoi figli sono Nipoti e li amo come tali).
Un giorno al nido Leo voleva baciare per forza la sua amichetta. Gli ho spiegato che no è no e la doveva lasciare perdere. Il padre la esorta a darglielo "perché è solo un bacio". Lo volevo picchiare fortissimo in testa! Ma non si può crescere una donna insegnandole a 2 anni che se qualcuno vuole un bacio lei è tenuta a darglielo!
Lo scorso anno era in classe con un bimbo che aveva 2 mamme. Mi ha ovviamente chiesto dove fosse il suo papà. Le altre mamme disperate. Gli ho spiegato che esistono tante famiglie tutte diverse. Lui mi ha detto ok e ha continuato a giocare. Loro non hanno stereotipi se noi non glieli inculchiamo! Dobbiamo fare attenzione. Io ne farò molta dopo questo episodio. Ne farò di più! GRAZIE!
Ps. Ho avuto un problema tecnico con i commenti, ma sto recuperando :-)
Ma la scelta delle facoltà tecniche a mio parere dev'essere qualcosa assolutamente da sradicare. Non può essere assolutamente solo una questione biologica.
Tra l’altro lo vesto anche tanto con colori stereotipati per il fatto che la maggior parte dei vestiti li abbiamo ricevuti.
La reazione del tuo bambino, forse più matura della nostra, è a mio parere lo specchio dell'ottimo lavoro che tu stai facendo con lui❤️❤️❤️
Una riflessione: se scegliete di continuare a "spiegarlo" alle persone (ovviamente parlando con tuo figlio delle motivazioni per farlo), magari piano piano piantate semini. Visto che avete davvero tante occasioni di piantare semini, potreste decidere di studiarvi una frase tipo: "Nella nostra famiglia combattiamo gli stereotipi perché crediamo che ognuno possa vestirsi e portare i capelli come vuole" (o qualsiasi frase sentiate vostra).
Io ho una frase del genere per le cannucce quando chiedo di non mettercela nella bevanda: "Stiamo cercando di evitare la plastica, perché è un grosso problema per il nostro pianeta e vogliamo fare la nostra parte. Avete mai pensato di passare alle cannucce di carta/non dare la cannuccia nella spremuta…". La dico uguale da 5 anni e ora spesso la dicono i bimbi. Non cambierà il mondo, ma sono tutti semini. <3
Io rispetterei la sua decisione (anche se come te sentirei l’urgenza di urlare allo stereotipo).
Poi a casa potrai provare a intavolare discussioni sugli stereotipi e l’importanza di farli notare per mirare a sradicarli.
Come dice Carlotta puoi addirittura proporgli delle frasi da dire lui stesso in quelle occasioni, chissà che un giorno non si senta pronto a ripeterla.
Sottolineerei quanto sia bizzarro e facile cadere negli stereotipi, senza mettere troppo l’accento sul sesso. In genere tenderei a non dare troppo peso al sesso (biologico), come infatti sembra fare bene tuo figlio.
In pratica per un giorno tutto era dedicato ad un bambino/a in particolare cercando di fare le cose che piacevano a lui/lei.
Quando è stato il giorno speciale di una bimba a cui piace il rosa le maestre hanno chiesto a tutti gli altri di vestirsi tutti di rosa per quel giorno (maschi inclusi).
Ammetto che non avevo nulla di rosa in casa tranne un berretto (tra l'altro è un colore che a me non piace per niente per cui io non ho nemmeno delle magliette di quel colore!)
Così ho chieste in prestito ad una mia amica una t-shirt rosa piccola...e mio figlio è stato felicissimo di indossarla tanto che poi me la son fatta regalare 😊
Questo per dire quanto può fare anche un'attività così semplice se fatta da tutti quanti i compagni per normalizzare i colori!
Tra l'altro se qualcuno può interessare come spunto ho scoperto che la maglietta in questione era una maglia della squadra di calcio del Real Madrid che in qualche occasione la usa.
Sarebbe utile magari per quei bimbi (e genitori!) che pensano che il calcio sia solo da maschi e che il rosa sia solo da femmine.
Io sul vestiario sono molto fortunata perché ho molte amiche che mi hanno regalato vestiti dei loro bimbi che ormai sono più grandi quindi i miei figli Vivono di rendita però mi rendo conto che quasi tutto il guardaroba è monocromatico grigio e blu... Mentre mio figlio è un amante dei colori quindi alla fine mette sempre le poche cose colorate che gli ho comprato io (tanto verde e rosso perché piace a me)
È comunque difficile trovare abbigliamento genderfluid come dicono adesso.
Se conoscete Anna di @zenos_room anche lei ha trattato questo tema di recente cercando delle magliette per suo figlio nei reparti da femmina della grande distribuzione perché a Zeno piace molto il rosa e non ha paura di metterlo.
Tuttavia ha notato che anche le taglie sono diverse a parità di età o cm segnati sulla maglietta: quelle da femmina sono più piccole (ma i cm non sono sempre uguali? Evidentemente no)
Un altro tema è il fatto che spesso i pantaloni da femmina non hanno le tasche mentre quelle dei maschi si!
Come per dire che la femmina non può andare in giro a raccogliere bastoncini sassolini foglioline e quant'altro perché sono cose da maschio😒
L'ultimo spunto: sempre grande merito alle maestre del mio bimbo che stanno trattando il tema dello spazio e hanno scelto come personaggio centrale proprio l'astronauta Samantha Cristoforetti invece che qualche altro astronauta maschio.
Sono fortunata perché anche nella scuola pubblica si trovano persone lungimiranti e attente a questi temi anche se so che purtroppo non è sempre così.
Sul vestiario, ormai io ammetto, tra i denti, che ci ho rinunciato. Ora che i miei bimbi sanno bene che cosa gli stereotipi e sono in tante conversazioni del nostro quotidiano, ho deciso di continuare a puntare sulla loro consapevolezza. È un po' come quando i nonni non seguono il nostro stile educativo: non possiamo cambiare loro, ma possiamo cambiare la consapevolezza che i nostri figli hanno dei loro comportamenti e frasi.
Certo, è importante continuare a fare il lavoro anche altrove: per esempio, io non compro in catene di fast fashion, ma se le aziende che stimo perpetuano stereotipi, mi prendo il tempo di scrivere una, due, tre email finché non mi rispondono. Credo che, più che andare a comprare pantaloni con le tasche nel reparto bambino (come faccio, perché è assurdo che Emily non possa avere le tasche, che ama!), questo possa piano piano portare un cambiamento a lungo termine (perché alla fine l'azienda non sa che io compro nella sezione maschio per una bambina, ma solo che io supporto il loro lavoro comprando da loro).
Ps. È vero, tra l'altro, in Spagna molti più uomini mettono magliette e camice rosa senza problemi e, ora che lo scrivi, potrebbe proprio essere grazie al Real Madrid!
Che interessante la cosa della tasche, non l’avevo mai notata non avendo una figlia femmina.
Sai a cosa mi fa pensare oltre che all’impedimento della raccolta di sassolini o bastoncini?
1) la donna non deve portarsi appresso il borsellino perché è l’uomo che paga
2) è l’instradamento per la borsetta
condivido una ricerca curiosa, nata dall'affermzazione del mio compagno "io non capisco che problemi abbiate voi occidentali col rosa!". una volta i bambini si vestivano di bianco (basta guardare qualche quadro) i colori blu e rosso erano associati rispettivamente alle donne (nelle tonalità più chiare come il velo della madonna) e ai maschi (il rosso è simbolo di forza e virilità). Nel secondo dopoguerra fu lanciata una campagna pubblicitaria con il rosa associata alle femmine e l azzurro ai maschi e ....fece successo!
tra l'altro a parità di taglia scritta i vestiti dei maschietti son piu grandi e comodi di quelli da femmina.
ci sarebbe molto da aggiungere...
ho scoperto una casa editrice (settenove) che ha messo il rovesciamento degli stereotipi al centro del suo operato.
grazie dell'opera divulgativa, speriamo di raggiungere la "massa critica" :)
E anche noi,iniziato l'asilo veniamo messi a dura prova da quello che anche tra bambini si dice,per esempio che solo le bambine fanno danza, e ogni volta Niccolò mi fa questa domanda nonostante vediamo balletti di danza classica insieme,nonostante a lui piaccia ballare. Oppure affermazioni come "scelgo il bicchiere blu perché sono maschio". La risposta da parte mia sui colori o sulla danza è abbastanza semplice, ma quando scambiano mio figlio per bambina perché ha la bici rosa e i capelli lunghi,lì mi sento in difficoltà su cosa dirgli,sul perché lo chiamano bambina. Se gli dico che lo scambiano per bambina proprio per queste motivazioni, mi sembra di rafforzare lo stereotipo. Cioè se alla sua domanda sul perché lo chiamano bimba io dico " perché hai i capelli lunghi e la bici rosa" mi sembra di giistificarli e di rafforzare il loro concetto. Cosa potrei aggiungere per andare oltre lo stereotipo?
Che ne diresti di un “in effetti dalle nostre parti la maggior parte dei bambini hanno i capelli corti e la maggior parte delle bambine hanno i capelli lunghi. Ma non è una regola, si può scegliere! Per esempio lo zio XY (o il calciatore famoso o la rockstar o il cameriere del bar dietro l’angolo) ha i capelli lunghi, vero?”
Ps. Tante scuole, purtroppo, non aiutano: spesso ho sentito insegnanti invitare il bambino a giocare con il camion invece che con la cucina o alla bambina "Perché non vieni a giocare con le altre femmine?". 😢 Dobbiamo fare il lavoro a casa.
A noi sono stati regalati vestiti stereotipati (l'ultima una maglietta che dice Princess e che Emily ha adorato perché ha la faccia di una principessa e a Oliver una con un mastino) e non impedisco loro di metterli né li condanno, perché non voglio farli sentire "in colpa" per metterli né rovinare il loro entusiasmo, così come se Emily tra una selezione di magliette al negozio sceglie quella rosa (perché il rosa è il suo colore preferito nonostante io abbia sempre spinto verso altri colori) non mi intrometto e lascio che scelga. So che il lavoro lo facciamo (anche sull'apparenza) e mi basta.