Preferiti dei bambini

95. Mio figlio ha picchiato per la prima volta

In questo episodio di Educare con calma rispondo a una domanda di una mamma che nella chat privata del mio corso Educare a lungo termine mi ha raccontato un episodio che l'ha scioccata e al quale sul momento non sente di aver reagito al meglio delle sue capacità. Per approfondire i comportamenti scomodi dei bambini e le ragioni per cui avvengono vi invito a fare riferimento al mio corso Educare a lungo termine.

20 maggio 2022·
20 min
·16 commenti
benvenute e benvenuti a un nuovo episodio di educare con calma. Oggi ho deciso di fare una cosa un po' diversa. Ho deciso di leggere il messaggio che mi è arrivato di una mamma nel corso educare a lungo termine. Sapete che nel mio corso c'è anche una chat, um privata con me che il genitore può utilizzare per chiedermi delle cose. Quindi questa mamma mi ha scritto e io le ho risposto e mi piacerebbe condividere con voi un po'. La mia risposta non ve la leggerò, ma cercherò insomma di um approfondire un pochino con voi quello che è il mio pensiero. La mamma mi ha scritto ieri al parco una bambina piccola di circa un anno e mezzo si avvicinava al passeggino del fratellino di mio figlio per guardarlo e mio figlio, tre anni e mezzo, non voleva. Infatti lui cercava di nasconderlo e urlava il fratellino è mio. Allora mio figlio ha iniziato a ostacolarla nel gioco e in ultimo mio figlio gli ha tirato uno schiaffo. A quel punto io scioccata dell'accaduto in quanto non era mai successa una cosa simile. Gli ho chiesto di chiedere scusa, ma ovviamente arrabbiata l'ho preso mentre lui piangeva e urlava e siamo andati via spiegandogli che se fa queste cose brutte queste sono le conseguenze. Credo di aver gestito male la situazione, ma proprio non capisco. Prima di tutto, ovviamente ho empatizzato con la mamma, perché capisco bene che la situazione non è semplice emotivamente. Ed è anche per questo che questo tipo di domande, con le mie risposte, ovviamente in maniera anonima, le metto in un modulo del corso che si chiama proprio domande e risposte, perché credo che siano domande quasi universali e anche la risposta spesso e volentieri può valere per tantissimi genitori, quindi bisogna sempre considerare che ci sono molti fattori che entrano in gioco, quindi non possiamo prendere le mie parole o comunque il modo in cui io analizzo questa situazione come oro colato. Però credo che ci sia validità, ecco che ci sia una sorta di universalità. Ovviamente le ho anche detto di essere gentile con se stessa e di perdonarsi per non aver saputo gestire bene la situazione, ma le ho anche detto che è bello che ci stia pensando così tanto e che si senta così male tra virgolette, perché questo lavoro che sta facendo, probabilmente l'aiuterà a gestire meglio la situazione quando ricapiterà? Ora mi piacerebbe analizzare con voi un pochino la situazione. Se io genitore prima di tutto, vedo che mio figlio si infastidisce per un comportamento di un altro bambino. Questo è per me. È un segnale d'allarme che mi dice che devo stare più vicino a mio figlio per evitare che la frustrazione aumenti e degeneri spesso nell'uso delle mani. In questo caso vedo che mio figlio è protettivo del fratellino nel passeggino, fratellino, probabilmente appena nato e tra l'altro lo dice chiaramente alla bambina con una frase forte come il fratellino è mio e che questo sia giusto o sbagliato, non importa. In questo momento non è questo il momento di dire a mio figlio che va tutto bene, um condividere tra virgolette il fratellino Va tutto bene che la bimba lo guardi? Um, non è questo il momento di continuare ad invitare la bambina a guardare il fratellino in questo caso. Quindi io eviterei Classic frasi del tipo Ma no, ma dai! Ma sta solo guardando, non fa nulla. Oppure dai, non c'è bisogno di essere così protettivo, non importa. Oppure su, sii gentile con la bambina. Perché? Perché tutte queste frasi non rispettano l'emozione del bambino di quel momento e soprattutto non l'aiutano a gestire l'emozione in maniera costruttiva. Piuttosto invece, in questo caso direi alla bambina una frase del tipo Mi dispiace, ma ora mio figlio non vuole che guardi il bebè. Puoi tornare dopo in modo che uno rimuovo la fonte del problema e due mio figlio si senta visto e ascoltato da me che senta che le sue emozioni con me sono al sicuro. E poi direi a mio figlio che il fratellino è al sicuro e lo coinvolgere nel capire come pensa che possiamo facilitare questa sicurezza se lui pensa che il fratellino non sia al sicuro. Per esempio, se il fratellino non dorme potrei suggerire di prenderlo in braccio. E a questo punto potrei anche chiedere a mio figlio se vuole che andiamo a farlo vedere insieme alla bambina dalle mie braccia, spiegando che magari lei non ha un bebè a casa e quindi è curiosa tutto questo. Devo farlo valutando la situazione, nel senso che comunque, se io vedo che comunque mio figlio è ancora molto agitato, è ancora molto nervoso. Non mi sta ascoltando, non è il momento di parlare, è il momento di allontanare la bambina e prendermi cura delle emozioni di mio figlio. Quindi ovviamente anche il momento, nel momento in cui invece vedo che è più ricettivo, posso dirgli queste frasi posso proporgli appunto, di andare a farlo vedere alla bambina, di spiegargli che quello che dicevo prima che lei magari non ha un bebè a casa, quindi è curiosa. Però ecco, senza forzare, senza obbligare, senza fargli pensare che è un bambino cattivo o o poco generoso se non lo fa, eccetera eccetera. Poi, probabilmente se vedo che mio figlio prende un po' di mira la bambina, cercherei di allontanarlo dal parco per poter parlare tranquillamente anche solo con una scusa tipo um vieni, ho bisogno del tuo aiuto per cambiare il fratellino. Dobbiamo cercare una panchina, mi aiuti? Ecco, così possiamo parlare tranquillamente. Possiamo parlare indisturbati senza i trigger del parco giochi eccetera eccetera. E se non vuole venire con me, ovviamente tengo le antenne ben alzate perché so che la frustrazione nei bambini, specialmente se gli adulti non la accolgono e non li fanno sentire visti e ascoltati, porta eventualmente ad alzare le mani perché spesso non hanno ancora un altro metodo di comunicazione. E questo succede anche se non l'hanno mai fatto prima, come diceva la mamma nel suo messaggio se non hanno mai alzato le mani prima, non è detto che non lo facciano improvvisamente. Un giorno come quello in cui la mamma si è trovata si è ritrovata scioccata. Ecco perché loro lo vedono, vedono questo comportamento, magari lo vedono da bam tra bambini a scuola oppure se a casa è scappata una scuolaccia da parte del genitore. Anche questo è un comportamento che vedono e arriva il giorno in cui lo copiano, perché tutto quello che i bambini vedono lo assimilano, lo assorbono dentro di sé e un giorno esce. Quindi questo secondo me è molto importante e ultimo la conversazione sull'eccessiva protezione arriverà, ovviamente e dovrà per forza anche prendere in considerazione un'analisi del perché mio figlio pensi che il fratellino vada protetto. Magari io a casa quando il bebè dorme dico a mio figlio di non avvicinarsi perché altrimenti lo sveglia. E allora lui magari interpreta e copia quel comportamento, perché i bambini ci osservano e ci copiano in ogni momento a modo suo. Lo interpreta a modo suo, con le parole che ha a disposizione, quindi dicendo Magari il fratellino è mio alla bambina che vuole semplicemente guardarlo e si avvicina al fratellino al parco giochi. Ecco quindi da lì poi cercherei prima di cambiare il mio comportamento, perché educare con il nostro esempio è il metodo più semplice. E poi parlerei anche spesso con mio figlio del fatto che le persone amano i bebè che quando li vedono si vogliono avvicinare, che sono un po', come i cuccioli di animale. Anche lui, quando vede un cucciolo di animale, probabilmente vuole accarezzarlo, avvicinarsi. Ecco, con i bebè è la stessa cosa per gli adulti e anche per gli altri bambini, soprattutto bambini piccoli che non hanno un bebè in casa. Quindi tutto questo sarà e avverrà dietro le quinte. Questo lavoro lo inizierei. Questa conversazione la inizierei con mio figlio, soprattutto se è noto degli atteggiamenti di protezione, di pro, di di iper protezione come questi del bambino. Ma nel momento in cui succede questo, questo questa cosa che è successa, ovvero che mio figlio ha alzato le mani in quel momento l'unica, cosa che posso fare è mantenere la calma prima di tutto perché la nostra calma e la loro calma rivolgermi alla bambina, ovvero io voglio modellare con il mio comportamento quello che vorrei che facesse mio figlio. Se mio figlio vede una persona che piange, che si è fatta male, che cosa fa? Che cosa voglio che faccia? Io vorrei che mio figlio andasse lì e le chiedesse se sta bene e si informasse si preoccupasse um le chiedesse scusa, quindi quello è quello che faccio io subito. Ignoro mio figlio in quel momento, anche se l'artefice del del um Dell'azione lo ignoro. In quel momento vado dalla vittima, vado dalla vittima, parlo con lei e le le chiedo se sta bene, probabilmente anche il genitore in quel momento si sarà unito e quindi quello è il momento in cui io mi dedico alla bambina che sta piangendo probabilmente e ignoro mio figlio. Posso anche parlare con il genitore e dire le frasi, insomma che vorrei che dicesse mio figlio potrei dire senza giustificarlo, perché non c'è nessun non c'è nessun motivo di giustificare le azioni dei bambini. In questo caso sono bambini, è normale, hanno emozioni grandi che non sanno controllare, quindi è normale che si comportino così. Dobbiamo cominciare a normalizzare queste situazioni. Ecco però ovviamente io da genitore da adulto che so empatizzare, processare le emozioni razionalizzarle vado lì e chiedo scusa e di insomma quello che io vorrei che dicesse mio figlio, perché così offro un esempio costruttivo a mio figlio di come vorrei che si comportasse lui. Questo è educare a lungo termine. Non punisco in quel momento mio figlio perché non servirebbe assolutamente a nulla. Sembra un disco rotto, ma la punizione non insegna nulla l'unica, cosa che gli insegnerebbe è un non comporta. Ovvero mi dicono che io non devo comportarmi così, ma perché non devo comportarmi così? Crediamo che i bambini non capiscano le ragioni delle nostre parole, ma non è vero. Se ci prendiamo il tempo di spiegargliele, loro ci capiscono molto meglio tra l'altro di quanto pensiamo e riescono a interiorizzare molto di più le informazioni. Inoltre un bambino piccolo che viene sgridato per quel comportamento e che sente la mamma o il papà a dire frasi come non si picchia. Quello che capisce probabilmente è uno che fa stare male la mamma o il papà perché la mamma e il papà si arrabbiano e di solito associamo la rabbia a un sentimento negativo e quindi in quel momento la rabbia della mamma sovrasta la sofferenza del bambino vittima, quindi il bambino pensa, non si picchia perché se picchio la mamma si arrabbia. La mamma sta male, che non è la ragione giusta per non picchiare. O due con la nostra rabbia e le nostre urla e il gesto di portarlo via bruscamente dal parco giochi in preda all'ira. Lo spaventiamo, quindi gli insegniamo a rispettare gli altri perché ha paura di noi, non perché capisce davvero l'importanza del rispetto. In quel caso il bambino pensa se picchio la mamma e il papà mi fanno paura. Non è che pensa se picchio faccio male, anche se glielo diciamo anche se diciamo frasi come Guarda che hai fatto male alla bambina, l'hai fatta piangere non si fa così. Non si picchia perché, come dicevo prima, la sua paura e la nostra rabbia sovrastano il sentimento di empatia. E non è questo quello che vogliamo. Vogliamo insegnare che la ragione per cui non usiamo le mani è perché facciamo male. È perché l'altra persona piange è perché feriamo i sentimenti e il corpo di qualcuno. Ed è per questo che non vogliamo usare la punizione perché la punizione non insegna un comportamento alternativo. Ciò che insegna un comportamento alternativo è mostrare con il nostro esempio, quello che vorrei che facesse mio figlio quando vede Un'ingiustizia quando fa male a qualcuno. Quindi non vado lì in balia della rabbia in una bolla di lava ardente e sfogo così la mia incapacità di gestire l'emozione su mio figlio. Ma faccio due respiri profondi. Mi ricordo che la rabbia e la punizione non insegnano e che per insegnare devo modellare con il mio esempio e quindi mi avvicino Calma. Se mio figlio sta ancora picchiando, lo rimuovo gentilmente, ma senza dargli troppa attenzione, perché anche l'attenzione negativa è attiva. A volte è un comportamento scomodo, è una ricerca di attenzione. Per questo prima dicevo che lo ignoro tra virgolette. Inizialmente preferisco ignorare mio figlio e concentrarmi sulla vittima dicendo le cose che vorrei che dicesse mio figlio. Perché in quel momento, con il mio esempio, io sto insegnando di più che con qualsiasi parola o ramanzina. Questo scegliere la propria azione invece di lasciarsi dominare e guidare dalla reazione che ci provoca la rabbia. Non è facile tutt'altro. Non sto dicendo che sia facile. Non sto dicendo che io ci sono sempre riuscita con facilità, anzi, ma posso assicurare che è un processo e che è un lavoro che possiamo fare su di noi. E più ci si lavora, più diventa facile, più diventa il modo in cui educhiamo. Naturalmente gran parte dell'educazione a lungo termine si incentra proprio sull'imparare ad agire e non reagire di fronte alle situazioni, perché è solo così. Solo con il nostro esempio possiamo insegnarlo a nostro figlio. E poi questa abitudine si riflette in tutte le nostre azioni, relazioni e decisioni importanti della vita. Non solo nell'educazione e per ultimo il prenderlo e portarlo via in questo caso punizione conseguenza. Ne abbiamo già parlato in un altro episodio del podcast. Io una conseguenza la considero una conseguenza naturale. Quindi lascio. Faccio sempre lo stesso esempio. Lo so, ma lascio i pennarelli aperti per terra. I pennarelli al mattino probabilmente non scriveranno più. Questa è una conseguenza naturale. Non imposta da me prendere il bambino, portarlo via dal parco giochi arrabbiati. Inoltre, quindi già non gli stiamo insegnando nulla con la nostra rabbia. In più lo prendiamo e lo portiamo via. Quella non è una conseguenza naturale. Quella è una conseguenza inflitta Dall'adulto e io la chiamerei punizione. Quindi, ecco, non penso che quella sia la conseguenza. La conseguenza di quel comportamento è che la bambina sta piangendo e che abbiamo fatto male a un'altra persona è che quando usiamo le mani qualcuno si fa male e quindi questa è la conseguenza che vogliamo far vedere a nostro figlio. Questa è la conseguenza su cui dobbiamo tra virgolette giocare, ovvero chi fare appello alla sua empatia. E questa empatia lo aiuterà a decidere quali azioni sono giuste e quali azioni sono sbagliate e a decidere quali fare e quali non fare in futuro. Questa è la punizione che vogliamo dargli, ovvero fare il lavoro per sé. I bambini sono capaci di fare il lavoro se noi glielo permettiamo. Quando io dico fare il lavoro intendo proprio lavorare su noi stessi, lavorare sulle nos-, sulla gestione delle nostre emozioni, sul giusto e sbagliato sulla, sul scegliere le nostre azioni invece che le nostre reazioni, proprio come facciamo il lavoro. Noi genitori anche i bambini sono capaci a fare il lavoro, ma noi dobbiamo permetterglielo. Se noi facciamo il lavoro per loro e lo facciamo sbagliato, ovvero decidiamo noi qua quando è giusto quando è sbagliato, ci mettiamo a giudici e e siamo praticamente i giudici della loro vita. Non lasciamo che loro abbiano nessun tipo di controllo sulla loro vita, sulle loro azioni. Non lasciamo che capiscano da sé, è giusto o sbagliato. Praticamente togliamo tutto l'insegnamento dall'educazione e secondo me questo ovviamente è controproducente. Cioè, non solo secondo me, secondo voi anche secondo voi, se adesso mi state ascoltando, probabilmente state pensando lo stesso, spero almeno. Quindi, riassumendo proprio facciamo un riassunto generale di quello che ho appena detto perché lo so che io parlo veloce sono molte informazioni spesso e volentieri. Magari dico una frase con la quale proprio non andate d'accordo. Quindi vi fermate a pensare a quella frase Vi perdete il resto. Almeno questo è quello che succede a me durante i podcast. Non so voi però, ecco, per fare proprio un riassunto generale, io credo che la cosa migliore sia cercare di leggere i comportamenti. Um, se un fratellino è appena arrivato, io so che mio figlio. Insomma, posso già capire che mio figlio abbia un sacco di cambiamenti interiori e stia facendo un sacco di cambiamenti interiori. Quindi ecco, comunque tengo le antenne all'erta, quindi cerco di leggere i comportamenti. Se vedo che si sta frustrando, magari provo ad allontanarlo. Provo a coinvolgerlo magari nel momento a per aiutarmi a fare qualcosa con il fratellino. Cerco di evitare frasi come in questo caso, per esempio. Ma no, dai che la bambina sta solo guardando, non c'è nulla di male. Quindi in questo caso cerco di farlo sentire visto e ascoltato. Cerco di fargli sentire che le sue emozioni contano per me e che io capisco quello che sta passando in questo modo mio figlio si sente protetto da me, si sente appoggiato da me, sente che io sono dalla sua parte e sente che io ho il suo interesse a cuore e che può fidarsi di me, ovviamente perché la fiducia io devo guadagnarmelo. Poi, ovviamente, guardando e osservando il comportamento, cerco anche di capire se questo comportamento viene da casa, come dicevamo prima, magari non vuole che la bambina si avvicini al fratellino perché il fratellino dorme, perché è lo stesso comportamento che noi abbiamo a casa quando il fratellino dorme. Gli diciamo a lui e a nostro figlio più grande di non avvicinarsi. Quindi, ecco, magari è lo stesso comportamento che lui spesso con parole diverse e con azioni diverse. Però, ecco, cerco anche di capire quello e magari cambio il mio atteggiamento a casa, quindi faccio il lavoro dietro le quinte di cui parlavamo prima. E se poi ovviamente è già successa la la la manata. A quel punto cerco di modellare con il mio comportamento il modo in cui io vorrei che si comportasse mio figlio di fronte a un'ingiustizia. Quando vediamo che una persona viene è colpita da un'altra persona, quella è un'ingiustizia. Quindi come voglio che reagisca mio figlio? Voglio che vada dalla vittima e voglio che aiuti la vittima. Quindi è quello quello che facciamo noi in quel momento ignoriamo nostro figlio. Andiamo dalla vittima. Ci scusiamo e modelliamo con il nostro esempio quello che vorremmo, il comportamento che vorremmo insegnare a nostro figlio. La punizione la evitiamo. Non lo portiamo via dal parco giochi, ma um magari lo allontaniamo un momento dal parco giochi, cerchiamo di parlare con lui e ce appunto, dopo esserci scusati, cerchiamo di fargli vedere che la sua azione, la sua manata ha portato alla conseguenza che questa bambina stava piangendo che ha con la sua mano. Ha fatto piangere questa bambina perché le ha fatto male che quando usiamo le mani facciamo male alle persone. Ma tutto questo solo se mio figlio è calmo Perché se mio figlio è agitato, magari sta piangendo. Magari è scioccato da quello che ha fatto, perché neanche lui l'ha. Capito? Quello non è il momento di cercare di parlare con lui quello momento di aiutarlo a calmarsi facendo dei respiri profondi. Perché nel momento in cui lui è in agitazione, il suo cervello non è collegato. È un po', come lo dico sempre è un po', come una una lampada di queste da terra che devi collegare alla presa. E se non la colleghi non si accende. Lo stesso vale per il cervello. Cioè, in quel momento, in un momento di crisi, il cervello è come una lampada che stai cercando di accendere senza collegarla prima alla presa Non funziona. La lampada non si accende. Il cervello non può processare l'informazione e razionalizzare. Okay, questo era un po'. Quello che volevo dirvi. Non so se sono stata molto coerente. Insomma, alcune volte sapete che vado un po' con la corrente e seguo queste mie ragnatele di pensieri, quindi vado un po' di qua vado un po' di là, ma spero che il messaggio principale sia arrivato se avete il mio corso a educare a lungo termine sapete che ci sono varie unità in cui parliamo di questi atteggiamenti scomodi, questi comportamenti scomodi dei bambini e del perché avvengono questi comportamenti comportamenti scomodi perché c'è sempre una ragione dietro a un comportamento di un bambino. Quindi vi invito a fare riferimento al corso e ad andare là e voilà, questo è quello che volevo raccontarvi oggi. Sapete che sul mio corso educare a lungo termine trovate modi per praticare questa mentalità, questi comportamenti dell'educazione rispettosa, positiva dell'educazione a lungo termine come la chiamo io. Quindi se non lo conoscete, vi invito a dare un'occhiata sul mio sito www punto latella punto com e mi trovate anche su Instagram come la tela di Carlotta Blog. Buona serata, Buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao.
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Ciao Carlotta! Questo argomento mi interessa molto perché c'è una situazione che si crea al parco quasi ogni giorno. Mio figlio ha 16 mesi. Al parco giochi incontriamo una bimba, ca 2 anni, con la mamma. All'improvviso inizia a correre verso di noi che eravamo per conto nostro a 10 metri di distanza e tira un calcio a mio figlio. Io di istinto lo tiro su e resto a fissare la mamma per capire la sua reazione. Lei dice, "eh fa così quando ci sono dei bambini che non conosce", e continua dicendo a sua figlia, "no amore non si fa", sorridendole e accarezzandola. La bambina continua, spinge mio figlio che è seduto su una panchinetta per farlo togliere, gli da dei pizzichi sulle braccia... E la mamma sempre così "morbida". A un certo punto prende in mano delle pietre e le sta per lanciare, allora io impaurita le blocco la mano e mi allontano.. senza parlare, ma avrei tanto voluto urlare di smetterla, a lei e alla mamma. Una signora che aveva assistito alla scena intanto commentava sotto sotto "ma perchè non le dà due belle pizze, vedi come nn lo fa più".
Posso sapere quale sarebbe stato il modo corretto di affrontare questa situazione, sia da parte mia che da parte della mamma della bimba?  Ripeto che è una situazione che si ripete costantemente e io oramai ho l'ansia quando le vedo arrivare.. 
Ciao Elisa, ti rispondo con un pezzettino di una «vecchia» newsletter di Carlotta sui limiti, che è molto relazionata allo scenario che hai portato (è quella inviata a marzo 2024, se hai l'abbonamento e la vuoi leggere per intero, trovi tutto l'archivio (gigante!) delle newsletter passate cliccando su «Risorse gratuite»):

[...] ho notato che i genitori spesso fanno fatica perché sono confusi su tutto il lavoro che si può fare «prima», per prevenire alcuni comportamenti dei nostri figli, con quello che possiamo fare «dopo», quando quel comportamento si è già manifestato. In entrambi i casi si lavora sul limite, ma l'essenza di quel lavoro è diversa. Il primo è più un lavoro di responsabilità (e buonsenso), il secondo è un lavoro sì di accoglienza, ma soprattutto di guida e supporto.

Ti faccio un esempio. Sono genitore di un bambino di due anni e 1. So che i bambini a due anni spesso hanno comportamenti aggressivi (perché quando gli mancano le parole usano il corpo per comunicare) e 2. Magari ho proprio osservato alcuni di questi comportamenti aggressivi in mio figlio e ne sono consapevole. Quando andiamo al parco non starò seduta sulla panchina con altre mamme o papà a chiacchierare: sarà mia responsabilità stargli vicina per prevenire eventuali comportamenti. In questo modo, quando alza la mano per picchiare la sua amica, gli prenderò il polso con gentilezza e gli farò da interprete: «Possiamo usare le parole per comunicare, invece delle mani. Ti aiuto io a comunicare con questa bambina. Vuoi dirle che vorresti il suo giocattolo?…». Questo è il prima e fa parte del lavoro sui limiti.

Poi c'è il «dopo», perché, nonostante la nostra presenza e consapevolezza, a volte succederà che nostro figlio picchierà comunque. A quel punto, posso fare un altro tipo di lavoro che, diversamente da quanto spesso si immagina quando si pensa all'educazione a lungo termine, non è fatto solo di accoglienza: per esempio, vado dalla «vittima», dico «mi dispiace», chiedo come posso aiutare (ovvero modello con il mio comportamento quello che vorrei facesse mio figlio quando vede qualcuno che soffre); poi mi rivolgo a mio figlio senza giudizio e con più calma possibile, magari ci allontaniamo insieme un momento e aspetto che anche il suo cervello sia calmo. Solo a questo punto parlo di come avrebbe potuto comunicare in altri modi, per esempio «Quando non ti piace un comportamento puoi dire STOP! con il braccio teso e la mano ben aperta». Quello che forse vedono i genitori che educano dalla gerarchia è che non so controllare mio figlio perché non lo sgrido e non lo punisco: noi invece sappiamo che il lavoro che ho descritto sopra, a lungo termine, è efficace e, anzi, è proprio quello che insegna ai bambini non solo a gestire le emozioni, ma anche a prendere decisioni valide in autonomia e scegliere loro stessi di rispettare le regole.
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Grazie per questo postcast..mi ha fatto tornare alla mente un episodio in cui non ho saputo come reagire. Durante lo scorso compleanno di mio figlio (4 anni), il suo cuginetto inizia a gridare "brutta" ripetutamente ad una bimba lì presente, e mio figlio lo imita (come fa sempre). Quali parole avresti usato con dei bambini di quella età?
Ciao Barbara,
ti lascio alcuni contenuti che potrebbero aiutarti in situazioni come quella che hai descritto. 💜

Qui 2 contenuti che riguardano l'aggressività fisica dei bimbi, ma che danno consigli applicabili anche all'aggressività solo verbale:
E qui invece altri 2 contenuti, riguardano il tema delle parolacce, ma anche in questo caso trovo che i consigli e i copioni che dà Carlotta in questi video siano utili anche quando il comportamento riguarda una parola «scomoda» in generale (come nel vostro caso) - e trovi un approfondimento di questo tema nel workshop Focus «Parolacce: come spegnere i riflettori o non accenderli proprio»:
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Ciao Carlotta, grazie per questo podcast ... La mia bimba 18 mesi alza un po' le mani sul cuginetto che ha quasi tre anni, per lo piu su giochi contesi o gelosie (Il cuginetto e' un po' geloso quando altri bambini si avvicinano ai suoi genitori, in questo caso gli zii della mia bimba. Quando e' capitato durante questa vcanze natalizie dalla nonna in cui eravamo tutti insieme, cercavo di spiegare a lei che non si fa perche' il  cuginetto si fa male (lui tra l'altro piangeva giustamente ma non reagiva) e chiedevo scusa al cuginetto e gli chiedevo se si era fatto male e se voleva un abbraccio ... La zia (la mamma del cuginetto) diceva a mia figlia no no le botte non si danno e non si ricevano e cercava di insegnare al figlio a dire cosi quando la mia bimba alzava le mani (perche' purtroppo e' capitato diverse volte) ... volevo chiederti il tuo parere su questa situazione e se qualcosa che e' posso fare ... La mia bimba va al nido, ma mai mi hanno detto che e' successo un episodio del genere ma ti dico la verita', temo un po' che possa accadere, anche perche' non so le maestre come reagirebbero ... Inoltre e' capitato con me l'atra sera, lei era molto euforica, e quindi mi abbracciava, baciava, ma anche tirava morsi e capelli, in questo caso non mi sembra rabbia, ma proprio parte della sua euforia di quel momento, ma a parte spiegarle che cosi' mi fa male, posso fare qualcos'altro? Grazie mille per tue risposte e scusa per il messaggio un po' lungo 
Ciao Simona, Sono Rosalba del team La Tela.

Innanzitutto ti dico: è una situazione normalissima, succede anche a bimbi più grandi, e a maggior ragione è molto fisiologico che a 18 mesi la tua bimba non abbia ancora gli strumenti per esprimere in altro modo le proprie emozioni e comunicare. Il corpo è uno strumento di comunicazione a questa età 💜

È corretto che comunichi alla tua bimba che questo è un limite che non va superato, ma è altrettanto probabile che dovrai ripeterglielo in parecchie occasioni, prima che lei lo interiorizzi.

L'argomento crisi e aggressività è trattato da Carlotta in molti contenuti del Percorso per educare a lungo termine, con lezioni, esercizi, aneddoti e copioni che possono aiutarti a gestire questo tipo di situazioni.

Ti lascio qui anche altri contenuti gratuiti del blog e del podcast in cui abbiamo trattato questo argomento su La Tela:
Un abbraccio 💜
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Ciao Carlotta! Mio figlio di 2 anni ha iniziato da poco l'asilo (sezione primavera) e ogni volta che lo vado a prendere ha qualche graffio. La maestra mi racconta che lui vuole sempre i giochi degli altri e ovviamente qualche bambino per difendersi lo graffia e quindi finiscono per menarsi, ma è sempre lui il "disturbatore". Io sono molto dispiaciuta anche se se benissimo che la fase del "tutto mio" è comprensibile a questa età, però non so come comportarmi con lui, perché ovviamente non sono lì nel momento in cui accade il fatto e non posso gestire la crisi al momento. Cosa potrei fare a posteriori o per prevenire? Dargli delle raccomandazioni prima che entri a scuola mi sembra inefficace perché credo sia ancora troppo piccolo! Inoltre come posso aiutarlo ad insegnargli a condividere i giochi? Grazie mille
Ciao Costanza, credo che questo sia qualcosa che le insegnanti devono risolvere. Io non consiglio di condividere i giochi (immagina se qualcuno ti forzasse a condividere il tuo cell mentre lo stai usando), ma credo sia importante insegnare a rispettare i turni. Chissà se le insegnanti lo fanno a scuola… Magari tu puoi iniziare al parco giochi o quando gli amichetti vengono a casa vostra. Se hai il mio corso "educare a lungo termine" c'è un'unità sulla condivisione dei giocattoli. 💜
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Ciao Carlotta, grazie per questo podcast e i contenuti che metti a disposizione qui sul sito.
Mia figlia ha 8 anni e da 1 anno ha iniziato ad usare le mani in classe con i suoi compagni che giocano in modo manesco. Di solito si difende dai loro “attacchi” (calci, pugni e frasi aggressive contro lei e le sue amiche) che loro sicuramente reputano un gioco, ma che mia figlia non tollera a lungo e spesso finisce per rispondere con mani e piedi. Ho visto più volte questa dinamica anche al parco, per i bambini è un gioco, per le bambine dopo un po’ diventa un tormento. Ora mia figlia quando si arrabbia inizia ad alzare le mani anche con le sue amiche. Sono preoccupata, le dico di allontanarsi quando capita ma i bambini la inseguono finché lei non perde la pazienza e risponde… L’ho fatta ragionare da calma, sebbene con le amiche sia migliorata non so cosa sia giusto fare con i bambini della sua classe.
Scusa il lungo sfogo.
Grazie ancora per tutto 🌸
Ciao Laura, grazie per il tuo commento :-) Probabilmente in questo caso la cosa migliore sarebbe 1. darle gli strumenti per fermarsi e dire forte STOP ("non è divertente", "nessuno sta ridendo" "andante altrove, qui non ci va di giocare così) invece di andare via o usare la violenza e 2. parlare con le insegnanti a scuola in modo che monitorino la situazione e se ne occupino loro.
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Grazie grazie grazie grazie per questo Podcast!!!
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Ciao Carlotta, grazie di questo episodio del podcast. Mio figlio che compirà tra poco 3 anni, fino ad ora non ha avuto quasi mai atteggiamenti aggressivi verso i suoi coetanei, a volte al contrario a casa, quando vuole esprimere la sua frustrazione per qualche cosa (ad es. se tocca al papà la routine serale e lui vuole me mamma allora è capitato che lo esprimesse con le mani, oppure quando è contrario a dei limiti che abbiamo stabilito). Gli allontaniamo la manina dicendogli che così fa male, che non usiamo le mani, cerchiamo di accogliere le sue emozioni. In realtà ascoltando il podcast mi è venuto da riflettere ancora e ancora sul concetto di punizione e conseguenza, che capisco non essermi ancora chiaro al 100%. Tu parli di conseguenza quando è naturale, ad esempio succede che i colori non funzionano più perché il bimbo li ha lasciati aperti, e sono d'accordo su questo. Ma per esempio: mio figlio usa in modo inappropriato un oggetto...glielo tolgo in quel momento. È una punizione? Grazie. Mi piacerebbe avere altri esempi per capire meglio!
Ciao! Quella per me non è una conseguenza, ma una decisione presa dalla consapevolezza che abbiamo: non glielo toglierei, ma lo fermerei, prenderei in mano il giocattolo, guarderei il giocattolo, guarderei lui, e gli direi “il giocattolo si può rompere, dobbiamo prenderci cura del giocattolo. Come ci prendiamo cura del giocattolo?”. E allora magari proponiamo anche di pulirlo con un panno bagnato. 💜 E poi gli darei fiducia (ma senza l’aspettativa che non lo faccia più).
Hai modifiche non salvate -
Ciao Carlotta, grazie infinite per ricordarmi questi concetti con questo episodio. Devo dire che anche grazie al tuo corso riesco a gestire molto bene queste situazioni. Ciononostante mio figlio di quasi 3 anni è in una fase un po' aggressiva nei confronti dei bambini che riconosce essere più piccini di lui. Una volta interrograto sul perché mi ha risposto "volevo vedere cosa succedeva"...a volte penso lo faccia per paura (se i bimbi che vengono verso di lui sono più grandi). In molti altri ambiti mi aiuta la preparazione, quindi parlargli in anticipo di ciò che accadrà e di come potremmo affrontare date situazioni. Mi chiedo però se ci sia un limite oltre al quale prepararlo sia controproducente. Tipo: so di andare ad un pranzo in cui ci saranno bimbi nel suo target. Gli chiedo di essere gentile prima di andarci o così "gli faccio venire in mente" la questione? Gli do importanza per cui aumento le probabilità che ripeta il comportamento?
Secondo me siamo più noi adulti che pensiamo che se ne parliamo “glielo ricordiamo” (questa ovviamente è una mia opinione personale): io preferisco sempre preparare i miei figli se so che possono trovarsi in situazioni di disagio. Non con un sermone, ma con un semplice: “hey, se per caso ti viene voglia di spingere o picchiare, ti ricordi che cosa puoi fare invece di usare le mani? Vuoi che lo ricordiamo insieme?”. Trasmette anche il messaggio che piano piano il pensiero non deve per forza sfociare in azione (sempre tenendo a mente, noi, che la forza di volontà non si sviluppa davvero fino a 5-6 anni). 💜
Hai modifiche non salvate -