benvenute e benvenuti a un nuovo episodio di educare con calma. Oggi ho deciso di parlarvi di un argomento un pochino delicato, o meglio di un tema che viene percepito come delicato e scomodo già quando lo si deve affrontare tra adulti, eh, ma avete visto dal titolo parliamo di morte che può diventare un vero e proprio tabù. Quando poi i nostri interlocutori sono i bambini, questa cosa mi fa veramente riflettere perché se ci pensate, i più grandi tabù nel menù delle nostre conversazioni con bambine e bambini riguardano proprio il concepimento della vita e la fine della vita stessa, cioè due dei processi più naturali del mondo. Eppure vengono avvolti da un alone di mistero che spesso è controproducente, serve a creare confusione e ambiguità nei più piccoli. Ma su questo punto ci torno alla fine dell'episodio tra l'altro ne ho già parlato in uno degli episodi più ascoltati di questo podcast, che è proprio come spiegare la morte ai bambini prima di lasciarvi le mie riflessioni. Però, su questo tema vorrei raccontarvi l'esperienza che una mamma ha condiviso con me un po' di tempo fa via mail. Um grazie anche al fatto che lei mi ha permesso di condividere queste sue parole e io credo che contenga degli spunti davvero molto validi e interessanti per nutrire questa conversazione con i nostri figli e ho deciso di leggervi direttamente le sue parole invece di parafrasare Ciao Carlotta, ho deciso di scriverti perché c'è un argomento su cui non riesco a trovare abbastanza informazioni e mi piacerebbe condividerlo con te. Parlo della morte. Già prima di diventare genitori, io e il mio compagno abbiamo avuto chiaro che la morte non sarebbe stata un argomento tabù a casa nostra. Quando poi è arrivata nostra figlia, quella necessità si è fatta sentire ancora di più fin da subito. Infatti, quando mia figlia aveva solo un paio di mesi, la nonna del mio compagno è morta. Pur essendo ancora un bebè, abbiamo deciso di portarla con noi, all'obitorio al funerale, alla sepoltura. Alcune persone sono rimaste stupite e hanno detto cose come ma questo non è un posto per bambini oppure poverina perché l'hai portata qui? So che ci sono ancora molte persone che credono che i bambini debbano essere tenuti lontani da questi posti e da queste conversazioni, ma per fortuna io mi sentivo molto sicura e quei commenti non mi hanno fatto dubitare di quello che stavo facendo man mano che cresceva. Poi le abbiamo fatto conoscere il concetto di morte con i fiori o gli insetti del giardino. Non le abbiamo nascosto nulla e abbiamo lavorato con lei in base alla sua età un anno fa. Poi, quando mia figlia aveva due anni e otto mesi, mia suocera è morta di cancro. La mia bimba ha avuto la possibilità di vederla senza parrucca e sapeva che aveva il cancro e che stavano cercando di curarla. Quindi non è stato un evento improvviso, anche se, come tutte le morti di persone care, è stata sicuramente dura lo stesso. Faccio un inciso, anche se lei non sapeva esattamente cosa fosse il capo Cancro. Per me era importante non usare eufemismi. Io stessa ricordo quando da bambina facevano così con me e cercavano di nascondermi le cose e in qualche modo io ero consapevole di tutto, anche dell'inganno. Quindi, visto che lei è altrettanto sensibile, volevo che sentisse che non le nascondiamo nulla, che siamo sinceri. Inoltre, anche il nonno ha affrontato il cancro ed è guarito. Quindi, anche se è una malattia molto dura, come il suo trattamento, non ha sempre lo stesso destino. E anche questo è stato un punto importante da sottolineare, perché man mano che crescerà e farà connessioni vedrà che avere il cancro non è sempre una condanna a morte. Ritornando invece alla situazione di mia suocera, quando lei era ancora ricoverata in ospedale, noi andavamo spesso a trovarla. Mia figlia era molto emozionata, stavamo lì a parlare con lei e ad accompagnarla mentre cenava. Abbiamo anche visto come L'infermiera le faceva un'iniezione e credo che mia figlia fosse già un po' consapevole della gravità della malattia. A quel punto, poiché era strano per lei vedere la nonna sdraiata sul letto, non sono passati molti giorni prima che morisse. Lo abbiamo spiegato alla bimba e sebbene a due anni non capisse ancora esattamente cosa fosse la morte, ha potuto vedere la tristezza in noi e perfino le nostre lacrime le abbiamo spiegato che la nonna ci mancava e che per questo eravamo così tristi, soprattutto il papà. Lei ha capito e conosceva questo concetto di tristezza e ci ha abbracciato per dare conforto, proprio come facciamo noi con lei quando è triste. Anche in questa occasione è venuta all'obitorio e questa volta era consapevole che si trattava di un evento diverso. Ha visto per l'ultima volta la nonna e stavolta le persone che sono venute ad accompagnarci ci hanno dato il loro sostegno. Anche persone del tutto nuove per lei. Mia suocera poi è stata cremata, quindi abbiamo anche visto la bara sparire dietro una porta, sparire tra virgolette. Nei giorni successivi, ovviamente sono sorte molte domande. Mia figlia chiedeva spesso dove fosse la nonna, pensando che fosse ancora in ospedale fino a quando non ci hanno consegnato i resti e li hanno portati a casa del nonno. A quel punto ha smesso di chiedere perché sapeva dov'era, cioè nella sua stanza per cucire all'interno del barattolo tra virgolette. Qualche mese fa ha chiesto di vedere la nonna cosa c'è dentro il vaso, così il suo papà le ha mostrato le ceneri. Finora tutto sta andando come ci si aspetta a questa età. Ricordiamo la nonna e parliamo di lei. Rispondiamo alle domande di nostra figlia man mano che le pone. In realtà non ha fatto troppe domande sulla morte in sé, ma ci ha fatto capire che a volte dovremmo cambiare il nostro modo di parlare. Per esempio un giorno, quando ho finito di fare non ricordo che cosa, ma era faticoso. Ho sbottato sono morta e lei mi ha chiesto come la nonna e io ho subito corretto e spiegato. Quindi potrei dire che a poco a poco ha cercato di arrivare alle sue conclusioni e di dare forma al concetto di morte che per lei è così strano. Scusate, ma io sto amando, amando, amando questa mail di nuovo come l'ho amata al primo momento e sorrido da lato a lato degli occhi, proprio delle orecchie, perché penso sia bellissima, a parte proprio il modo in cui è scritto ma proprio bellissimo, tutto quello che ci racconta il processo e quindi grazie grazie a questa mamma continuo a leggere c'è. Una cosa però, su cui sto facendo molta fatica e su cui ho un po' di dubbi che è poi la cosa che mi ha spinto a scriverti questa email. Un giorno mia figlia ci ha chiesto se anche noi genitori moriremo e naturalmente le ho spiegato che sì, ma tra molti anni. Ma non solo ci ha anche chiesto se sarebbe morta anche lei. E piangendo mi ha chiesto se sarebbe stato a quattro anni facendo il numero con la manina o a cinque anni. Le ho spiegato che no, che sarebbe stato quando sarebbe stata molto, molto anziana. Era molto preoccupata e mi ci è voluto un po' per spiegare che sarebbe stato in un futuro molto lontano e che non doveva preoccuparsi ora e per finire ci ha chiesto con le lacrime agli occhi, perché sappiamo già che quando chiedono qualcosa sanno già la risposta. Moriremo tutti. E naturalmente c'è stato un fraintendimento, perché ha iniziato a piangere pensando a qualcosa di simile a un'apocalisse e che nessun essere umano sarebbe sopravvissuto. Così, non appena mi sono resa conto di questo fraintendimento, abbiamo spiegato di nuovo finché non ha capito ed è rimasta più o meno soddisfatta dalla spiegazione. Ho cercato di trovare informazioni e letteratura sull'argomento, ma tutto ciò che leggo non contempla la possibilità che un bambino di quell'età abbia questa capacità di comprenderlo e di esserne consapevole. E quindi tutto ciò che si trova è come affrontare queste domande ad altre età. E capisco che è qualcosa di normale che non ci sia informazione, perché se fino ad ora era un argomento tabù, era normale che fino ai sei otto dieci anni non si facessero questo tipi questi tipi di domande, ma forse dovremmo invertire la rotta ed essere consapevoli che se non glielo nascondiamo, almeno dobbiamo aggiornare le nostre conoscenze per sapere come affrontare queste domande in età più precoce. Voglio ringraziare davvero di cuore questa mamma per aver condiviso non solo la sua esperienza, ma anche le sue emozioni e tutti questi spunti preziosissimi. La primissima, primissima riflessione che voglio fare con voi su questa mail di questo genitore è una domanda, forse un semino che vorrei piantare. Immaginate se questa bambina non avesse avuto la fiducia l'apertura l'accoglienza della mamma e del papà a rispondere a queste domande? Immaginate se avesse pensato, magari chiesto, fatto domande in passato sulla morte si fosse sentita rispondere che di queste cose non si parla oppure se avesse magari ricevuto risposte, un po' fuorvianti. Immaginate che cosa sarebbe successo quando fosse arrivata quella domanda. Perché quelle domande arrivano nelle menti dei bambini, sia che noi parliamo di morte, sia che noi non parliamo di morte. Immaginate che cosa sarebbe successo se fosse arrivata quella domanda e quella bambina avesse dovuto processarla da sola nella sua mente, perché non sapeva che poteva parlarne con i suoi adulti di riferimento o perché in passato ci aveva provato e non era stata accolta. Non voglio darvi io la risposta, ma ci tenevo a lasciarvi questa riflessione. E poi sì, sono pienamente d'accordo con questa mamma sul fatto che dovremmo davvero davvero invertire la rotta e raccogliere gli strumenti necessari per affrontare queste conversazioni con onestà e anche subito da subito affrontarle da subito, perché più andiamo avanti e più diventa difficile. Non solo perché diventa più difficile per i nostri figli fare domande, ma perché le domande sono anche più difficili. Quindi se non ci siamo preparati prima con domande molto semplici, magari sentiamo tutto il peso di questa risposta, che poi è una risposta molto più elaborata, mentre invece quando siamo sinceri, quando offriamo onestà e offriamo di normalizzare conversazioni difficili fin da subito, la conversazione cresce con noi e questo aiuta tantissimo. Nell'affrontare conversazioni difficili. Ovviamente non è immediato, è un processo. Ci sono tante, tante, tante azioni che possiamo fare. Per esempio, possiamo accogliere la nostra paura di affrontare queste conversazioni con i nostri bambini. Provare a capire da dove proviene questa paura spesso deriva anche solo tra virgolette. Sto facendo le virgolette dal fatto che nella nostra famiglia d'origine non si parlasse mai apertamente di morte. Processare e comprendere questa paura ci aiuta anche ad interiorizzare un'importantissima verità. I bambini e le bambine, al di là di quello che possiamo pensare, non vengono confusi da informazioni che noi adulti pensiamo essere troppo per loro, troppo grandi, troppo complesse, troppo dolorose. Ciò che li confonde davvero è l'incoerenza rispetto a ciò che osservano e magari il vederci piangere e sentirsi dire da noi o va tutto bene su questo non mi dilungo oggi, ma se volete approfondire questo aspetto, vi rimando a una categoria specifica del mio percorso per educare a lungo termine che si chiama proprio le cose difficili. I contenuti di questa categoria sono stati proprio creati per rispondere al bisogno di persone come la mamma che ci ha scritto, cioè di genitori che hanno voglia di portare in casa questi discorsi. Un po' scomodi, scomodi per loro, non scomodi per i bambini, ma che spesso sentono di non avere gli strumenti adatti per iniziare o con continuare questo lavoro. Tra l'altro, una delle prime lezioni proprio dice quello un po' che secondo me è importante che i genitori sappiano per affrontare queste conversazioni non sono le informazioni che spaventano i bambini è la mancanza di informazioni che spaventa i bambini. Perché quando i bambini sentono che determinati argomenti sono off limits, che non si può parlare di questi argomenti che sono sbagliati, che sono sporchi, allora non vengono più da noi. E questo li terrorizza perché noi siamo il loro punto di riferimento. Quindi, ecco, è proprio proprio questa mentalità di base che chiedo ai genitori di cambiare è proprio iniziare a dirsi dirselo quasi come un mantra, i bambini sono più spaventati dalla mancanza di informazione di verità che dalle verità scomode che possono apprendere insieme a noi. Torno proprio su quella domanda che ha fatto quella bambina moriremo tutti e che poi c'è stato quel fraintendimento perché pensava a qualcosa di simile a un'apocalisse e che nessun essere umano sarebbe sopravvissuto. Ecco, ripeto, ripeto di nuovo perché ripetita Ivan? Immaginate se non avesse avuto genitori che parlano di morte, che si sentono a loro agio a parlare di questa conversazione, che sentono di normalizza, che stanno facendo un lavoro per normalizzarlo perché magari non gli viene spontaneo questa bambina ci sarebbe comunque arrivata perché aveva già gli strumenti per arrivare a fare questo tipo di domande. Se è arrivata a fare quella domanda è perché la domanda sarebbe arrivata comunque e però avrebbe dovuto gestire quelle risposte e quella paura da sola, lo so, l'ho ripetuto, ho ripetuto tutto, ma perché ci tengo che arrivi davvero questo questo messaggio? Però, ecco, non mi dilungo oltre. Troverete tutto questo nella categoria, le cose difficili sul percorso. Una volta assorbito questo concetto, cioè appunto la necessità di essere onesti con i nostri figli, anche nelle conversazioni che a noi sembrano scomode, possiamo poi lavorare in tanti modi diversi per offrire questa verità possiamo scegliere di informarci noi stessi in primis se pensiamo di non avere ancora gli strumenti, possiamo prendere, prendere spunto da copioni. Anche questi li trovi nel mio percorso, perché sai bene quanto per me siano importanti i copioni. Ne ho anche parlato nel mio Tex proprio per avviare questo tipo di conversazioni e magari piano piano iniziare anche a praticarli da soli questi copioni o con il partner con la partner per allenarci a stare in quel disagio iniziale e piano piano attraversarlo una volta fatto questo lavoro preliminare, che non sempre è necessario, non è uguale per tutti. Ecco, non c'è una via prestabilita, ma può essere utile in qualsiasi modo lo facciate. Fatelo questo lavoro preliminare possiamo allenarci e rispondere quando arriva. È una domanda dei nostri figli dicendo la verità in modo semplice, lineare, onesto, evitando di offrire immagini poco chiare. Ad esempio, invece di dire anche questa c'è una lezione sul percorso Non sto piangendo, va tutto bene oppure piango perché il nonno è andato in cielo. Possiamo dire piango perché sono triste che non potrò mai più rivedere il nonno un po' come ha fatto la mamma che ci ha raccontato la sua storia e inoltre anche proprio evitare metafore che i bambini non possono capire. Tipo il nonno è andato in cielo. Di questo ne abbiamo già parlato nell'episodio um sulla morte nell'episodio del podcast sulla morte, che tra l'altro è uno dei primi episodi che ho registrato. Quindi immaginate quanto per me sia importante proprio affrontare e normalizzare queste conversazioni difficili. A proposito di questo faccio anche un appunto sulla su una parte della testimonianza che avete ascoltato quando la bambina ha chiesto se anche lei e i suoi genitori un giorno sarebbero morti. L'istinto di protezione, credo, ha portato la mamma a rispondere sì, ma tra molti, molti anni. Non preoccuparti. Ora io capisco benissimo da dove arriva questa risposta. Io personalmente avrei scelto di rispondere diversamente. Avrei scelto di offrire la verità, ovvero che non lo sappiamo. Non sappiamo quanto tempo abbiamo su questa terra. Non sappiamo nessu-, non so quando morirà. E credo che questo sia importante, che i nostri bambini lo sappiano perché nessuno di noi sa che cosa ci riserva la vita. E più normalizzi questi pensieri, queste conversazioni e più normalizzi la conversazione sulla morte e più diciamo che va bene se questo pensiero ci rende tristi e che noi siamo qui seduti insieme in questa emozione, possiamo viverla insieme, affrontarla insieme. A tale proposito, vi leggo una parte del mio libro, perché in cosa sarò da grande? Ho proprio voluto inserire una parte, anzi un intero capitolo sulla morte, che è il capitolo che si intitola La leonessa Leila. Ve lo leggo, parto proprio dalla citazione iniziale del esergo, che è una delle mie frasi preferite all'interno del libro. Perché in quel giorno Emily aveva tre anni e ha chiesto ad Alex Papà, tutti moriamo. Sì, Emily, tutti prima o poi moriamo anche tu E mamma. Sì, anche noi Amelie. E poi è rimasta in silenzio per un pochino. E poi ha detto Speriamo non oggi, vero, papà? I bambini sono meravigliosi. Okay, vi leggo il testo. Che pagina? Centonovantasei è un pezzettino di pagina centonovantasette. Quando Oliver ed Emily avevano cinque e sette anni, visitammo la Finlandia, il paese in cui è nato Alex. La padrona della casa che avevamo preso in affitto. Ci raccontò che una ventina di anni prima tutti quegli edifici erano un ospedale psichiatrico. Chissà se mia madre è stata proprio qui? Si chiese Alex camminando per i sentieri alberati in mezzo agli imponenti edifici in stile liberty, ora adibiti ad appartamenti. La mamma di Alex aveva passato gli ultimi anni della sua breve vita, ricoverata per una malattia che aveva preso prima la sua mente e infine anche il suo corpo, la schizofrenia. Perché chiese Emily? Curiosa? Perché questo una volta era un ospedale proprio per le persone che avevano malattie come la sua. È morta qui? Chiese Emily dopo un momento di silenzio. Se era in questo ospedale, probabilmente sì. Le rispose Alex con un sorriso. Poi lo chiediamo al nonno, va bene? Concluse quel giorno. Oliver non era ancora pronto per la domanda che stava decantando nel suo cervello. E allora iniziò a rifare le domande dall'inizio. I bambini continuano a fare la stessa domanda finché hanno bisogno di sentirne la risposta per interiorizza e trovarne il senso. Oliver chiedeva ad Alex Dov'era la sua mamma e Alex gli rispondeva che era morta. Chiedeva perché era morta e Alex gli ripeteva che aveva avuto una malattia molto grave. Quando non arrivavano altre domande. Alex non aggiungeva dettagli. Un giorno all'improvviso Oliver fu pronto. Tua mamma era vecchia. Quando è morta, gli chiese No, era più giovane di me, gli rispose Alex, senza esitare e senza aggiungere altro. Quanti anni avevi tu continuò, Oliver. Avevo sei anni, gli rispose Alex. Ah, come me? Esclamò Oliver Sì, proprio come te. Oliver prese un altro pezzo di Lego, lo aggiunse alla casa che stavano costruendo insieme e rimasero seduti per un bel po' nel disagio di quella verità scomoda. Un genitore di un bambino può morire. Ah, questa pagina l'ho riletta mi sembra tre volte prima di riuscire a farla senza piangere. Quando ho registrato l'audiolibro e mi commuove sempre, queste conversazioni mi mi toccano. Mi toccano proprio. Mi commuovono in maniera incredibile. e ci tenevo a leggervi questa piccola parte proprio perché penso che risponda tanto a quello di cui abbiamo parlato finora. E riflette anche una delle cose che amo di più del parlare con naturalezza di morte con i nostri bambini e che possiamo davvero condividere moltissimo con loro. Come quando in Nuova Zelanda abbiamo imparato della tradizione Maori di tenere il defunto in sala in una bara aperta, dove tutta la famiglia si riunisce poi per cinque giorni. E anche i bambini e le bambine sono invitati, um e anzi è una grande festa. È una bellissima, un bellissimo momento di in cui si siedono e raccontano storie, guardano foto, fanno i giochi che piacevano a quella persona, eccetera eccetera. E poi ricordo anche quella volta che a Bali abbiamo visto un grande falò e tante persone intorno vestite con molti colori che abbiamo poi scoperto stavano celebrando la vita di quella persona il cui corpo stava proprio bruciando. Era un funerale e da lì abbiamo avuto una bellissima conversazione sulla cremazione e sulla donazione di organi. La morte e solo un altro aspetto della vita è quando la formalizziamo e ci togliamo il disagio che sentiamo. Al parlarne ci sono bellissime, bellissime conversazioni molto nutrienti che ci aspettano con i bambini. Anche perché poi è meraviglioso vedere la loro mente che evolve in queste conversazioni. Prima di lasciarvi mi sento di aggiungere proprio solo altre due considerazioni rispetto alla testimonianza di questa mamma. Prima di tutto, questa è l'esperienza personale di una mamma, di una famiglia che ha la sua storia, le sue dinamiche e i suoi valori che si traducono in scelte specifiche. Ma non significa che queste debbano essere anche le tue scelte, le vostre scelte. Potete iniziare a parlare con onestà della morte ai vostri figli, offrendo verità, anche se per il momento non ve la sentite ancora di portarli a dare un ultimo saluto alla nonna, per esempio, non avviene tutto dall'oggi al domani, abbracciate queste decisioni come parte di un processo più ampio. E poi, a proposito di processo, questa mamma era molto sicura delle sue scelte, come lei stessa ha raccontato, tanto che non ha vacillato quando ha ricevuto commenti negativi dai familiari. Um, per la sua scelta di portare con sé la figlia all'obitorio. Nessuno di noi però ve lo ricordo e ci tengo a ripeterlo, a dirlo continuo a ripeterlo nessuno di noi nasce con questa sicurezza e scendere dalle ruote della cultura tradizionale non è immediato. Richiede tempo, richiede pazienza. Sono sicuro che l'ha richiesto anche a questa mamma. Ne ho già parlato in una delle newsletter dello scorso anno, quella sulle tradizioni natalizie. E ne parlo anche nel mio libro a pagina Centonovantuno. Me lo sono appuntato se ce l'hai quando si vuole cambiare qualcosa, c'è una parte che spesso dimentichiamo che è la fase di transizione. Io la chiamo così la fase di transizione. Il cambiamento non arriva quando prendiamo una decisione, per esempio, voglio parlare apertamente della morte con i miei figli. No, il cambiamento arriva quando ne siamo davvero sicuri. Certo, quando prendiamo una decisione in cui crediamo, c'è tutto l'entusiasmo e la motivazione del momento. Ma quello non basta a renderci sicuri in mezzo, poi c'è tutta la fase di transizione, che è uno spazio scivoloso tra virgolette, in cui ogni ostacolo, come per esempio le critiche della gente, ha il potere di farci sentire sbagliati, di mettere in dubbio la nostra scelta. Finché non superiamo tutti gli ostacoli, ogni critica produrrà quel dubbio. Mhm, forse sto sbagliando io in questa fase, ciò che possiamo fare è alimentare la fiducia nelle scelte che abbiamo fatto e accogliere e onorare questa fase di transizione. Arriverà il momento in cui il giudizio altrui non ci farà più sentire vulnerabili. Ma quel giorno non deve essere per forza oggi. Ecco però per oggi è tutto. So che l'episodio di oggi è stato un argomento intenso, quindi vi invito a prendervi il vostro tempo per metabolizzarlo, farlo decantare. Se lo avete ascoltato sulla tela e avete voglia di condividere le vostre esperienze, le vostre riflessioni che sono nate da questo ascolto, potete commentare l'episodio direttamente sul sito. Se invece volete approfondire questo tema, vi rimando a un altro episodio di questo podcast, quello di cui vi parlavo prima. Uno dei primi, in realtà in cui offro proprio riflessioni personali e diversi spunti su come parlare della morte ai bambini, è L'episodio tredici, che si intitola La morte spiegata ai bambini e il loro dolore tra l'altro. Proprio lì raccontavo per la prima volta l'aneddoto della leonessa Leyla, che ho poi deciso di inserire anche nel libro, nel capitolo di cui di cui vi ho letto la prima parte, perché era proprio successo da poche settimane e vi invito ancora una volta ad esplorare la categoria le cose difficili del mio percorso per educare a lungo termine, perché oltre a molte altre riflessioni su questo tema troverete davvero tanti copioni. Ecco, forse quella è la categoria che ha più copioni in assoluto che possono aiutarvi in queste conversazioni tra virgolette difficili. Detto questo, vi do appuntamento alla settimana prossima con un nuovo episodio del podcast e vi ricordo che mi trovate anche su la tela punto com e da lì potete arrivare anche al mio Instagram. Buona serata! Buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao.
Grazie, Elena
Che ne pensi? Grazie!
Elena
Ho poi visto dal tuo secondo commento che sei arrivata a una risposta. 💜 Non so se lo hai già letto, ma il capitolo 24 del libro di Carlotta «Cosa sarò da grande» è un'ulteriore preziosa riflessione su questo delicato argomento.
Ti lascio qui un piccolo dialogo tra Alex e Emily – che aveva 3 anni – che apre il capitolo e che ogni volta che lo leggo mi stringe e apre il cuore allo stesso tempo:
«Papà, tutti moriamo?»
«Sì Emily, tutti prima o poi moriamo».
«Anche tu e mamma?»
«Sì, anche noi».
(silenzio)
«Speriamo non oggi, vero papà?»
Ti abbraccio forte 💜
ti scrivo per esprimerti la mia gratitudine infinita per il lavoro che fai. Ti seguo con grande passione e l'argomento che tratti mi tocca particolarmente nel profondo. Le tue parole mi hanno colpito e commosso.
I miei figli non hanno mai conosciuto i loro quattro nonni, poiché sono venuti a mancare prima della loro nascita. Ho sempre cercato di raccontare loro che cosa è successo, portandoli anche nei luoghi dove riposano.
Mia madre si è suicidata e non ho mai nascosto questa verità ai miei figli. Ho spiegato loro, in modo naturale e diretto (soprattutto a mia figlia maggiore), che alcune persone possono scegliere di porre fine alla propria vita. Scrivere o pronunciare quella parola scatena un tabù incredibile, ma ho deciso di affrontare la questione e parlarne subito, senza aspettare. Prima o poi, questa verità scomoda sarebbe emersa. Voglio normalizzare un argomento che può essere difficile ma che esiste. Stiamo ancora lavorando su questo, ma è ciò che ha fatto mia madre: la sua malattia l'ha portata, gradualmente, a togliersi la vita.
Perché mentire ai miei figli? Perché dire che la nonna non c'è più per motivi fittizi? Ho scelto di essere sincera e di mostrare ai miei bambini quanto io soffra per questa situazione, utilizzando termini adeguati alla loro età, ma che riflettono sinceramente il significato di ciò che stiamo affrontando. Sono convinta che confrontarci con questa verità scomoda possa rivelarsi una grande risorsa per loro e per noi.
Mia madre è stata cremata, e abbiamo scelto di disperdere le sue ceneri nella laguna di Venezia, la mia città, che offre questa possibilità. Quando siamo in laguna o al mare, ci piace pensare che stiamo facendo il bagno con lei. Di recente, mia figlia di soli cinque anni ha commentato che disperdere le ceneri è una cosa meravigliosa, perché in questo modo la nonna non è sola in una bara e, visto che non desiderava vivere, ora che è cenere nel mare sta sicuramente meglio.
I miei bambini sanno e comprendono che la vita ha una fine e che la morte non arriva solo quando si è anziani o per malattie incurabili; può arrivare all'improvviso e nessuno è escluso, nemmeno i bambini. Parlo loro in modo naturale di incidenti d'auto e di fatti di cronaca. Anche se questa consapevolezza può renderli tristi e impauriti, noi siamo qui per accogliere ogni loro emozione e affrontarla insieme. Sanno di non avere i nonni e abbiamo sempre normalizzato la nostra tristezza quando ricordiamo i nostri genitori. Sanno quanto ci mancano e quanto mancano anche a loro, perché non possono averli come molti dei loro coetanei. Tuttavia, vivono sereni, perché riconoscono che la consapevolezza e la conoscenza arricchiscono le loro vite. Ci pongono domande e noi rispondiamo con naturalezza, sempre pronti al confronto, anche se il mondo esterno tende a nascondere le verità scomode ai bambini, pensando di proteggerli.
Ti abbraccio.
Intanto vorrei ringraziare la mamma che ha condiviso la sua esperienza, è proprio vero che nella condivisione ci si sente meno soli. 🫶🏻
Ho rivisto nel suo racconto tanto della mia esperienza.
Affronto anche io da sempre, devo ammettere in maniera molto spontanea, ogni argomento senza tabù, con molta onestà e preparandomi a rispondere a qualsiasi domanda…. Da quando faccio parte del La Tela sono ancora più ricca di strumenti, attività, copioni e spunti di riflessione.
Tengo particolarmente ad essere pronta alle possibili domande sulla morte, intanto perché io in prima persona, non avendo mai vissuto un lutto, ho il terrore al solo pensiero di come potrei viverlo, soprattutto adesso che mio papà è malato, e ogni giorno di più mi rendo conto di non avere alcun strumento per affrontare quel momento quando arriverà.
Pertanto con mia figlia sto cercando di fare il possibile per non lasciare nulla al caso: cerco libri, strumenti, occasioni per parlare, condividere, riflettere, ipotizzare…. in particolare per quegli argomenti che sento di non avere avuto gli strumenti da piccola e le risposte che mi sono data spesso erano più fantasiose piuttosto che realiste causando in me più confusione che altro, come per il sesso e la morte.
Come si fa un bebè è stato uno dei libri preferiti di mia figlia tra i due e i tre anni!
Proprio in questi giorni stiamo leggendo e rileggendo spesso siamo tutti unici e diversi, era da molto che cercavo un testo così! Diana ha rivisto, in Indigo, la protagonista, molte caratteriste appartamenti anche al nonno e ha fatto moltissime domande aprendo conversazioni arricchenti.
Apprezzo molto l’approccio della mamma del podcast, anche io sono molto sicura delle mie scelte: come quando ho spiegato a Diana che il nostro cane era andato a morire sotto l’altalena, e alla sua richiesta di vederlo, glielo abbiamo mostrato.
Trovo che la stima, la fiducia e l’amore immenso che provo per mia figlia non mi consentono di mentirle, mai, ed è per questo che quando il nonno morirà le risponderò con sincerità ed empatia accogliendo tutte le sue emozioni ( spero di essere altrettanto gentile e accogliente con me )
❤️🩹
Penso che ad oggi Diana a soli 3 anni e mezzo, abbia più strumenti di quelli che sono riuscita a raccattare io nei miei 38 anni di di vita! 💪🏻
Grazie per queste meravigliose occasioni di confronto e crescita personale.🫶🏻
Grazie alla mamma per la condivisione e grazie Carlotta ❤