Preferiti dei bambini

219. «Questo studente non mi rispetta!» | con Eleonora Orsi

In questo episodio di Educare con Calma esploriamo temi importanti come la disregolazione, le alternative all'urlo e i limiti nel contesto scolastico, grazie alla testimonianza di un'insegnante.

30 maggio·
40 min
·10 commenti ·
Eleonora Orsi
Questo episodio infatti nasce da un aneddoto reale, dallo scambio (avvenuto su Instagram) con un'insegnante che ha condiviso la difficoltà di far rispettare i limiti con un suo studente e la fatica nell'evitare di ricorrere a metodi educativi basati sull'urlo o sulla punizione.

Provo ad allargare la riflessione leggendo la mia risposta a questa insegnante e lasciandovi la testimonianza di Eleonora Orsi, anche lei insegnante, che ci ha lasciato alcuni spunti preziosi su come ha attraversato una fatica simile e su come si possa arrivare a costruire relazioni basate sulla fiducia a scuola (senza paragonare il proprio approccio a quello di colleghi/e).

:: Trovate Eleonora anche sul suo ⁠Instagram⁠.

Conosci l'ospite

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Eleonora O. – Samuele (9)

Carlotta: Benvenute e benvenuti a un nuovo episodio di educare con calma questo è un episodio particolarmente denso ve lo anticipo già da subito perché parliamo di disregolazione di preadolescenza di alternative all'urlo di alternative alle punizioni di limiti e tutto questo all'interno del contesto scolastico. Mi piaceva particolarmente l'idea di proporvi questo episodio perché oltre a essere pieno di concetti fondamentali per educare a lungo termine è un'occasione preziosa per mostrarvi, come poche volte ho occasione di fare, quanto siano connesse le fasi di vita dell'infanzia e dell'adolescenza. Se avete il mio percorso lo saprete già, c'è una sezione dedicata e avrete visto che secondo l'approccio montessoriano che poi le neuroscienze in realtà hanno anche confermato ma non entriamo nella scienza secondo l'approccio montessoriano Maria Montessori diceva proprio che l'infanzia e l'adolescenza sono molto simili. Tra l'altro faccio un passo indietro, lo sapete che secondo le ricerche degli ultimi anni l'adolescenza inizia già a 10-undici anni? Noi siamo abituati forse per associazione con l'inglese a chiamare adolescenza gli anni dai tredici in su, perché in inglese tredici è tredici e tredici è il primo numero che teen nel nome, e teenager è un adolescente, ma c'è un problema perché se ci aspettiamo l'adolescenza a tredici anni la ricerca oggi ci dice che rimarremmo molto molto delusi, perché I primi comportamenti da adolescenti si notano già dai 10-undici anni.

Occhio questo non significa che a dieci anni il bambino abbia la maturità cerebrale di un adolescente, assolutamente no, ma semplicemente che la società, lo stile di vita, la tecnologia, I social media e tantissimi altri fattori promuovono comportamenti adolescenziali molto prima dei tredici anni che quando comunemente ci aspettiamo l'adolescenza. E come vi dicevo prima appunto ne parliamo anche nel percorso adolescenza e infanzia prima infanzia quindi la fase zero-sei e la fase dai dodici ai diciotto anni sono fasi dello sviluppo evolutivo dei bambini dei ragazzi molto simili tra di loro e se avete il percorso sapete che io definisco sia gli adolescenti sia I bambini piccoli come esseri umani incompresi, esseri umani fraintesi. Da un punto di vista affettivo ed educativo queste davvero sono le fasi in cui I bambini e I ragazzi hanno più bisogno di rassicurazione, di ascolto attivo, di modelli positivi, di un porto sicuro, di una base di ritorno dove possono essere sentirsi se stessi, sentirsi accolti durante una crisi, sentirsi accolti in comportamenti sbagliati, sentirsi appoggiati, sentire il supporto della famiglia. Hanno anche bisogno di indipendenza, di libertà per esplorare nuove esperienze, nuove amicizie, nuovi posti, ma anche per commettere errori appunto e da essi imparare senza punizioni, ma perché capiscono di aver commesso un errore e cercano di rimediare e quindi hanno bisogno di limiti che sentono di E tutto E tutto questo avviene in un mix, in un calderone di grandissime emozioni e quindi per noi genitori questa fase, queste fasi sia tra zero e sei anni sia dai dodici ai diciotto che adesso diciamo 10-undici fino ai diciotto possono essere veramente complicate veramente intense perché I ragazzi I bambini ci mettono di fronte a noi stessi, ci mettono di fronte a uno specchio, ci mettono di fronte a comportamenti che noi stessi avevamo quando eravamo piccoli o quando eravamo adolescenti e il problema è che la risposta che noi abbiamo a quei comportamenti arriva dall'educazione che abbiamo ricevuto, quindi per cambiare quella risposta e educare a lungo termine in maniera più efficace in modo da ottenere fiducia e collaborazione è uno sforzo sovrumano ed è un lavoro costante.

Ma di tutto questo parliamo in maniera più approfondita in tante lezioni del percorso. Tra l'altro io e il team speriamo presto di potervi offrire all'interno del percorso molte più lezioni su questa fascia d'età sull'adolescenza, ci stiamo lavorando, non sappiamo precisamente quando riusciremo a farlo, ma è nel nostro cappello pensante già da un po', e nel frattempo in questo episodio volevo esplorare un pochino questo tema partendo da uno scambio che ho avuto un po' di tempo fa su instagram con un insegnante della scuola primaria, che mi descritto una fatica specifica, ovvero quei momenti e quelle situazioni in cui lei non si sente rispettata dai suoi studenti, e credo che per chi sta ascoltando in mente, è subito venuto alla mente quel momento in cui come genitori non ci siamo sentiti rispettati, come insegnanti non ci siamo sentiti rispettati. Quindi vi leggo il messaggio di questa insegnante e poi ne parliamo. Ciao Carlotta, ti scrivo di sera perché questo pensiero mi occupa la mente e non so a chi chiedere aiuto. Quest'anno sono tirocinante al mio quinto anno e sono in una classe quinta di scuola primaria.

Ho a che fare con bambini molto diversi tra loro alcuni li sento già prossimi all'adolescenza mentre altri meno In particolare un ragazzino sta facendo risuonare in me delle corde scomode e faccio fatica ad interagire con lui in modo funzionale Con me davanti lui si permette cose che con le sue insegnanti non fa, mi manca di rispetto parlandomi sopra e rispondendo a me, non perché interessato, ma solo per fare ridere I suoi compagni oppure per trovare approvazione dal gruppo. Io ci ho provato,

Eleonora: mi sono avvicinata a lui, gli ho spiegato come mi fa

Carlotta: sentire il modo in cui interagisce con me, sembra però che ho spiegato come mi fa sentire il modo in cui interagisce con me, sembra però non aver percepito. Quello che più mi disarma è che non trovo un modo per rispondergli, perché probabilmente mi comporterei come non voglio urlando o arrabbiandomi, quindi finisce sempre che voglio urlando o arrabbiandomi, quindi finisce sempre che pur di non dire cose sbagliate, sto zitta, anche se sento che manca di rispetto a me e anche ad alcuni suoi compagni. Che fatica! La sento davvero tutta la fatica di questa insegnante! E' un po' quello che mi raccontano tanti genitori in fondo Carlotta io ci provo a parlare a mio figlio, gli spiego come mi fa sentire il suo comportamento, ma poi ho paura di cadere in vecchi schemi come l'urlo, la minaccia e allora cado nell'estremo opposto e rinuncio a far rispettare I limiti.

Ecco questo credo sia necessario e lo dico ora perché non l'ho scritto nella risposta a questa insegnante. Quando lei dice non trovo un modo per rispondergli perché probabilmente mi comporterei come non voglio urlando o arrabbiandomi probabilmente proprio da qui che consiglierei di partire, consiglierei di partire proprio dal capire perché reagiamo in quel modo, da capire perché queste persone, queste piccole persone, piccole o grandi persone toccano queste corde dentro di noi e perché quando queste corde vengono toccate noi in quel momento non riusciamo a fare un respiro profondo utilizzare degli strumenti che abbiamo nella nostra cassettina degli attrezzi ed esprimere la rabbia o di esprimere la frustrazione, la delusione, la tristezza in maniera efficace. Quando ci troviamo di fronte alle crisi dei bambini a prescindere dalla loro età il

Eleonora: primo passo è sempre partire da noi, dalla nostra risposta di fronte alla

Carlotta: loro rabbia, di fronte partire da noi, dalla nostra risposta di fronte alla loro rabbia, di fronte alla loro frustrazione, di fronte al loro bullismo a volte, partire da come scegliamo di agire noi e poi lavorare proprio su quel capolinea. Se ci capita ancora di cadere nell'urlo o se abbiamo paura di arrivare li, ancora prima di affrontare il bambino o l'adolescente e su di noi che dobbiamo fare quel lavoro e trovare nuovi modi per non lasciarci provocare, capire cosa sta appunto triggerando il comportamento del bambino dell'adolescente e in un certo senso meno importante del capire che cosa sta triggerando noi a quale parte di noi quel comportamento sta parlando e la persona che mi scritto riconosce questo aspetto lei scrive questo bambino sta facendo risuonare in me delle corde scomode ecco sono quelle corde scomode che vanno esplorate per poi iniziare a lavorare piano piano e cambiare la nostra risposta e cambiare la nostra reazione lo dico spessissimo lo dico reazione. Lo dico spessissimo, lo dico da anni, lo ripeto ai miei figli continuamente, una delle più grandi libertà che abbiamo, uno dei segnali più grandi della nostra evoluzione personale è imparare a scegliere come reagiamo e imparare a agire piuttosto che reagire e imparare a premere quel bottone di pausa per poi scegliere la nostra reazione, invece di farci trasportare dagli eventi e quindi lasciare che siano gli eventi a scegliere la nostra reazione.

Nel caso della scuola poi purtroppo molti ragazzi sono ancora abituati ad avere come capolinea da parte dell'insegnante l'urlo e la punizione finché loro sanno che il limite ultimo è quell'urlo, è quella punizione, è quella reazione disregolata da parte dell'adulto, è naturale che loro spingano e spingano e spingano finché non arrivano lì, perché quello è il capolinea che conoscono, non lo fanno per cattiveria, lo fanno perché esplorare I limiti e il loro lavoro è il lavoro di giovani menti in evoluzione, di giovani menti in via di sviluppo. Ovviamente non possiamo cambiare il capolinea delle altre persone quindi degli altri insegnanti in questo caso, non possiamo obbligare per quanto mi piacerebbe non possiamo obbligare tutti e tutte le insegnanti oggi a non usare più urla, punizioni, castighi, minacce e a non incutere paura, magari. Noi chiaramente possiamo cambiare solo il nostro capolinea, abbiamo la responsabilità solo dei nostri comportamenti,

Eleonora: ma possiamo iniziare a mostrare un'alternativa

Carlotta: a questi comportamenti, ma possiamo iniziare a mostrare un'alternativa a questi studenti. Dico spesso, citando Michelle Borba, che basta un solo adulto di riferimento spesso per fare la differenza nella vita di un bambino, di un adolescente, di un preadolescente, di una persona, a volte di un adulto. Anche a scuola basta anche un solo insegnante di riferimento. E adesso vi leggo la mia risposta che ho dato quel giorno. Spesso succede quando uno.

Non conoscono altri modelli di educazione due. Non sanno che noi sappiamo far rispettare I limiti. Hai provato a prenderlo da parte e parlare con lui con frasi brevi e domande frequenti lasciando il tempo della risposta spiegando so che le altre insegnanti urlano puniscono descrivi in comportamenti e quindi tu fai quello che dicono forse perché hai paura della loro reazione è così. Anche io posso farti paura, anche io posso punirti, anche io posso urlare, ne sono capace ma non mi piace. Io preferisco essere gentile, tu preferisci se ti faccio paura così fai quello che dico o preferisci che sono gentile così tu puoi scegliere da solo di collaborare con me?

Qual è di queste due opzioni quella che ti piace di più? So che quando ti abitui ad ascoltare solo se ti puniscono o se urlano, poi è difficile rispettare altri metodi, e non è colpa tua se non ci riesci, ma a me piacerebbe provare insieme a te, mi piacerebbe mostrarti che invece c'è un'alternativa, che io posso non urlare, non punirti, non mandarti in castigo, non umiliarti davanti ai tuoi amici e tu puoi scegliere di collaborare con me. Ti va? Poi magari potreste trovare una parola segreta da usare quando uno dei due non si comporta come promesso. Che ne diresti di questo approccio?

Ho chiesto a quell'insegnante. Premetto che questo è un copione che io ho ripetuto spesso a Oliver e Emily, all'inizio mi sembrava una minaccia: Guarda che sono capace anche io di urlare, se non collabori ti posso fare paura! Poi ho capito che non era così, I nostri figli non conoscono il lavoro che stiamo facendo per educare diversamente finché non gli raccontiamo dei nostri istinti che arrivano dall'educazione ricevuta e finché non diciamo loro chiaramente che cosa vogliamo e non vogliamo fare uno loro non possono saperlo e saperlo permette loro di capire che non siamo infallibili e anche che non sappiamo fare il genitore che lo stiamo imparando e questo per loro è un pensiero rassicurante per delle persone che pensano di stare imparando tutto e di non poter insegnare niente, che tutti gli altri intorno a loro sanno già tutto e hanno già tutto figured out, come si dice in italiano non lo so, che hanno già tutto sotto controllo. Ecco questo è un pensiero importante da condividere con I nostri con I nostri bambini: dire loro ehi guarda che io non so come si fa questo lavoro, lo sto imparando, non so come si fa il genitore, non so come si fa l'insegnante, non so come si gestiscono le emozioni nemmeno le mie ma lo sto imparando.

E poi quando facciamo imparando. E poi quando facciamo questo lavoro loro hanno anche una base sulla quale contestarci perché noi stessi diciamo loro che I nostri comportamenti non ci piacciono, diciamo loro quali comportamenti vogliamo cambiare di noi stessi, nostri, non loro, e così quando poi non ci riusciamo e quando ricadiamo in quei comportamenti che volevamo cambiare sono loro I primi a dirci mamma maestra mi avevi detto che non volevi urlare e allora noi a quel punto possiamo premere quell'interruttore di pausa fare testimonianza, I pensieri e le riflessioni di una persona che stimo profondamente e che lavora a scuola, in questo caso proprio con adolescenti. Finora abbiamo parlato più di bambini preadolescenti, ma qua entriamo proprio nell'adolescenza. Questa persona è Eleonora Orsi che forse conoscete già perché è stata ospite in questo podcast nell'episodio centotrentacinque in cui abbiamo proprio parlato di disregolazione nell'adolescenza con una riflessione più ampia e e generale, quindi già avevamo fatto questo parallelismo tra le crisi in queste due fasi d'età nell'infanzia e nell'adolescenza, ma in questo caso volevo proprio chiederle un parere più specifico su questa situazione più puntuale, su questo sentirsi non rispettati e come riuscire a bypassare quella sensazione per offrire quell'alternativa agli studenti o ai nostri figli, perché quella alternativa è proprio ciò che crea la collaborazione.

E quindi ve lo offro così, vi lascio ascoltare direttamente le sue parole e io tra l'altro non le ho ancora ascoltate. A volte quando c'è una persona che già conosco e che mi lascia un intervento mi piace fare questa cosa e godermi poi la sorpresa

Speaker 2: e e chiuderò. Ciao Carlotta e ciao a tutte le persone che ci ascoltano, grazie per avermi chiesto un contributo. Quando sento raccontare di episodi in cui un insegnante o una figura educativa si è sentita frustrata o a disagio per parole oppure trattamenti che ricevuto da parte di un bambino, di un ragazzo, di uno studente, mi tornano alla mente I tempi in cui io insegnavo per la prima volta. Nel mio primo anno di insegnamento io ero una supplente in una classe di scuola media, quella che ora si chiama secondaria di primo grado, e sostituivo un insegnante molto amata, molto competente, molto in gamba, con più esperienza di me e a cui I ragazzi e le ragazze si erano affezionati tanto. Quindi io mi sono inserita con queste premesse all'interno di un consiglio di classe dove ero l'ultima arrivata, la più giovane, la più inesperta e appunto andavo a sostituire una figura di riferimento.

Sentivo su di me della pressione. In questa situazione mi è successo che un ragazzino, che era un ragazzino con una storia particolare perché dolorosa alle spalle, un ragazzino che aveva anche delle caratteristiche un po' difficili da gestire ecco questo ragazzo si comportava con me in dei modi che io reputavo intollerabili, inaccettabili e di fronte ai quali facevo molta fatica a reagire rimanendo lucida, rimanendo salda e rimanendo sicura del mio ruolo e lui si comportava, diremmo comunemente, malissimo. Non riuscivo a contenerlo, si agitava tanto, a volte addirittura si metteva in piedi sul banco, faceva dei versi e diceva cose inopportune, a volte mi trattava come se fosse una sua amica, quindi magari cercava con me lo scherzo, la presa in giro ma sempre usando un lessico che io non reputavo adeguato e insomma tutte queste cose lui non le faceva con gli altri insegnanti del consiglio di classe per cui ero estremamente frustrata, estremamente in imbarazzo anche, Mi vergognavo davanti a loro perché ero certa che pensassero che ero un incapace, che non sapeva gestire la situazione e poi comunque mi arrabbiavo tantissimo con questo ragazzo. Adesso lo chiamerò Andrea per comodità, perché forse mi potrebbe venire spontaneo utilizzare il suo nome.

Chiaramente Andrea un nome inventato. Io non sapevo come fare con Andrea. Le cose sono migliorate molto dal momento in cui le mie colleghe, perché poi eravamo un consiglio di classe tutto al femminile, si sono accorte che forse potevamo tutte quante avere bisogno d'aiuto, perché comunque io avevo questo problema nello specifico con Andrea, ma un po' in generale la classe era tosta, ci metteva alla prova e quindi invitarono a fare un incontro con noi, una persona autorevole, di esperienza, una persona molto in gamba, nello specifico una neuropsichiatra e questa persona disse una cosa che mi illuminò e cambiò completamente la mia prospettiva, il mio modo di vivere il mio tempo in classe con Andrea, perché lei, una volta ascoltati I miei racconti e il mio sfogo, mi fece capire che io non ero la professoressa verso la quale Andrea aveva una considerazione peggiore, non ero quella che lui credeva di poter trattare male, ma io forse ero proprio la sua insegnante preferita e forse risvegliavo in lui sensazioni ed emozioni così belle che faceva tanta fatica a dominarle e a gestirle in un modo considerato comunemente adeguato Forse inoltre ero la sola con la quale lui si sentisse di poter calcare un po' la mano.

Forse mi stava mettendo un po' alla prova, stava un po' testando il mio limite, forse stava cercando che io gli dessi un limite. Mi stava come chiedendo: tu che per me sembri un adulto degno di fiducia, per favore, continuimi e forse si sentiva anche, proprio per una fiducia che aveva maturato nei miei confronti, forse si sentiva di poter tirare la corda con la certezza che io comunque non lo avrei rifiutato, non lo avrei abbandonato, non l'avrei disconosciuto e non avrei smesso di volergli bene. Questa cosa che mi disse la neuropsichiatra mi aiutò molto, non risolse da un giorno all'altro le mie difficoltà con Andrea o le sue difficoltà a relazionarsi in classe in un modo modo sostenibile, ecco. Però cambiò il mio modo di pensare e avere un modo di pensare che ti sostiene, che ti dà coraggio, è estremamente positivo per il lavoro in classe insieme, per costruire insieme una comunità basata su relazioni educative sane, forti e belle e quindi io iniziai ad entrare in classe con più fiducia in me stessa, forte di questo quasi segreto che io sentivo di avere con Andrea, cioè nel momento in cui lui cominciava ad agitarsi, io in cuor mio anziché prendere la tangente e iniziare a colpevolizzarmi e a pensare 'ecco, vedi, e e mi dicevo solo io lo so, forse non se ne rende conto nemmeno di lui, quindi qui siamo in venti in venticinque, solo io so che lui con un linguaggio difficile da leggere e da interpretare sta cercando di dirmi quanto desidera sentirsi voluto bene da me e sta cercando di dirmi quanto si fida di me.

Questa certezza, perché io ci ho creduto in questa cosa, ci ho voluto credere e ho voluto avere fiducia e questa certezza ad esempio, mi ricordo, un giorno lui si mise a gridare completamente fuori contesto in un momento in cui io richiedevo concentrazione e silenzio, si mise a gridare per la presenza di un ragno e io so che se quella cosa fosse successa qualche mese prima mi sarei arrabbiata un sacco invece in quel momento il segreto che custodivo, chiamiamolo così, mi dato la forza per respirare, fermare la lezione e cogliere lo spunto che Andrea ci offriva per metterci tutti insieme ad osservare quel ragno. Questa cosa non si può fare sempre, non è sempre possibile, però si deve procedere per tentativi e poi se in un singolo giorno c'è la possibilità di fare un gesto così è salvifico. Cioè poi ci si porta addosso il beneficio di quel singolo gesto per settimane, per mesi o addirittura diventa una svolta che nutre il lavoro di tutto l'anno. E l'altra cosa che mi viene in mente e che riguarda sempre sì quel primo anno di insegnamento, quel ragazzino che si chiama Andrea, che chiamiamo Andrea, ma riguarda che si chiama Andrea, che chiamiamo Andrea, ma riguarda poi anche tutti gli anni successivi e questa è una cosa che ogni tanto mi ripeto ancora oggi io mi rendo conto che facilmente mentre lavoriamo noi insegnanti o noi educatori ci auto osserviamo e ci auto giudichiamo con una certa severità.

Io credo che sia importantissimo mettersi in discussione passo dopo passo, attimo dopo attimo, io lo faccio sempre, ma bisogna farlo in maniera costruttiva e non in maniera distruttiva, giudicandoci con ferocia. E una cosa, ad esempio, sbagliata che io facevo era costantemente tentare, soprattutto all'inizio, di imitare con il mio stile educativo ciò che vedevo veniva bene ai miei colleghi. Quindi, ad esempio, io osservavo I colleghi che avevano maggiore esperienza e vedevo che con loro I ragazzi, le ragazze, I bambini, le bambine non si permettevano di prendersi certe libertà, non dicevano parole fuori posto, non si comportavano tra virgolette male, non esageravano, non eccedevano con la vivacità però io vedevo questi comportamenti che mi sembravano adeguati e nella mia testa scattava il pensiero: allora anche io devo riprodurre lo stile del mio collega o della mia collega e ci provavo e mi mettevo a recitare una parte, ma quella parte io non potevo incarnarla perché non corrispondeva al mio cuore, alla mia indole, al mio modo di fare, cioè ognuno di noi deve evitare, a mio parere, di fare confronti con I colleghi perché fare un confronto rischia di farci sentire quasi invidiosi, frustrati, ci fa sorgere domande come: ma perché questi ragazzini con lui portano rispetto?

E di conseguenza poi il proseguimento della frase per forza di cose è: non portano rispetto a me. E questa frase ma perché non mi portano rispetto? Poi scava come delle voragini dentro di noi e ci fa giudicare I nostri studenti maleducati, e poco rispettosi e quindi a volte addirittura crudeli li vediamo, quando magari semplicemente loro stanno cercando di costruire una relazione con noi che è una relazione unica e sarà una relazione differente rispetto a quella che hanno costruito con il nostro collega. Poi magari da fuori la relazione che gli studenti hanno col nostro collega ci piace di più di quella che I nostri studenti hanno con noi, ma magari l'hanno costruita in anni di tempo e forse non è nemmeno detto che sia così sana, bella e positiva come noi la vediamo da fuori. Adesso non voglio insinuare cose sbagliate, però non possiamo sapere dentro quella relazione fino in fondo che cosa c'è e noi dobbiamo curarci della nostra, dobbiamo curarci che il nostro stare di fronte alle domande e alle provocazioni anche un po' dei nostri studenti sia autentico, il nostro starci deve essere autentico, deve essere nostro, non deve imitare altri modelli forzatamente, va bene, è bellissimo prendere spunto, prendere ispirazione, copiare quasi un po' I copioni tra virgolette utilizzati dagli altri.

So che poi questo è un termine anche caro Carlotta che mi piace molto e questo va bene, purché però lo sentiamo combaciante in qualche modo col nostro cuore e non estraneo a noi, perché altrimenti I bambini e ragazzi se ne accorgono e la relazione si guasta o addirittura non decolla mai. E allora che cosa posso fare se un ragazzino, una ragazzina, un bambino, una bambina si permette di dirmi qualcosa che non è a mio avviso adeguato, che non è opportuno? Allora qui di risposte potrebbero essercene moltissime e variano tanto in base al contesto, in base alla relazione che c'è anche in base all'età dell'individuo di cui parliamo, in base alla situazione poi a volte in classe, se la classe è numerosa, se la classe è un po' turbolenta non si nemmeno il tempo materiale purtroppo per fare delle azioni educative davvero ben ragionate per questo motivo io credo vale la pena porsela in anticipo la domanda prima che si presenti la situazione, consapevoli che si cercherà di fare il meglio che si può con le circostanze che si hanno e quel meglio che si può non è detto che sia in assoluto ottimale, però insomma ci si provano, si fa del proprio meglio.

Che cosa si può fare in quei casi? Allora quello che io sperimento è che le parole vanno scelte bene e devono essere sincere, dirette, gentili ma allo stesso tempo decise e poche. Fare lunghi discorsi un momento meno caldo, in un secondo momento, in disparte, un'ora dopo, il giorno dopo rispetto all'episodio critico, anche la settimana dopo, poi dipende dall'età che questi studenti o studentesse hanno. Sul momento invece credo si debba cercare di agire in una maniera limpida e chiara ma un po' circoscritta il mio consiglio è sempre di prendere sul serio quello che ci viene detto e prendere sul serio che cosa significa per me? Allora significa non mostrare facce espressioni o esclamazioni scandalizzate Questa cosa che hai detto è così fuori posto che io adulto vacillo e mi scandalizzo, quindi non mostrarsi scandalizzati ma far vedere che si recepisce con serietà ciò che è stato detto dalla piccola persona che ho davanti.

Dimostrarvi che lo sto prendendo sul serio. Ad esempio potrei fare una domanda del tipo: ma invento un nome 'ma Sara perché mi stai dicendo questa cosa in questo momento? Mi interessa capirlo'. E se il bambino bambina, ragazzino o ragazzina mi ascolta magari può innescare in sé un ragionamento e si può accorgere che non è tanto che non è tanto opportuna quella cosa che detto, oppure potrebbe stupirmi dandomi una motivazione interessante. Oppure se la situazione mi sembra veramente un po' grave, la vivo in maniera davvero pesante e non c'è nemmeno il contesto giusto per poterne parlare con lucidità e gentilezza, io posso essere un po' ferma e dire qualcosa come fermati un momento, questa cosa che mi stai dicendo adesso non è proprio opportuna, non voglio cancellarla, ne parliamo in un altro momento ma adesso non ci sto, basta e in certi casi anche questo è necessario.

Oppure mi viene in mente una terza opzione ma è da valutare davvero sul momento e davvero con tutta la presenza di cui siamo capaci a volte certe cose che ci vengono dette vanno un po' ridimensionate e vanno non sminuite, assolutamente no, ma vanno messe un po' su un piano figurato e meno letterale vanno un pochino ironizzate quasi, cioè se la cosa che mi è stata detta non è estremamente grave, non è estremamente pesante ma è inopportuno ed è fuori posto, io devo capire se posso permettermi di fare quasi con un sorriso spallucce e puntare su altro. Spero non venga frainteso questo discorso perché per me la prima cosa è prendere sul serio quello che noi educatori riceviamo ma talvolta alleggerire un po' l'atmosfera può comunicare al bambino, che mi lanciato una sorta di provocazione, può comunicare a quel bambino che non mi sono scandalizzata e sono pronta a continuare a lavorare con lui. Voglio fare qualche piccola precisazione: ho usato talvolta la parola

Carlotta: provocazione, questa è una parola che viene usata spesso in maniera negativa,

Speaker 2: un'accezione negativa, ma intendo che a volte I nostri studenti studentesse, figli, figlie eccetera, ci dicono delle cose per provocare in noi una risposta, per provocare, cioè per chiamare una nostra risposta, una nostra reazione. Ed effettivamente veniamo provocati, veniamo interrogati, quindi uso questa parola in questo modo. Voglio dire un'ultima cosa: a me piace molto condividere I pensieri che mi sorgono in classe mentre mi relaziono con I miei studenti e lo faccio facendo un po' di divulgazione su Instagram e spesso racconto in maniera molto dettagliata il percorso che il mio pensiero compie. Quando sto di fronte alle qualcuno leggendo I miei racconti a volte mi dice: cavolo, ma fatti un po' meno viaggi mentali, ma non analizzare tutta questa roba. Invece, a parte che per me analizzare il mio pensiero è bello, è un'avventura appassionante che mi dà molta gioia, ma per me è importante spezzettare in piccole briciole, in piccoli tasselli il nostro pensiero senza aver paura di farlo, consapevoli che possiamo guardare tutti I nostri pensieri senza necessariamente fonderci con tutti loro e senza necessariamente mettere in pratica necessariamente fonderci con tutti loro e senza necessariamente mettere in pratica tutto quello che abbiamo pensato, ma è importante guardare I nostri pensieri e imparare a seguirne il percorso perché di fronte a un comportamento che reputiamo inadeguato di un bambino o di un ragazzino è proprio importante per noi educatori capire da dove viene la nostra opinione rispetto a quel pensiero.

Cioè, un bambino mi dice una cosa: io giudico che quella cosa è inadeguata, perché la giudico inadeguata? Questa domanda non ci deve far paura, non è una domanda che serve a giustificare o legittimare frasi poco consone che ci

Eleonora: vengano rivolte, frasi poco rispettose.

Speaker 2: Non serve a giustificare o a rispettose, non serve a giustificare o a legittimare cose brutte che ci vengano dette, ma serve a noi per capire se il nostro potenziale rimprovero arriverebbe da uno stereotipo, qualcosa che ci è stato inculcato, qualcosa in cui invece crediamo veramente, una posizione educativa costruttiva, una posizione autoritaria, un gioco di potere, un desiderio di bene per quel bambino, eccetera eccetera. Quindi non bisogna aver paura di porsi domande, di prendersi anche un po' di tempo a volte prima di reagire, perché piuttosto che reagire è sempre meglio rispondere, cioè prendersi un po' di tempo e non essere proprio immediati, talvolta, ma mediare la nostra risposta attraverso la riflessione. Certo, a volte si può fare, a volte no, ma se ci abituiamo a riflettere poi piano piano, anche nel momento tra virgolette dell'emergenza, sappiamo agire con un piccolo tesoro di strumenti validi già a nostra disposizione senza bisogno di crearli in due secondi così sul momento è tutto qua mando un abbraccione gigante a Carlotta grazie grazie mille

Carlotta: Grazie ancora una volta Nora per averci donato questa riflessione che io ancora non conosco ma non vedo l'ora di ascoltare e con questo credo che per oggi è tutto so che è stato un episodio un pochino diverso non abbiamo parlato nello specifico di rispetto anche se pensavamo di andare lì ma abbiamo parlato di qualcosa molto più importante del rispetto, abbiamo parlato delle nostre reazioni perché il rispetto è a due corsie come diciamo sempre, lo dico da rispetto se prima non lo diamo, urlare, punire, umiliare, questo non è rispetto e lo so che tanti di noi sono cresciuti pensando che non ci sia alternativa ma io so io lo so che ho che c'è alternativa c'è un'alternativa e l'alternativa è educare noi per primi e quindi è per questo che spero che questo episodio anche se non vi ho dato come dire spunti pratici che sapete che a me piace sempre passare dalla teoria alla pratica anche se non vi ho dato spunti pratici su quello che è come farvi rispettare a scuola dai vostri studenti spero davvero che queste conversazioni possano piantare dei semini e che questi semini piano piano annaffiandoli possano germogliare, e per annaffiarli non serve acqua, serve lavoro, serve soltanto lavoro, serve il lavoro che se sei qui ad ascoltare questo podcast probabilmente hai deciso di fare, serve il lavoro che se stai facendo il mio percorso per educare a lungo termine sicuramente hai deciso di fare, e serve quel lavoro costante, quel lavoro di speranza, in inglese lo chiamerei quasi un lip of fait, è un salto di speranza, non so come si come si definisce in italiano, però è un lavoro che non sappiamo quando vedremo I frutti e li vedremo solo quando li riconosceremo, ma I primi frutti li riconosceremo prima di tutto in noi, li riconosceremo prima di tutto in un cambio in un cambiamento dei nostri comportamenti, li riconosceremo quando quando appunto di fronte a quel comportamento di quel bambino di quel ragazzo non ci sentiremo non sentiremo una mancanza di rispetto ma vedremo una persona che sta facendo fatica e sapremo sederci in quella fatica insieme a lui o insieme a lei.

Perché è proprio in quel momento quando ci sediamo vicino a lui vicino a lei e offriamo a questa persona che finora ricevuto soltanto umiliazioni, urla, punizioni, rabbia, frustrazione, quando offriamo a questa persona un'alternativa io vi assicuro che a lungo termine questa persona la prende l'alternativa, la accoglie perché tutti nessuno escluso abbiamo bisogno intrinseco di sentirci connessi con gli altri, di sentirci accettati, di sentirci ascoltati, di sentire che I nostri bisogni sono capiti da qualcuno, vengono capiti e vengono presi in considerazione, e quando noi offriamo questo magari non succederà la prima volta, ma l'ho visto con I miei figli e penso che continuerò a vederlo in ogni fase della nostra età della della nostra vita, e l'ho visto indirettamente in migliaia di famiglie e in migliaia di classi a scuola quando noi riusciamo ad offrire quella connessione che nessuno dato loro prima, prima o poi, loro l'accettano, l'accolgono e ce la restituiscono con gli interessi. Basta, vi do appuntamento al prossimo venerdì con un altro episodio di Educare con calma, nel frattempo vi ricordo che se volete commentare, e mi piacerebbe tantissimo che lo facciate, venitevi alla conversazione, potete farlo su latella punto com barra podcast andando a cercare il numero dell'episodio o scrivendo nella lente in alto a destra sul sito il titolo dell'episodio.

E queste conversazioni sono veramente molto belle quando si sviluppano nei commenti perché ognuna, ogni commento, ogni riflessione, ogni spunto aggiunge qualcosa e piano piano si costruisce quella ragnatela di pensieri che tanto mi è cara.

Hai modifiche non salvate -
Grazie, podcast molto utile, mi ha acceso una lucetta nel cuore..
💜
Hai modifiche non salvate -
Bellissimo l'intervento di Eleonora. Bellissimo questo "segreto" che custodiva nel cuore e che davvero può cambiare l'approccio. Grazie Eleonora, grazie Carlotta!
Hai modifiche non salvate -
Sono molto contenta di sapere che volete ampliare i temi della tela all'adolescenza! Mio figlio ha 9 anni e sento già qualche sentore di adolescenza... aspetto di leggervi!! Grazie!!
Hai modifiche non salvate -
Episodio bellissimo e Nora è quella voce del cuore che ti dona autenticità e sollievo.
Da quando ho scoperto la Tela,anche il mio spazio di lavoro,ha avuto delle ricadute positive.
Le strategie illustrate da Nora sono estremamente valide.
Importante è stabilire connessione autentica ma anche autentica distanza quando non sembra che vogliano collaborare con noi.
Ciò è legittimo ed è importante capire che al contrario ,fa parte dell' educazione tradizionale ricevuta, aspettarsi obbedienza.
Importante è aiutare a sviluppare senso critico nelle nostre piccole persone ed entrare nell' ottica che anche noi insegnanti possiamo e dobbiamo essere messi in discussione, quando sbagliamo o incorriamo nell' errore.
Grazie davvero!
Hai detto tutto, cara Valentina! Spirito critico è la parola chiave 💜
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Grazie per aver portato luce su un tema così delicato e reale. Le parole di Eleonora Orsi mi hanno ricordato quanto la relazione venga prima della regola. Un episodio da ascoltare con il cuore aperto. C’è tanta verità in queste testimonianze. Cambiare approccio è difficile, soprattutto quando siamo cresciuti o formati dentro modelli autoritari. Ma è possibile. Mi ci sono ritrovata completamente. L’equilibrio tra contenere e accogliere è ogni giorno una sfida. Grazie per aver dato voce a queste fatiche, spesso taciute o giudicate. Contenuti come questi dovrebbero essere parte integrante dei percorsi formativi di ogni insegnante. Grazie per la profondità, la delicatezza e l’autenticità con cui trattate questi temi. Educare con calma  è uno spazio necessario. Ogni episodio è una carezza e una provocazione insieme. Continuate così! ♥️
Ciao Monika, grazie 💜
È proprio quello che stiamo già facendo, con il progetto La Tela Teachers e tanti insegnanti che si sono già unitǝ, proviamo a portare il cambiamento nella scuola dal basso! ✨
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Vi devo profondamente ringraziare. Ieri è stata una giornata terribile: oltre a mia figlia di 10 anni che urlava in mezzo alla piazza di scuola, ho avuto dopo anche mio figlio di 6 anni che mi ha tirato un pugno. Quello è stato il massimo: avevo resistito a tutte le provocazioni della grande, ma il pugno è stato troppo. E mi sono messa ad urlare e a minacciare. A sera ho cer ato di riparare dicendo loro che tutti, me compresa, dobb amo trovare un modo per esprimere la rabbia in modo sicuro per sé e gli altri. Ma stamattina mi sono sentita proprio come racconta Eleonora in questa testimonianza: sola, completamente sbagliata, una cattiva madre. Avevo sbagliato tutto. Ma poi ho sentito questo podcast e mi ha aiutata parecchio. Mia figlia è un'adolescente precoce, e io confido che tutta la sua rabbia sia un modo per dirmi: "guardami mamma, sono qui, cosa mi sta succedendo?". Voglio anch'io sperare in positivo come Eleonora, perché è l'unico modo che ho per andare avanti. Grazie della testimonianza e grazie degli interventi sempre molto utili.
Grazie a te Elisa, il tuo provare a guardare oltre i comportamenti dei tuoi figli è qualcosa di profondamente importante. 💜

Ed è vero, hai centrato il punto: la rabbia è un'emozione valida, come le altre, ma ci va del lavoro per imparare a gestire (e scegliere) le nostre reazioni. E questo vale sia per le piccole persone che (soprattutto) per noi – per questo Carlotta ha dedicato a questa emozione un'intera categoria del Percorso per educare a lungo termine.

Percorso / Rabbia
Cambia gli strumenti per gestire la rabbia
E se le pratiche classiche per gestire la rabbia fossero sbagliate?
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