233. Terapia e auto aiuto sono complementari: lo dicono anche le psicologhe!
In questo episodio di Educare con calma rifletto sul rapporto tra il valore dei titoli professionali e le competenze oggettive: vediamo perché un titolo da solo non basta a garantire la qualità del lavoro di una persona.
Vi parlo anche di come il percorso di crescita personale di ciascuno di noi può essere alimentato sia dall’autoapprendimento, sia dal sostegno di un/una professionista, quando necessario. Sono due strade che non si escludono, anzi, possono arricchirsi a vicenda.
Ed è proprio quello che molte psicologhe e psicoterapeute spesso mi dicono: in questo episodio ho raccolto alcune testimonianze di quanto La Tela sia utile anche al loro lavoro. Ce lo raccontano quattro professioniste: Ilaria Dalla Ca', Stefania Montagna, Francesca Amerini e Antonella Orsini.
È anche per questo che credo profondamente che i nostri lavori non siano in competizione ma si completino, ciascuno con i propri punti di forza.
Un grazie speciale a
Carlotta: Benvenuti e benvenute a un nuovo episodio di Educare con calma. Oggi come promesso riprendo il tema dell'episodio che è uscito venerdì scorso per sviluppare una riflessione su una sfumatura diversa. Mi riferisco all'episodio in cui vi ho condiviso il messaggio che mi è arrivato da un genitore dopo una diretta che io e Alex avevamo fatto sulla tela per condividere la nostra fatica di coppia e come avevamo iniziato a navigarla. Se avete l'abbonamento, lo ripeto anche oggi, la diretta la trovate salvata in dirette passate nella sezione crescita personale. Come vi dicevo, dopo la diretta mi è arrivato il messaggio di una mamma che l'aveva seguita con il suo compagno nella speranza di usare quell'occasione come un momento di connessione, di riflessione condivisa sull'educazione che lei aveva scelto e anche sulla fatica che sentiva nella sua coppia.
Ma si era poi ritrovata davanti al rifiuto e al giudizio del partner. Non vi leggo di nuovo il messaggio, potete recuperarlo nell'episodio precedente, ma vi riassumo brevemente il senso. Questo papà diceva che non si sarebbe fatto dare consigli da persone come me e Alex che come stile di vita viaggiano al mondo senza dare radici ai propri figli. Questa è la frase che lui detto. Una frase ostile, una frase giudicante, che nasconde in realtà la paura di ciò che è diverso, di ciò che si allontana dai nostri standard.
Ma non voglio approfondire questo aspetto perché di questo appunto ho parlato nell'episodio precedente. In più, però, questo papà diceva e leggo testualmente lei riferito a me lei non una laurea in psicologia infantile quindi non le competenze. Ecco, questa è una delle parti di quel messaggio che mi colpito di più e che mette in risalto uno dei temi che da quando ho creato la tela oltre dieci anni fa mi stanno più a cuore: il valore dei titoli professionali come unico elemento possibile per validare le riflessioni, I contenuti e in generale il lavoro delle persone. E questo è proprio ciò di cui vorrei parlarvi oggi. È un po' una conversazione scomoda, sicuramente, ma sapete che io amo le conversazioni scomode, credo che siano il motore di ogni cambiamento, e quindi addentriamoci!
Prima di tutto chiarisco che questo papà ragione, io non ho una laurea in psicologia infantile, lo dico anche nella pagina sul sito in cui mi presento e non solo non me ne vergogno, non solo penso di avere nonostante io non abbia quel pezzettino di carta tutte le competenze necessarie e anzi molte di più per aiutare le famiglie a educare diversamente, per diffondere l'educazione a lungo termine, che è un concetto che tra l'altro ho inventato io, ho creato io. Non solo non ho alcuna sindrome dell'impostore perché conosco bene la mia formazione continua e quindi il mio valore. Ma oltre a tutto questo che vi ho appena detto penso anche che non avere quel titolo sia una delle mie personali, grandissime forze, una delle mie più grandi forze. So che potrebbe stupirvi, viviamo in un mondo, soprattutto in Italia devo dire, in cui il titolo professionale è spesso considerato l'unico metro di misura della competenza. E vorrei che fosse chiaro, con queste parole, con questo episodio non sto sminuendo il valore di un titolo, perché anche dietro quel titolo ci sono anni di studio, di fatica e sicuramente tanta tanta tanta passione.
Quello che vorrei comunicare è che io, come tantissime altre professioniste del mio settore che non hanno una laurea in psicologia infantile, ho altrettanti anni di formazione, altrettanti anni di studio, di fatica e grandissima passione alle spalle e forse anche molto di più di tutto questo, perché io in realtà non smetto mai di studiare, non smetto mai di formarmi, di partecipare a webinar, di leggere studi, ricerche, libri sulle tematiche che mi stanno a cuore e di cui parlo sulla tela. Non c'è mai una tematica di cui io parli sulla tela, di cui io non abbia letto estensivamente, è una parola che si usa, tutto ciò che c'è da leggere. Ed è questo studio continuo e questa formazione continua che fa il professionista o la professionista e anzi I professionisti e le professioniste che stimo di più nel campo dell'educazione, della salute mentale, del benessere mentale, sanno, come me, che non basta un titolo per essere un bravo professionista, per essere una brava professionista. Ci sono persone che dopo il titolo si fermano nella propria evoluzione e formazione e che ancora oggi nel duemila venticinque nelle sessioni con I genitori consigliano metodi che sono ormai superati, che sono arcaici e che sappiamo non essere più validi.
Oggi abbiamo molta più informazione sul perché I bambini per esempio si comportano in un certo modo, sul perché noi genitori rispondiamo a quei comportamenti in un certo modo, su come scegliere un'alternativa. Eppure ancora moltissimi genitori mi raccontano che il loro psicologo, la loro psicologa consiglia di, per esempio, punire I figli, di far vedere chi comanda anche con una sculacciata, di chiudere I figli in camera a chiave. E non me le sto inventando. Ricevo tantissime testimonianze di questo tipo quasi ogni giorno. E secondo me questo è inaccettabile.
E poi ci sono persone che, come me, senza un titolo da psicologa da psicologo hanno esperienza, studio, approfondimento, capacità di trasmettere conoscenza e valore perché non smettono mai nemmeno per un secondo di informarsi, di approfondire la conoscenza, studiare, di mettersi loro stessi in dubbio e in gioco, che è fondamentale per poter aiutare davvero gli altri. Ora, non fraintendetemi, sicuramente anche con un titolo io avrei continuato a studiare incessantemente, proprio come fanno tantissimi altri professionisti professioniste che hanno una laurea in psicologia. Ma credo davvero che aver scelto di non prendere quel titolo, perché è stata una scelta, in questi dieci anni io avrei potuto prendere due lauree e invece ho scelto di investire il mio tempo in altro tipo di formazione. Tipo di formazione. Ecco, aver scelto di non prendere quel titolo mi permesso anche di non sentirmi mai arrivata.
Mi sempre mantenuta umile, mi sempre spronata a continuare a studiare, a informarmi, a partecipare a corsi di formazione. E certo, magari non ti citerò la sindrome di X o il complesso di Y, che tra l'altro probabilmente non citerei nemmeno se lo fossi psicologa, perché troverei un altro modo per aiutare senza mettere in scatola, proprio come faccio sulla tela, ma conosco il mio valore e so che il mio lavoro è molto valido e basi solidissime e sempre aggiornate, perché come sapete non ho paura di mettermi in dubbio, non ho paura neanche di ammettere se qualcosa che dicevo cinque anni fa oggi non è più valida in base a nuove scoperte, in base a nuove ricerche, nuovi studi. E quindi sono sicura che la formazione da autodidatta che ho fatto mi dato tantissimi benefici e che per me è stata la strada giusta, più di un percorso di formazione strutturato, perché mi dato molto di più di un titolo, mi restituito una capacità di introspezione, strumenti per lavorare su di me, perché spesso la mia formazione coincideva proprio con ciò di cui io avevo bisogno nella mia vita, in quella fase della mia vita, in quella fase della relazione con I miei figli, in quella fase della relazione con mio marito.
Ed è quindi stato come imparare la teoria e metterla subito in pratica, che è ciò che ho sempre fatto. Io non vi ho mai parlato sulla tela di qualcosa che non ho vissuto in prima persona. Quando io ho iniziato a parlare sulla tela di Montessori ho sempre parlato della teoria montessoriana applicata alla famiglia, applicata alla casa, perché quello era ciò che sapevo, era ciò che avevo fatto in casa mia, nonostante io sia certificata, ami per le fasce d'età tre sei e sei dodici, io non ho mai lavorato in una scuola come insegnante montessoriana e quindi non parlerei mai di come funziona a scuola da insegnante che gestisce trenta bambini. Chiedo a persone che lo sanno di parlarvene sulla tela. Io invece vi parlo di come funziona l'aula montessoriana, delle ore che ho passato ad osservare le insegnanti e gli insegnanti che lavorano in una scuola montessoriana, delle ore che ho passato con loro a farmi spiegare come funziona l'ambiente, come si prepara un materiale, eccetera, eccetera, eccetera.
Ecco, io vi parlo della teoria applicata alla pratica perché è quello che io penso sia più utile ai genitori e per me la tela non esisterebbe se non fosse utile, se non fosse qualcosa che le persone, I genitori, le famiglie possono prendere e applicare da oggi alla propria educazione, alla propria casa, alla propria famiglia. Ed è tra l'altro lo stesso concetto che io applico nella genitorialità, nel mio percorso. Io raramente parlo di età dei miei figli che non ho ancora vissuto. Mi è stato chiesto di scrivere un libro sull'adolescenza. Non posso scrivere un libro sull'adolescenza perché io l'adolescenza dei miei figli non l'ho ancora vissuta.
Posso scrivere un libro sulla mia adolescenza, ma non su quella dei miei figli. E quindi come posso insegnare a voi genitori a gestire l'adolescenza dei vostri figli? Adesso, per esempio, sto iniziando a creare contenuti sulla preadolescenza, perché vedo chiaramente che ci siamo dentro a gonfie vele e quindi la tela cresce con noi, proprio perché credo che questa teoria messa in pratica sia fondamentale e credo che sia proprio per questo che tanti genitori si sentono visti e capiti e non giudicati sulla tela quando leggono I miei contenuti perché quel lavoro l'ho fatto anche io La maggior parte di quegli strumenti li ho usati io per prima. Ho chiesto a mio marito io per prima di iniziare ad utilizzarli. Abbiamo aggiustato il tiro quando vedevamo che non funzionavano, per me come funzionavano per lui o viceversa.
Abbiamo aggiustato il tiro quando ci rendevamo conto che uno strumento non funzionava per la nostra famiglia ed è per questo che ripeto sempre gli strumenti non sono a taglia unica gli strumenti vanno presi e adattati a chi siamo noi, alla nostra famiglia, ai nostri figli, alla nostra casa. E a volte capita ed è capitato anche a me che questi strumenti da soli non bastassero, perché da sola non riuscivo a sciogliere un nodo che sentivo più complesso. E allora mi sono affidata alla terapia, e spesso il mio psicologo, quello che faceva parlo al passato perché in questo momento non sto andando non sono in terapia quello che faceva era mostrarmi che avevo già tutti gli strumenti nella mia cassettina degli attrezzi e aiutarmi a vedere la situazione attraverso lenti oggettive. E questo per me è mio occhiale oggettivo, posso contare su di lui per dirmi esattamente quello che lui vede da fuori. Mentre invece è più difficile nella nostra relazione di coppia, anzi impossibile nella nostra relazione di coppia, affidarmi a lui per l'occhiale oggettivo ed è per questo che la terapia è entrata in gioco.
Ma questo è proprio l'aspetto chiave del messaggio che voglio comunicare oggi. Io credo fortemente nei corsi online e nella capacità di moltissime persone come me di fare un'evoluzione da autodidatta e ho visto con I miei occhi migliaia di persone riuscirci sulla tela negli ultimi dieci anni con il percorso. Se non credessi questo non farei il lavoro che faccio. Ma credo anche tantissimo nel beneficiare di un supporto esterno di un professionista del benessere mentale, di una professionista del benessere mentale, quando ci si sente bloccati, quando si sente che I nodi sono troppo stretti per scioglierli da soli. Chiedere aiuto è un grandissimo atto di cura di sé e a volte quel supporto è necessario perché ci sono fatiche, ferite, traumi su cui non possiamo lavorare in autonomia.
Abbiamo bisogno di quegli occhiali oggettivi. Terapia e auto aiuto non sono esclusivi, anzi possono completarsi a vicenda, sono due nelle nostre relazioni rispetto a nelle nostre relazioni rispetto a quel determinato trauma, quella determinata ferita, quella determinata fatica. Anzi, vi dirò di più: sulla tela ci sono moltissime psicologhe e psicoterapeute che seguono il percorso a scopo personale. E nel tour del libro moltissime professioniste sono venute da me a dirmi quanto sia importante la tela, quanto loro stesse la usino non solo per se stesse ma la consigliino a pazienti con cui lavorano. Alcune mi hanno anche detto che le aiuto a fare meglio il loro lavoro, sia perché e cito le parole di una di loro che mi sono rimaste nel cuore, sia perché sono brava ad aiutare le persone a mettere la teoria in pratica in un modo semplice e immediato e questo ve ne parlavo prima penso che sia proprio perché io questo lavoro di cui parlo sulla tela l'ho fatto in prima persona e anche perché I genitori grazie alla tela possono continuare a fare il lavoro a casa e anzi anche a trovare una comunità di persone che li faccia sentire meno soli in quel lavoro.
E anzi il mio stesso psicologo spesso mi consigliava dei corsi di auto aiuto, dei percorsi online, un libro, un episodio del podcast, una applicazione di mindfulness. Perché? Perché l'autoaiuto può diventare uno strumento della terapia, ma questo può succedere solo quando mia personalissima opinione I professionisti non hanno paura del lavoro altrui, non hanno paura della concorrenza, non hanno paura di persone come me che fanno un ottimo lavoro senza un titolo professionale. Quando non ci sono questi limiti, ecco che sì, la terapia acquista nuovi strumenti. Ed ecco perché da sempre dico che I nostri lavori sono complementari, non siamo in competizione, siamo in collaborazione.
I nostri lavori possono nutrirsi e supportarsi a vicenda, perché ognuno un suo punto di forza e non sono l'unica a dirlo o pensarlo. Quindi in questo episodio ho raccolto alcune testimonianze di psicologhe e psicoterapeute che fanno parte della comunità La tela che conoscono il valore del nostro lavoro e che possono aiutarci a riflettere su questo tema. Vi lascio ascoltare la prima testimonianza di Ilaria Dallaca, psicologa e psicoterapeuta e mamma di un bimbo.
L'ospite: Ciao a tutte e tutti, ciao Carlotta e ciao il team. Sono Ilaria, una psicologa psicoterapeuta e sono qui per condividere alcune riflessioni. La tela mi dato e continua a darmi l'opportunità di crescere a più livelli, tutti profondamente e inevitabilmente intrecciati fra di loro, come donna, come madre, come partner e come professionista. Nel mio lavoro il mio percorso personale entra, insieme ovviamente a molte altre cose, nella stanza di terapia come strumento al servizio delle persone che si affidano a me. Lavoro con gli adulti, ma lo spazio dell'incontro è molto più affollato di quanto si possa immaginare.
Non siamo mai solo una professionista e una donna o un uomo, ma in quel dialogo a due si dà voce a molte più parti di noi, parti che arrivano dal nostro passato, dai neonati, dalle bambine, dai preadolescenti e dalle adolescenti che siamo stati estate. Ecco perché per me è stata ed è così importante la tela. Mi dato l'ampia possibilità di riflettere sulla qualità del mio dialogo interno con tutte le sue parti e al contempo sulla qualità del dialogo che ho con mio figlio, con mio marito e le persone significative intorno a me. Conoscevo bene grazie ai preziosi percorsi di terapia personale che ho fatto e che continuo a fare quali fossero I miei nodi e come averne cura, ma il mio vocabolario emotivo e affettivo era scarno e ripetitivo e questo inevitabilmente mi toglieva la possibilità di vedere molte cose, di cogliere la complessità e le sfumature del mio sentire e del reale. La tela giorno dopo giorno enormemente arricchito il mio linguaggio, Non volevo più usare il critichese come lo definiva un mio docente di specializzazione, ma conoscevo poco l'alternativa, la desideravo ma non mi era chiara.
Oggi lo è e la porto nella stanza di terapia per offrirla a mia volta alle persone che si rivolgono a me, per conoscere le proprie ferite evolutive e imparare ad averne cura, partendo da un dialogo interno amorevole, accogliente, comprensivo, rispettoso, rispettoso, supportivo, empatico e focalizzato. Proprio quello che con la tela stiamo imparando a proporre nella relazione con I nostri figli e le nostre figlie. Ecco questo è davvero prezioso, e qui si intreccia il mio lavoro con quello della tela. Prima di tutto è fondamentale poter costruire una relazione nutriente con noi stessi e poi come modello potremo portarla nelle altre relazioni. Se mancano le fondamenta, faremo moltissima fatica.
Discrete relazioni intrapsichiche, quindi con noi stessi, possono evolvere e trasformarsi grazie a percorsi di autoaiuto, perché siamo esseri resilienti. A volte però la relazione con noi stessi è così compromessa da richiedere un percorso professionale con uno psicoterapeuta o uno psicoterapeuta, luogo dove avere cura delle proprie pene profonde e luogo di ricostruzione, di nuova vita, del rapporto con sé e di conseguenza poi con gli altri. Penso che il lavoro del team La tela sia potentissimo in termini di prevenzione, Se ogni genitore lavorasse nelle direzioni proposte, ci sarebbe certamente un generale aumento del benessere psicofisico nelle nostre figlie e nei nostri figli e in noi stessi e in noi stesse, e questo sarebbe un fattore altamente protettivo nei confronti del disagio psichico. E in noi stesse, e questo sarebbe un fattore altamente protettivo nei confronti del disagio psichico. Al contempo il lavoro della tela può essere uno strumento di messa a fuoco per chi si mette in discussione, di personali rigidità che potrebbero richiedere un percorso psicoterapeutico per essere sciolte.
Ecco, mi fermo qui anche se potrei parlarne per ore. Grazie di cuore per la vostra attenzione e l'ascolto e grazie a Carlotta per l'opportunità.
Carlotta: Voi non mi vedete, lo so, ma io ho I lacrimoni e anche la voce un po' rotta, perché ho piagnucolato tutto il tempo mentre ascoltavo Ilaria e niente un po' forse forse mi commossa così tanto perché mi mi messa davanti proprio con le sue parole un po' quella che era la visione della tela che avevo dieci anni fa, no? Forse che non sapevo neanche di avere dieci anni fa, ma che qualche anno fa mi è stata molto chiaro, ovvero questo posto in cui un genitore viene e può iniziare a fare quel lavoro per avvicinarsi al genitore che desidera essere, che scelto di essere, perché io questo lavoro l'ho fatto da sola ed è stato un lavoro incredibilmente solitario, non avevo una comunità, avevo strumenti in tante pagine web, in tanti corsi online, in tanti libri, ma non avevo un posto unico, una casa dove andare e fare questo lavoro e questo è quello che ho cercato di creare sulla tela. E inoltre le parole di Ilaria mi hanno fatto venire in mente quanto è vero che il lavoro su di sé sia anche un atto generazionale, quando un genitore si prende cura delle proprie ferite non sta solo curando se stesso ma sta anche rompendo catene e lasciando un'eredità diversa è una forma di prevenzione invisibile ma profondissima e anche io come Ilaria spero che sempre più genitori sceglieranno di fare questa prevenzione e spesso davvero non servono grandi gesti, spesso basta la consapevolezza di poter fare oggi un passo in più rispetto a quello che abbiamo ricevuto ieri, un passo più gentile rispetto a quello che hanno dato a noi che abbiamo visto nel nostro percorso.
L'educazione a lungo termine è proprio questo, è proprio rompere un ciclo generazionale. Grazie Ilaria per le tue parole. Vi lascio ascoltare la testimonianza di Stefania Montagna che e psicoterapeuta nonché mamma di due bimbi. Stefania fa parte della comunità di tutta la tela ed è stata presente a una delle presentazioni del mio libro nel duemila e ventiquattro.
Speaker 2: Ciao Carlotta, intanto grazie per queste domande. La tela mi aiuta nel percorso terapeutico con I pazienti quando emergono delle problematiche di natura educativa o delle difficoltà nelle relazioni con I propri figli o quando si apre un nuovo corso. La conoscenza la conoscenza della persona nella sua interezza anche se lavoriamo da prospettive diverse. A me piace lavorare per immagini e quindi è come se noi osservassimo l'intero iceberg. Siamo entrambi consapevoli della sua totalità.
Pertanto quando io lavoro con la parte sommersa spesso è necessario utilizzare delle tecniche efficaci anche per la parte emersa ossia la vita quotidiana e è quel ok ma come si fa? Allo stesso modo credo che con il vostro lavoro sulla parte emersa a volte richiede un approfondimento per andare a individuare dei blocchi, delle resistenze o delle credenze limitanti derivati da modelli disfunzionali. Un esempio concreto può essere il tempo per sé. Nel vostro lavoro date degli spunti preziosi e anche un modello fatte da modello Nel lavoro terapeutico invece cerco di capire perché è così difficile mettere in pratica e appunto affrontiamo le resistenze derivanti dagli occhiali che ognuno di noi che ci fa vedere e leggere il mondo in un determinato modo.
Carlotta: Grazie Stefania e tra l'altro quello che dice Stefania sull'iceberg secondo me è illuminante, è un po' quello che dicevo all'inizio: ci sono momenti in cui abbiamo bisogno di scendere in profondità, di lavorare sulle radici, sui traumi e per farlo la terapia è insostituibile. E poi c'è la parte emersa dell'iceberg, quella che viviamo ogni giorno: le nostre relazioni con I figli, le emozioni che ci travolgono, I dubbi educativi, le abitudini quotidiane. E lì spesso ci aiutano di più strumenti più pratici, proprio come quelli che offriamo sulla tela. Ci aiutano di più perché in quel momento siamo in quella situazione, ci siamo dentro, è come se stessimo annegando e abbiamo bisogno di quel salvagente, di quell'appiglio per tirarci a galla. Ed ecco perché in quel momento I copioni, gli strumenti pratici ci aiutano.
Ma non è una questione di o l'uno o l'altro, è un lavoro che si completa su più livelli e credo che questo sia un grande atto di cura verso noi stessi. Imparare a sentire di cosa abbiamo bisogno in un certo momento della nostra vita, anche ammettere a volte ciò di cui abbiamo bisogno in un determinato momento della nostra vita.
Speaker 3: Per esempio, Alex era molto scettico all'idea di andare in terapia e dovuto poi
Carlotta: ammettere a un certo punto scettico all'idea di andare in terapia e dovuto poi ammettere a un certo punto che ne avevamo bisogno e fare quel passo. Quindi, a volte, si tratta proprio anche di essere onesti con noi stessi e riuscire a capire quale strumento abbiamo bisogno in un determinato momento, che sia un percorso online o che sia un percorso di terapia o un podcast che ci accompagna nella ragnatela di pensieri. Vi faccio ascoltare invece le parole di Francesca Amerini che lavora sia in ambito clinico che in ambito
Speaker 4: educativo. Ciao sono Francesca Amerini e sono una psicologa psicoterapeuta ad approccio analitico transazionale. Lavoro con adolescenti, genitori, famiglie e adulti sia in ambito clinico che educativo. Il lavoro della tela mi aiutato, mi aiuta oggi in diversi modi. In ambito educativo utilizzo il materiale per studiare, per informarmi, per crescere come professionista e divulgare informazioni veramente preziose che possono contribuire alla crescita di bambini e quindi futuri adulti più consapevoli di sé, della propria persona, del proprio corpo e delle proprie emozioni.
Questo permette alle persone di riflettere sia sulla loro storia personale sia rispetto al tipo di educazione che hanno ricevuto e qui mi aggancio al lavoro più clinico. A volte mi trovo ad integrare interventi di tipo psicoeducativo perché in qualche modo a quella persona non gli è stato spiegato, non gli è stato dato il permesso di accogliere le proprie emozioni e riconoscere I suoi bisogni. La tela è fantastica perché utilizza un linguaggio semplice, chiaro e molto concreto portando degli esempi pratici e in questo modo vedo che le persone recepiscono molto facilmente e direi quasi che se la porta è aperta veramente la tela arriva dritta al cuore. La consapevolezza che arriva successivamente è davvero qualcosa di molto bello e anche molto commovente. Inoltre di suggerire la tela come uno strumento integrativo di riflessione rispetto al lavoro che viene iniziato in studio.
Credo che il mio lavoro e quello della tela siano proprio complementari e questa parola mi piace molto proprio perché integra e per questo voglio spiegare molto molto brevemente il tipo di approccio che ho scelto come psicoterapeuta. L'analisi transazionale parte dal presupposto che dentro ognuno di noi c'è un genitore, un adulto e un bambino e analizza le interazioni tra le persone che vengono chiamate appunto transazioni per comprendere proprio come gli stati dell'io influenzano la comunicazione e le relazioni. Io credo fortemente che tutto parte, tutto nasce dalla storia, dalle esperienze, dalle relazioni, dal vissuto del nostro bambino interiore e se una persona modo di prendere consapevolezza, accogliere, lavorare e soprattutto coccolare, quella parte avrà modo anche di scendere dalla famosa ruota del si è sempre fatto così e quindi di scegliere grazie all'aiuto del suo io adulto chi vuole essere e come vuole agire integrando proprio il pensiero con l'emozione al comportamento.
Carlotta: Grazie Francesca, stupendo quello che hai detto, grazie per aver aggiunto quest'ultima piccola parte in cui ci spieghi che cosa, che approccio hai scelto nella psicoterapia, Credo che sia che sia molto interessante anzi mi è venuto in mente che potrebbe essere interessantissimo farne proprio una diretta per la comunità La tela, ma per ora grazie per averlo ricordato perché sai bene che anch'io credo fortemente che quando una persona adulta riesce a comprendere da dove arriva poi possa anche scegliere dove andare. Ogni volta che ci chiediamo che tipo di educazione ho ricevuto, come posso aggiustare il tiro e muovermi verso la persona che vorrei essere, che ho scelto di essere, piuttosto che verso la persona che mi hanno insegnato a essere, stiamo già facendo un lavoro che integra quello terapeutico, anche se magari non ce ne rendiamo conto, e anche se poi abbiamo bisogno effettivamente di quell'aiuto in più, di quel supporto in più che si trova nella psicoterapia e mi è venuta in mente una diretta perché come sai, come sapete, l'educazione a lungo termine si basa proprio sulla teoria dell'attaccamento, quindi sul capire da dove arrivano le nostre reazioni più spontanee, più autentiche e più naturali e quindi credo che potrebbe davvero essere una bellissima diretta con la comunità e con te che ci aiuti a navigare questa informazione.
E ora vi lascio all'ultima testimonianza che in realtà è stata la prima perché dovete sapere che l'idea di questo episodio è nata proprio parlando con una psicologa a una delle presentazioni
Speaker 3: del mio libro nel duemila ventiquattro e questa psicologa è proprio colei che ascoltate adesso si chiama Antonella Orsini ed è stata la prima a inviarci la
Carlotta: sua testimonianza che ci poi dato l'idea di chiederne altre alle psicologhe,
Speaker 5: Ciao Carlotta, mi presento sono Antonella Orsini laureata in psicologia e specializzata in psicoterapia ad orientamento cognitivo comportamentale. Attualmente lavoro in una pubblica amministrazione, in passato invece ho svolto la mia professione privatamente. Nella mia carriera mi sono occupata quasi esclusivamente di adulti. Quando ci siamo incontrate durante il tuo tour del libro abbiamo scambiato qualche parola e ci siamo lasciate con una domanda alla quale oggi vorrei provare a dare una risposta. La domanda in questione era: identificare cosa accomuna I nostri lavori?
Per rispondere vorrei partire dal raccontare cos'è la psicoterapia. La terapia è uno spazio sicuro nel quale poter esplorare e dare significato alle esperienze di vita, alle emozioni e ai comportamenti che mettiamo in atto. Il terapeuta guida l'utente nel riconoscimento dei segnali corporei, dei pensieri e dei comportamenti associati a ciascuno stato emotivo. Questo processo di consapevolezza non solo aiuta a comprendere meglio le proprie esperienze interne, ma anche a gestire le emozioni in modo più efficace. Vorrei provare ad aprire una piccola finestrella nel mondo della psicoterapia, perché spesso si è portati a pensare che la terapia sia utile solo a chi una patologia psichiatrica.
Ovviamente non è così. Partiamo da un esempio. Immaginiamo di avere di fronte a noi due persone che stanno mangiando insieme al ristorante. Entrambe si sporcano: una ironizza sull'accaduto pensando di essersi vestita del colore giusto per non far notare la macchia. L'altra invece arrossisce prova vergogna e pensa di essere la solita sbadata.
Vorrebbe sprofondare per non essere vista da nessuno. Com'è possibile che in una stessa situazione due persone abbiano agito in modi così diversi? La risposta è da cercare nell'attribuzione di significato che ognuno di noi dà ad un determinato evento, che in psicologia chiamiamo trigger. L'attribuzione del significato è dunque soggettiva e avviene in base ad alcuni parametri che solitamente sono frutto di caratteristiche personali, esperienze di vita, condizionamenti familiari, culturali e via dicendo. Per semplificare potremmo paragonare queste rappresentazioni mentali a degli occhiali attraverso I quali osservare la realtà.
Se le nostre lenti fossero blu, vedremo la realtà intorno a noi tutta di questo colore, e impareremo ad aspettarci di vederla sempre così. Questo ci porterebbe a costruire la credenza che il mondo sia tutto blu. Se applicassimo questa spiegazione all'esempio fatto poco fa, quello delle due persone al ristorante, potremmo dire che la prima attribuisce allo sporcarsi un significato accidentale, pensando che possa succedere a tutti. Significato di profonda inadeguatezza, pensando di essere sempre la solita distratta. Il vissuto emotivo è infatti allineato a questo pensiero con espressioni di profonda vergogna.
Probabilmente questa seconda persona sarà stata esposta fin dalla tenera età a relazioni nelle quali veniva criticata e svalutata per I suoi errori, tanto da far stratificare dentro di sé una credenza di incapacità corredata a vergogna e umiliazione. Questa credenza nel corso del tempo si sarà cristallizzata a tal punto da creare una vera e propria convinzione che si riattiverà ogni qual volta il soggetto farà esperienza di un errore. Queste convinzioni che l'individuo sviluppa solitamente nell'infanzia sono inconsce, durature e rigide e si riferiscono a se stessi, agli altri e al mondo. Ognuno di noi è cresciuto indossando degli occhiali. La terapia insegna a riconoscere I momenti in cui utilizzarli e quelli in cui imparare a toglierli per godere appieno dei colori naturali.
Nell'esempio che ho fatto della persona che vive con grande fatica ad essersi sporcata, la terapia potrebbe lavorare sulle credenze disfunzionali apprese e che inficiano la sua autostima. Ognuno di noi margini di miglioramento e di benessere. Questo lungo discorso si ricollega alla tela sotto molti punti di vista, primo fra tutti quello di creare consapevolezza, Ripercorrere le stesse e uniche orme che abbiamo conosciuto fin da bambini non sempre si dimostra essere la scelta migliore. Unico modo per poter avviare un cambiamento è esserne coscienti. Facendo un altro parallelismo con la tela posso identificare l'esporre con chiarezza e scientificità tutte le informazioni legate all'esperienza della genitorialità.
Questo periodo della vita di una persona porta con sé un cambiamento importante e genera una moltitudine di nuovi accomodamenti, che spesso richiedono non poche fatiche. Parlare con estrema sincerità dei pensieri e delle emozioni che a volte pervadono la nostra mente e il nostro corpo è un passaggio che per molti genitori può essere illuminante. Non sempre il ruolo del genitore è accompagnato da gratitudine, felicità e serenità. Questi momenti ci sono, ma non ricoprono necessariamente la maggioranza del tempo. Avere la possibilità di riconoscersi nei racconti di un altro genitore aiuta a Serve a darci quella pacca sulle spalle quando pensiamo di aver fallito, Serve a darci quella pacca sulle spalle quando pensiamo di aver fallito, di non essere il genitore che vorremmo.
Serve ad accettare le nostre imperfezioni e a puntare l'indice del miglioramento verso obiettivi più realizzabili. Tutti questi aspetti sono molto comuni anche nel percorso psicoterapico. Un altro punto in comune che ho potuto osservare è l'ascolto autentico e privo di giudizio. Questo tipo di ascolto consente all'altro di fare un'esperienza curativa rispetto a relazioni personali in cui magari non ci si sente ascoltati e a volte neanche visti. L'ascolto empatico aiuta a creare un clima di fiducia, di serenità, nel quale potersi aprire a racconti faticosi di cui a volte ci vergogniamo.
Questo è possibile solo all'interno di un contesto che ci faccia sentire al sicuro e compresi. Le parole usate ad esempio devono essere scelte con cura e consapevolezza. Tutto questo richiede impegno, concentrazione e attenzione. Sentirsi ascoltati e accolti dunque è molto più profondo di quanto si pensi. Basti pensare alla risposta biologica che il nostro corpo mette in atto in queste situazioni.
Viene stimolato il rilascio di ossitocina conosciuto come l'ormone dell'amore che riduce lo stress, migliora l'umore, rinforza il sistema immunitario. Nella relazione terapeutica potrete fare esperienza di tutto questo e molto di più. Inutile dire che questa attenzione all'ascolto la vedo riflessa in te Carlotta, nel tuo modo di parlare, di spiegare, di affrontare tematiche. La comunicazione assertiva, empatica, non giudicante fa parte integrante della tela, esso essere un tema a cui tieni particolarmente. Prima di salutarti vorrei aggiungere un altro piccolo pezzettino rispetto a un tema molto caro ad entrambe: il cambiamento.
Creare cambiamento non è semplice, neanche in chi lo desidera. Spesso anche in terapia ci troviamo di fronte a situazioni in cui le persone impiegano molto tempo per raggiungere una nuova stabilità, un nuovo equilibrio, e questo è dovuto ad una serie di motivi. Tante volte ci capita di pensare: mi sono informato, ho capito quale meccanismo si attiva in me in queste situazioni, ne sono consapevole, conosco anche come modificarlo, ma nonostante ciò faccio ancora fatica a metterlo in pratica, nel momento giusto. La a metterlo in pratica nel momento giusto. La resistenza al cambiamento deriva dalla fatica che il nostro cervello compie nel dover formare nuove connessioni cerebrali.
Ci vuole tempo e allenamento perché il cambiamento si concretizzi, non basta essere consapevoli di ciò che si vuole modificare affinché questo avvenga. Le persone hanno bisogno di aiuto e sostegno di qualcuno che faccia il tifo per loro e che li guidi nella direzione giusta. Il cambiamento bisogno di un posto al sicuro dove poter essere sperimentato ed esplorato. Insieme è secondo me la parola chiave in psicoterapia come nella vita. Quando siamo con qualcuno che sentiamo essere lì per noi, che ci sostiene, ci supporta, ci incoraggia, ci sentiamo meno soli e la fatica sembra essere più affrontabile.
La community fa tutto questo: sostiene, supporta, educa. Buon lavoro Carlotta e un saluto a tutta la community.
Carlotta: Ci siamo fatte, sarebbe bello capire come I nostri lavori si complementano o come o quali sono I punti di incontro nel nostro lavoro ed eccoci qua, è un circolo che si chiude, no? E quindi molto bello mi sembra sapete che sulla tela facciamo le cose a passo di bradipo ma le facciamo e quando sono pronte ve le offriamo mai prima Antonella detto tantissime cose importanti, davvero dato tanti spunti di riflessione, in particolare mi è piaciuto tantissimo quella frase che detto riguardo agli occhiali, ve la butto qui proprio come promemoria perché mi piacerebbe approfondirla con lei. Anche questo magari durante una diretta detto che la terapia aiuta a riconoscere quando usare quegli occhiali e quando toglierli, e questo credo che sia importantissimo perché spesso e volentieri quando vogliamo cambiare tra virgolette delle parti di noi che non ci piacciono, che ci fanno reagire in maniera automatica, che non ci permettono di essere una persona che si apprezza, spesso ci dimentichiamo che quegli occhiali attraverso cui vediamo il mondo non sono completamente sbagliati, non dobbiamo buttarli via e comprarne altri, ma possiamo capire appunto come detto Antonella quando è il momento di usarli e quando è il momento di toglierli e questo secondo me è un concetto bellissimo so già che vorrò approfondirlo.
E poi mentre Antonella parlava mhmm io facevo le mie ragnatele di pensieri e c'è stato un aspetto in particolare. Quando lei parlato dell'ascolto empatico mi è venuto da riflettere su quanto l'ascolto curi non solo chi parla ma anche chi ascolta, che sia in uno studio di terapia o tra I contenuti della tela sul forum della comunità in cui condividiamo le nostre fatiche, le nostre vittorie, ciò che ci reso felice, ciò che ci deluso, sentire qualcuno raccontare le proprie fatiche ci connette con loro ma anche con noi stessi, ci riconcilia con le nostre vulnerabilità, ci ricorda che siamo tutti nella stessa barca o, come dico spesso sulla tela, che tutte le case sono in fiamme. E in un tempo in cui la solitudine genitoriale è così diffusa poter trovare un luogo dove sentirsi visti e capiti senza giudizio credo che sia già di per sé una forma di guarigione e credo che questo tante persone lo trovino in posti diversi chi lo trova sulla tela, chi lo trova in uno studio di psicoterapia, chi lo trova nella relazione con il partner o in qualsiasi altra relazione della propria vita, chi lo trova in un gruppo, qualsiasi gruppo della propria comunità locale di persone che si riuniscono per condividere aspetti della propria vita e del proprio pensiero che magari non riescono a condividere in casa, in famiglia.
Che bello! Mi è piaciuto tantissimo registrare questo episodio. Io credo che gli episodi di voci corali siano senza dubbio I miei preferiti. Grazie ancora tantissimo alle persone che hanno dedicato tempo a registrare questi interventi, a offrirci la loro testimonianza E per oggi è tutto. Vi do appuntamento al prossimo episodio di Educare con calma.
Vi ricordo che se non conoscete la tela ci trovate sulatela punto com, da lì potete arrivare anche a Instagram. Se avete riflessioni da aggiungere, domande, testimonianze, vi aspetto nei commenti di questo episodio. Basta che andate sulatella punto com barra podcast e cercate il numero relativo o il titolo nella barra di ricerca. Lì troverete anche le note dell'episodio, taggerò tutte le professioniste che sono intervenute e troverete anche I contenuti relazionati. Non mi rimane che augurarvi buona giornata, buona serata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo ciao ciao
Provenendo da un lungo percorso di psicoterapia in giovane età, dopo essere arrivata sulla Tela, mi sono resa conto che questa piattaforma era ciò che poteva far avanzare ulteriormente il mio percorso di crescita.
Il grande punto di forza che ho trovato qua è il fatto che Carlotta condivide e mette a disposizione materiale con cui si è dovuta confrontare lei stessa. Questo è il mio personale punto di vista: una “guida” che abbia sperimentato in prima persona determinate situazioni può aiutare un individuo ad un livello più profondo. Oltre a ciò, la possibilità di accedere a strumenti pratici facilmente fruibili e portare, anche nella pratica, un cambiamento tangibile, è un vero tesoro che mi ha aiutato tantissimo. La comunità di genitori allineati con i nostri valori è infine un terzo elemento di grande valore.
Come ultimissima riflessione mi sento di dire che il sapermi in grado di attuare dei cambiamenti mediante l’aiuto della Tela (quindi non mediante un aiuto personalizzato) mi ha restituito un senso di forza e fiducia nelle mie capacità e questo è bellissimo!
Credo che quello che hai scritto risuoni in tantissimǝ di noi. 💜