Preferiti dei bambini

236. Sculacciate e strattoni sono abusi: usiamo le giuste parole

In questo episodio di Educare con calma esploro un tema scomodo: perché è importante smettere di normalizzare alcuni comportamenti verso bambinǝ e iniziare a chiamarli per quello che sono: forme di abuso (che possiamo imparare ad evitare).

26 settembre·
17 min
·9 commenti
Strattonare, spingere, sculacciare: sono comportamenti che ancora troppo spesso vengono tollerati e giustificati come «disciplina», ma in realtà sono abusi. 

Certo, questa parola può creare disagio e far scattare resistenze, ma se evitiamo di chiamare le cose con il loro nome, rischiamo di continuare a normalizzare e perpetuare ciò che invece meriterebbe di essere messo in discussione. E se ti è capitato di farlo, non vuol dire che sei un cattivo genitore o che non ami profondamente tuǝ figliǝ: significa che hai bisogno di strumenti, di maggiore supporto e di un po’ più di cura verso te stessə.

Inoltre, spesso reagiamo così perché anche noi siamo stati cresciuti in questo modo, e avere il coraggio di vederlo e ammetterlo è il primo passo per interrompere il ciclo e iniziare a scegliere diversamente. Il nostro compito di genitori non è quello di esercitare il controllo, punire o fare paura per ottenere obbedienza, ma di offrire contenimento, connessione e guida.

Educare con calma, in fondo, è proprio questo: allenarci ad ascoltare anche le verità scomode e decidere, ogni volta che possiamo, di non ripetere ciò che ci ha fatto male.

:: Nell'episodio menziono

Carlotta: Benvenuti e benvenute a un nuovo episodio di Educare con calma. L'episodio di oggi riguarda un tema importante e prende spunto da un reel che ho condiviso su Instagram qualche tempo fa e che subito è andato virale, quindi uscito dalla bolla della comunità La tela. Ve lo lascio nelle note dell'episodio, ma se non lo avete visto, si tratta di un breve video in cui si vedono una genitrice e una bambina di spalle che stanno camminando per strada e a un certo punto la mamma prende per il braccio la bambina e la strattona, la trascina. Per farla camminare più veloce perché erano in ritardo, perché la bambina era stanca e chiedeva di fermarsi o magari perché la bambina era in crisi e stava piangendo e le lacrime la crisi è stata un trigger per la mamma non sappiamo ma in realtà non importanza quale fosse il motivo non è questo il punto anche perché quella genitrice ero io e la bambina in questione era Emily Naturalmente il video è stato girato con il suo consenso e dopo che le avevo spiegato cosa avremmo fatto, il motivo per cui volevo pubblicare quel contenuto. Anzi, in realtà a dirla tutta è stata proprio una sua idea, un'idea di Emily di girare quel video perché un giorno abbiamo visto la stessa scena e lei mi detto: Mamma dovresti fare visto la stessa scena e lei mi detto: Mamma, dovresti fare un video per dire ai genitori che non si fa.

I miei figli hanno partecipato a ognuna delle quaranta presentazioni del mio libro e inoltre viviamo in un van, quindi quando registro contenuti del podcast come questo, lezioni del percorso, reel su Instagram, loro mi ascoltano, conoscono veramente molto molto bene il mio lavoro. Ed è per questo che ovviamente quando vedono una situazione per strada in un contesto educativo piuttosto che al ristorante che sanno essere sbagliata, almeno secondo I nostri valori educativi, me lo dicono, me lo fanno notare e anzi ultimamente suggeriscono di creare un contenuto per I genitori della tela. Ma torniamo a noi. Dicevo, il punto non è perché strattoniamo, perché trasciniamo, perché tiriamo per I vestiti I nostri figli. Il punto non è solo, I nostri figli.

Il punto non è solo capire cosa e perché ci triggera tanto da indurci a scegliere questo comportamento. Certo, questa è una parte del lavoro, ma è una parte di lavoro che secondo me viene dopo. Il punto di partenza, e vi anticipo che sto per dire una verità scomoda, vi chiedo di fare un respiro, provare ad accoglierla senza rifiutarla a priori. Faccio anch'io questo respiro. Il punto di partenza è riconoscere che questo comportamento è una forma di abuso.

Strattonare è abuso, tirare per I vestiti è abuso, spingere è abuso, trascinare per un braccio e abuso, dare una sculacciata e abuso. E credo che sia importante partire da qui, perché ancora troppo spesso questo comportamento non solo viene scelto, ma viene anche normalizzato e quindi giustificato perché chiamato disciplina. Ecco perché penso che sia importante partire da qui. Questi comportamenti con cui molti di noi sono cresciuti non sono disciplina, sono forme di abuso. Abbusare non è solo fare del male fisico estremo, abusare è anche abusare del nostro potere, della nostra forza, perché tra noi e loro, I nostri figli, c'è un grandissimo squilibrio di dimensioni, di forza, di potere, e se noi genitori non siamo consapevoli di questo squilibrio, lo esercitiamo senza nemmeno accorgercene, soprattutto perché è così che siamo stati cresciuti e tendiamo ad educare come siamo stati educati.

E se in questo momento state pensando: Ma no, Carlotta, questo non è abuso, abuso è altro, ecco vorrei proprio partire dal significato e dall'etimologia della parola abuso. E per questo voglio leggere il dal significato e dall'etimologia della parola abuso e per questo voglio leggervi uno dei commenti che è arrivato sotto a quel reel. Il commento è di Nora Orsi. Ciao Nora, se mi stai ascoltando. Insegnate, che è anche una delle persone di riferimento sulla tela trovate alcune sue riflessioni anche in altri due episodi del podcast.

E Nora in quell'occasione diceva: Abus è participio passato di abuti, cioè usare male o usare esageratamente. Quindi sì, certo che è un abuso, che non significa crimine terribile. Forse dovremmo provare ad avere un po' meno paura di certe parole forti perché accettandole e guardandole per ciò che significano davvero possiamo riflettere e acquisire consapevolezza. Grazie Nora per avermi aiutato a sottolineare l'importanza di chiamare questi comportamenti con il loro giusto nome, anche al fine di non nasconderli, di non normalizzarli. Perché trascinare una persona per un braccio è effettivamente un abuso di forza, significa usare esageratamente la nostra forza.

E inoltre nessuno di noi trascinerebbe così il proprio compagno, la propria compagna, un'amica, un collega. E allora perché lo facciamo con I nostri bambini? E perché così tante volte questo tipo di comportamento abusante viene normalizzato? Tante persone sotto il Rill dicevano: vabbè certo, ma state camminando per strada e quindi è normale che per proteggere la bambina la mamma la stia tirando. No, ma in questo caso è una bambina grande che cammina vicino alla mamma, non c'è alcun tipo di pericolo, c'è una macchina che sta girando molto lentamente da dietro l'angolo, non c'era alcun tipo di pericolo e nonostante questo le persone hanno cominciato a giustificare quel comportamento.

La realtà è che vediamo spessissimo queste scene in contesti di non pericolo: nei supermercati, all'uscita da scuola, al parco giochi, dal pediatra nella sala d'attesa, durante le gite scolastiche, in contesti totalmente sicuri, in momenti in cui bisognerebbe fermarsi, respirare, guardare negli occhi I bambini e guidarli come farebbe un capitano della barca, invece di comportarci come un comandante militare in mezzo a una battaglia. Come scritto uno dei genitori, I nostri figli non sono soldati da disciplinare e nemmeno piccoli adulti che devono capire subito o darsi una regolata. Sono bambini piccoli con bisogni ed emozioni grandi e soprattutto con un cervello in costruzione che non ancora gli strumenti per autoregolarsi da solo durante una crisi. Vi ricordo che I nostri figli nascono con tutto il repertorio di emozioni e con zero abilità di regolare quelle emozioni. E il nostro lavoro di genitore è proprio colmare quel divario.

E tra l'altro quando parlo di crisi parlo del classico capriccio. Voi sapete o magari non sapete che io chiamo I capricci crisi per iniziare a togliere l'accezione negativa dal concetto di capriccio, che penso sia proprio il primo passo per imparare a vederli non come qualcosa di negativo da scacciare, da combattere, ma come una fatica dei nostri figli, da scacciare, da combattere, ma come una fatica dei nostri figli da accompagnare. E questo è importante perché spesso quello che ci dimentichiamo è che nei momenti di crisi o nei momenti in cui I nostri figli non fanno quello che gli abbiamo detto e magari ridetto di fare, in quei momenti non ci stanno sfidando, non stanno cercando di metterci in difficoltà, non sono contro di noi. Stanno facendo fatica e non hanno l'abilità cerebrale per gestire quella fatica. Quando tu stai facendo fatica, vorresti qualcuno che ti aiutasse e ti guidasse?

O vorresti qualcuno che ti strattonasse e ti schiaffeggiasse? Beh, io ho la mia risposta e chiaramente non è la seconda. Vorrei una guida, vorrei un aiuto, vorrei un sostegno. E questo è proprio il nostro compito di genitore. Il nostro compito di genitore non è quello di esercitare il controllo o punire o fare paura per ottenere obbedienza.

Il nostro compito è offrire contenimento, connessione, guida, accoglienza. Perché è così che insegniamo ai nostri figli a gestire quelle emozioni difficili, a gestire quelle crisi, perché finché mostriamo caos emotivo allora di gestire una crisi, I nostri figli cosa imparano? Impariamo che quella crisi si gestisce soltanto con il caos emotivo, soltanto urlando, sbraitando, picchiando, strattonando. E anzi, in quel momento I nostri figli non possono imparare nulla perché un cervello disregolato non può imparare. Quindi, ecco, questo è il cambio di mentalità fondamentale.

Se interiorizziamo questo cambio di mentalità, diventa anche più facile il passaggio successivo, cioè smettere di normalizzare gli abusi di potere sui nostri figli in nome dell'educazione e della disciplina, perché lo ripeto, sculacciare, strattonare, spingere è abuso, è una forma di violenza, non è disciplina, non è educazione. Educazione e violenza non possono nemmeno stare nella stessa frase. Se davvero vogliamo crescere adulti capaci di autoregolarsi, adulti capaci di rispettare se stessi e gli altri, adulti emotivamente maturi, non possiamo mettere educazione e violenza nella stessa frase. Un altro genitore mi scritto: anche se lo facciamo solo ogni tanto, tra virgolette, e anche se, tra virgolette, l'ho fatto per il suo bene, anche se, tra virgolette, alla fine smesso di piangere, questi comportamenti restano un abuso di potere e di forza. E no, il fatto che sia stato normalizzato chiamandolo disciplina non lo rende meno abuso, anzi lo rende ancora più pericoloso.

E sono d'accordissimo, voglio dirti una cosa importante. Se ti è capitato di farlo e stai ascoltando questo episodio in questo momento ti senti veramente male dentro, hai questo mal di cuore forte, ricordati che non sei solo, non sei sola, non sei sbagliato, non sei sbagliata. E non vuol dire che non ami profondamente I tuoi figli. Vuol dire che hai bisogno di nuovi strumenti per amarli come loro hanno bisogno di essere amati. Hai bisogno di più consapevolezza, di più supporto, di più cura di te.

E hai anche bisogno di ricordarti che se usi o hai usato qualcuno di questi comportamenti, molto probabilmente anche perché a tua volta sei stato educato in questo modo. Anzi usiamo le parole giuste, perché molto probabilmente anche tu sei stato vittima di abuso nella tua infanzia. No, non è troppo forte, è la realtà. Finché penseremo che dire che siamo stati vittime di abuso se I nostri genitori ci picchiavano, ci minacciavano per ottenere obbedienza finché pensiamo che dirlo sia troppo forte, non possiamo fare il passo successivo. Fa male ammetterlo?

Sì. Ci fa paura? Sì. Ci sembra di mancare di rispetto ai nostri genitori che hanno fatto così tanto per noi? Sì.

Anche se io penso personalmente che non sia una mancanza di rispetto ma sia un onorare quel lavoro che I nostri genitori hanno fatto. Fa male, fa paura, è difficile, ma l'evoluzione spesso richiede dirsi e dire verità scomode ed entrare proprio in quei traumi di testa per iniziare a curarli e per rompere il ciclo generazionale. Come dicevo prima tendiamo a educare come siamo stati educati ma possiamo scegliere di scendere da quella ruota e a questo proposito vi leggo un altro dei commenti che sono arrivati sotto al Rill, che parla appunto di quanto l'educazione che abbiamo ricevuto influenzi il nostro modo di educare. Purtroppo ogni tanto mi è capitato e mi capita ancora, nonostante l'impegno che metto ogni giorno per migliorarmi come persona ed essere un esempio positivo per mio figlio, di usare questi comportamenti. Quando succede mi sento davvero delusa da me stessa.

Mi rivedo bambina e mi ricordo di quel senso di vergogna e ingiustizia che provavo quando venivo strattonata. Ecco, vorrei dire a questa mamma che la capisco e che quello che c'è di buono in questi mal di cuore è proprio la consapevolezza che sta acquisendo. Perché lei, come tanti di voi che state ascoltando questo episodio, sente che vuole fare diversamente e quindi questi momenti che magari noi siamo portati a vedere come un fallimento sono in realtà una grande opportunità di rompere quel cerchio, quel ciclo generazionale e provare piano piano a fare diversamente, ad offrire scuse sincere, a riparare e ripartire da lì. Come dico nel mio libro Cosa sarò da grande? Dobbiamo riconoscere che noi siamo I primi bulli dei nostri figli solo così possiamo rompere quel ciclo possiamo iniziare a rompere quel ciclo solo da quella consapevolezza inizia il lavoro E davvero, voglio ripeterlo, io capisco che questa parola abuso possa far male, che possa accendere subito un rifiuto dentro di noi.

Capisco che nessuno di noi vuole pensare di stare abusando dei propri figli. Ma se impariamo ad essere consapevoli di questa dinamica, se impariamo a guardarci dentro con onestà e a riconoscere che forse, senza volerlo, stiamo facendo proprio ciò che non avremmo mai voluto fare, allora possiamo avviare il primo passo di un cambiamento importantissimo non solo per noi stessi ma anche per I nostri figli. Quando ripariamo mostriamo ai nostri figli che questi comportamenti non sono validi, che non sono da normalizzare e anzi che noi stiamo facendo un lavoro faticoso ma possibile per imparare a gestire diversamente questi momenti. Possiamo scegliere un modo diverso di stare in relazione con I nostri figli, un modo che parte dalla connessione, non dal controllo. E questo vale a qualunque età dei nostri figli, anche quando sono più grandi, anche quando sono adolescenti, che è un'altra fase che spesso mette I genitori a dura prova.

Anzi, nel prossimo episodio vi parlo proprio di un messaggio di una mamma che mi scritto triste, delusa perché aveva dato uno schiaffo alla figlia adolescente perché la vede apatica ed è preoccupata e non sa più come suscitare una reazione. Ne parlo nel prossimo episodio in cui ho anche chiesto l'aiuto di Giada, esperta dell'adolescenza, ma qui voglio dirvi questo: La cosa più difficile in questa conversazione è accettare che non basta l'amore per amare bene. Tutti amiamo I nostri figli, anche chi li picchia. L'amore è la base, ma una casa non è finita se non costruiamo oltre le fondamenta. L'amore non è sufficiente se non è accompagnato da consapevolezza, da un lavoro interiore, e soprattutto dalla disponibilità a mettere in discussione ciò che abbiamo sempre pensato fosse normale.

Nel mio libro scrivo proprio che c'è differenza tra amare I nostri figli e che loro sentono che noi li amiamo. Sono due cose molto diverse. Educare a lungo termine significa proprio scegliere di fare questo lavoro e rompere I cicli generazionali, magari non tutti, ma alcuni, quelli che riusciamo. Stiamo crescendo adulti è diventato un po' il motto della tela e significa sì che stiamo crescendo persone che domani saranno adulti, ma soprattutto significa che stiamo crescendo noi stessi, che significa anche essere presenti a noi stessi prima che agli altri significa smettere di mentirsi imparare a dirsi ad alta voce le verità scomode che ci fanno male Significa essere abbastanza consapevoli da riconoscere quando sbagliamo e abbastanza coraggiosi da scegliere di ammetterlo e riparare. E allora sì, allora possiamo iniziare a sciogliere quei nodi che ci legano al passato, possiamo smettere di reagire per istinto e iniziare a rispondere e cominciare a e cominciare a riscrivere.

E se ti sembra troppo difficile o troppo tardi ricordati che anche un solo momento riparato, anche una sola scusa sincera, un momento in cui ti prendi la responsabilità del tuo comportamento, un momento in cui dici ti vedo, accolgo le tue emozioni, scelgo di non farti del male, può cambiare profondamente la relazione con I nostri figli. L'educazione a lungo termine è una serie di questi momenti, è una serie di piccole scelte, perché ogni giorno abbiamo la possibilità di scegliere come ci comportiamo e chi siamo, e quella scelta è la più grande libertà che abbiamo. Questo è tutto per oggi. Vi do appuntamento al prossimo episodio di Educare con calma. Nel frattempo vi ricordo che se volete commentare, unirvi alla conversazione, fare una domanda, fare una domanda, portare una vostra riflessione potete farlo su la tela punto com barra podcast cercando il numero dell'episodio oppure anche cercando il titolo dell'episodio nella barra di ricerca.

Non mi rimane che augurarvi buona giornata, buona serata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao.

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Ciao a tutte! Anch’io vorrei condividere la fatica di questo periodo con il mio bimbo di 2 anni e mezzo. Premetto che sono incinta al 3 mese e che il mio bimbo è nella piena fase dell’auto affermazione però ci sono e (ci sono stati) dei comportamenti che non riesco proprio a gestire e sia io che mio marito perdiamo la pazienza in due secondi. Il piccolo non ha crisi, non piange praticamente mai, però ha dei comportamenti che mi fanno andare via di testa. Succede che inizia a prendere qualsiasi cosa e lanciarla, a rompere i libri, salire da solo sulle credenze, pulirsi il naso sul divano, mette le mani dappertutto, se le sporca e poi corre a pulirle sul divano…e tutte queste cose le fa una dietro l’altra, ridendo, come se il suo cervello non ragionasse più. A questo punto a me viene solo da prenderlo, strattonarlo e bloccarlo…non mi piace per niente questa reazione, a volte scoppio a piangere perché non voglio trattarlo così. Perché reagisco in modo così aggressivo? Sto cambiando la narrazione ma c’è qualcosa che in me resta sempre . Grazie per questo spazio❤️
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Ciao carlotta. Ascoltare questo episodio mi ha veramente scossa. Io come penso molti sono stata "educata" così, a strattoni, tirate di capelli,sculacciate, sberle e minacce. Non faccio una colpa ai miei genitori che credo non avessero strumenti e credo che non si sentissero bene nel farlo. 
Purtroppo nonostante tutto ciò a volte mi capita di ripetere questo comportamento, non con sberle o sculaccioni ma con lo strattone. Quel maledetto strattone. Penso che veramente possa fare la differenza chiarire dentro di sé che effettivamente quello è un abuso. Io provo ogni giorno a fare diversamente e tante volte ci riesco, ne sono la prova le mie figlie che a volte se mi vedono arrabbiata o triste vengono li e mi dicono "vuoi un abbraccio?" . Li io sorrido e penso che sto facendo bene, ma la verità è che io mi sento sbagliata la maggior parte delle volte. Sbagliata perché quando sbaglio so che lo sto facendo e fatico a fermarmi o non ci riesco proprio. Si poi mi scuso, poi parliamo e riflettiamo insieme sull'accaduto ma non vorrei che accadesse più perché il pianto che mi è uscito ascoltando le tue parole non voglio lo debbano avere anche le mie figlie. 
Grazie per tutto
Quel «vorrei che non accadesse più» che dici è preziosissimo, come lo è tutto il lavoro che stai facendo su di te. E questo le tue figlie lo vedono e lo sentono. 💜
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Ciao Carlotta.. E ciao La tela.
Io qui ad ascoltare e a cercare oramai da qualche anno un'alternativa a questi comportamenti. Sono arrivata a questa consapevolezza: io sono stata la prima bulla della mia prima figlia, 7 anni. E ora lei lo è diventata della mia secondogenita di 4.. Purtroppo non sono riuscita a spezzare questa catena che arriva dal passato.. 
Francesca cara 💜
Non sei ancora riuscita a spezzarla. Sei qui e ci provi ancora e ancora, questo le tue figlie lo vedono, e stanno imparando. Piano piano, insieme. 🫂
💜
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Episodio intensissimo. Non nego che purtroppo a volte cado ancora in comportamenti simili, ma mia figlia di 5 anni è la prima ad aiutarmi perché mi dice apertamente "Mamma, ma non si fa così con i bambini. È questo che hai imparato dai tuoi genitori?". E allora penso che se lei riesce ad esprimere il suo pensiero, mentre io non ho mai avuto il coraggio di farlo (forse nemmeno ora da adulta..), allora forse siamo sulla strada giusta. Grazie come sempre 💗
Esatto Paola... quando i nostri figli lo notano, significa che abbiamo seminato mostrando l'alternativa, e questo è un passo gigante e importante! 💜
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"Non basta l'amore per amare bene" 💜
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