benvenuti e benvenute a un nuovo episodio di educare con calma. So che nello scorso episodio vi ho detto che nel prossimo non sarei stata sola, ma ho cambiato progetti perché ho attraversato qualche Giona un po' difficile. Ne ho già parlato su Instagram, ma so che tanti mi seguono qui e magari non su Instagram, e quindi ci tenevo prima di tutto a ringraziarvi per la vostra pazienza, perché, come avete notato lo scorso venerdì non ho pubblicato un episodio che era tra l'altro la prima volta che succedeva da quando ho lanciato il podcast. E poi vorrei anche spiegarvi perché la settimana scorsa sono sparita. In realtà è stato davvero molto strano anche per me, perché io sono abituata a non lasciare il lavoro a metà e l'episodio che avrei pubblicato era quasi pronto e tra l'altro con un ospite su un argomento che a me sta molto a cuore. Quindi insomma, mi è dispiaciuto veramente non averlo ancora pubblicato, ma ho deciso di rimandarlo ancora di una settimana perché non ho scuse. A dire il vero, semplicemente perché questo podcast è vita vera, è la mia vita senza troppi filtri, senza troppi fronzoli. Ormai mi conoscete e quindi farei fatica questa settimana a pubblicare qualcosa che non rispecchi il mio umore. Credo molto nella trasparenza, anche emotiva, e quindi questa settimana vi parlo di ciò che ho vissuto e che in parte sto ancora vivendo, perché in realtà non sono ancora tornata al lavoro a pieno regime. Non sono ancora la Carlotta di sempre, un po' per l'umore un po' mto. Non so se questa parola la capite, ma forse magari la capisco solo io, ma vabbè. E un po' per via dei mal di testa. Quando mi siedo al computer sono andata anche a fare una visita oculistica. La salute dell'occhio è ottima, quindi non c'è niente di cui preoccuparsi. Ma appunto mi hanno detto che come immaginavo questo mal di testa è dovuto allo stress, che tra l'altro ha un effetto molto forte sulla vista. Mi raccontava che a volte le persone che sono molto stressate non riescono neanche a leggere, proprio non distinguono le lettere, nonostante la salute dell'occhio sia ottima. Quindi mi ha detto che devo risolvere tra virgolette lo stress. Come si fa a risolvere lo stress? Non lo so. E poi quando sono più rilassata se il mal di testa non passa magari mettere gli occhiali quando lavoro, ma mi ha fatto veramente sorridere perché mi ha detto ma in generale se passi due tre ore al computer tutti i giorni, probabilmente è meglio che usi gli occhiali quando lavori. E io, scherzando, gli ho detto mhm, quindi vale anche se passo circa dodici tredici ore al computer e lui mi ha guardato con un'aria un po' di rimprovero. Ma vabbè, ha ragione, perché il troppo lavoro ha proprio a che fare con quello di cui parliamo oggi. In questo epis episodio, infatti, parliamo di burnout che è un termine che nacque un po' per descrivere un esaurimento fisico, psicologico, emotivo, dovuto al lavoro l'immagine del burnout che ha fatto il giro di internet. Non so se l'avete mai vista, ma tantissimi anni fa è quella di una fila di fiammiferi a rappresentare delle persone di cui uno è completamente bruciato. Io in realtà ho scoperto che molti di voi in Italia non conoscevano questo termine inglese, ma che molti lo avete scoperto proprio in questa pandemia quando si è iniziato a parlare di burnout genitoriale. In questo episodio io mi limiterò a raccontarvi la mia esperienza con il burnout, perché non è la prima volta che mi capita, forse nemmeno l'ultima, ma questa è sicuramente stata la più intensa e sapete che io credo che possa essere d'aiuto sempre sentire esperienze altrui. Allora da dove parto? Parto dal dirvi che da sempre sono una workaholic. È un mio limite personale. Io adoro il mio lavoro, lavorerei ventiquattro ore al giorno e spesso non sento nemmeno la fatica, perché amo ciò che faccio. Circa otto nove anni fa la mia accademia di lingue Marbella. Prima, quando vivevo a Marbella, io insegnavo io lingue inglese e italiano agli spagnoli e avevo un'accademia di lingue e circa otto anni fa era un po' al culmine, nel senso che era funzionava molto bene. Lavoravo dieci, a volte undici ore al giorno e per la prima volta avevo anche delle insegnanti che lavoravano per me. Loro facevano le lezioni e io le organizzavo. Organizzavo orari, giorni, pagamenti, eccetera, eccetera. Di quel periodo ricordo in maniera molto vivida due sensazioni ben precise e molto contrastanti tra loro uno la felicità estrema di essere riuscita da sola a costruire un business da zero, quindi un piccolo impero e due il costante stress a fior di pelle in quel periodo fu la prima volta che ricordo di aver superato il mio limite personale di aver proprio toccato il fondo in maniera molto, molto evidente, molto, molto sensoriale. Anche se si può, se si se vogliamo e cercando di capire che cosa mi stesse succedendo. Trovai questo concetto del burnout che potremmo un po' tradurre con esaurimento e che era molto simile a quello che stavo vivendo. Allora però era diverso. Allora l'unica mia vera responsabilità ero io. Non ero ancora madre, quindi alla fine diciamo che già solo il fine settimana mi aiutava molto a recuperare. Magari dormivo tutto il fine settimana e poi stavo meglio, non benissimo, ma potevo tirare avanti. Ecco, diciamo così i burnout vissuti da mamma lavoratrice um, sono invece sempre stati più forti, più totalizzanti, soprattutto all'inizio quando si aggiungeva anche il senso di inadeguatezza per non riuscire a stare dietro a tutto lavoro, figli, relazione di coppia, famiglia, amici, eccetera eccetera. Poi quel senso di inadeguatezza, dopo anni di lavoro su me stessa, è ora scomparso insieme ai sensi di colpa che reputo inutili e controproducenti. Invece l'abitudine di lavorare troppo per riuscire a raggiungere ciò che mi prefiggo è rimasta e con lei puntualmente quando oltrepasso il limite arriva un burnout, ma oggi conosco i miei campanelli d'allarme. E infatti ciò che mi aiuta di più è che il burnout, a differenza della sindrome premestruale che è un altro demone con cui lotto abitualmente, arriva proprio con dei campanelli d'allarme ognuno ho scoperto che ha i propri campanelli d'allarme. Io per esempio sono più intollerante, ho mal di testa frequenti che per me è veramente raro. Mi arrabbio di più con i miei figli, con mio marito alzo la voce eh, mangio male, non faccio esercizio. E una cosa particolare per me è che la mia mente è sempre sul lavoro anche quando sono a tavola, anche quando sono al bar con un'amica. Anche quando gioco con i miei bambini è un po' come se dentro di me il lavoro fosse la priorità assoluta. Ma d'altro canto il il lavoro non mi dà gioia e anche questo per me è molto raro. Quindi c'è questa contraddizione ed è un po'. Poi come se tu i circoli viziosi si innescasse uno ad uno, più mangio male più ho voglia di cibo spazzatura, meno faccio esercizio, meno motivazione ho di seguire il mio programma di allenamento. Più voglio finire il lavoro a tutti i costi, più divento intollerante alle offerte di soccorso di Alex. Più mi concentro sul lavoro, meno voglia ho di giocare con i miei figli e più vorrei rinchiudermi in una stanza d'hotel e lavorare all'infinito ma d'altro canto e questa è la contraddizione di cui parlavo prima. Più lavoro e meno ho voglia di lavorare su ciò che devo fare. Continuo a pensare che magari preferirei fare tutt'altro. Quindi ecco, diciamo che la mia mente va proprio in un loop, in un circolo vizioso. Um, ci sono mille contraddizioni. A volte riesco poi effettivamente a finire il progetto lavorativo in relativa fretta. E allora questo circolo vizioso dura solo pochi giorni. I campanelli d'allarme scompaiono e io piano piano riesco a ritornare in me. Quindi pericolo scampato. Altre volte invece, quando il carico di lavoro è più del previsto, magari non lo avevo anticipato, magari si presentano ostacoli che lo rendono molto più intenso. Mi ritrovo a ignorare i campanelli d'allarme, a volte inconsciamente, e quindi spingo, spingo, spingo. Penso di farcela proprio come sono abituata a fare sempre e mi dico dai solo un ultimo sforzo, solo un piccolo sforzo e magari fino alla fine riesco a mantenere la mia parte che dentro di me mi dice dai, Carlotta, dai, dai dai, ce la fai, ma poi, senza nemmeno accorgermene proprio da un momento all'altro oltrepasso il limite e raggiungo il burnout l'ultima volta che è successo? Pochi giorni fa mi ha colpita più forte del solito. È successo per il lancio del libro per bambini. Come si fa un bebè? Ignoravo i campanelli d'allarme ormai da settimane. Lavoravo con il mal di testa da molti, molti giorni, che tra l'altro mi veniva puntualmente solo quando aprivo il computer ero veramente esausta. Dopo aver lanciato la versione italiana ho continuato ad ignorare i campanelli d'allarme. Cioè, sono proprio stupida. Io ho lanciato anche quella spagnola, ma gli ultimi giorni sono stati veramente di odio per quello che stavo facendo, ma continuavo a ripetermi dai, Carlotta, solo più questo sforzo e poi ti riposi fino a quando sono arrivata al venerdì, giorno in cui di solito esce il mio podcast e mi ero prefissa di finire di editare il podcast, pubblicarlo e poi passare alla versione inglese del libro per lanciare anche quella nel fine settimana. Perché cioè ignoriamo proprio tutti i campanelli d'allarme, perché quando ci sono dei campanelli d'allarme e la casa sta bruciando, uno si siede e sta fermo, ovviamente. Cioè, questa è proprio um insomma, mi mi ritrovo molto in questa descrizione e invece a un certo punto mi sono resa conto che stavo praticamente digitando a computer con le mani che tremavano. Avevo un fortissimo mal di testa, stavo fissando lo schermo, ma non riuscivo neanche a leggere quello che c'era scritto. Um lo sguardo era un po', come se andasse oltre. Cioè, rimanevo magari su una frase per decine di minuti, proprio come se non riuscissi a leggere quello che stavo scrivendo. E questo un attimo mi ha fatto preoccupare e mi ha fatto preoccupare tanto, in realtà che, nonostante avessi quasi finito l'episodio del podcast, ho fatto una cosa che non avevo mai fatto prima. Ho lasciato il lavoro a metà, ho chiuso il computer e ho detto stop. Ora io sono fortunata, non ci giro intorno. Ho il privilegio di lavorare per me stessa, di decidere le mie deadline, le mie scadenze e di avere un lavoro che posso mettere in pilota automatico per qualche giorno. È un privilegio vero, ma è anche un'arma a doppio taglio. Significa che se io non mi forzo a riposare, spesso non ci sono soste, non ci sono sere, non ci sono fine settimana d'altra parte. Però quando oltrepasso il limite posso staccare la spina e dedicarmi a me stessa. E questo privilegio io capisco che altre persone non ce l'hanno, ma dire quel stop per me è stato veramente un passo importante nella mia evoluzione personale perché mi sono fermata che per me è raro. In passato avrei probabilmente staccato dieci minuti, avrei bevuto un bicchiere d'acqua, avrei fatto qualche saltello, avrei preso un caffè, sarei uscita in strada a respirare un po' d'aria e poi mi sarei detta Okay, dai un ultimo sforzo e mi sarei rimessa davanti al computer e onestamente so che ce l'avrei fatta a fare un ultimo sforzo l'ho fatto in passato. Anzi, io dico so che ce l'avrei fatta, ma magari questa volta no, non lo sapremo mai. Ma invece ho deciso di dare la priorità alla mia salute mentale e fisica e di prendermi cura di me stessa. E ne sono felice perché ora siamo a una settimana dopo e non sono ancora al cento percento, anzi direi forse un settantacinque percento. Quindi probabilmente ho proprio passato il limite di molto senza neanche rendermene conto. Ho spinto, spinto, spinto troppo e e forse non volevo neanche rendermene conto e quindi ho continuato a spingere e e niente. Ed è successo questo. Nei giorni successivi ho preso coscienza di ciò che era successo e ho superato il burnout in questo modo, um, sono per me è un po', una piccola routine. Nel senso che, um, queste sono proprio cose che funzionano per me. Magari non funzioneranno per voi, ma proprio sono cose che io metto in pratica automaticamente quando arrivo ad oltrepassare un mio limite personale. Um, prima di tutto, non ho toccato nessun dispositivo per tre giorni. Non ho neanche preso il telefono in mano per fare delle foto. Poi mi sono presa cura di me stessa. All'ennesima potenza. Ho fatto esercizio, ho fatto esercizio più del solito, non perché ne avessi voglia, perché è stato difficile, ovviamente, ricominciare dopo una settimana che non facevo niente. Però sapevo che mi faceva stare bene e quindi mi sono forzata a farlo. Ho fatto stretching, ho fatto meditazione, ho fatto face yoga, che è lo yoga per il viso che per me è uno dei metodi migliori per rilassarmi e rientrare in contatto con me stessa, perché è praticamente una serie di massaggi al viso che io adoro. Ho anche scritto un post sul blog ve lo lascio nella pagina dell'episodio sul mio sito ho riiniziato a prendere gli integratori. Spesso quando vivo periodi di intenso lavoro, me ne dimentico proprio perché è un po', una sorta di sabotaggio personale, credo. Non so che cosa sia, a dire il vero, ma quando passo queste fasi di intenso mi dimentico proprio di prendermi cura di me stessa. E io personalmente credo che influisca non prendere gli integratori in questi periodi. Ma questa è una mia opinione personale. Non ho fatto ricerca, ma la mia sensazione su me stessa, sul mio corpo è che gli integratori mi aiutano molto. Ho letto un libro bellissimo tra l'altro di cui vi parlerò presto. Non vi anticipo nulla, ma è veramente molto bello e voglio trasformarlo in un episodio del podcast. Ho giocato e ho letto con Oliver ed Emily che era una cosa di cui avevo bisogno perché non avevo fatto abbastanza con loro e non ero stata abbastanza con loro e quindi anche il mio. Sentirmi bene come genitore vacillava un pochino ho dormito o comunque mi sono rilassata mentre i bimbi giocavano da soli, tempo che io di solito reputo sacro e quindi lo dedico al lavoro, cioè mentre loro giocano. Per me è proprio un un istinto viscerale quello di aprire il computer e sfruttare ogni secondo che ho a disposizione. Ho camminato sulla spiaggia, mhm, che ho la fortuna di avere dietro casa. In questo momento sono andata ad una festa con amici. Io sono un' estroversa. Stare a contatto con la gente mi ricarica le energie. Per persone invece, come mio marito che sono introverse, sarebbe forse l'opposto, ovvero gli risucchierà l'energia. Quindi anche questo varia da persona a persona. E poi, come sempre mi sono accettata. Mi sono perdonata sia per non essere stata gentile con me stessa e con la mia famiglia nelle settimane precedenti, sia per non essere riuscita a finire il lavoro che volevo finire, che per me è comunque difficile da accettare. Dobbiamo sempre perdonarci per i nostri errori, perché solo così sviluppiamo una familiarità con l'errore e io lo dico tantissimo nei miei corsi. L'errore è un amico, dobbiamo imparare a vivere con l'errore e ad accoglierlo come un amico. Non ho volutamente parlato finora della mia famiglia e del ruolo che ha avuto la mia famiglia nel burn out, perché il mio burnout non riguarda loro e quindi non voglio che passi il messaggio che il mio burnout arrivi dal mio essere genitore. Anzi, io personalmente credo che l'essere genitore sia proprio una minuscola parte del mio burnout. Credo che arrivi da tutto lo stress esterno che si riversa sull'armonia della mia famiglia che riempie il mio calice quotidiano. Chi ha il mio corso educare a lungo termine sa di che cosa sto parlando e credo invece che l'avere figli in realtà per me per me carlotta sia un'ancora di salvezza, perché loro mi riportano alla realtà. Loro mi riportano alle priorità che contano e mi accolgono e mi perdona. Sono sempre, anche quando do il peggio di me stessa e io in questo certo mi ritengo molto fortunata ad avere alex un marito che mi accoglie mi sta vicino con calma, con accettazione, con pazienza. E oliver ed emily che capiscono quando ho bisogno dei miei spazi, lo hanno imparato nel tempo, eh, non è che lo fanno naturalmente lo hanno imparato attraverso tentativi ed errori, perché il nostro equilibrio imperfetto ce lo siamo costruiti e ce lo costruiamo ogni giorno con non poca fatica. Quindi certo i bambini influiscono perché esistono, fanno parte dell'equazione. Quindi certamente. Ma so che questi burnout li vivrei con o senza di loro. La mia famiglia, in questo caso, è veramente solo la vittima. Io, io, Carlotta, sono l'unica, artefice del mio burnout e anche l'unica che può individuarlo, riconoscerne i campanelli d'allarme e quindi controllarlo. Sto lavorando sulla mia tendenza ad ignorare i campanelli d'allarme, ma piano piano riuscirò a migliorare. Anzi, oggi che mi conosco così bene, so che questo burnout per me è stato una svolta. La prossima volta sarò un po' più consapevole e magari non solo riconoscerò i campanelli d'allarme, ma li ascolterò perché alla fine è solo così che si evolve sbagliando, accettando e perdonando e basta. Credo di avervi raccontato quello che volevo raccontarvi. Non so neanche quanti minuti siamo, perché ho proprio perso la cognizione del tempo, ma credo di avervi detto tutto. Vi saluto. Vi do appuntamento alla prossima settimana che a questo punto non so che episodio sarà, perché la prossima settimana sarà una settimana estremamente emotiva per me, per noi perché dobbiamo lasciare la nuova zelanda. Quindi se seguo se seguo il mio umore, probabilmente vi ritroverete un episodio strappalacrime. Chi vivrà vedrà, non lo sapremo. Ma se volete leggere un riassunto di questo episodio, lo trovate sul blog w w w punto la tela di carlotta punto com e sono anche tornata un po' più operativa anche su Instagram e Facebook, su la tela di Carlotta blog e basta. Che dire, vi ricambio davvero tutti gli abbracci e le carezze virtuali che mi avete inviato questa settimana sono tantissime e non ho parole per ringraziarvi e quindi non mi rimane che augurarvi buona giornata. Buona serata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao.
Credo che tutto quello hai detto in questo episodio sia corretto...chiedere troppo al nostro corpo e alla nostra mente è come chiedere ad una macchina di continuare a camminare se abbiamo già utilizzato tutta la benzina.
Posso aggiungere una cosa: lavorare davanti al PC non è un lavoro come tutti gli altri, sono luci "blu" che non rispettano i naturali spettri (o frequenze) luminosi della luce solare, che è quella con cui siamo stati creati/evoluti da milioni di anni.
La tua descrizione, oltre allo stress eccessivo, fa pensare anche ad una "intossicazione" da elettromagnetismo e da luci "blu" che, ad esempio nell'igiene del sonno, vengono sconsigliati nelle ore serali.
Esistono occhiali che proteggono occhi dalla luce blu e, a dire il vero, bisognerebbe proteggere anche il corpo (ed in particolare la tiroide) da tale luce, coprendosi in casa e scoprendosi quando si va fuori alla luce naturale.
Giuseppina (neurologa, oltre che mamma)