benvenuti e benvenute a un altro episodio di educare con calma oggi per la serie Sensi di colpa. Vorrei parlarvi di una frase che molti genitori mi scrivono mi sento in colpa perché non mi piace giocare con i miei figli. Allora, onestamente non ho nemmeno una scaletta. Non so esattamente che cosa possa venire fuori da questo episodio, ma so bene di volerne parlare, perché mi sono sentita spesso allo stesso identico modo e con gli anni ho imparato non solo a convivere anche con questa parte di me, accettarla e perdonarmi, ma anche a comunicare ai miei bambini le mie preferenze, a comunicare loro ciò che sono disposta ad offrire. Se vi ricordate di questo concetto, di questa idea di ciò che siamo disposti ad offrire, ho parlato in un episodio. Mi sembra il cinquantatré. Ma andiamo in ordine allora, prima di tutto mi piacerebbe raccontarvi un piccolo dietro le quinte. Io non amo sedermi per terra e giocare con i giocattoli e non mi è mai davvero piaciuto giocare o fare attività con i bambini. Vedo mamme che sono naturalmente predisposte a giocare con i bambini. A loro sembra venire tutto così spontaneo. Facile. Inventano un gioco al minuto. Sanno sempre come intrattenere i bambini. Non si vergognano a fare i pagliacci e lo fanno anche bene. Corrono, saltano, ballano, cantano canzoni, giocano a nascondino e sembrano perfino divertirsi mentre fanno tutto questo. Ecco, io non sono una di quelle mamme. Proprio no. Le stimo, le ammiro, le guardo a bocca aperta. Ma io non sono una di quelle mamme. Io preferisco attività e giochi rilassanti. Preferisco sedermi a leggere un libro, colorare, giocare a carte, fare un puzzle. Um attenzione. Non sto dicendo che non sono capace a fare attività e a giocare con i bambini nella mia vita. Prema. Ho lavorato tantissimo con i bambini, insegnando inglese per tantissimi anni e loro mi adoravano. Ero brava, ma oggettivamente brava a preparare le lezioni tra virgolette e implementarle. E sì, cantavo, ballavo e giocavo anche io, Proprio come quelle mamme di cui parlavo prima. Me la cavavo bene, ma dire che mi piaceva è tutt'altra cosa non mi piaceva. I bambini si divertivano, certo, ma io Carlotta no, non era una di quelle attività che mi rigenerava. Per esempio, sento tante mamme dire che si sentono rigenerate quando possono finalmente sedersi e giocare con i figli ecco, io no, io mi sento esausta. Mi prosciuga mentalmente quando sono diventata mamma. Ovviamente nulla di questo è cambiato. Sapete quello che si sente dire spesso che appena diventi madre è come se si schiaccia un bottone dentro di noi e boom l'istinto materno si attiva e inizia a trovare piacere in cose che prima non ti piacevano. Ecco io questo bottone non l'ho trovato. Ora non voglio che mi fraintendete. Io, per esempio ho fatto cose come le giostrine Montessori per i miei figli. Le ho fatte da zero con le mie mani, ho cercato i materiali, mi sono creata i modelli da stampare che ho poi tra l'altro incluso nel mio corso, educare a lungo termine e quello l'ho fatto perché mi piaceva la manualità, mi piace, mi rilassa, mi ricarica, ma perché la faccio da sola, è un momento mio, è un mee time senza bambini da dirigere, da coinvolgere, che poi magari non seguono il mio piano mentale e il mio ordine mentale che colorano fuori dalle righe. Ecco, il perfezionismo è un'altra di quelle cose con cui ho dovuto fare i conti dopo essere diventata mamma. E devo ammettere piano piano che ho imparato con Oliver ed Emil a essere molto più flessibile, anche se non rispecchia quello che farei io, anche se il loro modo, il loro processo di lavoro non rispecchia esattamente il mio um ho imparato ad essere flessibile. Io per farvi un esempio, ero una di quelle mamme che avrebbe probabilmente aiutato a fare i compiti a casa, anche solo un disegno per portarli a scuola ben fatti belli. Quindi capirete che sono davvero cambiata tantissimo e oggi devo dire che mi preferisco. Credo che sia più sano per me e per i miei figli lasciare più tempo, più lentezza, più libertà di espressione e più accoglienza verso l'imperfezione. E questo lo devo assolutamente, soprattutto a Montessori. Parentesi chiusa comunque, proprio per questa mia tendenza a non amare il gioco con i miei figli. Io portavo spesso fuori ed è qui che volevo arrivare e praticamente pianificato ogni pomeriggio un parco giochi un'attività come le lezioni di ballo, di musica, di tennis, di nuoto, eccetera, eccetera. Finché nel duemila e diciotto Oliver aveva tre anni, Emily aveva un anno e mezzo. Siamo andati in Canada per due mesi, che forse ricorderete se avete ascoltato l'episodio con domande e risposte sul nostro stile di vita un po' nomade. E lì a Montréal non avevo amici con cui andare al parco giochi, né conoscevo attività a cui portare i bimbi. Ed è successa una cosa interessante. Ho iniziato a portare i bimbi al parco giochi da sola e mi sono resa conto che mi rilassava moltissimo, molto di più. Dell'avere sempre qualcosa da fare e qualcuno con cui farlo, che alla fine in realtà mi sono resa conto che era troppo anche per me, che sono un essere sociale e amo stare con la gente. E questo l'ho scoperto un giorno che ero in un parco giochi a Montreal e mi sono resa conto che per la prima volta ero seduta ad osservare i miei figli mentre giocavano e dico per la prima volta perché a Marbella era davvero raro che io servissi i miei figli giocare c'era sempre qualche mamma con cui chiacchierare. Quindi spesso ci sedevamo e parlavamo tra mamme che era anche bello perché questa rete di mamme era un bel supporto psicologico anche per me, ma l'avevo portato all'estremo raramente stavo in casa con i miei bimbi o mi fermavo a osservarli, giocare e questa nuova consapevolezza mi è piaciuta tanto che quando sono tornata alla vita normale tra virgolette, a Marbella ho cambiato tutto. Ho tolto tutte le attività pomeridiane dei bambini, tranne il nuoto. Ovviamente ne ho parlato con loro e abbiamo deciso di mantenere il nuoto tra tutte. E ho iniziato a dire no a molti incontri tra mamme. Ed è stato forse anche questo periodo in cui ho imparato l'importanza di imparare a dire di no. Ma questo è un altro discorso. E quindi cosa facevo? Andavo sola al parco giochi con i bimbi o spesso rimanevamo a casa? E tra l'altro è stato proprio questo il periodo tra il Canada e il nostro dal Canada che ha avviato il processo per insegnare tra virgolette, perché lo hanno imparato da soli ai bimbi a giocare insieme in casa dico, lo hanno imparato da soli perché semplicemente noi gli abbiamo dato l'opportunità. Ecco, invece di portarli di qua, a un'attività, all'altra al al play date con gli amici, semplicemente li lasciavamo tranquilli lì in casa a giocare. Quindi ovviamente loro si sono abituati, hanno imparato a giocare insieme e anche a rispettare il lavoro mio e di Alex. E visto che le cose non capitano mai per caso queste capacità ci sono poi venute molto utili quando siamo partiti l'anno dopo per viaggiare a tempo pieno che ovviamente um è stato un po', un corso intensivo nell'imparare a convivere insieme, a giocare insieme loro due, a rispettare il lavoro gli uni degli altri, a rispettare i propri spazi perché eravamo insieme, conviveva insieme h ventiquattro e questo cambiamento ha avuto un riflesso immenso nella nostra armonia di famiglia. E per la prima volta mi sono resa conto che la routine che avevamo messo in piedi prima non rispettava assolutamente il nostro ritmo biologico di famiglia. Chi ha fatto il mio corso con Schooling sa che io credo che ogni famiglia abbia un proprio ritmo biologico. Ma quella routine era era una routine che io avevo creato perché? Eh, ma in realtà non so perché, forse perché era quello che facevano le altre mamme, quindi io mi accodato tra virgolette dopo il Canada. Ovviamente i bambini avevano qualche attività programmata o ci trovavamo con amici comunque ed era bellissimo, ma succedeva molto meno, quindi magari su cinque giorni di scuola magari avevano una play date con amici e una lezione di nuoto. E pazienza se sacrificava il tennis o la lezione di ballo. Loro avevano scelto il nuoto ed eravamo felici così. E devo ammettere che la verità più vera è che Oliver ed Emily erano chiaramente ed evidentemente più sereni e io ero più serena perché forse perché vivevamo più lentamente. Questo aiutava tutti ad arrivare a fine giornata, non affannati, senza quella sensazione di aver corso tutto il giorno. Come? Unless chicken in inglese si dice un pollo senza testa. Non so se si dica anche in italiano, ma la lentezza non è l'unica, cosa che mi ha insegnato quel cambiamento. Avere più tempo libero, senza attività e senza persone intorno mi ha insegnato anche davvero a stare con i miei figli. E nel lockdown mi sono davvero resa conto che molti genitori, i miei genitori, non sanno stare con i propri figli. E tra l'altro lo capisco benissimo perché quando per motivi di lavoro i bambini vanno a scuola dalle nove del mattino alle quattro del pomeriggio, poi hanno un'attività extrascolastica e quando si arriva a casa è praticamente ora di cena. I genitori devono cucinare, poi routine della nanna. Il tempo di qualità genitore figlio è praticamente inesistente e non dico che sia sbagliato. Ci sono genitori che non possono fare altrimenti e i bambini sono sereni. Comunque, perché si abituano a questo stile di vita. I bambini hanno una capacità di adattamento pazzesca, ma a me Carlotta, quello stile di vita non rendeva felice e mi rendevo conto che quando non ero felice io non ero felice nel mia relazione di coppia. Non era felice Alex, non erano felici i miei figli e quindi quello stile di vita chiaramente non era adatto alla mia famiglia. E io ovviamente ho avuto il grandissimo privilegio di poterlo cambiare, di scegliere di cambiarlo perché mi rendevo conto che non mi rendeva felice. Mi sentivo spesso in colpa perché non dedicavo tempo di qualità ai miei figli e quindi ho capito che dovevo cambiare qualcosa. E per me la soluzione è stata quella di ridurre le attività extrascolastiche tra virgolette, ridurre gli incontri con altra gente e aumentare invece il tempo insieme. E quando dico tempo insieme non intendo che stavo tutto il giorno con i miei figli a giocare, ma intendo dire che, um stavo a casa con loro, loro giocavano insieme, io mi univa per una mezz'ora eccetera eccetera. E poi andavo a lavorare e poi magari mi univa per un altro quindici minuti leggevamo un libro insieme e poi tornavo a lavorare. Questi erano i nostri pomeriggi tipici e mi rendevo conto che ogni giorno loro giocavano meglio insieme, loro stavano meglio insieme, imparavano a risolvere meglio i propri conflitti. Ed è così tra l'altro che anche io ho imparato a giocare con i miei figli, senza per forza adattarmi ai giochi che vogliono fare loro, ma che magari a me non piacciono, ma capendo invece che cosa sono disposta ad offrire io, perché la mia volontà e le mie preferenze contano tanto quanto le loro. Ed è allora che ho capito che per me il vero problema del gioco con i miei figli era questa idea distorta del genitore che creasse sempre giochi nuovi e sempre attività diverse e ha voglia di giocare con i bambini in ogni momento della giornata. Insomma, la mentalità che ci propongono i social media come Instagram, Pinterest, che ci sommergono letteralmente di possibili attività da fare con i bambini ogni giorno e di genitori che ogni minuto sembrano trovare il tempo per fare questa attività con i propri figli. E quindi poi la nostra mente comincia a pensare ecco, quello è il giusto modello di essere genitore. È lì che devo arrivare. E invece no. L'unico posto dove dobbiamo arrivare è quel mondo interiore che non ha spazio per i sensi di colpa. E quei modelli che vediamo su Instagram ci portano spesso verso il senso di colpa, invece di allontanarci dal senso di colpa. E quella è anche una ragione per cui io di solito pubblico pochissime attività sul mio profilo, non perché non ne faccia con i i miei bambini e non perché non abbia voglia di condividere le attività che facciamo, ma perché non voglio contribuire ad avvicinare i genitori al senso di colpa che già quando si parla di educazione a lungo termine, se non siamo consapevoli di noi e non sappiamo essere gentili con noi stessi di senso di colpa, se ne genera già abbastanza. E tra l'altro, se volete approfondire il tema dei sensi di colpa, vi invito ad ascoltare gli episodi quarantadue e quarantatré del podcast. E questi li so a memoria, perché li ho consigliati talmente tante volte che ormai mi sono so a memoria anche i numeri e vi assicuro, tra l'altro che nemmeno io sono stata immune a quegli account di genitori che propongono mille attività e giochi e sembra che passino tutto il giorno a giocare con i loro bambini. Io seguivo tantissimi account così e se da un lato mi piacevano dall'altro, mi rendevo conto che mi mettevano ansia perché forse mi facevano sentire inferiore. Mi facevano sentire meno mamma. E questo ovviamente si era intensificato proprio quando avevo deciso di stare più a casa con Oliver ed Emily al pomeriggio, perché mi rendevo conto che i pomeriggi erano improvvisamente lunghissimi e io non sapevo ancora davvero stare con loro e quindi mi sentivo un po' persa. Quei profili mi facevano sentire ancora più persa, come se dovessi fare qualcosa di più, qualcosa di speciale. Se dovessi creare una routine che fosse anche un'opportunità di apprendimento, oltre che di condivisione. Per esempio che ne so, giochiamo una mezz'ora, poi leggiamo un'altra mezz'ora, poi facciamo quell'attività sul corpo umano, poi prepariamo insieme i biscotti, eccetera, eccetera, eccetera. I bei ricordi insieme si creano così. Questo è il messaggio che mi comunicavano quegli account. Ma il problema di quel messaggio è uno che io non sono quella mamma. E quindi perché mi stavo forzando ad esserlo. Quella routine andava completamente contro la mia natura e alla fine era la stessa routine frenetica di prima, senza l'aspetto sociale. E ora magari mi direte ma allora tu ci dici spesso che non sei la mamma tipica Montessori, ma che hai dovuto cambiare? Ecco, quello per me è diverso. Io cambio in onore del rispetto che voglio dare ai miei figli, ma questo è diverso. Giocare con i miei figli a qualcosa che io non ho voglia di giocare a qualcosa che a me non piace. Alla fine non è rispetto verso me stessa. E quindi? Allora che cosa ho fatto? Ho smesso di seguire tanti di quei profili su Instagram, perché fortunatamente abbiamo ancora la scelta di seguire o non seguire le persone. E ho abbandonato Pinterest e sono ripartita da me. Mi sono guardata dentro, mi sono chiesta che cosa io, Carlotta, sono disposta ad offrire nel gioco ai miei figli? Che cosa sono disposta ad offrire per passare del tempo insieme di qualità? Ho osservato loro per capire che cosa piace a loro, a che cosa interessati. E mi sono osservata io per capire che cosa piace a me e a che cosa mi interesso io, perché i momenti in cui faccio qualcosa che piace anche a me sono anche i momenti in cui i miei figli sono più sereni e si divertono di più. E quindi piano piano ho accettato che non sono quel tipo di mamma dall'attività sempre pronta che chiariamo io stimo perché non è semplice e che va bene così. Ho scoperto, per esempio, che magari non mi piace mettermi a giocare con i Lego se non ho non ho delle istruzioni perché non amo inventare cose come invece fa Oliver, oppure che non sono disposta a preparare delle attività che trovo online, ma invece mi piace e sono disposta a giocare e perfino a inventare giochi con i materiali Montessori che abbiamo e che hanno girato il mondo con noi, che sono super versatili e si prestano a tantissime attività ai giochi che io chiamo giochi produttivi. Ecco, questo tipo di gioco a me piace, non mi pesa farlo, mi rilassa, lo trovo anche sotto soddisfacente e tra l'altro è proprio per questo che ho creato il corso schooling, educare a casa proprio per condividere queste attività e questi giochi usando pochissimi materiali che mi hanno davvero aiutata a imparare a giocare con i miei figli e a scoprire che cosa sono disposta ad offrire io quando gioco con loro. Poi vabbè, ovviamente il corso è molto più ampio, chi ce l'ha lo sa, ma insomma c'è anche questo, che per me è un aspetto principale. E tra l'altro non solo ho scoperto che cosa sono disposta ad offrire, ma ho anche imparato a comunicarlo ai miei figli come loro hanno le loro preferenze. Anche io ho le mie e come loro le esprimono a me. Anche io posso esprimere le mie a loro. Se un gioco non mi piace, glielo comunico e magari allora giochiamo dieci minuti con quel gioco e poi scelgo io un gioco. Ecco, questo tipo di compromesso per noi funziona molto bene e tra l'altro mi aiuta anche ad allungare le sessioni di gioco proprio perché alla fine, quando facciamo dei giochi che mi soddisfano, quando facciamo dei giochi che mi piacciono, ho più voglia di continuare a giocare con loro. E vedo che se ho più voglia io hanno più voglia loro e non sempre va bene chi al mio corso schooling lo sa perché ci sono dei video in cui Oliver è veramente il l'esempio modello del bambino a scuola che non vuole fare nulla. E quindi insomma, questo per dire non è che sempre ci sediamo, ci mettiamo a fare delle attività che o dei giochi con questi materiali Montessori è come per magia, i bambini lavorano, concentrati e insieme cooperativi, eccetera eccetera. No, ecco, non immaginatevi questa scena. Mulino bianco che non esiste, ma effettivamente spesso funziona così, perché alla fine io ho voglia di fare quel gioco e quindi loro hanno voglia di giocare con me, quindi hanno voglia che io gli dedichi il mio tempo e allora accettano anche le mie condizioni e i miei compromessi. E quindi questo mi ha aiutato tantissimo anche a imparare sempre di più a giocare con loro, perché più si fa una cosa, più si impara a farla. Um, ecco, questo non so se ho detto tutto quello che era nella mia mente, perché ora non ho la più pallida idea pensando indietro che cosa ho detto e che cosa non ho detto. Ma credo che per me l'essenza sia proprio il cercare di allontanarsi dal senso di colpa, cercare di imparare chi siamo, di accettare chi siamo e come siamo e anche se i social media e i film ci mostrano un modello completamente diverso, cercare di ignorarlo e di capire invece, come siamo fatti noi e che cosa siamo disposti ad offrire noi e per chi può anche osservare il ritmo biologico della propria famiglia e riflettere sul tempo di qualità che passiamo con i figli. E per me è tempo di qualità. Non è tempo al parco giochi a chiacchierare con altre mamme mentre i miei figli giocano, ma è dedicare lo la nostra attenzione, la mia attenzione esclusiva. Parlo per me stessa e con questo non voglio dire che ora dobbiate cancellare tutte le attività extra scolastiche e non vedere più amici. Non passiamo da un estremo all'altro, ma semplicemente mi piacerebbe piantare un semino per sviluppare un nuovo livello di consapevolezza del tempo che si passa con i propri figli. Perché credo che più siamo consapevoli non solo della quantità, ma anche della qualità del tempo che passiamo con i nostri figli, più riusciamo a conoscere la nostra famiglia, a conoscerci, a conoscere i nostri figli, a capire che cosa ci piace fare insieme e quindi anche poco a poco, imparare a stare insieme, imparare a giocare insieme imparare quali giochi ci piacciono, quali giochi non ci piacciono, imparare a comunicarlo e così via. Anche offrire un modo ai nostri figli. Perché non sempre magari i nostri figli hanno voglia di giocare insieme allo stesso gioco. Ma proprio grazie al nostro modello, al fatto che noi comunichiamo che a volte non ci piace giocare con un certo gioco. Magari lo faranno anche loro tra di loro. Io spesso sento Emily che Oliver. Anzi, Oliver, Questa è sempre una scena tipica di Oliver che cerca di convincere Emily a giocare con i Lego. Emily che gli spiega Oliver, adesso non hai voglia di giocare con i Lego? Se vuoi giochiamo cinque minuti con i Lego. No, lei non dice cinque minuti. In realtà lei dice facciamo una macchina insieme e poi io vado a colorare. E allora lui lo accetta. Ma prima quello che succedeva è che Olive diceva Emily. Emily, vieni a giocare con i Lego? No. Vieni a giocare con i Lego? No. Vieni a giocare con i Lego? No, ma me Emily non vuole giocare con i Lego. Ecco. Quindi io quando vedo queste scene del fatto che loro sappiano comunicare quello che vogliono fare, quello che gli piace e quello che non gli piace. Io sento che il mio modello ha un'influenza sul loro comportamento che il mio modello tra virgolette insegna senza volerlo perché io alla fine lo faccio anche un po' ego lo faccio perché voglio essere io felice serena di quello che sto facendo con loro. Però effettivamente anche facendolo inconsapevolmente facendolo egoisticamente sto insegnando loro e sto trasmettendo loro un modello sano di relazione tra di loro e quindi questo mi piace molto e mi sono persa un'altra volta credo che sia meglio chiudere questo episodio perché altrimenti lo trasformo in tutt'altra cosa quindi vi do appuntamento alla settimana prossima con un nuovo episodio di educare con calma ovviamente come sempre se vi manco in questa settimana fino a venerdì mi trovate su w w w punto la tela di carlotta punto com e anche su instagram e su facebook con la tela di carlotta blog e questo è quanto non mi rimane che augurarvi una buona giornata, una buona serata o una buona notte a seconda di dove siete nel mondo ciao ciao
Mi interessano molto le tue attività di co schooling, per i miei bambini di 6 e 4 anni. Giustamente tu dici che una routine predefinita e di fretta non è adatta alla tua vita familiare, e mi ritrovo in questo perché anche per noi è molto meglio passare tutto il pomeriggio (che poi sono 4 o 5 ore comprensive di cena e routine della nanna) insieme a colorare, fare lavoretti o giochi in scatola, leggere, ... Quando passiamo il tempo in questo modo siamo tutti molto più "regolati" e in linea con noi stessi.
Ecco, tutto sta introduzione per chiederti come ci si comporta con le attività di co schooling che proponi? I miei bambini vanno a scuola e all'asilo fino alle 14 e 30, consigli delle attività corte quotidiane con i vostri materiali o prendersi piu tempo, magari un pomeriggio a settimana? Il lunedì, il martedì e il giovedì sono i nostri giorni famigliari, oltre al weekend, quindi potremmo pensare di dedicare un pomeriggio in tal senso
Grazie per averne parlato.
Un abbraccio
Cristina
Finalmente non mi sento sola e finalmente non mi sento in colpa!
Un caro saluto da Venezia
Kristina