Ultimamente ho fatto fatica, non sono stata me stessa, non sono stata la migliore versione di me stessa, questa nuova vita da mamma di due è difficile, chi dice il contrario mente. Quando ne ho parlato con un’amica un giorno, mi ha detto ”Non è l’impressione che dai su Facebook”.
Ovvio che non lo è. Lo so. Nonostante io cerchi di scrivere onestamente sulle mie difficoltà, i social media non mostrano tutto, per non parlare di tutto quando avviene. Ma non biasimo la mia amica, perché so anche che questo è facile da dimenticare. Lo dimentico a volte io stessa quando guardo Instagram o Facebook. Ma davvero sono tutti in grado di dare ai loro figli grandi avventure indimenticabili? Davvero sono tutti sempre in vacanza in Thailandia? Davvero gli altri genitori non fanno fatica?
No. Ognuno ha le proprie lotte. Dietro le quinte, ci sono madri in lacrime, rotture, fallimenti di carriera, lotte finanziarie, ansia, depressione, preoccupazione, malattia, morte. Ma la gente non lo mostra. Forse perché non si ha voglia di catturare e ricordare le fatiche della quotidianità, o forse perché a volte è confortante riguardare la tua vita perfetta su Instagram, anche se solo virtuale.
E se ne sei consapevole, non credo sia una cosa negativa.
La verità è che anche se le mie foto e i miei post sul blog mostrano solo una piccola parte della storia, è tutto vero. Sono reali. La felicità di quei momenti è reale. Semplicemente non è intera. Se vuoi l’interezza, fammi una telefonata, chiedimi come mi sento davanti ad una tazza di caffè, mandami un messaggio dicendomi che mi stavi pensando, scrivimi una mail e raccontami di te. Crea del tempo per me.
Le persone reali non accadono sui social media. Le persone reali accadono nei caffè, al parco giochi, all’asilo di tuo figlio, in coda al supermercato, scaricando la macchina dopo una lunga giornata. E sono colpevole come te perché anche io a volte lo dimentico, a volte non riesco a coltivare amicizie che mi interessano, a volte sono intrappolata in una spirale di vita familiare e di egoismo personale.
Quindi la prossima volta che ti sorprendi perché non conosci le difficoltà di vita dei tuoi amici—la loro interezza—non è certo colpa di Facebook. La colpa, se di colpa vogliamo parlare, è solo tua.
Ho trovato una definizione che mi piace: mindfulness è una parola inglese che vuol dire consapevolezza ma in un senso particolare. Non è facile descriverlo a parole perché si riferisce prima di tutto a un’esperienza diretta.
Tra le possibili descrizioni è diventata “classica” quella di Jon Kabat-Zinn, uno dei pionieri di questo approccio. “Mindfulness significa prestare attenzione, ma in un modo particolare: a) con intenzione, b) al momento presente, c) in modo non giudicante”. Si può descriverla anche come di un modo per coltivare una più piena presenza all’esperienza del momento, al qui e ora.
Un abbraccio stretto stretto
Baci Baci Baci
zia ❤️❤️❤️
Bel post
mi prendo un po' di tempo per commentare questo tuo bel post, forse il piu' off-topic del tuo blog, sicuramente uno dei migliori, a mio avviso.
Da quando Stefano e' arrivato, invero gia' da molto prima, abbiamo visto e letto centinaia di post/video/immagini riguardanti molti aspetti della nostra vita da genitori.
La maggioranza di queste risorse rimandano un'immagine patinata di genitori perfetti che propongono le loro soluzioni perfette (e sempre funzionanti), oppure, quando si tratta di recensioni di prodotti si ha sempre l'impressione che anche quando stanno parlando del cestino di pannolini sporchi, quella dei loro bimbi sia profumata (non so se rendo l'idea).
I bambini di queste famiglie non dormivano ma, dopo aver applicato il metodo xyz, dormono 12 ore di fila. Non volevano mangiare, ma grazie alla ricetta segreta per la pappa, ora mangiano come degli adulti. I genitori poi hanno il tempo di scrivere post, produrre video degni di hollywood, aggiornare i loro profili social ogni minuto e, soprattutto, scattare un sacco di foto dove i loro bimbi sono sempre puliti e sorridenti (si vede che solo il mio ha questo vizio di fare il ruttino color latte che va direttamente sulla maglietta appena cambiata)
Insomma, il rischio di sentirsi inadeguati e' reale. Il percorso mentale non e' molto differente da quello che si segue guardandosi allo specchio dopo aver letto l'ultimo numero di men's health (o di Cosmopolitan).
Senza voler sembrar retorico, mi vien da dire che purtroppo viviamo nell'eta' dell'apparenza dove, se non "appari" (appunto) perfetto, semplicemente non esisti. Questo modo di pensare condiziona fortemente chi vuol mettere in piedi un blog o una "piattaforma" come tu hai fatto con la tela. Da un lato ci vogliono le visite, i subscribers, i like e, per attirare persone in mezzo a tutto il "rumore" generato da internet, si finisce per adattarsi allo standard che sembra funzionare.
Non voglio dire che questo sia necessariamente sbagliato o da cambiare ma e' un dato di fatto che sia molto piu' facile condividere gli aspetti positivi della nostra vita piuttosto che le nostre paure e i nostri limiti.
Per questo mi piace il tuo blog dove fra tanti post utili e interessanti trovi lo spazio per pubblicare qualcosa di realmente personale, come hai fatto oggi.
Un abbraccio,
Gabriele