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197. Genocidio: come avviamo la conversazione? | con Teresa Potenza e Najwa Saady

In questo episodio di Educare con Calma parlo insieme a Teresa Potenza e Najwa Saady di genocidio e di come possiamo avviare questa conversazione con i nostri figli.

29 novembre 2024·
29 min
·7 commenti
Partendo dalle nostre esperienze personali e professionali, discutiamo l'importanza di educare i bambini alla comprensione della guerra, del razzismo e del rispetto per la diversità. Un episodio breve rispetto alla vastità del tema, ma che vuole essere il motore di riflessioni e suggerimenti pratici per gestire temi complessi con sensibilità e onestà. Nell'episodio menziono le pratiche di pace di Arianna Basile che puoi scoprire ⁠qui⁠.

:: Due chiarimenti:

1. Quando dico che oggi non esiterei a parlare di genocidio con i miei figli a nessuna età, intendo se loro, anche da molto piccoli, mi facessero domande. Senza quelle domande, avviare la conversazione sul genocidio spesso richiede, come diciamo nell'episodio, preparazione nostra, osservazione dei nostri figli e, a volte, «precursori»; 
2. Noi non siamo religiosi: per questo la conversazione sulla morte per noi non include dove va l’anima dopo la morte (ma spieghiamo queste differenze quando parliamo di diverse religione).

01:27 Conversazioni sul genocidio nei nostri viaggi
03:37 Parlare di cose difficili con i bambini
12:28  Intervento di Najwa Saady
16:58 Intervento di Teresa Potenza
22:36 Riflessioni finali sull'attivismo

Carlotta: Benvenute e benvenuti a un nuovo episodio di Educare con calma. Oggi come avrete letto dal titolo parlo di un argomento scomodo e vi portiamo delle riflessioni su come parlare di genocidio ai bambini in famiglia. Parlo al plurale perché non sono sola ma mi accompagnano anche Najua Sadi e Teresa Potenza con I loro interventi entrambe le avrete conosciute in altre occasioni sulla tela Najua è la nostra persona di riferimento per il multilinguismo e per l'educazione all'interculturalità e quindi la trovate in vari episodi del podcast post del blog anche scritti da lei e Teresa mi già accompagnata in un episodio del podcast su come parlare di guerra ai bambini e scritto un post sul blog su come viaggiare con I bambini senza stereotipi al di là degli stereotipi. Prima di tutto inizio dicendo che parlare di genocidio ai bambini per parlarne valgono più o meno a grandi linee le stesse regole se di regole vogliamo parlare che valgono per altre conversazioni scomode come la morte la guerra e addentrandoci nell'episodio lo vedremo un pochino ma per avere un quadro più generale vi invito a recuperare gli episodi relativi. Un un pochino la nostra esperienza quindi l'esperienza della mia famiglia e dei miei figli Oliver e Emily.

Io ho sempre lasciato che le conversazioni arrivassero non le ho cercate non le ho programmate non abbiamo potuto né voluto, adesso vi spiego perché il potuto, parlarne in maniera graduale. Perché? Perché essendo viaggiatori a tempo pieno e visitando parecchie realtà in cui ci sono state guerre, in cui I coloni hanno sterminato una popolazione indigena eccetera le conversazioni sono semplicemente arrivate come quella volta con il tassista armeno che ci parlato del genocidio avvenuto in armeni in termini molto diretti e quindi poi I bambini avevano un milione di domande o come racconto nel mio libro quando al mercato in vietnam c'erano tantissime persone senza un arto e ci hanno raccontato che era successo durante la guerra del vietnam che loro chiamano guerra americana o come quando nella visita Dubrovnik la guida raccontato di quando aveva sei anni ed è scoppiata la guerra e ci fatto vedere I buchi delle bombe nelle mura e ci raccontato la storia di un uomo anziano che si è lasciato bruciare vivo perché non voleva lasciare il suo negozio e la sua casa e la foto è ancora lì quindi ne abbiamo parlato con I bambini. Ecco questo per farvi capire perché non le abbiamo cercate queste conversazioni e perché invece sono arrivate sono arrivate proprio grazie al nostro stile di vita ma quello che non abbiamo fatto è ignorarle non le abbiamo evitate non le abbiamo ignorate non le abbiamo nascoste per esempio dopo la visita a Dobrovnik ho fatto io domande hai capito perché c'erano buchi nelle mura hai capito perché c'era la foto di quel signore hai capito perché la guida da bambino diceva che aveva paura chiaramente era mia responsabilità di genitore mettere insieme I pensieri e processare le emozioni e dare un nome alle cose e una definizione alle parole guerra, genocidio, razzismo, pressione per noi questa è stata la decisione vincente perché la nostra famiglia in viaggio è appunto esposta continuamente a queste esperienze e comunque ci tengo a dire però che sono conversazioni sempre molto brevi anche se sono frequenti sono molto brevi non sono lezioni universitarie non ci sediamo a tavolino parliamo per un'ora di questo ecco no a volte sono una frase nel mezzo di una conversazione, una domanda, una risposta, una spiegazione e poi un'attesa che arrivino alle loro domande dei bimbi.

Una delle mie mentori sull'anti razzismo spiega che certamente c'è un'età appropriata per ogni conversazione ma che a volte specialmente per famiglie che godono del privilegio bianco o che vivono in posti dove le persone sono tutte uguali in apparenza a noi le conversazioni non arrivano spontanee o possono non arrivare mai. Dobbiamo ricercarle attivamente e lei questo lo definisce essere attivamente anti razzisti C'è secondo voi un qualcosa come essere attivamente anti guerra o attivamente anti genocidio? Io chissà forse direi di sì sempre con un occhio di riguardo all'età alle sensibilità e a mille altri fattori su cui oggi proveremo a offrirvi spunti di riflessione Chiaramente non ho risposte definitive, non ho risposte certe. Le risposte credo che evolvano con noi, con la nostra consapevolezza, con la nostra informazione, con il lavoro che facciamo per informarci. Cinque anni fa forse non avrei parlato di genocidio con I miei figli non perché erano piccoli ma perché io ero insicura su questa conversazione oggi non esiterei a nessuna età perché so quanto sia importante parlare di cose difficili, scomode con I bambini e so anche come avviare conversazioni difficili e scomode a seconda dell'età.

Nel percorso per educare a lungo termine c'è proprio una categoria che si chiama Le cose difficili in cui vi spiego tutto questo e che è anche piena di copioni. Detto questo non volevo parlarvi da sola di come parlare di genocidio ai bambini e le due persone che mi sono venute in mente subito per diversi motivi sono Najua e Teresa due persone che stimo e che conoscono bene il tema, approcciano queste conversazioni con I loro figli in casa. Najua mentre facevamo brainstorming perché questo episodio in cantiere da mesi scritto: come hai detto tu voi viaggiate a tempo pieno quindi queste conversazioni si aprono più o meno da sole mentre per una famiglia che è meno o pochissimo esposta a questi contesti variegati c'è bisogno di un approccio più attivo quindi proprio essere quel 'antirazzisti' di cui parlavo prima. L' approccio attivo però per me dice sempre Najua non significa forzare una conversazione quando I nostri figli non sono pronti stessa cosa che penso anch'io ma appunto avere in mente dei precursori e aprire conversazioni tenendo conto di ciò che arriva o ciò che si può osservare nell'intorno. Di questo e molto altro ci parlerà Najua nel suo intervento.

Rifletteremo poi anche sul termine genocidio e se o meno usare questa parola con I bambini. Sempre durante quel brain storming Teresa scritto: C'è una grossa resistenza a utilizzarlo ancora oggi. Ancora oggi dopo molto tempo si cercano mille altri modi per definire ciò che sta accadendo in Palestina forse perché questa parola scatena troppo troppo di tutto invece io penso che sia utile ricominciare proprio da qui dal dare un nome alle cose tornare a monte delle cose soprattutto per chi non la possibilità di viaggiare spesso come fate voi è importante che abituiamo I nostri bambini a riconoscere e poi dare un nome alle cose proprio come vogliamo che facciano con le emozioni e credo anche sia importante forzarci nell'evitare generalizzazioni. Di questo e molto altro ci parlerà Teresa nel suo intervento. Ora prima di lasciare la parola a loro vi lascio una mia pre riflessione che è uscita anche mentre scrivevamo le nostre idee per questo episodio.

Anche io credo fortemente come Teresa Najua che genocidio sia una di quelle parole che proprio perché sembra troppo dobbiamo usare e chiamare con il suo nome. Io vedo che I miei figli non hanno problemi a parlarne e noi usiamo questa parola con moltissima spontaneità anche se sappiamo che cosa significa. Certo I miei figli non possono sapere esattamente la gravità di un genocidio anche se penso che nell'ultimo anno stiano davvero iniziando a capirla e lo vedo dalle loro espressioni quando esce l'argomento, dalle loro reazioni, dalle loro risposte quando ne parliamo. Ma la riflessione che vorrei fare è questa: se I bambini non possono davvero capire la gravità di una circostanza parlarne con leggerezza senza nascondere il termine è sbagliato? Io credo di no.

Me lo vedo un po' come la parola morte che in effetti tante persone non riescono ancora nemmeno a pronunciare. La sostituiscono con è mancato, è andato in cielo, non c'è più, è volato via. Il fatto che I miei figli abbiano normalizzato adesso, facciamo l'esempio della morte, che la morte fa parte della vita non significa che un giorno quando la vivranno in prima persona non soffriranno perché tanto è normale, No! Non è che li aliena alle emozioni che la morte provoca significa semplicemente che arriveranno tecnicamente preparati ai concetti intorno alla morte. Tutti moriamo, il nostro corpo si decompone, chi rimane soffre perché non vedrà mai più quella persona.

Per me è davvero così semplice. Sembra distaccato? Può darsi, ma alla fine non lo è poi così tanto. È onesto, e I bambini specialmente con le conversazioni difficili hanno bisogno di onestà perché come dico spesso ovunque in tutti I miei contenuti si più paura di ciò che non conosciamo di ciò che ci sembra tabù di ciò che pensiamo di non poter chiedere ai nostri adulti di riferimento perché allora I bambini si sentono soli in quella paura in quell'apprendimento in quell'esperienza che gli sembra difficile Ecco perché io vi invito in tantissimi miei contenuti ad avere queste conversazioni difficili e scomode con I vostri figli anche perché vogliamo essere noi le loro fonti sia per filtrare e andare a passi graduali sia perché così loro possano sapere senza ombra di dubbio che noi ci siamo se vogliono parlare di queste cose difficili che non sono soli in questa esperienza e in queste emozioni che non sappiamo quali saranno saranno le loro emozioni. Ora la conversazione sul genocidio chiaramente è diversa dalla conversazione per esempio sulla morte perché il genocidio non fa parte della vita di ognuno specialmente in questa piccola parte di mondo privilegiato dove siamo nati noi Ed è straziante pensare che faccia parte della vita di qualcuno, pensare che esistono persone che scelgono di ucciderne altre, di torturarle.

E' straziante e vorrei non doverlo mai raccontare ai miei figli e vi assicuro che questa conversazione con loro non sarà mai priva di sofferenza come invece lo è per esempio quella sulla morte quando non mi tocca in prima persona. Eppure è una realtà e come tale dobbiamo parlarne con spontaneità, con naturalezza, con lacrime se escono, con dati di fatto e questo è proprio ciò che aiuta noi che aiutato noi a processare tutto quello che sta succedendo nel mondo e tutte le novità che ci arrivano dappertutto sui giornali, in televisione, sui social media.

L'ospite: Nonostante il genocidio palestinese ci riguardi da vicino perché la mia famiglia è di origine palestinese e vive dentro il territorio di Israele io non ho ancora parlato ai miei figli di genocidio non con questo termine Ma ho parlato loro più volte della guerra. I miei figli hanno sette-quattro anni in questo momento. Non penso sinceramente che sia presto per parlarne, penso anzi sia necessario aprire conversazioni anti-guerra e anti genocidio. Ma penso anche che ci sia molto a monte su cui noi adulti possiamo ragionare con I nostri bimbi per educarli ad uno sguardo sensibile e rispettoso verso la diversità. Perché dal mio punto di vista, per comprendere il genocidio, è importante comprendere il razzismo e quindi agire in modo critico verso I nostri pregiudizi e quelli della gente attorno a noi.

Pregiudizi e razzismo per me sono un po' I precursori di un genocidio. Ovviamente il razzismo non porta per forza ad un genocidio, ma non c'è genocidio senza razzismo. Quindi conversazioni importanti sul razzismo possono nascere da semplici affermazioni dei nostri figli o frasi che sentiamo ad altre persone. Ad esempio: tre anni fa circa, mio figlio maggiore mentre colorava detto lo faccio color carne prendendo in mano il solito rosa pallido che conosciamo. E io gli ho chiesto: ma la carne di chi?

Quella per me era una prima credenza su base razzista da sradicare, perché la carne umana tantissimi toni diversi che vanno dal bianco, al rosa, al beige, marrone e al nero, e quindi abbiamo cominciato a parlare di colori di pelle, abbiamo osservato I nostri colori in famiglia, e I bimbi si sono accorti ad esempio che il colore di pelle del papà si avvicinava molto di più ad un marrone che a quel rosa pallido, mentre I nostri avevano diverse tonalità di beige. Un altro esempio: l'anno scorso sempre mio figlio maggiore mi dice dal nulla: Samuel è l'unico bimbo nero della mia classe. E io gli ho detto: È vero? Perché secondo te? E così abbiamo cominciato a ragionare insieme, ci siamo trovati a parlare migrazione, di melanina, di diverse zone climatiche, di come il clima influisce sulla genetica, sulle culture, aiutandoci anche con l'atlante.

Poi ho parlato anche della nostra migrazione, perché anche noi qui in Spagna siamo immigrati e di come tutti apparteniamo a questo luogo. È un luogo che abbiamo scelto, che abbiamo deciso di chiamare casa, al di là di queste differenze. Qualche mese fa poi mi chiesto perché non andavamo a trovare I nonni, I nonni in Israele-palestina, e io gli ho risposto perché c'è guerra lì adesso in Israele-palestina e non è sicuro viaggiare adesso. Ti ricordi cos'è la guerra? Dopo avermi dato la sua definizione di guerra, la sua domanda successiva è stata: Perché I nonni continuano a vivere lì allora?

E lì ho dato precedenza al suo bisogno più che andare ad approfondire la situazione della guerra e del ginocidio, gli ho spiegato quanto possa essere difficile lasciare un paese la propria casa anche quando la situazione non è del tutto sicura. Quindi, io ho scelto questo approccio partendo dagli input circostanti, dagli input dei miei bambini, ma non significa che debba essere così per forza, soprattutto se nella vostra famiglia queste situazioni sembrano non presentarsi. Potete sempre crearle attraverso I libri, ad esempio. A noi, un libro che aiutato molto è stato Se vieni sulla Terra, proprio per avviare e approfondire queste conversazioni. Non credo ci sia un modo o un ordine per farlo.

Si può parlare di genocidio, dei genocidi della storia, darne la definizione e da lì poi parlare di razzismo e pregiudizi, ma si può fare anche al contrario. L'importante però è aprire queste conversazioni. Senza paura di spaventare I bimbi e senza paura di non esserne all'altezza, perché possiamo sempre parlarne con vulnerabilità. Se ci mancano le parole possiamo dirlo, è un concetto complesso, che non sono sicura di saperti spiegare. Andiamo a vedere cosa c'è scritto sul dizionario, o cerchiamo un articolo dove lo spiegano.

E se ci mancano informazioni socio-politiche, possiamo cercarle con calma e cura per avere maggiori strumenti nel momento in cui vogliamo affrontare l'argomento.

Speaker 2: È difficile, è veramente molto difficile parlare di temi come la guerra, la morte o il genocidio ai nostri figli. Personalmente per me lo è davvero molto, anche se sono abituata a parlare di temi di questo tipo, sia nel mio lavoro di giornalista che nella mia vita personale perché vivevo a Damasco quando è scoppiata la guerra civile e vivevo lì con quello che sarebbe diventato mio marito e ancora oggi la maggior parte della sua famiglia vive in Siria. Ma è tanto più necessario parlare di questi temi con I nostri figli perché è proprio grazie a conversazioni come queste che possiamo costruire delle basi solide, delle fondamenta per educare I ragazzi alla pace, all'inclusione, alla comprensione e alla ricchezza della diversità. E' importante però farlo sempre rispettando sia la loro età ma anche la loro sensibilità. Faccio un esempio molto concreto della mia esperienza familiare.

Mia figlia oggi otto anni e non riesce ancora ad affrontare temi come questi e anche solo il pensiero di questi argomenti, dei fatti che evocano, la fa stare male anche fisicamente. Cosa che per esempio non è mai successa con il fratello che oggi dodici anni. Ecco allora che abbiamo scelto di non parlare di questi temi come la guerra e il genocidio, come potrebbe essere anche adeguato alla sua età, ma in modo più superficiale. E attenzione, con il termine superficiale non intendo dire che non le raccontiamo le cose come stanno e le raccontiamo palesemente delle bugie ma significa che non andiamo in profondità. Non andiamo alla profondità che pure potrebbe essere adeguata appunto alla sua età.

Allo stesso modo però dobbiamo rispettare anche noi stesse, noi stessi. Io credo profondamente che se non ci sentiamo pronti, abbiamo bisogno di saperne di più su argomenti così delicati e complessi, non dobbiamo girarci dall'altra parte ma dobbiamo andare a fondo, formarci e informarci. Questo è un tema tanto più cruciale oggi che viviamo in un'epoca di bulimia delle informazioni e tra tutti questi dati che riceviamo ogni giorno ci sono tantissime notizie manipolate e disinformazione che non significa soltanto la fake news che poi viene smentita e a volte non viene smentita ma significa appunto manipolazione dell'opinione pubblica in vario modo. E ricordiamoci poi che l'obiettivo principale di troppi siti o account di diciamo così informazione è acchiappare click come si dice in gergo giornalistico,

Carlotta: quindi di trattenerci, di trattenere

Speaker 2: la nostra attenzione in di trattenere la nostra attenzione che è il bene più prezioso che ormai ci sia oggi e questo è quello che dobbiamo sempre più trasmettere anche ai nostri figli, approcciare con spirito critico ciò che leggono, ascoltano, vedono e, e porsi sempre delle domande, anzi la domanda fondamentale, cioè che obiettivo la persona che mi sta parlando o la piattaforma che mi sta dando questa notizia? Sarà vero quello che sto ascoltando? In questo modo li aiuteremo a diventare anche cittadini consapevoli perché li incoraggeremo a fare domande, ad approfondire. Quindi attraverso queste nostre conversazioni potremo aiutare proprio a farli crescere e possiamo farlo anche leggendo dei libri o guardando dei documentari adatti a loro o ascoltando le storie di chi vissuto da vicino quelle esperienze oppure ascoltando dei podcast. E se non conosciamo la risposta a una domanda che ci faranno, diciamo loro semplicemente la verità.

Insegniamo che nessuno sa tutto ma che tutti ci possiamo informare. Quindi non dimentichiamo mai che l'obiettivo più grande di queste conversazioni è crescere una generazione che abbraccia la diversità, che guarda le differenze come una ricchezza, non come una minaccia. E torniamo allora a ricordarci quanto parlare di temi come il genocidio sia appunto un modo per ricordare ai nostri figli quanto sia preziosa la pace e che ogni piccolo gesto di gentilezza, di comprensione, di apertura alle persone, agli altri può fare la differenza, può cambiare il mondo. Io credo profondamente nel potere delle parole e nella necessità di dare un nome alle cose. Quindi, quando affrontiamo argomenti così importanti come il genocidio, Andiamo a fondo nel significato, lasciamo perdere le credenze, gli stereotipi, I pregiudizi.

Per esempio, ricordiamoci che non è legato solo a una pratica effettiva di sterminare un'intera etnia ma all'intenzione, alla volontà di disumanizzare le persone e che radici nell'odio, nel pregiudizio. Queste conversazioni per quanto difficili saranno fondamentali, saranno alla base anche della fiducia reciproca tra noi e I nostri figli e daremo davvero il nostro contributo alla crescita di una generazione che sa abbracciare la diversità.

Carlotta: Grazie, grazie, grazie a Teresa e Najua che hanno dedicato il loro tempo che non è assolutamente mai scontato a questo episodio che vi ripeto richiesto moltissimo brainstorming e lavoro anche se non è una conversazione completa chiaramente lo ripeto ci tengo a ripeterlo ci tenevamo però davvero proprio ad avviarla, offrirvela. E ora lascio che siate voi a processare le loro parole, che magari dovrete riascoltare perché so che c'è davvero molto nel piatto oggi in questo episodio. Da parte mia ci tengo a fare un ultimissimo pensiero sull'attivismo. Il pensiero è questo: Non lasciate che le persone vi dicano che cosa è o non è attivismo. Attivismo non significa solo scendere in piazza attivismo non è solo pubblico e rumoroso e impattante e non direi nemmeno che quello è l'unico attivismo che fa davvero la differenza per esempio io credo che il mio educare I miei figli all'anti razzismo, spiegare il genocidio, dedicare tempo mentre crescono a queste conversazioni dolorose e informarmi io stessa per poter affrontare queste conversazioni con loro penso che sia una delle forme di attivismo più importante che esista perché cresce le generazioni di domani che in cuor mio spero faranno meglio di noi.

In questa particolare situazione per esempio ho scelto di portare Oliver e Emily in piazza a manifestare. Ho scelto le manifestazioni permesse dalla città perché sapevo che sarebbero state pacifiche, sapevo che lo erano state nel corso delle settimane quindi ero tranquilla per esempio una a Bruxelles a cui siamo andati con mia sorella cristiana perché lei ci andava da settimane ed era sempre stata pacifica quindi andavamo sul sicuro ho deciso di non andare con I bambini a manifestazioni che sapevo potessero sfociare nel pericolo o magari ci potessero sfociare nel pericolo o magari ci siamo andati e siamo stati lontani come un'altra manifestazione a Bruxelles di fronte all'ambasciata americana dove siamo passati ore prima che iniziasse abbiamo visto che la polizia stava mettendo il filo spinato ovunque e quindi abbiamo iniziato spinato ovunque e quindi abbiamo intuito che ci sarebbe stata una sorta di come dire che avrebbe potuto sfociare nel pericolo. Li lasciamo questo a un'altra conversazione al modo in cui si prepara la polizia a queste manifestazioni. Lasciamole per un'altra conversazione però appunto in quel caso non ci siamo sentiti sicuri e quindi in realtà siamo anche andati dopo siamo ripassati ma siamo stati lontani. Oppure ci sono andata da sola quando pensavo che non fosse sicuro per I bambini o non sapevo che cosa aspettarmi non avevo avuto informazioni prima ci sono andata da sola ma ho detto a loro dove andavo abbiamo preparato dei cartelli insieme eccetera le manifestazioni in questo caso a favore della Palestina contro il genocidio ma anche quella a cui abbiamo partecipato negli anni come quella per I diritti della comunità LGBTQA I più o in favore della PMA o della gestazione per altri o I Fridays for Future per sensibilizzare sul cambiamento climatico.

Ecco tutte queste occasioni sono state per noi un grandissimo motore di conversazioni e domande da parte dei bambini e io le consiglio a qualsiasi famiglia nella consapevolezza e nella sicurezza se tu ancora non sei lì il tuo attivismo non è da meno del mio. Come il mio non è da meno di chi va a ogni manifestazione o di chi si schiera sui social media che io scelgo di non fare perché lo trovo un ambiente tossico e superficiale per questioni così polarizzanti e divisive e non è il mio stile di fare educazione se non vuoi scendere in piazza puoi fare altre cose per esempio puoi boicottare aziende che supportano il genocidio e parlarne con I bambini puoi spiegare la parola attivismo e parlare positivamente di persone che lo fanno in qualsiasi ambito puoi fare un gioco com'è il nostro aiutanti della pace che parla di persone che nelle difficoltà e nelle tragedie e nelle lotte importanti hanno scelto di far sentire la loro voce e questo mhmm è anche un bellissimo modo di insegnare l'integrità a mostrare persone con una bussola morale solida. Puoi parlare di persone che hanno fatto o inventato qualcosa per migliorare la situazione di altre persone anche questo è un motore della conversazione di nuovo il nostro gioco aiutanti per la pace ne è pieno il nostro gioco inventorie inventrici ne è pieno puoi spiegare che cos'è il genocidio che cos'è la guerra puoi fare anche solo una semplice domanda come hai sentito parlare in questi mesi della genocidio sai che cos'è anche questa domanda può essere sufficiente per avviare la conversazione puoi fare donazioni e partecipare a incontri anche online se preferisci in cui se ne parla in cui ci si prepara e ci si aiuta ad affrontare queste conversazioni e si trova una comunità che condivide gli stessi valori.

Per esempio le pratiche di pace di Arianna che trovate su instagram come Arianna impronteconsapevoli che poi è anche la Arianna che fa le nostre lezioni di yoga in famiglia sono incontri in cui si può fare una donazione e Arianna distribuisce questi soldi a una o più famiglie nella striscia di gazza che ne hanno bisogno e con le quali lei è in contatto diretto. Quindi se siete scettici perché non sapete se le vostre donazioni arrivano davvero alla famiglia X o alle famiglie bisognose qui andate sul sicuro. Questi possono sembrare piccoli gesti ma non lo sono. Anche questi gesti sono attivismo. Non lasciare che nessuno ti faccia sentire da meno perché non fai attivismo come loro e allo stesso tempo ti dico anche non lasciare che queste mie parole siano per te una scusa per fare di meno se puoi e vuoi fare di più fallo l'attivismo non è mai abbastanza Quindi grazie grazie a Najwa, grazie a Teresa, grazie a chi è arrivato fino qui ad ascoltarci.

Sappiamo che questo è stato un episodio più lungo del solito e nonostante questo lo ripeto non esauriente sull'argomento ma davvero ci tenevamo ad apportare il nostro contributo e speriamo di poter aiutare le famiglie che non ne hanno ancora parlato in casa ad avviare la conversazione. Vi assicuro che I vostri figli che ne abbiate parlato o meno in casa hanno già sentito qualcosa magari hanno già visto qualcosa quindi non aspettate ad avviare le conversazioni. Non mi rimane che salutarvi darvi appuntamento al prossimo episodio di Educare con calma. Vi ricordo che mi trovate anzi ci trovate perché anche najua e Teresa saranno disponibili a rispondere ai vostri commenti su Latella punto com se volete lasciare un commento a questo episodio potete andare nella pagina dell'episodio su Latella e lì troverete anche tutti I contenuti relazionati a questo tema quindi I contenuti di cui vi ho parlato in questo episodio Penso sia tutto. Grazie.

Grazie a chi è arrivato fino qui. Grazie per il vostro tempo. Non è scontato e alla prossima buona serata buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo ciao ciao

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Ho apprezzato molto questo episodio. In particolare ho amato il concetto di essere "attivamente anti-razzisti". I miei bimbi sono ancora molto piccoli, vivono in una piccola città italiana e frequentano entrambi scuole private e quindi sono davvero poco esposti alla diversità etnica. Il modo che da sempre uso per essere "attivamente anti razzista" è quello di disegnare e colorare senza stereotipi e quindi principi, principesse, fatine e maghi e personaggi vari che ci capita di incontrare, a prescindere ai lineamenti e a costo di compiere "falsi storici" possono avere la pelle rosa pallido, marrone chiaro o scuro oppure giallognola. Non è paragonabile ad altre forme di attivismo, mi rendo conto, ma credo sia comunque un semino che si pianta, quello di comunicare che non esiste un solo modo di essere. Spero che questo spunto possa essere utile ad altri. 
Grazie per questo spunto, è vero, ogni semino è importante! 💜
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Ciao! A me piacerebbe informarmi sulla storia del conflitto fra Israele e Palestina e mi piacerebbe leggere qualche libro, ma non sono in grado di scegliere. Avete suggerimenti su titoli e autori? Magari qualcosa di semplice che potreste anche consigliare ad un adolescente. Grazie mille 💕
Ciao Valeria,
in biblioteca ho trovato il libro  «Le 12 mappe che spiegano il mondo ai ragazzi» di Tim Marshall e devo dire che mi è piaciuto molto.

Spiega con la geografia perché scoppiano le guerre, perché alcuni paesi sono ricchi e altri poveri e perché le persone migrano da un continente a un altro.

Anche se non spiega approfonditamente il conflitto fra Israele e Palestina, ha un capitolo dedicato al Medio Oriente, dove spiega tramite la mappa la geografia di questo territorio e come molte delle frontiere interne di questo territorio sono abbastanza recenti, alcune tracciate dopo la prima guerra mondiale dagli alleati europei vittoriosi e che da allora causano instabilità nell'intera regione.

Credo questo libro possa essere un buon punto di partenza per avviare conversazioni interessanti e poi approfondire i diversi conflitti attuali.

Un abbraccio,
Ciao Valeria,

l’anno scorso era stato reso accessibile come pdf sul sito della rivista una città questo libro:
La storia dell'altro
israeliani e palestinesi
Ed. Una Città, 2003

Non l’ho ancora letto ma sicuramente il progetto di scrivere un manuale di storia con le due narrazioni è interessante.
Non so se sia ancora disponibile gratuitamente ma se a qualcuno interessa forse posso condividere il pdf privatamente 🤔.
Ciao! grazie mille dei vostri spunti! volendo leggerlo insieme ai bimbi preferisco averlo cartaceo, ma grazie della tua offerta.  
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