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198. Dubbi e paure sull'approccio educativo «dolce» | con Elisa Pella

In questo episodio di Educare con calma lascio la parola a Elisa Pella, parent coach, che ci legge / racconta una newsletter che ha inviato a settembre 2024 in cui risponde a dubbi di genitori – leciti, perché spesso c'è troppa informazione – sull'educazione «dolce», la disciplina positiva, il respectful parenting…

6 dicembre 2024·
45 min
·14 commenti ·
Elisa Pella
Io la chiamo «educazione a lungo termine»; Elisa la chiama «genitorialità consapevole»: ma che cos'è davvero e come ci districhiamo nelle informazioni? E poi: stiamo sbagliando? A questa e altre domande risponderà Elisa nell'episodio.

Oltre ad aver apprezzato il contenuto della sua newsletter, mi piace l'idea che possiate conoscere
Elisa Pella
  perché fa parte del team esteso La Tela: la trovate anche nel servizio 1a1 e in futuro anche su workshop che offrirà alla comunità.

I fili della ragnatela
Sara Jane Nicolella
Sono Sara Jane, sono nata nel 1989, sotto il segno della bilancia. Sono una persona che ama il cambiamento in tutte le sue forme ma che fa molta fatica a mettere radici.

Conosci l'ospite

Elisa Pella – Parent coach
Sono parent coach: aiuto i genitori a costruire con i propri figli una relazione più solida e gratificante e allo stesso tempo a sentirsi più sicuri di sé ed efficaci. Nella vita ho fatto tante cose, da laurearmi in economia a lavorare in teatro. Da maestra di nido e materna a social media manager. La nascita di mia figlia ha segnato una svolta e mi ha portata a riflettere profondamente sul ruolo di genitore. Attraverso lo studio e il confronto con esperti e altri genitori, ho trasformato le sfide della maternità in un'opportunità, culminata nel completamento di un master in parent coaching. Oggi propongo percorsi di crescita genitoriale individuali, di coppia e di gruppo.

Carlotta: Benvenute, benvenuti a questo episodio di educare con calma. Se sentite uccellini in natura ma anche macchine che passano è perché siamo in un parco cittadino e mi sono messa fuori perché il van era occupato, I bimbi stanno giocando al parco giochi quindi magari sentirete anche delle voci di bambini ma, giochi quindi magari sentirete anche delle voci di bambini, ma tutto questo per dirvi che oggi in via del tutto eccezionale lascio la parola per questo episodio a Elisa Pella. Elisa Pella è una parent coach e una mia collega, una persona che io stimo moltissimo oltre che professionalmente anche personalmente. Qualcuno di voi sulla tela la conosce già perché è presente anche nella comunità offre aiuto ai genitori nel servizio uno a uno e fa proprio parte di quello che io chiamo il team esteso della tela. Un giorno ho letto una sua newsletter che mi è piaciuta molto e le ho chiesto se avesse voglia di registrarla perché secondo me rispecchiava veramente quello che è il suo lavoro e chi è lei E quindi ho pensato che possa essere un bel modo per conoscere Elisa, per conoscere anche un pochino il suo lavoro e capire anche se possa essere un buon match come si direbbe in inglese ovvero se potesse essere magari la persona con la quale decidete di lavorare con la quale decidete di fare un pezzettino del vostro percorso di genitorialità.

Come vi dicevo la trovate sull'uno a uno e la troverete anche nei workshop che inizierà ad offrire sulla tela. Inoltre ovviamente anche lei offre dei percorsi di aiuto alla genitorialità. E quindi vi invito anche ad andare a vedere il suo sito che è ilgenitore consapevole punto it e ovviamente la trovate anche su Instagram come ilgenitoreconsapevole. Vi lascio tutti questi dettagli nelle note dell'episodio ma ora non mi dilungo e vi lascio insieme ad Elisa. Buon ascolto.

Elisa: Grazie Carlotta apprezzo tantissimo che tu abbia voluto dare spazio e risonanza a queste riflessioni che nascono dal fatto che ultimamente ho ricevuto alcuni messaggi di mamme che hanno un dubbio in comune e il dubbio è questo: io credo nell'educazione dolce, ma non è che stiamo sbagliando. Le situazioni da cui le persone mi scrivono sono diverse, ma il quesito rimane lo stesso. Allora una mamma mi racconta della sua bambina completamente disregolata e si chiede se non dovrebbe essere più rigida di fronte alle crisi della piccola. Un'altra mamma magari legge un articolo e in questo articolo si attribuisce alla disciplina positiva la responsabilità del malessere dei giovani. E lei si domanda: Ma se avessero ragione loro?

Una terza mamma si confida con me quasi con vergogna come se avesse commesso un peccato e mi dice: A volte mi viene voglia di tornare ai metodi tradizionali perché se guardo intorno a me mi sembra che funzionino meglio. Tutte queste voci mi fanno pensare a tre cose, quattro, diciamole quattro. Uno, è importante continuare a porsi domande e mettere in discussione le proprie scelte, perché solo così possiamo essere davvero consapevoli e intenzionali continuando a crescere come genitori, mettendo in discussione quello che stiamo facendo, chiedendoci se ancora senso portarlo avanti e perché. Due, c'è un gran bisogno di fare chiarezza, c'è un eccesso di informazioni purtroppo troppo spesso superficiali e questo eccesso insieme alla superficialità genera ansia, insicurezza e a volte rigidità nelle persone. Tre.

Quando parliamo di funzionare o di risultati, dovremmo sempre chiarire prima di tutto a che cosa aspiriamo. Non si può parlare di successo senza identificare prima gli obiettivi e questo è il punto fondamentale perché altrimenti ignoriamo completamente che persone diverse possono avere ambizioni, priorità e valori diversi. E quindi paragoniamo ambizioni differenti con criteri uguali, e questo ci getta nella confusione ovviamente. E poi infine, punto quattro, la genitorialità è una relazione e come tale deve prendere in considerazione il punto di vista di due persone. Esisto io adulto ed esiste il mio bambino o la mia bambina e siccome I bambini sono diversi tra di loro, hanno sensibilità diverse, caratteri diversi, rispondono diversamente agli stimoli, io adulto sarò un genitore leggermente o magari anche molto diverso per ogni bambino.

E che cosa ho fatto? Ho fatto la cosa giusta con uno e la cosa sbagliata con l'altro? Evidentemente no. Qualche giorno fa, al termine di una sessione che ho fatto con una mamma con cui sto lavorando, lei mi mandato un messaggio e in realtà diceva mi sarebbe piaciuto fare questo percorso prima con te perché non sarei nello stato emotivo in cui sono ora. In realtà era una mamma che si era già prima informata tantissimo su che genitore voleva essere e come fare per diventarlo.

Anzi, aveva cercato di seguire pedissequamente le indicazioni che aveva trovato e che le spiegavano come doveva reagire e che cosa doveva dire in determinate situazioni. E non erano necessariamente consigli sbagliati. Il fatto è che avere tutti questi suggerimenti in testa le impedito di sintonizzarsi davvero con I suoi bambini, ma soprattutto con se stessa. Ignorato le proprie emozioni, ignorato le proprie fatiche, si è sacrificata per un obiettivo che per lei era più importante, più grande di sé: fare la cosa giusta con I suoi bambini. E oggi si sente triste, si sente un po' disillusa, ma la verità è che la cosa giusta non esiste.

Le conversazioni sulla genitorialità non devono essere un tentativo di affermare la supremazia di un modo rispetto a un altro. Non serve dimostrare che un approccio è eticamente più corretto, che un metodo è universalmente più efficace. Serve informarsi e avere la conoscenza che ci serve per fare scelte consapevoli. Ma la scelta che ognuno farà in ultimo dipenderà da diversi fattori e scelte differenti possono essere ugualmente valide. Per proseguire questa riflessione vorrei fare prima un passo indietro in realtà e cercare di portare un po' di chiarezza, perché spesso chi pratica quella che chiama educazione dolce non sa in realtà esattamente che cosa intende.

Sì, un'idea di alcuni valori, di alcuni principi importanti per sé nella relazione con I bambini e cerca di perseguire questo approccio anche in realtà spesso per discostarsi da quanto vissuto nella propria infanzia, no? Chi si è sentito prevaricato, trattato con eccessiva durezza oppure ignorato e ne sofferto, cerca di offrire un'esperienza diversa ai propri figli e spesso finisce per fare quella cosa che in inglese si chiama over correct che vuol dire correggere troppo, ovvero avvicinandosi all'estremo opposto, da quello da cui cerca di allontanarsi. Quando io personalmente faccio divulgazione sui miei canali social, tendo a parlare di genitorialità consapevole o genitorialità rispettosa. So che però le differenze non sono molto chiare e che questi due termini vengono usati in modo intercambiabile tra di loro e anche come sinonimi di educazione dolce o di disciplina positiva. Non è che sia completamente sbagliato però rischia di confondere.

Io in una newsletter di un paio d'anni fa scrivevo che secondo me I nomi sono molto importanti e nella mia esperienza professionale ho visto che per tante famiglie cambiare approccio educativo rispetto a quello che hanno conosciuto genera molte domande e appunto una certa confusione, una certa ansia da prestazione. E in questo contesto il termine disciplina positiva rischia di indurre le persone a pensare che I no e le restrizioni debbano essere banditi e che la risposta dell'adulto debba essere sempre positiva. Ma questo è veramente veramente fuorvialante perché positivo è l'atteggiamento che è rispettoso, empatico e accogliente dell'adulto ma non è il contenuto dell'interazione che non deve invece assolutamente essere permissivo. Provo a chiarire con un esempio. Allora, diciamo che tuo figlio tre anni e tu gli consenti di guardare trenta minuti di televisione al pomeriggio, ma ogni volta che spegni la televisione lui scoppia in una crisi di rabbia e frustrazione, per cui urla, si dimen per cui urla, si dimena, lancia gli oggetti, tu decidi che questa cosa qui non va bene e che toglierai questa mezz'ora di televisione che avevi deciso di concedere.

Ok, puoi fare questa cosa in due modi: puoi dire al tuo bambino mostrando la tua frustrazione, la tua rabbia basta, non sei capace di comportarti bene, dovresti apprezzare quello che hai invece di fare queste scenate. Adesso per punizione non guardi più la televisione e così vediamo se impari. E non voglio scenate. Oppure puoi dire a te stessa: questa cosa non sta funzionando. Il mio bambino fa troppa fatica ad accettare la fine del momento tv e questo crea nervosismo e tensione.

Forse troppo piccolo, è meglio tenerla per un po' più avanti. Magari intanto lavoriamo sulla gestione della frustrazione, sull'autocontrollo, troviamo dei modi alternativi di chiudere quel momento lì. Allora a seguito di questa riflessione al tuo bambino dirai qualcosa tipo: Thomas, abbiamo deciso che da domani non si guarda più la televisione. Spegnerla è ancora molto difficile, torneremo a usarla tra un po', oppure magari sceglierei semplicemente di dire che la tv si è rotta e che non c'è nessuno che la aggiusti e che non si può più accendere e sinceramente anche se io personalmente non userei la menzogna capisco che possa essere più semplice e se nel resto della relazione con tuo figlio c'è onestà e affidabilità questa piccola bugia sarà irrilevante, puoi concedertela. Ora, questa di togliere la televisione ovviamente non è l'unica soluzione possibile, ci sono delle soluzioni che non prevedono di eliminare la televisione anche se sicuramente per un bambino piccolo è molto difficile gestire quello strumento.

Quello che io volevo dimostrarti era che la differenza tra I due approcci non è il cosa ma è il come. Io posso, devo essere ferma come mamma, ma non ho bisogno di essere, passami il termine, cattiva tra virgolette, non ho bisogno di infierire, non ho bisogno di umiliare, non ho bisogno di punire. Il punto è che se I bambini non hanno paura dei loro genitori, ovviamente manifestano ai loro genitori le loro emozioni, e quando prendiamo delle decisioni che a loro non piacciono, e le loro emozioni sono rabbia, frustrazione eccetera, ce lo fanno vedere, Ed è spesso molto difficile stare davanti alle emozioni forti dei bambini senza farsi contagiare o senza farsi influenzare. Serve aver fatto un gran lavoro su di sé. E' estremamente più facile per l'adulto mettere il bambino nella condizione di soffocare o di nascondere le sue emozioni perché così non deve affrontarle ed è questa la componente fondamentale principale dell'educazione consapevole, che per riuscire a essere accoglienti e fermi bisogna essere o naturalmente super equilibrati o aver fatto un percorso di ascolto, consapevolezza e intenzionalità su di sé da soli o magari in compagnia appunto di una figura come un coach, oppure se era necessario avere fatto un percorso di cura delle proprie ferite con una figura professionale più come il terapeuta e lo psicologo.

Ok sento un dubbio e quindi lo metto lì, nel senso che magari ti viene da chiederti. Ma ai bambini fa bene manifestare così ogni emozione, non è un po' troppo? Ecco, allora aggiungo che un elemento centrale dell'educazione rispettosa è che tutte le emozioni sono legittime, ma non tutti I comportamenti lo sono, e ai bambini va insegnato a esprimere le emozioni in modo appropriato. È però un risultato che si ottiene quando hanno due anni? No.

E' un risultato che si ottiene facendo lunghi sermoni e prediche sul perché picchiare quando si è arrabbiati non sia la cosa giusta da fare per manifestare la propria emozione? No. E' un risultato che si ottiene in modo incrementale nel tempo e che costruisce competenze che dureranno nel futuro. L'acquisizione di una competenza però, una competenza poi come l'autocontrollo, è un processo lungo. Richiede tempo, serve tempo perché si sviluppi la corteccia prefrontale?

Serve tempo per fare pratica? Serve tempo per osservare gli altri? Serve tempo per conoscersi? Serve tempo quindi no. Un bambino non può in nome delle emozioni comportarsi come vuole e va tutto bene perché sta esprimendo un'emozione.

Però ci sono delle età a cui possiamo avere aspettative diverse, rispetto a come un bambino riuscirà a gestire una determinata emozione e una certa intensità dell'emozione stessa. Come dice sempre la psicologa Becky Kennedy che avete già sentito menzionare su questo podcast, I bambini piccoli hanno tutte le emozioni e praticamente nessuna delle competenze degli adulti. Perché ci sembra perfettamente comprensibile per esempio che I bambini non sappiano nuotare da piccoli, ma ci sembra incomprensibile che non sappiano gestire la frustrazione. Non senso, tanto più che spesso noi adulti facciamo una gran fatica a gestire emozioni come la frustrazione e la rabbia, però lo pretendiamo dai bambini. Avevo detto che avrei fatto un po' di chiarezza e mi riferivo soprattutto alla terminologia quando avevo iniziato questa parte, quindi cerchiamo di fare un breve ripasso su che cos'è l'educazione dolce, che cos'è la disciplina positiva e così via.

Allora il termine educazione dolce non è attribuibile a una singola persona, diciamo che è un termine cappello, è una definizione descrittiva che rappresenta un concetto che è nato dall'incontro di diverse correnti sia pedagogiche che filosofiche e trova sicuramente le sue radici nel lavoro di Maria Montessori che già agli inizi del ventesimo secolo portava avanti un approccio educativo rispettoso basato sullo sviluppo naturale del bambino e successivamente si è nutrita del lavoro di autori come John Bolbi con la teoria dell'attaccamento e anche Diana Baumbrind con I suoi studi sugli stili genitoriali. Tutte queste correnti hanno contribuito a consolidare l'idea che la dolcezza e il rispetto nelle relazioni genitoriali sono cruciali per uno sviluppo sano. Quindi l'educazione dolce mette al centro della relazione adulto-bambino il rispetto, l'empatia e la comprensione, la comprensione che gli adulti hanno nei confronti dei piccoli e sceglie di eliminare l'utilizzo di punizioni severe o di metodi coercitive. Quando invece usiamo il termine disciplina positiva, usiamo un termine che è strettamente legato al lavoro di Jane Nelsen, psicologa ed educatrice statunitense, autrice appunto di un libro pubblicato nel mille novecentottantuno che si chiama Positive Disciplin. Questo approccio, la disciplina positiva, è in realtà a sua volta basato sulle teorie di Adler e Dryus che erano psicologi che enfatizzavano il rispetto reciproco e la collaborazione nel rapporto tra genitori e figli, dicendo che questa era la risposta migliore possibile ai bisogni di appartenenza e di autostima che I bambini naturalmente hanno.

Il lavoro che poi Nelsen fatto si concentra sull'importanza di insegnare ai bambini le competenze sociali ed emotive proprio attraverso il rispetto e l'incoraggiamento, evitando invece punizioni o ricompense estreme. E appunto, Nelsen esplicitato il concetto che I bambini hanno bisogno di una guida educativa ferma e gentile. A volte ci viene da dire ferma ma gentile, come se si escludessero a vicenda, invece no, diciamo ferma e gentile, sono due cose che possono assolutamente convivere. Quindi anche la disciplina positiva mette al centro il rispetto, si concentra sulla collaborazione, sull'incoraggiamento e utilizza le conseguenze logiche o gli altri metodi coercitivi. Il termine educazione rispettosa, rispettaful parenting, di nuovo non è associato a una singola persona o un singolo autore, ma è una definizione che emerge da tutto quello che abbiamo detto finora, in sintesi, cioè da un movimento che metteva il rispetto al centro dell'educazione e del rapporto tra genitori e Il concetto centrale dell'educazione rispettosa è quello di considerare e quindi trattare I bambini come degli individui a tutti gli effetti, quindi con I loro bisogni, I loro desideri e I loro diritti.

Individui che sono degni e quindi hanno diritto a essere rispettati e ascoltati. Un grande prezioso contributo a questo approccio è stato dato dall'educatrice e psicoterapeuta infantile ungherese Magda Gerber che con il suo metodo Rai, risorse for infante Educators credo che significhi, fatto un lavoro che secondo me è preziosissimo anche se, come tutti, può essere criticato e sicuramente è stato a volte sminuito, a volte frainteso, ma dicevo un lavoro preziosissimo per mostrare che I bambini possono essere trattati con rispetto fin dalla nascita e voluto appunto sottolineare che hanno già dai primissimi giorni di vita un ruolo attivo nell'apprendimento e nelle relazioni. Quindi l'educazione rispettosa, anche lei mette al centro il rispetto reciproco, l'osservazione, l'ascolto, sono elementi fondamentali dell'educazione rispettosa perché la sintonizzazione nasce dalla conoscenza dell'altro, il rispetto nasce dalla conoscenza dell'altro. Quindi l'ascolto e la sintonizzazione sono gli strumenti che servono per sostenere lo sviluppo dell'autonomia e non serve, facendo ricorso a questi strumenti, l'utilizzo della coercizione o di altri metodi più autoritari. Veniamo infine alla genitorialità consapevole.

Il termine genitorialità consapevole o conscioos parenting è principalmente associato alla psicologa clinica Chefali Zavari che appunto è autrice del libro The conscioos parenth che è stato pubblicato nel duemila dieci. Savari messo l'accento sull'idea che la genitorialità non riguarda solo l'insegnamento ai bambini, ma anche il lavoro interiore del genitore stesso. Il suo approccio invita I genitori a riflettere sulle proprie reazioni, sulle proprie aspettative e convinzioni, ponendo l'accento sulla crescita personale e la consapevolezza emotiva. L'idea innovativa di Ibiza varie nella mia esperienza totalmente illuminante e vera, è che le difficoltà e le sfide della genitorialità offrono un'opportunità per la crescita personale del genitore. Un elemento fondamentale di questo approccio è l'assenza di giudizio e l'orientamento al miglioramento.

Non si riflette su di sé per criticarsi ma per evolvere. Quindi in sintesi, la genitorialità consapevole accanto al rispetto mette al centro l'introspezione e la crescita personale invitando I genitori a essere e diventare più consapevoli delle proprie emozioni, dei propri automatismi e dei propri bias affinché possano essere nelle condizioni di educare prima di tutto con l'esempio. Avrei finito questa parte di definizioni, ma siccome prima ho menzionato Becky Kennedy che di fatto con I suoi quasi tremilioni di followers su Instagram creato un vero e proprio movimento legato alla genitorialità. Dedico due parole anche a raccontare il suo di approccio che lei chiama STORDY PARENTING e che io tradurrei con genitorialità sicura o solida ma sicura, mi sembra più giusto. Il punto centrale del suo approccio è quello di accettare in modo profondo che le persone sono fondamentalmente buone e quindi I bambini, e che come genitori dobbiamo sempre, sempre separare il comportamento dalla persona, dal bambino, dalla bambina, e creare le condizioni in cui I nostri figli riescano a tirare fuori il meglio di sé.

Questo significa contemporaneamente accoglierli e guidarli. Legitimare il loro vissuto emotivo e Kennedy usa tantissimo I copioni e uno dei suoi copioni cardini fondamentali è IBLIIVIO, ti credo. Quindi da una parte legittimare il loro vissuto emotivo e dall'altra tenere fermi I limiti che come genitori vogliamo mettere e di cui siamo, e questo lei lo sottolinea lo sfinimento, interamente responsabili. Quindi, questa genitorialità sicura, come le altre in realtà non fa leva su vergogna o punizioni, dice che la forza del genitore non si esprime in modo fisico o attraverso la prevaricazione ma deriva da una sicurezza intrinseca nella sicurezza in sé, diciamo, nella capacità che il genitore di aiutare I propri figli a rispettare I limiti e le regole. Ok, spero che questo breve riassunto, abbastanza breve riassunto possa aiutare a comprendere I punti in comune che sono tanti e le sfumature di ogni singolo approccio.

Ora, non si tratta di dover scegliere ma di capire che ognuno a seconda dei propri valori e delle proprie possibilità o dei propri obiettivi puoi impostare un approccio educativo che prenda spunto da ciò che gli sembra più utile, più bello o più fattibile all'interno della propria famiglia affinché possa poi applicarlo in una maniera sostenibile per sé. Ci tengo a sottolineare che, sebbene tutti questi approcci invitino a creare disciplina, ovvero ordine e rispetto per gli altri, in modo positivo, quindi non punitivo, coercitivo. Nessuno di questi approcci suggerisce che sia bene rinunciare alle regole. Nessuno di questi approcci suggerisce di praticare il permessismo oppure di passare ai bambini il potere decisionale all'interno della famiglia. No, si tratta in tutti I casi di approcci in cui l'adulto si prende la piena responsabilità nella relazione con il bambino.

Questo è fondamentale. Chi purtroppo dico perché sono situazioni che succedono sovente e che sono faticose da affrontare, ma chi si trova in una situazione in cui I bambini fanno tutto quello che vogliono, oppure, virgolette, tanto sanno che alla fine cediamo, o male interpretato le teorie che abbiamo appena visto, o non è riuscito ad applicarle in tutta la loro complessità, il che è assolutamente comprensibile perché non è affatto facile essere fermi e gentili, soprattutto in questo mondo in cui fermezza fa rima con forza, mentre gentilezza fa rima con condiscendenza e appunto permissivismo. Per cui volendo evitare la forza spesso si rischia di scivolare nella debolezza. Metto sempre tante virgolette. Però questo è quello che può succedere.

Non è necessariamente la disciplina positiva o l'educazione rispettosa che contiene in sé degli errori, è che è molto difficile, non abbiamo neanche grandi esempi su come si metta in pratica. A questo punto vorrei raccontarti che qualche settimana fa un papà mi lasciò un lungo commento sotto un reel che avevo pubblicato e a un certo punto del suo messaggio diceva: Si cerca di essere consapevoli e ragionevoli. Si dialoga molto con la bambina. Quando c'è qualcosa che non va, non ci si limita o no, ma seguono sempre spiegazioni. Ora, se è vero che le sberle non servono per educare, ad oggi non penso lo stesso di un no secco e stop.

Credo che a volte sia anche necessario non dare alternative o spiegazioni. Ho detto di no ed è no perché lo dico io. Il mondo è anche questo. Quello che mi colpito è che si sente una certa esasperazione e un certo bisogno da parte di questo papà, di rivendicare come se fosse stato messo in discussione il suo ruolo. La sensazione che ho è che queste emozioni derivino da un precedente tentativo che fatto lui di applicare alcune buone pratiche della disciplina positiva.

Quindi le alternative e le spiegazioni sono alcuni degli strumenti o strategie, chiamiamoli come vogliamo, della disciplina positiva in modo estremamente rigoroso. E diciamocelo, se hai una bambina di due anni nessuna spiegazione sarà sufficiente a convincerla che è giusto smettere di fare una cosa che le piace fare molto. Vuole dire non spiegare nulla al di sotto di una certa età? No, vuole dire sapere che la spiegazione in quel caso specifico un'efficacia molto limitata, che resta una buona pratica, ma non è una bacchetta magica. E una volta data la spiegazione che serve più a dire so perché sto facendo quello che sto facendo, bisogna passare a un'azione costruttiva.

Non possiamo affidarci alla ragionevolezza dei bambini piccoli per riuscire a essere genitori efficaci. Siamo noi I responsabili della nostra efficacia. Questa cosa di spiegare devo dire che torna spesso anche nelle mie sessioni di coaching con I genitori. Mamme o papà mi dicono ma io gliel'ho spiegato, come a dire io ho fatto il mio, adesso tocca a lei, io sono stata gentile, sono stata rispettosa, perché non mi ascolta? Non mi addentro adesso in teorie sullo sviluppo, sulla crescita, sullo sviluppo morale che sarebbe utile, ma I bambini piccoli hanno bisogno di limiti, hanno bisogno di contenimento e crescendo hanno bisogno di conseguenze, cioè hanno bisogno di sperimentare delle conseguenze.

Non fanno la cosa giusta perché è quella giusta. Fanno la cosa giusta perché è quella che hanno imparato oppure è quella che gli dà più soddisfazione o è quella più facile, quella automatica o se no anche perché è l'unica possibile. Una cosa che io dico spesso è che quando abbiamo a che fare con I bambini piccoli, le spiegazioni le diamo per informare non per convincere. Non dobbiamo aspettarci che I nostri bambini ci diano ragione, non dobbiamo aspettarci che siano più ragionevoli di quanto è loro concesso dal loro sviluppo cognitivo. Mi sposto su una sfera più personale, io non sono solita parlare di me come mamma e non lo faccio perché in parte non credo che sia rilevante, perché quello che faccio io probabilmente non è interessante, ma soprattutto non necessariamente funzionerebbe per altri e non necessariamente è migliore.

Ho sempre paura che quando fai un certo tipo di lavoro e poi racconti la tua vita personale, si rischi di creare uno standard, un modello che poi le persone cercano di replicare e questa è una cosa pericolosa e fuorviante, quindi ci sto alla larga. Però ho deciso consapevolmente di fare una piccola parentesi personale in questo momento. Allora, a me non piace dire di no a mia figlia che sette anni. Credo anche che maggiore è il numero di no che le diciamo, maggiore è la frustrazione che creiamo in lei, e questo rende l'ambiente emotivo in cui viviamo più faticoso. Eppure, soprattutto in certe fasi della sua vita e della nostra relazione, mi sono trovata e mi trovo a dirle veramente tanti no.

E questo succede in parte perché abitiamo in ambienti non a misura di bambini, che a volte costituiscono un pericolo che lei non è in grado di valutare autonomamente e quindi le devo dire no. E poi perché il tempo è una risorsa limitata e io devo continuamente fare scelte su come gestirlo e ogni scelta esclude necessariamente altre possibilità, magari cose che lei vorrebbe e a cui devo dire di no. Poi succede che lei non ancora un'idea chiara del valore economico delle cose e quindi non si rende conto dell'impatto che hanno o che possono avere certe sue richieste. E quindi devo dirle di no. Mi preme poi insegnarle alcune norme sociali che crescendo deve imparare a conoscere e rispettare, e se fa cose che vanno in contrasto con queste norme devo dirle di no.

So che evolutivamente bisogno di testare I limiti e di mettere alla prova la sua capacità di influenzare l'ambiente e la realtà che la circonda, e quindi spesso fa degli esperimenti per capire fin dove si può spingere. E io, per metterle un limite, devo dirle di no. E poi essendo una bambina, le sue funzioni esecutive sono ancora scarse, la sua capacità di regolazione emotiva è ancora limitata, la sua visione del mondo è ancora un po' egocentrica e le sue reazioni sono spesso istintive. Questo la porta a fare scelte o magari richieste che io non sempre giudico opportune oppure ragionevoli oppure anche solo giuste dal mio punto di vista. E quindi devo dirle di no.

E allora senza giudicarla o ovviamente senza punirla per il semplice fatto che è una bambina, io semplicemente le dico di no e tengo la posizione se insiste e accetto che faccia fatica ad accettare il mio no. E a volte ne faccio davvero tanta anche io, però è parte del mio ruolo e cerco ogni giorno di esercitarlo con consapevolezza e rispetto nei suoi confronti. Disclaimer, non sempre ci riesco. Non sempre sono rispettosa come vorrei ma l'intenzione è quella. Ho voluto mettere in chiusura di questo momento di riflessione una specie di colei che ho fatto da sola prendendo un po' quelle che sono le domande che spesso ricevo nei messaggi privati, soprattutto sui social.

Quindi facciamo questa specie di lightning ground sull'educazione rispettosa. Leggo, diciamo, la domanda e do la risposta. Ci sono prove che questo approccio sia oggettivamente migliore di altri? No, non ci sono studi che provano che questo approccio sia in assoluto migliore di altri, ma come ci ricorda Emily Oster, la nostra lady day dati americana, ci sono diversi studi che ci dicono che l'uso delle punizioni fisiche è associato a un peggioramento del comportamento nel lungo periodo, e ci sono dati che dimostrano invece che un approccio autorevole funziona meglio di un autoritario dati e ricerche. Però devo specificare che queste ricerche mettono in luce soltanto la rinuncia all'utilizzo della forza come metodi punitivi, non escludono l'utilizzo di altri metodi disciplinari come per esempio può essere il time out.

Ci sono anche, in realtà diversi studi sperimentali, la maggior parte dei quali ancora in corso, che mettono in relazione l'educazione rispettosa con uno sviluppo emotivo sano, con relazioni più solide e una maggiore capacità di autoregolazione. Però non ci sono risultati di lunghissimo periodo. Perché, domanda, perché dovrei adottare un'educazione rispettosa? Perché senti che ti rappresenta, che è vicino ai tuoi valori e alla tua visione dell'infanzia. Inoltre, ci sono delle ricerche che stanno dimostrando che questo tipo di educazione promuove lo sviluppo emotivo, promuove l'autostima e la capacità di autoregolazione nei bambini.

No. L'educazione rispettosa non mira, cioè non come obiettivo l'obbedienza. L'obiettivo di sviluppare collaborazione, di sostenere l'autonomia, di dare consapevolezza. Quindi sì, tuo figlio o tua figlia imparerà con il tempo a capire che cosa è giusto e cosa è sbagliato, imparerà a prendere decisioni in modo responsabile, imparerà a pensare con la sua testa invece che seguire ciecamente gli ordini senza sapere il perché ma I bambini rimangono bambini e questo credo sia il risultato più prezioso dell'educazione che scegliamo. Se I bambini smettano di essere bambini forse stiamo sbagliando qualcosa.

Domanda, educare con rispetto significa evitare il conflitto? No, no, no. Educare con rispetto non significa evitare il conflitto ma gestirlo in modo costruttivo. Il conflitto è naturale, l'importante è gestirlo in modo rispettoso e costruttivo anziché aggressivo ed istruttivo. Questo approccio, altra domanda, rischia di rendere I bambini viziati o egocentrici?

No. So che questo è un dubbio comune e credo che dedicherò un altro approfondimento a questa cosa perché meriterebbe più spazio, però è ragionevole dire che un bambino rispettato e compreso impara a rispettare e comprendere gli altri, anche se ovviamente con il tempo. E' tra l'altro un tipo di educazione che mette un forte accento anche sull'empatia e quindi sviluppare empatia significa riuscire a dare spazio anche agli altri, al loro punto di vista e alle loro necessità. Bisogna però ovviamente prestare attenzione alla deriva permessivista, bisogna imparare a stare davanti alle difficoltà e accettare che a volte faremo arrabbiare I nostri bambini, li deluderemo e li renderemo tristi perché non siamo I loro amici o amici, siamo I loro genitori e se non abbiamo la forza di fare I genitori rischiamo di renderli un pochino viziati, dove per viziati intendo incapaci di tollerare che in determinate circostanze gli si dica di noi che questo produca un emozione scomoda che poi va gestita. Domanda, un approccio gentile e rispettoso li renderà incapaci di affrontare un mondo che spesso invece è prepotente e aggressivo?

Questa è una domanda che sento molto ovviamente perché sto crescendo anch'io una bambina in questo mondo e la risposta che mi sento di dire è no. Nel senso che essere cresciuti con gentilezza fa della gentilezza uno standard che tendiamo a ricercare nelle altre relazioni che avremo nel corso della vita e a riconoscere quando invece ci sono comportamenti che non sono corretti. Se invece diciamo ci abituiamo a prenderle riterremo normale quando nella vita ci vengono date. Quindi un approccio rispettoso e gentile insegna col tempo ai bambini a conoscere e regolare le proprie emozioni e gli insegna anche a riconoscere comportamenti scorretti e prevaricanti e a mettere dei limiti a tutela del proprio benessere. Ovviamente è questo chi pratica un'educazione rispettosa lo sa.

I bambini iniziano a praticare questa competenza abbastanza presto e ce lo dicono se siamo poco gentili o usiamo un tono sgarbato, ci dicono non puoi, non devi, non dovresti parlarmi così. Certo che se questo ci triggera come genitori, perché noi non avremmo mai potuto dire una cosa del genere ai nostri genitori da piccoli, rischia di farci provare frustrazione, di scatenare un conflitto in quel momento lì, però di fatto è una competenza che ai nostri bambini servirà e se noi pensiamo a loro grandi noi vogliamo che si sappiano difendere. A volte abbiamo due pesi e due misure quando pensiamo al loro futuro e al loro presente, ma noi il loro futuro lo stiamo costruendo adesso. Un bambino educato con consapevolezza sarà sempre felice? No, avrà una base emotiva solida e dovrebbe saper affrontare le difficoltà, ma come ogni altro essere umano per fortuna sperimenterà tutte le emozioni sia positive che tra virgolette negative e forse però si sentirà un pochino più libero di poterle manifestare.

Domanda. Se utilizzo un approccio rispettoso, mio figlio non sarà mai punito? E questo è vero. L'educazione rispettosa, come abbiamo detto, si basa su esempio, su conseguenze logiche, su insegnamento, non su punizioni. Dobbiamo conoscere la differenza tra punire e far sperimentare le conseguenze delle proprie azioni o delle proprie scelte, perché sono cose ben diverse e appunto la seconda fa parte di un approccio rispettoso.

Poi ci tengo anche a dire che un genitore rispettoso può trovarsi qualche volta a infliggere una punizione. Non siamo entrati qui ad analizzare che cosa significhi concretamente poi educare con rispetto o con calma, come dice Carlotta ma uno degli strumenti fondamentali è proprio la capacità di chiedere scusa e di riparare quando si sbaglia, perché sappiamo per certo che ogni tanto sbaglieremo. Siamo umani, va bene così ma è anche meglio così che I bambini ci vedano sbagliare ogni tanto. Per me l'educazione rispettosa deve considerare anche il rispetto verso la propria vulnerabilità. Quindi sì, in linea teorica il tuo bambino non verrà mai punito però ci sta che ogni tanto si brilla una sgridata un pochino più aggressiva o una punizione perché in quel momento non ce l'hai fatta e non succederà nulla.

Quindi l'educazione consapevole significa che non posso mettere limiti, questo dovremmo averlo già visto, no puoi e devi mettere limiti ma lo farai con empatia, con calma, con sicurezza e non con autoritarismo. Se comunico con chiarezza e assertività mio figlio mi ascolterà sempre, Nine! Anche comunicando con chiarezza e assertività, tuo figlio ovviamente potrebbe non ascoltarti perché è naturale appunto per I bambini testare I limiti e seguire I propri desideri. C'è da dire che la comunicazione efficace può favorire una migliore comprensione e cooperazione nel tempo. Se educo con rispetto mio figlio non proverà mai frustrazione?

Questa della frustrazione è una tematica calda. No, ovviamente no, l'educazione irrispettosa non elimina la frustrazione, anzi, però aiuta I bambini nel tempo a sviluppare degli strumenti per gestirla in modo sano. Quando si reprime non si costruiscono strumenti. Ovviamente affinché questo sia possibile è molto importante che anche noi genitori lavoriamo sulla nostra consapevolezza e sulla nostra educazione gestione emotiva. Infine, questa è una domanda che mi è arrivata veramente, la leggo ed è l'ultima, come si concilia l'educazione rispettosa con un sistema scolastico e sociale che pone l'accento sulla performance.

La sfida centrale è un po' cercare di insegnare ai ragazzi a valorizzare il processo più del risultato. Devono imparare a gestire la pressione e a tollerare la fatica e la sconfitta mantenendo intatta la loro autostima e il loro benessere emotivo. Il modo in cui possiamo cercare di aiutarli in questo senso è un'esposizione graduale alle sfide e quelle che vengono chiamate sfide di livello ottimale, cioè crescenti ma affrontabili, perché questo costruisce nei bambini fiducia nelle proprie capacità. A volte pensiamo di dovergli insegnare a perdere prima di insegnargli a vincere, ma questa è un'idea parziale diciamo. Dobbiamo insegnargli ad avere fiducia in sé e poi insegnargli che valgono anche quando non ce la fanno.

Sicuramente il dialogo è fondamentale perché spesso un bambino che viene cresciuto con un certo stile educativo si troverà in ambienti in cui l'impostazione è completamente diversa. I bambini sono in grado di adattarsi e di capirlo, però può essere utile fornire come genitori un confronto rispetto a queste tematiche anche affinché I bambini sviluppino un pensiero critico rispetto a ciò che vedono fuori casa. Direi che ho detto tutto quello che volevo dire per oggi. Grazie di cuore di essere stati con me. Spero che possa nascere qualche altra conversazione nelle note dell'episodio del podcast e grazie ancora tantissimo Carlotta per questo spazio.

Sono felice di continuare questa o altre conversazioni con te e con tutti voi. Alla prossima.

Carlotta: Grazie Elisa per averci dedicato questo tempo, per aver dedicato questo tempo alla tela e per chi è arrivato fino qua grazie a voi per il vostro tempo perché non è mai assolutamente scontato. Non mi rimane che darvi appuntamento al prossimo episodio di Educare con calma. Vi ricordo che ovviamente mi trovate anche su tela punto com dove trovate anche questo episodio con tutte le note dell'episodio e I contenuti relazionati proprio nella pagina di questo episodio se andate su la tela punto com barra podcast e cercate il titolo di questo episodio e non mi rimane che augurarvi buona serata, buona giornata o buonanotte a seconda di dove siete nel mondo. Ciao ciao!

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Questo episodio è fantastico 👏😊
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Buongiorno, grazie immenso per questi chiarimenti ancora una volta, aiutano a consolidare la scelta che come genitori ogni giorno facciamo.
Mia figlia quando é disregolata per qualcosa a cui la facciamo rinunciare(acquisti in genere) nel pianto sfoga dicendo che noi non l’accontentiamo mai…..come parlarle in momenti di quiete per fare capire che non è non accontentata, ma le insegnamo che non tutto si può comprare oppure anche le esperienze che magari richiede non si possa fare tutto e subito ma ci vuole tempo per arrivarci, non per questo é non “amata se non accontentata”…non so se mi sono spiegata..
Ciao Jessica, immagino che sia ancora piccola e che quindi il valore di tante scelte lo capirà solo tra molto tempo. Intanto voi potete mostrare fermezza nelle vostre decisioni e al contempo empatia per la sua fatica ad accettarle: "è molto difficile adesso accettare che mamma e papà non ti comprino questo gioco, lo capisco, ti piaceva tanto." Poi quando ha ritrovato la calma, magari la sera, ripercorrete insieme tutte le cose belle fatte in quella giornata e inserite anche quella piccola delusione in modo che lei riesca a vedere che sono successe 5 cose belle e una che lei ha trovato spiacevole. E la normalizzate così, senza pretendere che lei capisca che non è così importante. 
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Ho adorato questo episodio per piu' motivi: aver posto l'accento sulle differenze tra gli stili genitoriali, per aver sottolineato le fatiche di noi genitori nel farci strada tra i vari stili, per Elisa: sempre profonda ed acuta nel descrivere le dinamiche che riguardano genitori e bambini, per la sua voce calda e accogliente. 
In alcuni punti ho sorriso, mi sono rivista ed ho pensato a tutti quegli inutili sermoni fatti ai bambini piccoli ed a cui mi capita di assistere. 
Grazie Carlotta per questa opportunita' di ascolto ed approfondimento. 
Grazie Elisa. 
Un caro saluto 
Ciao Valentina grazie! Leggo solo ora ma come mi fanno piacere le tue parole. 
Conosco quel sorriso che arriva alle labbra a volte quando si ascolta qualcosa che ci risuona :-)
Un abbraccio
Elisa
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Avevo posto una domanda a Carlotta , più che una domanda ero uno sfogo con il quale affermavo che forse sbagliavo ad insegnargli la gentilezza dato che il mondo che lo circonda è cattivo, alcuni bambini hanno comportamenti dispotici , ricattano ecc . Con questo episodio le mie paure si sono dissipate. No, non torno indietro . 
Che bello leggere questo messaggio Francesca. Ti abbraccio!
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Meraviglioso episodio. Meravigliosa Elisa. Chiara, serena, empatica, mitica. 
Quando a me chiedono il perché , io dico sempre che spero di rendere il mondo migliore..un mondo di individui che sanno dare un nome alle proprie emozioni, che provano empatia, che rispettano gli altri e le regole perché credono in quel valore e non per timore di una multa/punizione.
Ma alcune volte a me sembra di combattere contro i mulini a vento soprattutto quando il mio bambino mi racconta di comportamenti poco gentili nei suoi confronti ed io entro in crisi 
Questa è una condizione perenne per noi purtroppo... Possiamo solo continuare, talvolta con estrema difficoltà dato quel che ci circonda, a dare esempio...
Grazie Claudia
Con Carlotta  e 
Sara Ghirelli
 avevamo fatto un incontro di Educare alla Pace organizzato da Arianna Basile in cui parlavo e parlavamo anche di questo: di come a volte il nostro stare dalla parte della pace entri in crisi, nel quotidiano, davanti a certi atteggiamenti noncuranti o provocatori. Ma piano piano, con la pratica, impariamo che il rispetto è più grande e più forte ed è proprio davanti a queste mancanze che serve tenerlo stretto. 
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