benvenute e benvenuti a un nuovo episodio di educare con calma. Non so esattamente come andrà questo episodio, perché siamo in un Airbnb dove non siamo soli, ma ci sono anche i proprietari della casa, quindi non ho il controllo totale della situazione e può darsi che sentirete rumori, porte che sbattono cose di qua, cose di là, ma ho deciso che lo facciamo lo stesso. Buona la prima. Quindi rimanete con me. Se sentite rumori strani questa settimana, se ve lo siete persi. Ho anche pubblicato un episodio di Montessori in cinque minuti, ma non abituatevi a riceverlo ogni settimana, perché vorrei che rimanesse un episodio spontaneo. Proprio una cosa che posso registrare in cinque minuti, letteralmente quando ne ho voglia. E quando mi sento ispirata. E ho deciso che risponderò anche a tante delle vostre domande come spunto di tematiche. Così cercherò di tenerlo molto pratico, ma torniamo a oggi e a quello di cui mi piacerebbe parlarvi, ovvero della pazienza del perché Oliver ed Emily sono così pazienti come abbiamo coltivato la loro pazienza e anche quanto ci è voluto per arrivare a questo risultato. Ho scelto questo argomento perché capisco che generi molte domande e che sia un po', un desiderio di tutti i genitori quello di vedere la pazienza nei propri figli. Mi scrivete sempre in tantissimi dicendomi um ma mio figlio non è affatto paziente. Come faccio ad aiutarlo a sviluppare la pazienza? I tuoi figli sono così pazienti e oggi cercherò quindi di raccontarvi un po'. La nostra esperienza, i nostri aneddoti e darvi degli spunti che non sono trucchi, non sono metodi, ma sono proprio solo degli spunti di riflessione che credo potrebbero aiutarvi a capire come nutrire la pazienza dei vostri figli. Vorrei iniziare dicendo che i nostri figli non sono pazienti di natura. A volte mi scrivete, eh, ma i tuoi figli sono così pazienti Come fate? No, non sono pazienti. Sono bambini normali di quattro e cinque anni. Sono naturalmente impazienti, come tutti i bambini. Ma sono bambini che hanno avuto tantissime opportunità di coltivare la pazienza. E quindi ovviamente sono più pazienti. Ed è vero, lo vedo. Anch'io. Lo riconosco. Però è proprio un po'. Come qualsiasi abilità, la pazienza si deve imparare. Se io voglio che i miei figli sappiano nuotare, devo portarli in piscina. Devo esporli All'acqua. Devo portarli a delle lezioni di nuoto, magari e con la pazienza è lo stesso. Se voglio che sviluppino la pazienza devo dare loro occasioni di sviluppare la pazienza. Quindi quali sono queste occasioni? Le occasioni sono ovunque nella vita di tutti i giorni, a seconda del vostro stile di vita, della vostra routine. Per noi che siamo viaggiatori a tempo pieno, sicuramente tante di queste occasioni sono nate in viaggio. Quando si viaggia c'è un sacco di attesa. Per esempio all'aeroporto le code per il check-in l'attesa dei bagagli, poi l'attesa per comprare il biglietto della metro perché non abbiamo un'auto l'attesa del proprietario dell' Airbnb che ci deve dare le chiavi o la reception dell'hotel attesa, attesa, attesa. Infatti noi devo ammettere che abbiamo conosciuto tantissime famiglie in viaggio, proprio come noi che hanno venduto tutto e sono partite per viaggiare. E quando ci confrontava con loro, devo ammettere che tutti eravamo d'accordo sul fatto che il viaggio abbia insegnato moltissima pazienza ai nostri figli. Per esempio un giorno a papa Moa dove abbiamo fatto base. Qui in Nuova Zelanda, abbiamo incontrato una famiglia neozelandese di viaggiatori, proprio come noi, tra l'altro pensate che questa famiglia l'avevamo conosciuta a Chang Mai in Thailandia, poi l'avevamo ritrovata per puro caso a Bali, camminando per strada per le strade di Cheng e poi l'abbiamo ritrovata per puro caso di nuovo qui in Nuova Zelanda, a un mercatino quindi veramente pazzesco. Ma era per dirvi che ci siamo fermati a parlare quel giorno al mercatino e dopo circa mezz'ora che parlavamo tra noi adulti, ci siamo resi conto che i bambini si erano seduti per terra ai nostri piedi a giocare con dei bastoncini per aspettare che finissimo di parlare. E a quel punto ci siamo guardati tra genitori e ci siamo proprio detti di quanto il viaggio abbia aiutato la loro pazienza abbia nutrito la loro pazienza e tra l'altro questo mi ha colpita perché loro hanno un figlio unico. Ovviamente quando i bambini sono in due è più facile, si fanno compagnia, ma anche loro avevano riscontrato lo stesso il loro figlio di tre anni, figlio unico. Quindi sicuramente parlando, un po' con tutte queste famiglie abbiamo trovato una cosa che accomuna un po' tutti e dico tutti perché veramente è qualcosa che ho riscontrato parlando con la maggior parte delle famiglie che viaggia, di viaggiatori che abbiamo conosciuto e questa cosa è che non usano schermi, non usiamo schermi e lo so che qui solleviamo un polverone. Capisco tutte le varie ragioni per offrire schermi ai propri figli, perché gli schermi sono un aiuto a casa? Perché aiutano a intrattenere il bambino mentre il genitore fa le faccende domestiche, cucina la cena perché aiutano ad avere momenti per se stessi, eccetera, eccetera, eccetera eccetera. Ma ormai voi sapete che cosa penso io degli schermi. E sono qui per dirvi la verità senza troppi filtri. E la verità senza filtri è che gli schermi non promuovono la pazienza. Um, sono un'alternativa sempre disponibile alla noia, e la noia è proprio ciò che permette di sviluppare la pazienza. Se i vostri figli non sono abituati ad annoiarsi, non possono sviluppare la pazienza se ogni volta che si annoiano diamo loro un dispositivo, uno schermo con una canzoncina o un cartone animato. Non possono imparare a trovare soluzioni creative per combattere la noia e quindi non possono sviluppare la pazienza. Gli schermi fanno sì che il cervello si spenga tra virgolette. Sono un po', una macchina del tempo per i momenti di noia, nel senso che quando un bambino guarda uno schermo, il suo cervello si spegne, non sente il tempo che passa non sente la noia, non fa lo sforzo di imparare a convivere con la noia. Quindi il bambino nella sua testa pensa perché devo imparare la pazienza se tanto ci sono sempre gli schermi a mia disposizione che mi permettono di non sentire la noia e di non soffrire. L'attesa non è difficile da capire. È ovvio che il bambino preferisce l'alternativa facile alla noia. La noia è un processo più difficile, più noioso. Appunto. Noi abbiamo usato raramente dispositivi in viaggio o nella vita di tutti i giorni, anche in situazioni in cui eravamo disposti e predisposti ad usarli di più, tipo in gita in macchina, in cui ogni giorno facevamo due o tre ore di strada. Alla fine li abbiamo usati molto meno di quanto pensassimo. Per esempio, ricordo in un di circa diciotto giorni nel sud della Nuova Zelanda, con una media di due ore al giorno di macchina o un po' di più. Io la verità. Mi aspettavo di usare degli schermi molto di più. E invece no. Invece sarà capitato una o due volte che abbiamo dato loro un film in macchina ed è stato proprio perché eravamo già dell'idea di farlo perché, a dirla tutta, non ne avevano bisogno. Avremmo potuto fare senza avremmo potuto cantare o raccontarci storie o fare un gioco quando notavamo che stavano raggiungendo il loro limite. Invece in quel momento io e Alex abbiamo deciso di dargli un film. E certo non mi sono sentita in colpa per averlo fatto, perché ho imparato a non sentirmi in colpa per ciò che potrei fare meglio come genitore, perché c'è sempre qualcosa che potrei fare meglio come genitore. Ma sì che ho pensato non era necessario. La verità più vera è che non ne avevano bisogno, non ne hanno mai bisogno. E vi dirò di più non è che quando siamo in macchina non ci chiedano duemilatrecento quarantacinque volte quando siamo arrivati, Quanto manca? No, sono bambini normali, ce lo chiedono in continuazione. La nostra pazienza spesso vacilla, ma so per esperienza che quei momenti in cui i bambini fanno più fatica a gestire la noia sono anche le migliori occasioni che hanno per esercitare abilità come l'attesa, come la pazienza, come la gestione della noia, che creano poi abilità sociali importanti. Come saper aspettare nello studio di un medico, per esempio, o come rimanere seduti al ristorante sono proprio quei momenti che sviluppano la pazienza. Sono proprio quelle le opportunità di coltivare la pazienza. Sono quei momenti del quotidiano in cui decidiamo come genitori, di non prendere scorciatoie, come quella di dare uno schermo per ingannare l'attesa, perché il concetto stesso di ingannare l'attesa per me è sbagliato. Non si deve ingannare l'attesa, si deve imparare a viverla, si deve imparare a vivere l'attesa e vi assicuro che per imparare a vivere l'attesa non serve andare a girare il mondo o viaggiare. Basta cogliere le occasioni del quotidiano, la coda al supermercato, i viaggi in macchina, l'attesa del bus. Ricordo che quando eravamo stabili a marbella, una delle attività che facevo spesso con i bambini era andare a prendere il bus. Anche quando avevamo la macchina andavamo proprio a prendere il bus, non avevamo una direzione, spesso facevamo un paio di fermate, poi scendevamo, facevamo una passeggiata, andavamo al parco giochi e poi tornavamo in bus c'era tantissima attesa in tutto questo c'era il comprare i biglietti, stare seduti alla fermata del bus, a volte anche a lungo. Perché a Marbella i bus sono raramente in orario. C'era fare la coda per salire sul bus che già solo quello era difficile. Ricordo che Emily voleva sempre salire prima di tutti, ma dovevamo rispettare la fila, ovviamente. E poi c'era il viaggio. E tutto da capo al ritorno. Ovviamente io non lo sapevo ancora. Io lo facevo perché quelle sono i tipi di attività che a me piace fare con i miei figli, che a me piace offrire ai miei figli. Ma in quell'esperienza stavamo già iniziando a praticare l'attesa e la pazienza, abilità che poi avremmo usato e sviluppato ancora di più in viaggio. Ma se io in quei momenti di attesa avessi dato ai miei figli un dispositivo per ingannare la noia, invece di vivere la noia? Se avessi tolto il dispositivo solo per quei momenti emozionanti come il minuto in cui si sale sul bus, i primi minuti di viaggio che sono più emozionanti, il loro cervello avrebbe chiuso bottega e non sarebbe stata un'esperienza di apprendimento. Avrei perso l'occasione di coltivare la pazienza perché la pazienza va coltivata e le occasioni per coltivarla vanno ricercate sia nella vita di tutti i giorni, sia in situazioni in cui magari bisogna uscire un po' dalla propria zona di comfort. A volte credo che si debba anche correre qualche rischio tra virgolette. Ricordo una volta che abbiamo deciso di non prendere l'aereo da bangkok a cod, che è un'isola della thailandia, una delle ultime isole vergini della thailandia, e abbiamo optato invece per un bus di cinque ore. Siamo pazzi. Vabbè, non immaginate la situazione. Ci siamo svegliati alle tre del mattino per arrivare nella parte di Bangkok dove partiva il bus alle cinque, mi sembra. Poi abbiamo preso questo bus in cui i bambini dovevano stare in braccio a noi perché non avevano posti loro e il viaggio è durato cinque ore su strade non proprio piatte, quindi si faceva fatica a dormire tra un salto e l'altro. Poi siamo arrivati e abbiamo ancora dovuto aspettare un minibus, se così lo possiamo definire, visto che non aveva nemmeno le porte. Um questo minibus ci avrebbe portato alla barca, poi dalla barca c'è stato ancora un'ora di viaggio in barca e poi una mezz'ora di macchina per arrivare all'hotel in questa isola vergine, ma c'è un viaggio praticamente nella polvere e tutto salt- saltato perché queste strade non sono asfaltate. E poi, dopo due settimane che siamo stati su Quest'isola, abbiamo fatto tutto il contrario per tornare a Bangkok e ve lo racconto per dirvi che sì, certo che abbiamo fatto fatica. Certo che abbiamo pensato, eh, Magari l'aereo sarebbe stato più facile, ma no, non siamo pazzi. Abbiamo valutato la situazione, abbiamo valutato quello che pensavamo che i nostri figli potessero sopportare tra virgolette e abbiamo deciso di farlo comunque, anche se sapevamo che sarebbe stato un po', una una fatica per tutti. Ovviamente ci siamo preparati ancora di più. Abbiamo preparato cosine da mangiare, qualche libro, i loro iPod per ascoltare la musica, le loro lavagnette per disegnare. E poi abbiamo adattato le nostre aspettative dei genitori perché ovviamente se noi li mettiamo in una in una situazione del genere, in una situazione dove sappiamo che faranno fatica, siamo noi a dover adattare le nostre aspettative. Se chiediamo pazienza a loro, dobbiamo averla prima di tutto noi. E in quell'occasione tra l'altro non avevamo nemmeno usato dispositivi né all'andata né al ritorno, nessun tipo di schermo, non perché non avevamo l'opzione. Avevamo pensato ovviamente nel Nel peggiore dei casi usiamo un film, usiamo un una serie televisiva. Usiamo cures George, Um quindi l'opzione ce l'avevamo, ma in realtà semplicemente non ci è sembrato necessario in nessun momento ci è sembrato di poter offrire altre cose, come dormire un pochino come la nostra presenza, come il paesaggio fuori, come contare i templi che vedevamo, i libri, la musica, il cibo. Io e Alex ci sentivamo in grado di poter fare un piccolo sforzo in più e l'abbiamo fatto. E i bambini l'hanno sentito e hanno a loro volta risposto con un piccolo sforzo da parte loro. Ma lo ripeto, se noi, quella volta e tante altre volte simili uno non avessimo deciso di correre il rischio di uscire dalla zona di comfort e due, avessimo deciso di optare per i dispositivi per gli schermi per ingannare la noia e non sarebbe stata un'occasione di apprendimento. Avremmo sprecato l'opportunità di coltivare la pazienza ed è questo che io chiamo educare a lungo termine fare uno sforzo in più oggi per vedere poi i frutti domani. Anche perché le scorciatoie purtroppo non educano a lungo termine. E con questa attenzione non voglio dire di non usare mai scorciatoie. Io non sono per gli estremi e non li consiglio mai. Ovviamente bisogna anche conoscere e rispettare i limiti dei propri figli. Vi faccio un esempio. Pochi giorni fa siamo stati a vedere il lancio di un razzo A ma qui in Nuova Zelanda. Ma noi eravamo a Napier circa tre ore da mah. Quindi quello che avremmo visto era proprio solo un puntino luminoso nel cielo, sapendo che era un razzo che andava nello spazio. Per questo, proprio perché non avremmo visto molto, eravamo in dubbio sull'andare o no, anche perché non c'era neanche la certezza che il lancio sarebbe avvenuto. Ma alla fine abbiamo deciso di spiegare tutto ai bambini per prepararli, per impostare le loro aspettative e andare comunque. Perché? Perché pensiamo che sia importante imparare anche ad apprezzare ciò che non è davvero sensazionale, un po' come quando li abbiamo portati a vedere le balene in mare, per esempio, che significa ore di attesa per poi vedere una piccola parte della balena. E se sei fortunato, la coda che io personalmente trovo emozionante al massimo. Ma i bambini ovviamente no, perché di balene ne hanno viste a bizzeffe sott'acqua nei documentari e per loro probabilmente non è sensazionale vederle come le si vede in barca. Delude le aspettative, ovviamente, ma noi crediamo che è così che possiamo insegnare loro ad apprezzare ciò che non sembra sensazionale alla vista, ma che in realtà è sensazionale e unico in sé, come la coda di una balena in libertà o il lancio di un razzo che va nello spazio. Queste sono esperienze uniche, irripetibili, sensazionali. Ecco, mi sono persa un po' nei miei pensieri, ma vi raccontavo che quando li abbiamo portati a vedere questo razzo questo lancio siamo arrivati verso le sette e un quarto di sera sulla cima della collina e vi ricordo che loro vanno a letto verso le sette. Quindi per loro era già molto tardi, cosa che ovviamente mi fa capire a me, genitore che io devo impostare le mie aspettative, la mia attitudine in maniera diversa. Quindi siamo arrivati alle sette e un quarto. Il lancio era previsto alle sette e cinquantatré. Quindi c'era già una bella attesa. Abbiamo esplorato tutti i lati e gli angoli nascosti della collina. Abbiamo guardato con il big, con il binocolo, il cantiere navale ai piedi della collina. I bimbi sono stati veramente molto pazienti. Hanno aspettato e anche se si lamentavano un po' perché erano stanchi, ovviamente era la loro ora della nanna. Um, sembrava che ce l'avremmo fatta, ma poi verso le sette e quarantacinque hanno fermato il conto alla rovescia perché le condizioni atmosferiche non erano favorevoli e a quel punto non sapevamo quanto avremmo dovuto aspettare perché la finestra di lancio era fino alle nove e mezza. Mi sembra allora, proprio perché conosciamo e rispettiamo i limiti dei nostri figli, sapevamo che per loro era tardi. Sapevamo che avevano già fatto uno sforzo importante e non ci sembrava giusto chiedergliene uno ancora più grande. Quindi abbiamo dato loro il telefono di Alex con la diretta del lancio. E non è che fosse nulla di emozionante o di sensazionale. Era proprio uno schermo fisso sul razzo fermo e ogni qualche minuto c'erano un paio di persone che parlavano e spiegavano qualcosa. Ma anche solo quello è stato sufficiente per far passare Un'altra Mezz'ora finché finalmente hanno dato via il il via libera al lancio e abbiamo potuto vederlo. Um, quando dico abbiamo potuto vederlo, abbiamo visto un puntino di luce minuscolo nel cielo, che però ci ha emozionati comunque, perché sapevamo che era un razzo vero e proprio che andava nello spazio e quindi è stata comunque un'esperienza davvero speciale. E siamo stati tutti contenti di essere riusciti a ad arrivarci a quel momento E tutto questo per dirvi che non utilizzare scorciatoie secondo me è davvero molto importante per coltivare la pazienza. Ma bando agli estremi. Bisogna anche imparare a leggere le situazioni, conoscere i limiti dei bambini e rispettarli. Ho parlato solo di occasioni fuori casa per coltivare la pazienza finora, ma non voglio che pensiate che la pazienza si sviluppi solo fuori casa, perché non è così. Noi per esempio lavoriamo da casa, i nostri figli hanno dovuto abituarsi a essere pazienti quando noi lavoriamo. È un processo molto lungo che richiede molta pazienza da parte del genitore. Ma è davvero un'ottima occasione per nutrire la pazienza, per educare a lungo termine e anche per insegnare ai bambini a rispettarci e a rispettare il nostro lavoro. Io ricordo all'inizio quando Emily era proprio piccola. Parlò di mesi. Come sapete, come sapete lei dormiva pochissimo e quindi io spesso lavoravo al computer seduta per terra, sul tappeto con lei che giocava, oppure che si metteva i giochi in bocca, che guardava le sue giostrine Montessori. Quindi io c'ero ero presente, ma se lei per esempio mi portava un gioco quando già gattonava, per esempio io non potevo accoglierla in quel momento, perché dovevo lavorare, quindi prendevo il gioco, lo guardavo, le sorridevo e poi rimettevo il gioco sul tappeto, come per dire ora non posso. E poi ovviamente ero consapevole dei suoi limiti, quindi tenevo un occhio ai minuti e ogni tot decidevo un momento in cui potevo dedicarmi a lei. E allora chiudevo il computer e comunicavo eccomi. Oppure ho finito e giocavo un pochino con lei prima di ritornare a lavorare. Um, non lo facevo con un obiettivo preciso. Lo facevo perché avevo notato che per noi funzionava, che spesso se le dedicavo un pochino di tempo esclusivo. Poi riuscivo a riprendere in mano il computer e lavorare per qualche altro minuto o o addirittura una mezz'ora sempre seduta vicino a lei, ovviamente. Ma ora che mi guardo indietro, anche quello era un modo per coltivare la sua pazienza, anche se io non lo sapevo, stavamo già lavorando sulla sua pazienza un minuto alla volta, poi quando i bimbi erano più grandi, ricordo che usavo tecniche come un cartello attaccato alla sedia con una mano disegnata sopra e una sbarra o una croce sopra la mano, come per dire off limits. Non sono disponibile in questo momento. Oppure dicevo loro che questo era Mummy time, che significa che questo è tempo per me. Tempo per mamma E poi cercavo di capire quanto tempo avevo a disposizione prima che esaurissero completamente la pazienza e cercavo di fermarmi un po'. Prima comunicavo che per ora avevo finito di lavorare. Chiudevo il computer. Credo che la comunicazione sia veramente importante, anche comunicare a loro. Insomma quello che stiamo facendo e mi dedicavo a loro per qualche minuto leggevamo un libro, giocavamo un po' con i Lego o qualsiasi altra cosa e poi comunicavo che dovevo finire di lavorare, riprendere avevo il computer e mi rimettevo a lavorare. Questo è per dirvi che in realtà anche il fatto che noi lavoriamo da casa ha aiutato moltissimo a coltivare la pazienza. E non sempre ci riuscivo, eh, Spesso avevo il desiderio di finire un lavoro, ma loro proprio non ne volevano sapere. E allora finiva che tutti sbotta ma poi tornavamo sui nostri passi, ci scusava eccetera eccetera e alla fine, ogni volta comunque tutti imparavamo qualcosa su noi stessi, imparavamo qualcosa, sull'altro anche sui nostri rispettivi limiti. Poi certo un'altra, cosa che io ho sempre notato, che ha aiutato moltissimo a coltivare la pazienza è stato il non avere molti giocattoli, perché avere tanti giocattoli tutti a disposizione non promuove la concentrazione, non promuove il gioco autonomo perché più giochi ci sono, più il bambino tende a passare da un gioco all'altro, senza prestare troppa attenzione a nessuno. In particolare diventa un po' come un che va di fiore in fiore, insomma. Mentre invece quando ci sono pochi giocattoli è più probabile che il bambino impari ad apprezzarli individualmente e a giocare più a lungo con un singolo giocattolo. E questo purtroppo credo che sia un errore che tanti genitori fanno inconsapevolmente. Ovvero mettono a disposizione tantissimi giocattoli pensando che in questo modo i bambini siano più intrattenuti e riescano a giocare più autonomamente, più a lungo. Ma alla fine invece ottengono il risultato opposto. Um, anzi, sicuramente farò un episodio di Mhm del podcast sui giocattoli e sulla scelta del giocattolo, perché è un argomento di cui mi chiedete spesso, ma oggi il messaggio che volevo vi arrivasse è che la pazienza non è innata, richiede lavoro. Quando vedete la pazienza dei miei figli e pensate vorrei che anche i miei figli ce l'avessero, dovete prima osservarvi e chiedervi quante opportunità state dando ai vostri figli per coltivare la pazienza e se pensate di non dargliene abbastanza, ricercate le ricercate l'attesa vivete la noia. Non cercate scorciatoie, che poi davvero vi assicuro che le scorciatoie nella genitorialità non portano mai, mai, mai a dove vogliamo arrivare. La pazienza è un'abilità che va nutrita, che va coltivata giorno dopo giorno, che richiede tempo e un apprendimento a lungo termine e con questo chiudo perché mi sono già dilungata fin troppo. Onestamente non so nemmeno che cosa ho detto. Non ho proprio seguito un filo logico. Um ho seguito un po', una scaletta, ma credo di essere rimbalzata da una parte all'altra, ma spero che quello che vi ho raccontato vi abbia dato degli spunti e degli angoli di riflessione diversi e abbia anche piantato magari qualche semino nella vostra mente, i miei amati semini. E spero anche che ovviamente gli esempi che vi ho raccontato di come noi coltiviamo la pazienza con i bimbi, vi possano ispirare a ricercare opportuno per coltivare la pazienza con i vostri figli, anche magari correndo qualche rischio anche uscendo un po' dalla vostra zona di comfort con i vostri bimbi, ma sempre, ovviamente tenendo a mente la persona che avete davanti e i suoi limiti. Però appunto spero che gli esempi vi abbiano aiutato perché a me gli esempi pratici aiutano veramente tantissimo e sono quelli che poi mi rimangono in mente nei momenti in cui io vivo le mie situazioni con i miei figli. Quindi spero che um vi possano aiutare che possano aiutare anche voi. Vi do appuntamento alla settimana prossima con un altro episodio di educare con calma, ma prima vi ricordo che fino ad allora se vi manco terribilmente che non potete stare senza di me, vi mi trovate anche sul mio blog w w w punto la tela di carlotta punto com dove tra l'altro adoro leggervi, quindi scrivetemi lasciatemi commenti lasciatemi riflessioni scrivete, scrivete, scrivete e ovviamente mi trovate anche su instagram e facebook come la tela di carlotta blog. Buona giornata. Buona serata o buona notte a seconda di dove siete nel mondo un abbraccio ciao ciao
Accompagnare i bambini verso spazi di autonomia è spesso faticoso, ma non impossibile 😊. È anche un processo (molto) graduale, che ha bisogno anche di un nostro investimento di tempo (che però ritornerà quando il tuo bimbo sarà un po' più grande).
E c'è un motivo specifico (e scientifico!) per cui ci coinvolgono per giocare, e cercano la nostra presenza in modo assiduo: l'indipendenza nasce dalla dipendenza. Anche se (apparentemente) sembra contro-intuitivo... è proprio così!
Ti lascio diversi contenuti in cui Carlotta spiega questo concetto e approfondisce gli strumenti per aiutarli a costruire autonomia, e ti ricordo anche che sul Percorso per educare a lungo termine c'è un'intera categoria tutta dedicata a come accompagnare i nostri figli verso la conquista dell'autonomia nel gioco: